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Full text of "Pitture di vasi fittili, esibite dal cav. F. Inghirami per servire di studio alla mitologia ed all storia degli antichi popoli"

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PITTURE 


DI 


tlttll»! 


ESIBITE   DAL   GAV. 


FRArVCESCO    INGIIIRAMI 


PER     SERVIRE      DI      STUDIO 


ALIA  MITOLOGIA  ED  ALLA  STORIA 


DEGLI  AN'TiCBI  POPOLI 


TOMO  PRIMO. 


POUGRAFIA  FIESOLAJf  A 

BAI      TORCHI      DEL  l'  AUTORE 
MDCCCXXXT  . 


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11/ 


PEEPASIOnB 


kJ  s arano  gli  antichi  segnaci  del  paganesimo  il  religioso  rito  di  sep- 
pellire coi  cadaveri  alcuni  vasi  di  terra  cotta,  che  il  soverchio  lusso 
insinuò  loro  di  ornarli  di  belle  pitture^  le  quali  tutte  qual  piii,  guai  meno, 
vertessero  circa  le  dottrine  religiose  del  paganesimo  stesso ,  ma  in  un 
modo  sì  enigmatico  e  misterioso,  che  inclusive  in  coloro  che  si  danno  ad 
indovinare  quali  siano  i  concetti  ivi  dipinti,  resta  sempre  non  poco  da  in- 
tendersi ed  interpetrarsi.  Si  é  creduto  pertanto,  a  fine  di  più  facilmente 
comprenderne  il  senso,  specialmente  di  alcune  figure  le  più  enigmatiche 
ivi  dipinte,  che  una  doviziosa  raccolta  di  esse  con  precisione  ritratte 
dai  vasi  stessi  o  da  fedeli  copie,  potesse  recare  aiuto  alla  loro  intelligenza 
pei  paragoni  che  tra  soggetto  e  soggetto  si  posson  fare.  Con  questa 
speranza,  e  vedutosi  l'accoglimento  che  dai  moderni  f assi  a  questo  nuo- 
vo ramo  della  scienza  archeologica,  sono  state  pubblicate  opere  magni- 
fiche e  veramente  istruttive,  ricche  di  rami,  che  mostrassero  quasi  al 
vero  tali  pitture,  imitandone  inclusive  l'originale  misura;  e  noi  dob- 
biamo invero  esser  grati  ai  Begeri,  ai  Montfaucon,  ai  Buonarroti,  ai 
Cajlus,  ed  a  vari  altri ,  che  incominciarono  a  decorarne  V  erudite 
loro  produzioni  ,  e  così  ne  trassero   qualche  idea  coloro  fra  gli  stu- 


"t 


)(  IV  )( 
dio^i,  ch'ebbero  occasione   di  scoiTere  quelle  opere  di  antichità  figu- 
rata; e  frattanto   alcuni   letterati  si  dettero  ad  illustrarle  con  dis- 
sertazioni  particolari ,  fra  i  quali  splende  il  nome  del  celebre  napo- 
letano Mazzocchi .  Allora  il  Passeri ,  tutto  dedito   a  profondi  studi 
archeologici  d'  ogni  genere,  avendo  veduta  la  doviziosa  raccolta  che 
di  vasi  futili  facevasi  con  giornaliero  incremento  nel  praticano,  spe  - 
cialmente  per  cura  del    Cardinale   Carpegna ,  che  molti    n  ebbe  dal 
suo  vescovado  di  Cometa,  l'antica  Tarquinia ,  pensò  eruditamente  ad 
unirne  una  quantità   numerosa  in  un   corpo  d  opera  di  vari  volumi , 
eh'  ei  pubblico  con  titolo  di  Picturae  etruscorum  in  vasculis,  dalla 
qual  magnifica  opera  ben  si  ravvisa  ch'egli  seguiva  l'opinione  allora 
vigente,    che  gli  Etruschi  fossero  stati  in  Italia  gli  autori  ed  aiie- 
fici  di  quella  manifattura .  In  seguito   il  D  Hancarville  conosciuta 
V  inesattezza ,  colla  quale  erano  state    date  alla  luce  neW  opera  del 
Passeri  le  copie  delle  belle  pitture  eh'  esistono  in  quei  vasi,  e  ve- 
duto frattanto  I  aumento  notabile  di  tali  monumenti ,  che  a  suoi  dì 
avea  riaccolti  con  grave  dispendio  il  Cav,  Hamilton  ministro  inglese 
alla  corte  di  Napoli ,  ed  il  più  grande  amatore  di  tali  antichità ,  si 
occupo   nel  raccogliere  nuovi   disegni  scelti  da  alcuni  degli  originali 
medesimi  del  Passeri,  ma  con  molta  maggior  precisione  eseguiti,  ed 
aumentatone  il  numero  di  quei  dell'  Hamilton  detteli  al  pubblico  in 
un'ampia  collezione  di  quattro  volumi,  de' quali  si  fecero  due  magnifiche 
edizioni,  che  avrebbero  peraltro  incontrato  una  maggior  soddisfazione 
presso  il  pubblico,  se  in  luogo  d'  essere  accompagnate    quelle  pitture 
da  un  testo  tutto  veHente  a  trattar  delle  arti  presso  gli  antichi,  avessero 
avute  almeno  poche  pagine  esplicative  delle  pitture  comprese  in  quei 


)(  V  )( 

quattro  volumi.  A  ciò  fu  creduto  di  rimediare  in  parte  in  una  terza 
edizione  fattane  a  Parigi^  dove  d'alcune  pitture  si  danno  brevissimi 
cenni  di  spiegazione  :  ma  l'opera  non  Ju  di  una  completa  soddisfazio- 
ne del  culto  pubblico ,  amatore  dell'arte,  poiché  V  estrema  piccolezza 
delle  pitture,  a  cui  juron  ridotte  in  quest' ultima  edizione ,  tolsero  a 
quel  lavoro  ogni  utilità  e  pregio. 

Frattanto  il  Cav.  Hamilton  avendo  ceduta  la  sua  bella  collezio- 
ne di  vasi  dipinti  al  Museo  Britannico,  un'altra  ne  aduno  dipoi ,  che 
non  invidiava  la  prima ,  e  vedutosi  dall'erudito  Professor  Tjschbein 
con  quale  avidità  era  stata  fatta  accoglienza  alla  pubblicazione  delle 
prime  antiche  pitture  Hamiltoniane,  al  segno  che  n'ebbero  effetto  tre 
edizioni  consecutive,  ad  onta  degli  indicati  difetti,  pensò  di  unirsi  collo 
stesso  cav.  Hamilton  possessore  dei  Vasi  dipinti,  e  col  celebre  eru- 
dito Conte  Italinski  e  con  altri  per  dare  al  pubblico  i  rami  della  se- 
conda collezione  inedita  dei  Vasi  Ilamiltoniani,  ma  corredata  di  eru- 
ditissime interpetrazioni.  Di  questa  opera  furono  altres'i  stampate  varie 
edizioni  e  sempre  con  aggiunte  notabili  ;  e  ne  fu  tale  il  pubblico 
gradimento  ed  il  plauso  che  presto  scomparve  dal  commercio  librario. 
Incoraggito  il  Millin  da  s'i  felice  successo,  pensò  di  dare  alle  stam- 
pe un  altra  opera  in  magnifico  sesto  ,  riguardante  i  vasi ,  per  cui 
fu  intitolata  :  Peintures  de  vases  antiques  vulgairement  appelés 
étrusques, ,  ove  si  trovano  moltissime  di  tali  pitture  inedite  ;  ed 
ogni  restante  sono  ripetizioni  più  coirette,  dei  disegni  già  dati  nelle 
opere  antecedenti.  Frattanto  il  Lanzi  avea  posto  alla  luce  un'operetta 
di  piccol  sesto,  ma  preziosissima  per  l' erudizione  che  vi  si  conteneva 
circa  questi  monumenti  medesimi,  e  che  intitolò:  Vasi  antichi  dipinti 


)(    VI    )( 

Tolgarmente  chiamati  etruschi ,  ma  il  Millin  corredo  la  sua  opera 
d"  un'  abbondanza  d'erudizione  che  tento  di  spingere  al  pari  di  quella 
del  Lanzi,  e  cosi  la  sua  Opera  fu  di  gran  lunga  superiore  in  merito 
alle  antecedenti;  ma  la  magnificenza  dell'  edizione  non  ne  permette 
V  acquisto  agli  eruditi  non  facoltosi .  D' ugual  merito  debbonsi  rico- 
noscere le  opere  di  tal  genere  posteriormente  pubblicate  dal  chiaris- 
simo Millingen  ,  Laborde,  Du  Bois-maison-neuve ,  Pcmojha  ed  altri 
che  sempre  più  cercarono  di  giungere  alla  maggiore  imitazione  del 
vero  nelle  copie  che  han  date,  sì  pel  colore ,  sì  per  la  grandezza  ,  e 
sì  per  lo  stile  di  queste  entiche  pitture,  né  men  delle  antecedenti  ma- 
gnifiche per  lusso  tipografico  del  testo,  non  che  per  la  ricercata  eru- 
dizione di  esso ,  tantoché  le  ultime  opere  di  tal  genere ,  come  le  più 
dispendiose  delle  antecedenti,  si  resero  altresì  sconosciute  per  gli  eru- 
diti^ almeno  in  Italia ,  e  da  ciò  ne  avvenne  per  inversa  ragione  che 
restando  questa  scienza  languida  e  trascurata  fra  noi,  neppure  i fa- 
coltosi che  le  soprammentovate  opere  avrebbero  potuto  acquistare,  se 
ne  prevalsero.  In  tal  guisa  le  vantate  utilità  di  cognizioni  lucrabili 
dalle  opere  dei  vasi  fittili  dipinti,  che  tutto  dì  si  trovan  sepolti  in 
questa  classica  terra,  restano  inaccessibili  agli  eruditi  che  ne  potreb- 
bero propagare  la  scienza,  e  non  curate  dai  facoltosi ,  ai  quali  non 
è  per  conseguenza  ispirata  dagli  eruditi  medesimi  la  premura  di  gu- 
starne. 

A  sì  spiacevole  inconveniente  mi  lusingo  di  potervi  recare  qualche 
riparo,  pubblicando  quest  opera,  che  racchiude  la  spiegazione  di  quat- 
trocento pitture  di  vasi  fìttili  in  semplici  contorni  esposte  in  quat- 
trocento   rami    d'  un    sesto    mediocre  .    e   d    un    moderato  dispendio. 


)(  vn  )( 

Ad  oggetto  che  ,  nonostante  sì  abbia  una  compieta  idea  delle  qui 
esposte  pitture  vasarie ,  se  ne  danno  alcune  in  colori ,  nel  prin- 
cipio dei  quattro  volumi  componenti  l'intiera  opera.  £  poiché  in  gran 
parte  san  pitture  già  edite,  così  ciò  che  è  scritto  nel  testo,  non  è  se 
non  un  compendiato  epilogo  di  quanto  su  di  esse  fu  detto  dagli  archeologi 
che  se  ne  occuparono,  cui  io  mi  permetto  di  aggiugner  non  solo  le  spiega- 
zioni alle  pitture  inedite,  ma  anche  il  mio  parere  sulle  altrui,  ove 
la  materia  lo  richieda.  La  diffusione  di  una  tal'  opera  farà  proba  - 
bilmente  svegliare  il  genio  italiano  per  questa  scienza  ,  che  si  pub 
dire  nascente,  la  quale  dagli  eruditi  di  professione  passerà  per  mez- 
zo loro  ai  facoltosi  dilettanti  d'enidizione ,  e  in  questa  guisa  cono- 
sciute di  nome  le  sopraindicate  magnifiche  opere,  saranno  quindi  an- 
che da  loro  acquistate ,  giaccliè  questa  non  ne  dà  che  una  superfi  - 
ciale  e  vaga  cognizione,  e  in  tal  guisa  gli  autori  delle  indicate  ope- 
re avranno  la  soddisfazione  di  vederle  da  ora  in  avanti  diffuse  in 
commercio,  dove  che  firì  ora  son  quasi  obliate  per  mancanza  di  chi 
ne  faccia  neppur  menzione.  Intanto  questi  medesimi  archeologi  autori 
superstiti  delle  indicate  opere  avran  luogo  di  vedere  nella  presente  una 
sufficiente  quantità  di  pitture  inedite  che  potran  loro  servire  di  studio  e 
di  confronto  pei  lavori  di  tal  genere,  dei  quali  si  occupano.  Oltre  di  che 
vedrannovi  molte  di  quelle  pitture  che  si  pubblicano  separatamente  in 
opuscoli  assai  difficili  ad  entrar  nel  commercio  librario  per  la  loro  tenuità 
o  di  volume  o  di  prezzo;  e  sotto  questi  moltipUci  rapporti  spero  es- 
ser debba  quest'opera  di  non  lieve  sussidio  alla  scienza  archeologi- 
ca ,  e  quindi  meritevole  d'una  benigna  accoglienza. 

Uno   dei  maggiori  vantaggi  che,  a  parer  mio.  potrà  ritrarre  la 


)(   VII.    )( 

scienza  dalla  facile  diffusione  di  quest'opera,  sarà  il  maggior  nu- 
mero di  cultori  della  scienza  medesima,  dalle  ponderazioni  de  quali 
risulteranno  con  più  apparenza  di  vero  i  giudizi  che  tutù' ora  atten- 
diamo dai  dotti  sull'epoca  di  questi  vasi,  sulla  origine  loro,  sull'uso 
che  ne  fecero  gli  antichi,  sulla  nazione  che  principalmente  eseguiva 
questa  manifattura:  cose  tutte  già  dette ,  ma  da  pochi  archeologi  e 
variamente ,  onde  resta  che  attendasi  la  pluralità  delle  opinioni,  le 
quali  pendendo  più  per  una  die  per  un"  altra  delle  sentenze  firì  ora 
emesse  da  quei  pochi  dotti  che  se  ne  sono  occupati,  stabiliranno  in 
fine  tutti  concordemente  ciò  che  se  ne  debba  pensare. 


DESCRIZIONE 

DI    ALCUNI 

VASI    FITTILI 


jLie  più  antiche  rappresentanze  che  veJonsi  espresse  nelle  pitture  dei 
vasi,  in  quanto  al  sistema  loro  significativo,  par  che  provengano  ori- 
ginariamente tl'Egitlo.  Passati  per  altro  que'mili  in  Grecia  sul)irono 
delle  motlifica/.ioni  tali,  che  fecer  credere  inseguito  ivi  originate  cpielle 
favole  e  quelle  siiuholiche  allegorie  che  v'erano  state  trasportale  dal- 
l'estero '.  Ci  addila  in  oltre  la  stoiia  ,  che  vaiie  colonie  passarono  in  più 
tempi  dall'Arcadia  in  Italia  ',  e  possiamo  inferirne  che  di  là  passasse- 
ro pure  in  queste  nostre  contrade  i  loi'o  numi ,  e  le  vanità  de'  lor 
culli,  e  questi  per  lungo  tempo  vi  si  mantenessero  stazionari  ed  inal- 
terati ,  menti'C  in  Grecia  variavano  a  misura  che  le  arti  e  le  lettere 
progredivano  . 

E  cosa  ormai  reputata  da  molli  fuori  d'  ogni  disputa  che  Fidia 
e  Prassilele  furono  di  tali  variazioni  e  progressi  celeherrimi  promo- 
tori,  in  quanto  alle  belle  arti  ^,  e  fino  al  segno  che  uè  1' Italia  .  né 
l'Egitto,  né  altra  classica  terra  vantano  geni  di  quel  calibro,  i  cruali 
anteriormente  a  loro  si  facesser    conoscere  .    Fattasi  nota  la   «rande 


I  Ved.  le  Lpttere  di   M.   Gmmpol-  2  Raoid  Roclif  Uè,  His.de  l'eiablisse- 

lion     cit.   da    Lrnomart,     Aniiili  meni  des  colonies   i,'rer(. 

dell'  istituto   di  corrispondenza  Ar-  3   Wiiikelm^nn,  Ilist.  de  l'iirt  cIipz  Ips 

cheologica,   Voi.    Il,   p.    ■i'ìy.  anciens,  Voi.  11 ,  liv.  iv.ch.  vi,  §  ^. 

ras.  T.  I.  1 


DEI     VASI    FITTILI 


scoperta  del  bello  ed  aggiunta  alla  meccanica  esecuzione  degli  ido- 
li che  servivano  al  culto,  e  presumibile  che  ov' erano  Greci,  o  a  quel- 
i  epoca  altri  popoli  derivati  dai  Greci,  se  ne  valessero  per  gli  oggetti 
d  arte  usati  nel  culto  medesimo  .  o  invitassero  almeno  gli  artisti  della 
più  incivilita  parte  diGrecia,  qual  era  1  Attica,  a  venire  ovunque  per  ese- 
guire le  opere  d  arte  col  nuovo  stile  dettato  da  quei  capi  maestri,  mentre 
per  ogni  restante  era  comune,  come  dicemmo,  il  culto  religioso  italico  e  il 
culto  greco  ;  sennonché  ove  in  Italia  si  fosse  bramata  la  conservazione  di 
più  antiche  maniere  già  disusate  in  Grecia ,  potevano  ad  ogni  modo  i 
greci  artisti  dipingere  per  gì  Italiani  con  antiche  maniere  ,  e  nello  stile 
primitivo  disusato  in  Grecia  a  que' tempi.  Or  chi  sa  che  fra  opere  tali 
non  siano  da  nolarvisi  anche  i  vasi  antichi  dipinti  che  si  trovano  chiusi 
nei  sepolcri  d  Italia?  Ed  in  vero  due  stili  di  notabile  dilFerenza  fra  loro 
si  ravvisano  in  queste  pitture ,  un  de  quali  sente  per  ogni  verso  1  aridi- 
tà, la  rigidezza  e  la  semplicità  dell'arcaismo  nell'arte  .  per  cui  senza 
più  lo  diremaio  stile  primitivo,  mentre  T  altro  diil'erisce  nella  elegante 
proporzione  delle  ligure  ,  nella  rotondità  e  giustezza  delle  parti ,  nella 
A'aghezza  delle  mosse,  nella  venustà  de  jirofili;  dal  che  si  scostano  quel- 
le che  diciamo  di  stile  antico  .  Inclusive  il  colore  di  esse  figure  è  diverso 
nei  due  differenti  stili .  poiché  1  antico  ha  figure  nere  che  sul  fondo  color 
di  terra  colta  campeggiano ,  1  altro  ali  apposto  ha  figure  del  color  natu- 
rale di  tei'ra  cotta  rilevate  su  fondo  nero.  Or  siccome  nell'antico  stile 
di  figure  nere  traluce  costantemente  una  bene  intesa  proporzione  di  es- 
se, ed  attitudini  assai  ragionate,  che  mostrano  un'arte  adulta,  e  già  con- 
.sumatanell  operare  con  buone  massime,  cosi  ve  sospetto  che  le  pitture 
de'vasi  apparentemente  più  antiche  non  siano  d'un  arte  nascente, 
ma  piuttosto  d  uno  stile  imitativo  dell  arte  antica ,  eseguite  in  un  tempo 
che  il  belio  proposto  dai  soprallodati  capi  scuola  era  già  praticalo  . 


T  A  V  0  L  A    P  R  IMA. 


iN  ei  vasi  (lipinLl  di  maggior  pregio  si  trovano  più  colori ,  ma  non  vi  si 
ravvisano  guasi  mai  chiariscuri .  Ilo  volalo  esibirne  in  principio  uno  di 
questi,  perchè  si  veda  immantinente  qual  sia  la  varietà  e  perfezione  che 
hanno  data  gli  antichi  alle  pitture  di  silì'atte  stoviglie. Il  purgato  disegno 
delle  figure  fece  daie  a  questa  maniera  pittorica  il  nome  di  franca  e 
perfetta  dell  arte  greca   '  . 

La  forma  di  questo  vaso  è  detta  ordinariamente  a  campana  da  taluni  ^, 
perchè  ne  ha  la  somiglianza  ,  o  a  calice  da  altri  ^  .  Cos\  esser  sogliono  i 
vasi  oidi;tariamente  assai  grandi ,  e  con  pitture  le  più  importanti  e  le  più 
scelte.  Il  vaso  che  qui  si  presenta  ,  trovalo  in  Italia,  e  precisamente  nel- 
la Magna-Grecia,  e  passato  in  commercio,  venne  in  possesso  del  sig. 
marchese  Rinuccini ,  dove  con  altri  molli  preziosi  articoli  d'arie  an- 
tica lullora  si  ammira  inedito  . 

Nelle  due  seguenti  tavole  darò  le  duepittui'e  che  vi  si  vedono  ese- 
guite e  posso  esser  garante  della  esattezza  di  queste  copie  ,  senza  eccet- 
tuarne la  uguaglianza  della  grandezza  delle  pitture  ,  non  meno  che  del 
colorito  che  in  sillatta  guisa  vi  è  rainssimo. 

Il  vaso  è  alto  un  piede  .  e  pollici  quattro  e  mezzo  di  Parigi. 

T  A  V  O  L  A  U. 

La  rappresentanza  che  oilVe  allo  spettatore  una  delle  facce  del 
vaso  pi-ecedente,  può  nominarsi  l'apoteosi  d'Ercole  ;  mentre  vi  si  vede 
r  eroe  colla  clava  sugli  omeri  seguire  a  gran  passi  Minerva ,  che  fii  sua 

1    Geiharil,   Annali    de!!' islilulo  di  a  Iorio,  Galleria  de'  Vasi   del   Mii- 

corrispondenza   arclicolo{;ica.  Voi,  seo   Borbonico,   p.    i3o,   n.    71. 

m,  anno   i8ii,  prima   parte.   Mo-  3   Millin,    Peinlures  de  Vases  ani., 

numenti  .  Rapporto  intorno  i  Vasi  appelós  etrusques ,  Tom.   1,  p.  i  , 

volcenti ,  p.    14.  noi,  Q3). 


4  1>E1    VASI    UTTILI 

miida  nelle  di  lui  più  diTicili  imprese,  ed  in  une  il  condusse  ad  abitare  fra 
i;li  Dei,  come  si  vide  rappresentato  nel  famoso  irono  d  Amiclca  '  . 

La  piccola  figura  donnesca  libratasi  peri  aria,  quantunque  senz  ali  , 
può  dirsi  francamente  la  ^  illoria,  di  clic  fa  non  debole  pruova  la  benda 
che  ha  in  mano  ,  colla  quale  coronar  deve  1  eroe  .  E  qui  mi  varrò  delle 
<lotte  osservazioni  del  Millingen  ,  il  quale  scrive  che  alle  numerose  testi- 
monianze comprovanti  esser  la  benda  un  attributo  della  \  illoria  ,  ^  si 
può  aggiungere  ancora  lautorità  di  Pausania  ^.  Né  minori  testimonianze 
adduce  a  soslenere  esserla  \  iiloria  in  anlichissimi  tempi  rappresentala 
senz'ali  i  ;  di  che  io  pure  delli  altrove  delle  conferme  ^. 

Minerva  precede  Ercole  nel  di  lui  viaggio  ali  Olimpo, come  quella  che 
!o  istruì  nelle  imprese,  guidandolo  in  questa  guisa  alla  gloria.  Ella  non 
ha  elici  asta  e  lo  scudo,  come  dea  della  guerra  ^,  in  ogni  restante  è  la  dea 
della  Sapienza,  e  come  tale  dee  guidar  Ercole  al  premio  d  onore  7.  Quel- 
1  egida  che  alla  dea  suol  coprire  in  altre  di  lei  prolomi  l'usbcigo.  ([ui 
le  si  vede  imbracciata  in  guisa  di  scudo,  e  come  tale  si  trova  usata  legida 
]>ure  da  Giove,  che  da  ciò  trae  nome  d  Egioco  ^.  Era  quest'arme  la  pelle 
della  capra  Amallea,per  le  ragioni  da  non  addursi.  poiché  troppo  estende- 
rebbero questo  ragionamento  .  avendone  io  trattato  altrove  9.  Qui  ho 
da  notare  col  Millin.  che  nei  tempi  i  più  antichi  facevasi  uso  delle  pelli 
d'  animali  poste  sul  braccio  sinistro ,  in  foggia  di  clipei ,  o  piuttosto 
d'oaiietti  di  difesa  ,  da  cui  emanò  l'idea  dell'eiiida  '«.  La  testa  che  vi  si 
vede  nel  mezzo  è  la  Medusa,  che  alcuni  antichi  vollero  che  vi  fosse  a  si- 
gnificare la  virtù  del  di  lei  orrido  aspetto  di  convertire  in  pietra  chi  la 
vedeva,  come  ima  manifesta  allusione  dello  stupore  che  incute  la  sapien- 
za nel  volgo  ignorante  ".  Omero  più  semplice  ne  suoi  concetti  dicea  che 

1  Pausali.  Lacon.',  sive  lib.  m.  6  Mouum.  elr.  ,  ser.  u,  p,  5^1  • 

2  INlillingen  ,    Peinlures   aiiilqiiPS   et  7    Ivi,   scr.   v,   [).    161. 

iaedites  de  Vases  grecs  ,  Pi.  xlix.  8  Visconti,   Osserv.   sopra   un  antico 

p.   70,  e  72  .  cammeo  rappres.  Giove  Egioco  . 

3  Pausan.  lib.  iv,  e.  16,  lib.  vi,  e.  9  ÌMonum.   etruschi,  ser.   ni,  p.itiS. 
20,   lib.  IX,  e.   21.  10  Millin,  Peinlures  de  Vases  anliques 

4  Millingen,  1.  cit. ,  PI.  XLix,  p.  "ji-  Tom.  u,  p.  90  . 

5  Monuni.  etruschi,  ser.   v,  p.  3i4,  H    Marliaii.  Captila,  lib.  vi,   p.   217. 
e  424- 


TATOLA   n .  5 

Minerva  pose  intorno  agli  omeri  1  egida  di  Giove  ricca  di  fiocchi,  cjui 
espressi  dai  serpi ,  ma  orribile  ,  a  cui  d  inlomo  faceva  corona  il  terrore  , 
ivi  essendola  lesta  gorgonea  dcUorribil  mostro,  cruda  e  formidabile  '  . 
Ercole  hasoltajitola  clava,  a  differenza  di  altre  pitture  di  vasi,  ove  gli 
furono  ingombrate  le  mani  con  quel  micidiale  arnese  e  coli  arco  -,  mentre 
ambedue  queste  armi  esigono  d'essere  usate  colle  due  mani;  ma  in  altre 
mie  carte  mostrai  che  larcoin  mano  d  Alcide  era  un  simbolo,  piuttosto 
che  un  arme  ^,  tantoché  nei  buoni  tempi  dell'arie,  ne'quali  par  che  fosse 
dipinto  il  vaso  in  esame,  sfuggivasi  dagli  artisti  di  miglior  critica  1  appo- 
sizione sragionata  de'simboli  negli  oggetti  del  culto.  H  manto  gettato  sul 
braccio  lasciando  nuda  ogni  altra  parte  della  persona,  lo  distingue  per 
un  eroe;  né  insolita  può  dirsi  nelle  pitture  de' vasi  la  privazione. come  qui, 
della  pelle  di  leone  consueta  veste  d'Ercole  ;  imperciocché  lo  vedemmo 
talvolta  ivi  dipinto  inclusive  senzancssuno  dei  suoi  ordinari  attributi. ma 
coronato  di  foglie,  e  con  un  gran  manto  coperto  nella  inferior  parie  del 
corpo  ^.  Diodoro  Siculo  ed  Apollodoro^narrano  concordemente  che  Er- 
cole ebbe  in  dono  da  Minerva  un  manto,  allorquando  apprese  a  irai  l'arco 
daEuritoo  ^.  La  tinta  rossa  del  corpo  nell  eroe,  come  anche  ladiversità  da 
quel  giallognolo  nel  manto  clip  iuibiaccia.  ù  lui  modo  larissimo  in  pillure 
d'uno  stile  di  perfezione,  come  a  molli  riguardi  può  dichiararsi  quello 
della  nostra  pittura.  La  clava  è  altresì  rilevata  dal  fondo,  insolitamente, 
per  mezzo  de' contorni  eseguili  con  tinta  bianca,  nella  cognizione  della 
quale  pende  tuttavia  qualche  disputa.  Della  tinta  rossa  che  qui  si  mo- 
stra, ci  fan  sospettare  i  pratici  delle  scavazioni  di  tali  anticaglie,  che  ab- 
bia servito  in  prima  origine  di  mordente  ad  una  leggiera  e  precaria  dor.> 
tura,  la  quale  più  non  troviamo,  ma  che  se  ne  inconti-arono  probabil- 
mente le  vestigie.nell'atto  che  i  vasi  furono  dall'interno  terreno  portali  a 
nuova  luce.  Chi  bramasse  avere  di  tali  dorature  gli  esempi,  scorra  il  ricco 
museo  di  vasi  dipinti  che  in  sua  propria  cisa  ritieneS.  E.  il  principe  diCa- 

i 

1  Homer.  Iliad.,  1.  V,  e     y^i.  ineJites   de  Vasps   grcrs 

2  Monum.  etr.  ser.  v,   lav.  xvi.  5   Apollodor.,  DiblioL,   lil).  n,  e.  iv, 

3  Ivi.  ser.   V.  p.   i8i.  5  ,,.  Diodor.  Sic    lib    iv,  e.   xiv. 

4  Millingon  ,  Peiiitures    anllques  et 


S  DEI     VASI     FITTILI 

nino.  Le  urne  edusche  di  alabastro  sepolte  negl'ipogei  di  Volterra  el)- 
bero  anch'esse  una  simile  decorazione,  e  quantunque  le  figure  dei  bas- 
sirilievi  sieno  state  in  gran  parte  dorale  .  pure  or  se  ne  vede  appena  in 
qual  lina  svanitissime  traccio.  ÌNelle  pitture  dei  vasi  d  arcaica  manie- 
ra vedonsi  tinti  in  rosso  gli  ornati  specialmente  delle  armi  metalliche 
dei  guerrieri. 

TAVOLA    III. 

L'  altra  parte  del  vaso  contiene  una  pittura  che  non  s  incontra  se 
non  raramente  nei  vasi  dipinti .  ^  è  Bellerofonte  sul  cavai  Pegaso  ripetu- 
to altre  volte  in  tali  stoviglie;  ma  unico  da  me  veduto  è  il  soggetto  di 
Stenobea  che  da  quell'eroe  fu  precijiitala  dall  alto .  Narra  Snida  che  ol- 
traggiato Bellerofonte  dalle  calugne  di  quell'eroina  volle  prenderne  ven- 
detta, e  facendole  credere  che  sarebbesi  unito  con  lei.  la  indusse  a  ca- 
valcar secolui  1  aligero  Pegaso,  e  poggiando  in  alto  peri  aria  la  precipitò 
miserameme  nel  mare  •.  La  pittura  eh  esaminiamo  non  appella  sicura- 
mente ad  altra  fivola  .  giacché  troppo  chiara  si  vede  Stenobea  che  preci- 
pila  nelle  onde.  Rapporto  a  Bellerofonte  pvctcndono  i  meno  antichi  tra 
i  poeti  latini  e  greci,  che  fastoso  dell  ardue,  ma  felici  sue  imprese,  formò 
il  progetto  inclusive  di  salire  col  suo  Pegaso  al  cielo;  ma  Giove  irritato 
di  tale  arroganza  mandò  un  tafano  a  pungere  il  destriero,  e  cpiesti  precipi- 
tò il  cavaliere  dall'eterea  regione  ai  bassi  campi  d  Aleia,  nella  Cilicia.  do- 
ve terminò  infelicemente  la  vita,  essendo  divenuto  ciecoper  la  caduta  ^. 
Dalla  narrala  favola  si  comprende,  che  il  pittore  volle  rappresentare  in 
un  tempo  stesso  la  morte  di  Stenobea  e  quella  pure  di  Bellerofonte.  che 
ponendosi  la  mancagli  occhi  rammenta  qual  fosse  il  suo  fine.  Il  cap- 
pello gli  è  consueto  nei  monumenti  per  indizio  del  suo  continuo  mu- 
tare di   regione  . 

È  diliicile  render  conto    di  quel  volatile  ch"è  presso  all'eroe.  In 
altre  jiitture  di  vasi  fa  indizio  dell' anima  esalante  da  moribonda  per- 

3  Sinil.  in  voc  TozyezwTsco;.  i63.  et  Schol.  ad  LjcopUr.  V.   17. 

4  Ascili)  .  iu  Si  hol.  ad  Homer.U.vi,!'. 


TAVOLA    III.  7 

sona  '  ,  ove  peraltro  si  trovi  con  vollo  iiiuano  '  .  Qui  po!,rel)])t'.si  creder 
piuttosto  una  civetta ,  simbolo  tli  Minerva  .  perchè  questa  dea  lo  as- 
sisteva nelle  imprese,  armandolo,  ed  ammaestrandolo  sul  modo  di 
superarle.  Dicono  infatti  che  Jìellerofonte  volendo  impadronirsi  del 
Pegaso,  né  sapendone  trovare  il  modo,  fu  consiglialo  da  un  indovino  a 
dormire  nel  tempio  di  Minerva,  ove  l:i  dea  gli  apparve,  e  lecogli  un  freno 
ignoto  (ino  a  quel  tempo,  e  cosi  poterle  dninailo  '^.  Infatti  si  trova  Palla- 
de  presso  a  Bellerofonle  die  poggia  in  aria  sullV.njaso,  in  una  pittura 
d'antico  vaso  4.  Non  è  dnn([ue  tlillicilc  che  qui  siavi  dipinto  in  luogo  di 
Pallade  la  sua  civetta,  l'cr  indicale  il  mare  ,  come  qui  dove  cade  Steno- 
bea,  usarono  gli  antichi  pittori  de  vasi  di  segnarvi  oltre  le  onde  .  anche 
qualche  pesce,  e  fra  i  pesci  non  di  rado  eleggevano  la  seppia;  di  che  po- 
trei citar  dL'gh  esempi  '.  Ma  in  ciò  scherzaiono  essi  pittori, e  con\ertiro- 
no  quel  mollusco  in  una  t<'sl,i  )>arhata  o  crinita,  (iiigendo  chi;  il  sacco,  di 
cui  va  rico.ìeiio  1  osso  unico  di  qucH'animale.  fosse  un  berretto,  e  nel- 
laltro  sacco  soltanto  carnoso  vi  fosse  il  naso  e  gli  occhi  d  un  volto 
umano,  ed  i  bracci  tenesser  luogo  di  barba  ^.  Il  pittore  del  vaso  che  {[ui 
presento,  fece  pure  una  seppia  tra  le  onde  marine,  ma  l'artista  che  la  di- 
pinse ha  tolto  dal  finto  capo  ogn'  idea  di  berretto,  e  ne  ha  formato  un  ve- 
ro capo  umano. con  quelle  appendici  che  aver  sogliono  i  polpi  e  le  seppie. 

Il  vaso  originale  ha  le  pitture  precisamente  in  tutto  uguali  a  queste 
che  presentiamo  nelle  tavole  II,  e  HI. 

Voglio  frattanto  che  sia  notato,  come  gi'an  parte  delle  mitologiche 
rappresentanze  dei  vasi  (lliili  dipinti.  spiMtano  ad  F.i-rolf^  quasi  sem- 
pre unito  a  Minerva:  soggetto  che  fu  si  caro  nellAttica  7.  Odasi  difatti 
ciò  che  osservando  i  vasi  del  principe  di  Canino  rilevali  prof.  Gerhard: 
ce  D  alcun  nume  .  egli  dice  ,  o  d  alcun  eroe  non  vedonsi  cotanto  celebra- 
te le  memorie  e  le  imprese  in  queste  vascularie  pitture  ,  quanto  quelle 

I    D' Hanc.irville   Anliquilcs   etriisq.  i    iav.   i. 

greeq.  ri  roinaines,  \  ol.ii,  PI.  ia6.  5    Millin,  PHiiitiiros  de   Vases   aiitmues 
1    Moiium.  etr.  ser.  vi.    Iav.  II4  .  Ioni.    11,  PI.    XLix.. 

i   Pindar.  Od.   Olimpie,   xiii,   v.  90.  6   Miliiii    cit. 

4  Tyscliebf in,  pitture  de' vasi   aiiiirlii  n   Gi'fliaiJ,   1.   cit.,   p-    49  • 

posseduti  dal  CHV.   liamillou,  Tom.  ,     ,        ,  j 


8  DF.I    VASI    FITTILI 

trAlcidc  .  .  .  Pochi  di  questi  valorosi  latti  vanno  disgiunti  dall'assisten/.a 
di  ÌNlincrva  ,  cos'i  le  favole  che  lo  pongono  con  altri  numi  in  rapporto  , 
soii  diiiioslrati  da  copiose  dipintine  '  ».  Or  le  corporali  gesta  d'Ei'cole 
non  son  elleno  un  simbolo  dell  esercizio  dell  animo  nella  virtù  '-"'ì  Che  se 
tali  allusioni  mi  si  concedono  dal  discreto  archeologo  ,  rispetto  alle  rap- 
presentanze dei  jjassiiilievi  delle  urne  cinerarie  etrusche  ^,  perchè  si  ne- 
gheranno ai  vasi  che  ornano  l'inleino  dei  se^  olcri  ? 

Ali  1  ove  io  feci  osservare  che  nei  piccoli  misteri  frequentati  nelFAt- 
tica  4, ove  quest  eroe  fu  tenuto  in  massima  venerazione  ^,  si  ranpresenla- 
tava  la  condizione  dellanima  che  serve  al  corpo,  e  quindi  mostravasi  la 
liberazione  da  questa  schiavitù  perle  catartiche  virtù,  sotto  la  favola 
della  discesa  d  Ercole  all'inferno,  e  del  suo  pronto  ritorno  dalle  tene- 
brose abitazioni .  Ilo  dunque  giusto  motivo  di  ripeter  qui,  che  fu  Ercole 
il  simbolo  dellanima  .  e  le  sue  gesta  allusive  alle  di  lei  virtù  ;  uè  doversi 
far  meraviglia  di  trovar  questo  eroe  s'i  spesso  eliigiato  nei  vasi  fittili  che 
dai  gentili  iniziati  nei  misteri  si  ascosero  nei  sepolcii  ''. 

]Ma  diverso  argomento  ne  trae  quell'erudito  autorevole. che  l'ultimo 
lino  a  questo  momento  ha  scritto  su  tal  materia.  "  Questi  frequentis- 
simi dipinti  de' fatti  d  Ercole  (  sue  parole  )  ,  siccome  quelli  non  men  fre- 
quenti ihe  a  Teseo  si  rifeiiscono,  e  quei  della  storia  troiana,  e  d  altre  po- 
che favole  eroiche  ,  furono  unitamente  colle  rappresentazioni  di  numi 
proteggenti  i  sacri  ludi  un  insieme  d  argomenti,  che  dipinto  all'rtr- 
caica  ìli  ani  art ,  il  più  delle  volle  già  bastò  per  fu-  conoscere  all'esper- 
to osservatore  il  servi/io  del  \  .t;o  .lU'nopo  .ntletico  j-.  7  .  Non  ostante  ur.a 
tal  sentenza  ,  potjemo  per  ora  astenerci  dal  giudicar  questo  vaso  essere 
stato  destinato  in  origine  per  darsi  in  dono  a  qualche  vittorioso  atleta, 
inconseguenza  d  un  altra  avvertenza  dello  slesso  archeologo,  il  quale 
dichiara  che  avendo  dapprima  stabilito  che  tutti  i  vasi  atletici  sieno  stali 

I    Gorluril,  Rapporto  intorno  i   v.nsi  4  Pioclo,   trattato    sulla    politica    di 

volcenli  ;   sta   negli   annali   dell'in-  PliitnnP,  p  38 1 ,  cit.  dal  Taylor,  dis- 

stitulo   di    corrispondenza   arclico-  srrt  sopra  i  niisleri  olcuse  barthicf. 

log.  Voi.  HI,  anno  i83i,  p.   46-/17.  5   Gerhard,   1.   cit.    p.    5l. 

a  Moniim.   etr.  spr.   v,  p.   63i.  6  Mnniim.   Ptruschi,   sor.  v,  p.    'ya. 

3   Gcili.ird,   Annali   e  t  ,   iiot.  (SSo).  y   Gei  hard.   1.  cit.,   p.  87. 


TAVV.    Ili,  E  IV.  9 

dijiinli  nella  maniera  arcaica,  quindi  estende  quella  nniina  .  lino  a  dire 
che  ,  poche  stov  iglie  eccettuale  .  UiLli  i  vasi  arcaici  furono  usali  al  - 
r  uopo  atletico  '. 

Or  non  essendo  il  presente  di  arcaica  maniera,  potremo,  senza  con- 
tradire  al  già  lodato  scrittore,  astenerci  per  ora dall  annoverarlo  tra  i  vasi 
di  premio,  e  soltanto  dichiararlo  sepolcrale,  per  l'incontrastabile  ragione 
che  fu  posto  in  u!i  sepolcro  da  chi  ne  fece  uso. Al  proposito  di  trovare  in 
un  vaso  medesimo  le  due  favole  d'Ercole  e  diBellerolonle.  sen/.i  neppur 
qui  derogare  alla  massima  stabilita  dello  stesso  archeologo, che  le  pitlui  e 
del  lato  meno  apparente  del  vaso  stiano  costantemente  in  relazione  con 
quelle  della  più  cospicua  parte  di  esso ,  dii  ò  che  siccome  ad  Ercole  furo  - 
no  imposle  dilllcili  imprese,  accennate  nei  segni  zodiacali  percorsi  dal 
sole  ,  così  di  non  minor  diflicoltà  furono  quelle  imposte  a  Bellerofonle  ^. 
Costui  manifesta  più  chiaramente  dell'altro  il  significato  del  sole  in  rap- 
porto alla  luce,  che  in  lui  vien  meno  al  cader  dal  Pegaso  in  lei'ra  .  come 
al  sole  nel  trapassare  ai  segni  inferiori.  Dunque  l'uno  e  1  altro  di  questi 
eroi  qui  dipinti  rammentano  il  corso  degli  astri ,  e  con  esso  quello  anche 
delle  anime  che  debbon  seguirli,  superando  ogni  ostacolo  che  loro  impo- 
ne via  facendoli  destino,  significato  per  la  dea  Minerva  ^. 

TAVOLA    IV. 

Le  maniere  che  dai  pittori  dei  vasi  furono  maggiormente  prati- 
cate nel  dipingervi  le  figure  in  rapporto  al  color  loro  ,  ed  a  quello 
del  fondo  sul  quale  si  vedono  dipinte  ,  si  riducono  a  due  ,  cioè  fi- 
gure giallastre,  o  di  un  assoluto  colore  di  terra  cotta  sul  fondo  nero,  e 
tratteggiate  con  semplici  contorni  lineari  di  colore  egualmente  nero, 

oppure  figure  del  tutto  nere,  con  tratti  di  semplice  contorno  a  grafito  , 
non  colorito  di  nero  ,  e  con  un  fondo  giallastro  o  del  colore  naturale  di 

terra  cotta.  Ai  vasi  in  simil  guisa  dipinti  fu  dato  finora  il  nome  di  sicii- 


1    Gerhard  cit. ,  p.  88.  3  Ivi,  p.   i65,   872. 

a  Monura.  etr.,  ser.  n,  p.  3Si. 

Fas.  T.  I. 


10  DEI    VASI    FITTILI 

X      li,  ma  dacché  se  ne  trovano  molti  anche  altrove,  sì  chiamano  di  ar- 
caica maniera,  ossia  di  antico  stile  . 

11  vasetto  della  Tavola  presente  n'  è  un  esempio  de'  comuni  ;  e  si  os- 
serva che  mentre  una  tal  foggia  di  pittura  orna  per  lo  più  i  vasi  di  questa 
special  forma,  ove  raramente  si  vedon  figure  giallastre  in  fondo  nero,  non 
troviamo  giammai,  o  rarissimamente  queste  medesime  figure  nere  dipinte 
in  un  vaso  a  campana  ,  ossia  della  forma  stessa  eh  io  mostrai  alla  Tav.  I 
di  quest  Opera  .  E  poi  costante  l'osservazione,  che  lo  stile  col  quale  fu- 
ron  dipinte,su  i  vasi  detti  siculi,le  figure  nere  è  sempre  d'antica  maniera. 

La  rappresentanza  qui  dipinta  è  relativa  alla  guerra  di  Troia,  e 
non  rara  in  queste  sepolcrali  stoviglie  ,  mentre  pare  a  me  che  vi  si  dipin- 
gessero per  lo  più  cose  spettanti  alla  religione,  tra  le  quali  avea  luogo 
per  i  Gentili  anche  la  gueiTa  di  Troia  '  .  Ma  i\  sopralodato  Gerhard  vi 
ravvisò  soggetti  atletici,  o  erotici,  di  che  avremo  luogo  di  ragionare  a 
più  opjiorluna  occasione  . 

TAVOLA  V. 

Dissi  altrove  ^,  che  tra  i  soggetti  omei'ici  relativi  alle  gesta  di  Achille, 
quello  della  sua  vendetta  esercitata  sul  corpo  d'  Ettore  fu  il  più  sovente- 
mente replicato  dagli  artisti  dell'antichità .  come  osserva  un  eh.  scrittore 
moderno  che  tratta  di  Achille  ^.  Tal  è  il  soggetto  di|>into  nel  vaso  della 
tavola  antecedente,  la  cui  pittura  io  riporto  in  questa  quinta  Tavola,  e 
che  altrove  descrissi  nel  modo  che  qui  ripeto. 

Achille  è  sul  carro,  condotto  da  Automedonte  .  sola  circostanza 
non  indicata  nell'Iliade.  E  har]>ato  l'eroe,  com'erano  i  Greci  nei 
monumenti  anteriori  a  quelli  di  Prassitele ,  o  ivi  intorno  4.  Lo  scor- 
pione che  ha  nello  scudo,  essendo  costellazione  d'  autunno  domina- 
to da   Marte  ^,  può  esser  simbolo  di  valor  marziale.  Ettore  è  attac- 

1  Galleria   Omer. ,  Pref.  dell"  Iliade.  4   Gerhard,     Annali    dell'  istituto  di 

2  Ivi,  Voi    li,  p.    17?.  corrispondenza  arclieologica,  Tom. 

3  Raoul-Rocheite,   Monum.   inedit.  m.  p-  44-  ^""o   i83i. 

Achil.  5  VI,  p.  85.  5  Monum.  etruschi,  ser.  vi,  p.   17. 


TAVV.     V,    VI.  1  1 

calo  ai  piedi  del  carro.  Quel  monticello  bianco,  il  rpial  s  inual/.a  dietro  al 
corno  dell  estinto  Ettore,  s  interpetra  comunemente  per  l'egida  immor- 
tale indicata  da  Omero  ',di  cui  Apollo  copriva  il  vilipeso  cadavere,  ad  og- 
getto di  preservarlo  dalla  corruzione  ,  mentr'  era  si  miseramente  oltrag- 
gialo. A\  di  sojira  dell'egida  comparisce  una  figura  compiutamente  arma- 
ta .  la  quale  par  che  sia  in  atto  di  scoccare  un  dardo,  o  di  offendere  con 
allr'  arme  .  Si  opinò  da  principio  che  quella  figura  fosse  rappresentativa 
del  terrore  figlio  di  Marte  eh'  era  suU'  egida  di  Giove  descritta  pure  da 
Omero  *  .  Ciò  che  peraltro  ne  abbia  posteriormente  pensato  il  primo 
suo  espositore  lo  diremo  dopo. 

TAVOLA   VI. 

Espongo  qui  due  pitture  .  ove  compansce  il  soggetto  medesimo  del- 
la Tav.  antecedente,  ed  è  per  conseguenza  utilissimo  di  vedere  in 
qual  modo  si  trattavano  dagli  antichi  sì  le  replice  e  s\  le  copie.  Sap- 
piamo frattanto  dal  eh.  Raoul -Rochette  che  di  tre  vasi  contenenti  il 
soggetto  medesimo  qui  esposto,  uno  spetta  alla  collezione  di  M.  Ho- 
pe  ^,  un  altro  inedito  al  H.  museo  Borbonico  4,  ed  un  terzo  ch'egli 
possedie  ottenuto  dal  sig.  Politi  a  Girgenti.  La  composizione  del  num. 
1  diiFerisce  dall'antecedente,  in  quanto  che  l'eroe  guida  solo  il  suo  carro 
ed  è  senza  scudo,  qual  semplice  auriga  nelle  corse  atletiche.  La  piccola 
figura  armata  vola  davanti  a  lui,  quasiché  spingasi  alla  vendetta  del- 
l'estinto Patroclo.  E  poiché  l'interpetre  Raoul -Rochetle  nel  pidibli- 
car  questo  l'aso  emesse  il  supposto,  che  quel  Genio  fosse  il  Terrore 
personificato,  cosi  crede  che  i  due  guerrieri  qui  espressi  lo  evitino, 
chi  fuggendo  a  gran  passi,  e  chi  per  la  precipitazione  della  fuga  ca- 
dendo a  terra  tra  i  piedi  dei  cavalli  ^.  Al  num.  2  di  cpiesta  Tavola 
è  copiato   il  contorno  di  quella  pittura  d'ugual  soggetto  dei  prece- 

1  Iliad.  ,   \.  XXIV.  V.   ao.  4  I^rio  ,  Galleria    dei    V'asi    del   R. 

2  Ivi,  1.  V,  V.  y3ci~j/^i.  Museo   Borbonico  p.  66.  Panofka 

3  Maison   nouve,   Introdution  a   Te-  Naples  antiche  Bildewerke  T.   i. 
tude  des  vases,  pi.  xLvni .                           5  Raoul- Rochette,  1.  cit.,p.  88. 


l'i  DEI     VASI    FITTILI 

denti .  del  museo  Borbonico ,  rammentalo  di  sopra  '  .  Dal  suo  espo- 
sitore -  descrivesi  particolarmente  il  costume  d  Achille,  consistente 
in  una  lunga  tunica  seiTata  e  rigata  in  linee  verticali,  e  che  trova 
concordi  col  carattere  satirico  da  lui  attribuitosi  a  qviesto  come  al - 
]  altro  vaso  num.  i  ,  perchè  in  entrambi  vede  la  pittura  corredata  e 
confusa  con  tralci  frondosi ,  ma  riserbasi  a  darne  altrove  i  motivi  . 
Io  penso  che  quella  veste  lunga  fosse  distintivo  di  chi  nei  giuochi  si 
esponeva  alla  corsa  dei  cocchi ,  di  che  ho  dato  ragioni  ed  esempi  ^;  e  qui 
Achille  corre  attorno  alla  tomba  di  Patroclo,  giusta  il  costume  tessalo  di 
tramare  il  corpo  dell'ucciso  per  atto  di  religiosa  espiazione  4  .  Dico 
inoltre,  che  le  linee  alquaato  ondeggianti  di  quella  veste,  sono  indizio 
di  certo  costume  di  pieghe,  da  me  ravvisato,  e  notato  agli  abiti  di  figure 
muliebri  depili  antichi  monumenti  d  Italia^  .  La  mancanza  d'elmo  in 
Achille  è  alti'esi  da  notarsi  per  un  costume  che  non  lo  caratterizza  guer- 
l'iero  nell'azione  in  cui  s'occupa. 

La  notabile  diOéienza  fra  questa  e  le  altre  due  già  esposte  pitture 
nei  tre  vasi  di  un  soggetto  medesimo  posti  a  confronto  ,  consiste  nella 
mancanza  dell  egida,  che  negli  altri  due  vedemmo  presso  al  corpo  d'Et- 
tore. -Ma  in  quella  vece  è  un  gran  serpente  ,  che  sovrasta  al  cadavere  . 
Due  de'ch. espositori  di  questo  vaso  concoidano  a  dichiararlo  un  simbolo 
di  distruzione  e  di  morte  '^.  lo  ]»eraUro  non  temo  nell'azzardare  l'opinio- 
ne che  il  serpe  stia  qui  in  luogo  dell'egida  .  ch'è  nelle  altre  due  pitture, 
poiché  oltre  il  non  aver  io  mal  veduto  l'egida  senza  i  serpi .  trovai  molte 
ragioni  della  vmione  o  uniformità  di  siynil^cato  di  questi  due  simboli  7  . 

Farò  intanto  notare  che  i  due  militari  pedestri  della  tavola  ante- 
cedente corrono  in  un  senso  totalmente  opposto,  e  frattanto  la  rap- 
presentanza è  la  stessa  .  E  qui  giovami  1  avvertire  che  nelle  composizioni 
di  figure  nere  in  fondo  chiaro  de' vasi  fittili  dipinti,  raramente  si  vede 
un  carro,  senza  che  sia  da  tali  figure  pedestri  accompagnato,  o  precedu  - 

1  Ved.   p.    Il,  not.   (4).  5    Ivi,   ser.    ni,   Tav.  ss. 

2  R.-Rocliette,  Ved.  p.    io,  noi  (3).  Ò  Raoul -Roiheiie   1-  cu.   p.   88.  lo- 

3  Monura.   etr.,  ser.  v,  p.  8i,8S,  i  38.  rio   R.   Museo  Boibonico  Galleria 

4  Galleria  omerica  ,  Tom.   ii,  Iliade  de'Nasip.   66. 

p.   «79.  7  iNIonum.  cir.  ser.  v  ,  p.  34S. 


TAVOLA    VI.  I  3 

to.o  seguito.  Bisogna  (1uik|uc  proudcile  complessi vauicnle  in  esame, 
per  bene  inlendere  1  oggetto  per  cui  vi  si  ponevano  dai  pittori,  o  se  vi  si 
aggiungevano  per  ampiiludine  oziosa  ,  giacché  le  storie  ivi  espresse  non 
ve  le  richiamano  quasi  mai.  Della  futilità  dell'uomo  che  vedcsi  per  terra 
ai  piedi  dei  cavalli  sarà  prova  bastante  quanto  dissi  altrove  ',  mostrando 
essere  state  introdotte  ligiue  tali  anche  ove  non  erano  richiamale  alla 
espressione  del  soggetto  rappresentalo  ',  ed  a  solo  oggetto  di  compo- 
sizione simmetrica  e  pittoresca  .  Lo  slesso  espositore  m'induce  a  pensare 
in  tal  guisa,  poiché  dopo  aver  dichiarala  la  piccola  figura  significativa  del 
Terrore  per  cui  si  poteva  concedere  che  fossero  spiegale  analogamen- 
te le  figure  ,  una  fuggi  li  va,l  altra  caduta  a  terra, viene  in  seguito  in  <"on- 
gnizlone  d  un  altro  vaso  scoperto  a  Canino,  dove,  oltre  l'esservi  dipinto 
il  soggetto  medesimo,  v'è  di  più  1  iscii/.ione  n  -.tpokao:  presso  la  piccola 
figura  alala  .  che  dichiara  esser  1  anima  o  larva  di  Palroclo.  I;i  cpiale  gri- 
da vendetta  contro  colui  che  lo  uccise,  come  lo  stesso  Raoul -Rochette 
scrive  in  una  lettera  a  me  diretta.  Non  é  dunque  il  Terrore,  né  per 
conseguenza  son  mossi  dal  terrore  i  guerrieri  armali  che  vedonsi  attor- 
no al  carro  di  Achille  .  Difalti  egli  avendo  illustrate  posteriormente  le 
iscrizioni  del  vaso  di  Canino  già  indicalo,  aggiunge  essere  ormai  ma- 
nifesto che  la  piccola  figura  non  e  altro  che  lo  speltro  di  Patroclo  ,  in 
allo  di  eccitare  la  vendetta  di  Achille,  e  con  tale  apparizione  giustificar 
vori'ebbe  1  eccesso  al  quale  giunge  il  furore  dell'eroe  '.  Tanto  dissi  an- 
che altrove  4. 

Ora  io  ripeterò  qui  la  descrizione  del  vaso  spellante  a  S.  E.  il  princi- 
pe di  Canino,  eh  è  il  quarto  finora  nolo  d'ugual  soggetto.  Achille  salito 
.sul  carro,  (così  lo  descrive  lilluslre  possessore)  è  sul  punto  di  iranare 
il  cadavere  d'Ettore  steso  sulla  poUere  ;  l'ombra  di  Palroclo  é  per  aria 
al  disopra  del  carro  ,  come  se  contemplasse  la  sua  vendetta.  Un  bianco 

I    Monum.  eir.  ser.   i,   p    683.  te  antichità  ctrusche    trovHie    ne- 

a   Galleria   Omerica,  Voi.  i,   p.    53,  gli  scavi   del  principato  di  Canino, 

e  le  spiegazioni  delle  tavole  cxcix,  1828,  1  829  Exir.iit  du  lournal  di-s 

cci,  roi.  savans,  frvier  f't  mars  18  io  .pi  3. 

3  Raoul    Roch'^tte,  Notice  de  1'  cu-  4  Galleria  Omerica   rum.  n,  p.  17 5, 

vrage    intiuilé    Catalogo    di    scel-  lav.  cc.v. 


I  4  DEI    VASI    FITTILI 

levriero  precede  i  cavalli  di  Achille  ,  ed  una  alata  figura,  che  forse  la 
Vittoria,  va  innanzi  a  tutti  '  .  I  tre  nomi  di  Patroclo  .  Achille  ed  Ettore, 
che  il  vaso  porta  scritti  nel  piano  dove  son  dipinte  le  anzidette  figure, 
assicurano  che  v'è  rappresentato  Achille  in  atto  di  straziare  il  corpo 
d'Ettore  per  vendicare  la  morte  dell'amico  suo  favorito. 

TAVOLA  VII. 

II  vaso  dove  esiste  questa  pittura  fu  trovato  nel  1826  a  Nola,  unita- 
mente ad  altri  vasi  di  bronzo  ,  nelle  terre  del  sig.  Cucuzza  .  V'è  dipinta 
una  scena  de'misteri:  sette  persone  la  compongono:  in  mezzo  è  Trittolemo 
coronato  di  mirto  mistico  ,  ed  assiso  nel  suo  carro  alato  .  Da  una  mano 
tiene  lo  scettro  emblema  della  dignità  di  sua  origine  .  dall'altra  sostiene 
una  ta7.7.a. nella  quale  Cerere  parimente  scettrata  eh  è  davanti  a  lui,  pare 
che  faccia  una  libazione  .  Il  sovrabbondante  liquido  che  traboccando  si 
sparge  in  terra  .  può  forse  rapportarsi  alla  fecondità  della  terra  ferti- 
lizzata dall'asfricoltura  . 

Trittolemo  è  vestito  come  i  Greci  rappresentavano  i  numi  ,  al  cui 
onoie  fu  associato  nei  misteri  quest'eroe  civilizzatore  dell'uman  ge- 
nere .  L' iscrizione  TPmTOAEMOs  che  le  sta  vicina  ci  assicura  sempre 
più  del  soggetto  . 

Cerere  notata  anch'essa  dalla  iscrizione  ahmhthp  s'appoggia  allo  scet- 
tro, e  frattanto  versa  col  vaso  il  liquore  di  una  libazione.  La  capegliera 
volante  sulle  spalle,  attributo  della  divinità  terrestre,  ed  emblema  di  fer- 
tilità,  come  asserisce  1  espositore  .  incontrasi  raramente  nelle  immagini 
di  Cerere.  Dietro  a  lei  riconoscesi  Ecate  ali  iscrizione  ekìti  che  la  distin- 
gue, ed  alle  funzioni  subalterne  in  cui  s'occupa,  portando  due  torce. 
Dopo  Ecate  dalla  parte  medesima  una  iefora  par  che  occupi  il  posto 
di  una  dell  Eumolpidi.  Inviluppata  in  un  vasto  peplo,  sotto  cui  resta  na- 
scosto il  suo  braccio,  porta  1  ipentlo  vaso  di  bionzo  consacrato  ai  miste - 


I   Bonaparte ,    Museum    Rtnisqne  ,  peints  avec    inscriplioas,    p.    Sa, 

fouilles  de   1828   à    1819.    Vases  nuni.  Saj. 


TAVOLA    VII.  13 


ri.  I  suoi  capelli  sono  slrelli  tla  un  cecrifalo,  o  fazzoletto.  Solio  questa 
acconciatura  di  testajcli'era  propria  della  plebe  ,  par  che  non  sia  in  (que- 
sta cerimonia  che  un  personaggio  mulo. 

Dalla  parte  opposta,  e  dietro  a  Tritlolenio  una  donna  riccamente  ve- 
stila e  coronata  al  pari  di  Cerere  da  un  metallico  diadema  .  porla  come 
lei  uno  scettro  che  annunzia  la  sua  dignità.  Forse  dovrassi  qui  vedere  la 
regina  dei  saciifizi ,  o  Telelea  divinità  nllegorica  dei  misteri.  Anche  lie- 
rofora.che  ha  in  mano  due  faci,  parche  qui  liguri  un'altra  dell'  Eumolpi- 
di.  L'ultimo  personaggio  di  questa  scena  è  un  vecchio  coi  capelli  bianchi 
uìolto  simile  ad  un  gerofante,  e  per  questa  sua  qualità  tiene  lo  scettro 
dalla  man  destra  ,  mentre  dalla  sinistra  sostiene  il  corno  dell  ahl)on- 
danza  pieno  di  foglie  e  di  frutti:  manifestissimo  simbolo  dellafertililà  del- 
la terra.  Forse  rappresenta  qualche  divinità,  come  Giove,  per  via 
d'esempio,  o  Plutone,  il  qual  presiede  alle  ricchezze  clie  traggonsi  dalla 
terra.  Potrebbesi  credere  ancora  Eumolj.o  fondatore  dei  misteri,  o  quel 
Caucone  di  cui  tratta  Pausania  ' ,  il  (piale  sparse  nel  Peloponneso  e  nella 
Beozia  i  misteri  suddetti,  o  piuttosto  Enioto  lamio  dei  misteri  da  Calisse- 
ne  personificato  per  un  uomo  provetto,  che  tiene  in  mano  il  corno  del- 
1  aI)bondanza  ^.  Questa  é  in  compendio  linlerpetrazione  che  della  pit- 
tura qui  ripetuta  alla  Tav.  VII  ha  data  il  cullissimo  sig.  Leone  Faucher, 
dopo  la  quale  fa  la  seguente  osservazione  ch'io  fedelmente  riporto  . 

«  Dopo  aver  descritte  le  circostanze  materiali  di  questa  scena  ci  ri- 
mari ebbe  a  penetrare  nell'idea  ch'espi  ime  .  La  ghirlanda  di  mirto,  che 
abbraccia  l'orifizio  del  vaso,  prova  che  fu  consacrato  ad  usi  mistici  ; 
ma  un  s'i  limitato  segnale  sarà  egli  sufliciente,  onde  stabilire  che  la  pit- 
tura vi  abliia  copiata  qualche  cerimonia  delle  iniziazioni  ?  D'altronde 
se  allude  a  qualche  tratto  d'istoria  o  della  fiivola  ,  la  cui  notizia  non  sia 
giunta  fino  a  noi,  come  potremmo  supplire  al  silenzio  dellantichità  ? 
Senza  sostenere  un'opinione  speciale  sopra  una  sì  difficile  questione,  sa- 
rei inclinato  a  riconoscervi  una  scena  religiosa  piuttosto  che  una  storica 


1   Lil).  IV.  e     la. 

1  Aieiieo,  Lib.  v,   p.    198   nella   descrizione  dell  1   processione   bacchici». 


iG  DEI    VASI    FITTILI 

rappresentanza.  Del  resto  nuove  scoperte  stabiliranno  grado  a  grado  le 
attuali  incertezze;  la  memoria  dei  secoli  passati  non  emana  dall'oblio  del 
sepolcro  clie  assai  lentamente  .  ed  è  una  seconda  creazione  dell  umani- 
tà 1  intelligenza  della  storia  de' tempi  andati  '  ». 

Il  num.  a  di  questa  tavola  ^  Il  ha  la  pittura  d  un  altro  vaso  della  Ma- 
gna Grecia  ,  ora  nel  museo  Britannico  .  e  pubblicata  nella  seconda  rac- 
colta HaniilKjniana  .  Sp  l'antecedente  pittura  corredata  di  nomi  respet- 
tivi alle  principali  figure  fosse  stata  nota  fino  dal  iBco  quando  il  Fon- 
tani puliblicò  la  presente  ,  non  avrebbe  detto  questo  scrittore  esser 
Apollo  il  giovine  sedente  sul  carro  alato.  Sull'esempio  delle  precedenti 
pitture  non  crederei  d'errare  ammettendo  esser  Cerere  colei  che  tenen- 
do in  mano  una  face  colla  quale  andò  in  traccia  della  figlia  Proserpina  fa 
libazione  con  Trittolemo  .  Né  sarchile  fuor  di  proposito  il  concedere 
al  Fontani  che  nell  altra  donna  con  la  corona  quasi  turrita,  colle  spighe 
in  mano,  e  lo  scettro,  fosse  personificata  la  terra  ,  venerata  dagli  antichi 
per  vma  delle  divinità  minori  ,  e  da  essi  appellata  alimentatrice  degli 
uomini   ^  . 

Si  osservi  ora  l'uniformità  dello  stile  tra  pittura  e  pittura  trovata  in 
vari  paesi ,  e  mi  si  dica  se  è  possibile   di  negare  che  provengano  da  una 

scuola  medesima,  ch'io  dico  emanar  dall'Attica,  ove  i  misteri  furono 

in  massima  reputazione  ? 

TAVOLA \m . 

N.'i.Un  uomo  assiso  su  d'un  carro  alatoelrattodai  serpenti  con  patera 
e  spighe  in  mano,  alla  presenza  di  varie  donne  che  portano  faci  accese  e 
spighe  di  grano  ancor  esse,altro  non  può  significare  per  coimuie  senten- 


1    Faucher,  Annales  de  l'iristitut.  de  2  Fontani ,   Pitture  de'  vasi    antichi 

correspondancearcheologique  poar  posseduti  da  S.E.  il  cav.  Hamilton, 

l'an  1829.  Ch.  ni,  p.  261.  Pi.  iv,  edizione  i  fiorentina  Tom.  ly,  Tav. 

des  monuments  inedits  publiéspar  g,  p.    12. 
r  Insiitul. 


TAVOLA    Vili  .  17 

xa  degli  eruditi  ',zhe  TriLlolemo  figlio  di  Mlcii.si  ^.Talo  noi  lo  vediamo  in 
nie/.zo  ad  altre  ligure,  nel  rango  superiore  della  ])itlura  esibita  in  quesla 
Tavola  ,  ove  inferiorinenle  è  un  altro  soggetto  dipinto  eoi  superiore  in 
giro,  in  una  gola  dun  vaso  assai  celebre  del  museo  di  Parigi  -*.  l'au- 
sania  ranunenla  il  carro  di  irittolemo  attaccato  a  serpenti,  come  (pii 
si  vede  ,  non  che  il  grano  che  egli  portava  ,  onde  poterne  diirondcre 
la  cultura  4;  ed  Ovidio  cliiama  alalo  il  carro  di  Ceiere  ^  .  A  ciò 
corrisponde  la  narrativa  di  ApoUodoro,  ove  dice;  che  Ccicre  licevu- 
ta  in  ospizio  in  casa  di  Trittolemo ,  si  fece  in  fine  conosceie  per  una 
Dea  ,  e  lasciolli  in  dono  per  benemerenza  il  suo  carro  attaccato  a 
dei  serpenti  alati,  su  cui  salitovi  quel  giovane  eroe  potesse  per- 
correre i  campi,  e  seminarvi  que'cereali  che  la  Dea  gli  a\ca  conse- 
gnati ^.  Narra  altresì  Paiisania  d  aver  \cduto  un  fonte.  j)resso  al  tpia- 
le  era  slato  edificalo  un  tempio  a  Ceieie  e  Proserpina  ,  ed  i\i  era 
la  statua  di  Trittolemo  "  ;  cos'i  presso  l'Etna  davanti  al  lem'  io  di 
Cerere  v'eran  due  statue,  l'una  di  Cerere  stessa,  di  1  lillulcmo  1  al- 
tra 8 .  Premesso  ciò  è  da  cercare  una  Cerere  nelle  donne  che  ac- 
compagnano il  corteggio  del  giovane  Trittolemo.  lo  la  lavviso  in 
quella  che  stando  presso  a  un  altare,  tiene  In  mano  le  sjtighe  di  (pici 
cereali  che  donò  Trittolemo,  e  frattanto  coU'allo  di  trarsi  dal  ca- 
po il  velo,  par  diesi  manifesti  per  la  Dea  Cerere,  coaie  dicemmo  che 
favoleggiavasi .  L'altare  ha  pure  una  connessione  con  questo  fallo. 
Imperciocché  nei  contorni  d'Eleusi  nell  Attica,  ollie  al  tempio  dedi- 
cato a  Trittolemo,  eravi  ancora  il  caiiqio  Ilevio,  che  fu  il  primo  ad 
esser  sementato,  co. ne  altresì  a  produrre  i  doni  di  Cerere.  Oiiivi  pu- 
re v'erano    i  campi    di  Trittolemo  stesso  coltivali  e  l'ara,   a  lui  de- 

1  Visconti,  Le   piiuire    d'   un    vaso  metro  di  palmi   5  '/,  tbbe  diversi 
_     fittile    trovalo   nella    Magna    Gre-  illustratori,  l' ultiuiO  dei   quali   è 

eia,  ed  appartenente  a   sua  altezza  il  eh.   Panofka  ,    Vasi    di   l're    io 

il    principe  Stanislao   Pouiatnwski.  Tav.   1  ,  il,   p.    1  ,   Sij 

2  Paniasi  ap.   Apollodor.  Bibliot.  1.  /i   Pausan. ,  1.  cil. 

1,  e.  V,  §  2.  Paiisau.  I.  vn,  p.  223,  5  Ovid.  Fast.  1.  iv,   i".  562. 

Millin,   Caler.  Mylhol.  pi.  XLViii,  C  Apollodor.  lib.  1,  cap.  v,  5    2. 

LM  .  Iorio,  Galleria  de  vasi,  p.  4'-  7  Pausan.,  1.  1  ,  p.    i3. 

3  Questo  vaso  alto  3  palmi  del  dia-  S  Cic.  in  Yerrem,  e.   5i,de  Signls. 

Fas.  T.  /.  5 


l8  DEI    TASI    PITTILI 

dicala  '  .  Il  pittore  del  vaso  che  non  potea  rappresentare  quei  cam- 
pi coltivati,  vi  espresse  l'altare  che  indicavali  unitamente  a  Cerere, 
Ja  quale  se  altrove  si  vede  far  libazione  a  Trittolemo  ^  ,  qui  sta  soltan- 
to presso  laltare.  Or  poiché  si  fingeva  promiscuamente  che  Cere- 
re insegnato  avesse  a  Trittolemo  l'agricoltura,  ed  i  misteri  eleusini  ^, 
(OSI  potremo  con  altri  interpetrare  ogni  restante  della  composizione 
come  relativa  ai  misteri  suddetti,  o  ad  altre  feste  di  quel  genere 
stesso.  Tra  le  varie  interpetrazioni  date  alle  figure  di  questa  pittu- 
ra, piacemi  preferir  quella  del  eultissimo  Panofka  ,  il  quale  ravvisa 
nelle  altre  donne  le  sorelle  di  Trittolemo  Diogenia .  Panmerope  .  e  Sai- 
sara,  nomi  che  sono  indicati  da  Pamfos  e  da  Omero  ncll'  inno  di  (lercie. 
Le  faci  e  le  spighe  da  esse  tenute  in  mano,  runinicntano  gli  errori  di 
Cerere  e  Proserpina  .  Suppone  in  oltre  che  1  uomo  sceltrato  e  con 
harha  possa  essere  il  padre  di  quella  famiglia,  giacché  stringendo  io 
scettro  si  manifesta  sovrano.  Da  questo,  com'egli  dice  .  non  dilFeri^ce 
laltro  nella  parte  opposta  della  scena,  il  quale  indirizza  la  parola  ad 
una  delle  sorelle  di  Trittolemo:  il  ramo  cello  di  mirto  che  ha  nella 
sinistra  darebbe  qualche  motivo  a  credervi  rappresentato  il  gerofanla, 
a  cui  luiitamente  colle  sorelle  di  Trittolemo  era  adldala  la  cura  dei 
misteri  eleusini  4.  La  colonna  che  dalla  parte  sinistra  chiude  la  scena, 
è  supposta  un  indizio  dell eleusinio  .  11  seguilo  della  rappresentanza, 
che  tutta  spiegasi  coerente  ai  misteri  d'Eleusi ,  dimostrerà  come  la  in- 
terpetrazione  che  in  gran  parte  ho  adottata  dalleruditissimo  Panofka, 
sia  preferibile  ad  alti-e  che  furono  emesse  per  1  intelligenza  di  questa 
pittura  .  Propone  in  fine  1  interpetre  di  ravvisare  col  dottissimo  Boetti- 
ger  in  simili  pitture,  delle  rappresentanze  drammatiche  eseguite  nelle 
feste  religiose  ^.  Io  non  ho  credulo  fuor  di  proposito  il  ravvisarvi  rap- 
i>resentanze  immaginarie  e  simboliche  .  mosso  dalle  molte  figure  alate  e 
mostruose  che  vi  si  osservano   ^'. 

t    Pausan.  1.  i,  e.  i3.  urne  Tom.    i,seri    ih,  arl.v,  in  fin. 

a   Veil  Tisclil).  Vasi  ec   Tom.iv,  t    8.  4    P'"na'i  ,    lil).    i,  e    JS,    I.    m,c.  14- 

Millin   Galfr.     Myihnl  .    pi.     l;i  .  5    l'anolki.   1.   eli. 

3    Saiiili'-t^inix,  l'pilierclios   Ilistorl-  6    Moinini.  elr.    ser.    v,   lav.  vi,    vii, 

ipies  sur  Ics   niy^lpres   da  pagani-  x,   Wv.i,  x.\xii. 


TAVV.    Vili  ,    B    IX  ,  IC) 

N.  2.  Qualora  questa  pittura  debba  supporsi  eseguila  in  un  conve- 
niente rapporto  coll'antecedentc,  jjerch  è  attorno  alla  gola  d'un  mede- 
simo va^o  ,  non  saprei  allonlananni  dala  plau^Ijile  inlerpetra/.ione  che 
il  prelodalo  Panofla  gli  ba  data,  sup|  nneitdovi  giuochi  fun('l)ri  di  cac- 
cia .  in  memoria  di  Miunle  l'autore  dei  misteri,  che  secondo  Apoliodo- 
ro  morì  alla  caccia  '  .  Oltredicliè  suppone  il  prelodato  interpetre ,  di 
poter  con  buona  ragione  allegare  i  combattimenti  degli  Efebi  coi  tori, 
che  nella  festa  eleusinia  ebbero  luogo  ^;  poiché  quel  clic  facevasi  col 
toro  ,  simbolo  lauto  di  Cerere  quanto  di  Uacco  e  (h  Proserpina  ^  ,  po- 
tevasi  pure  usar  colla  cervia  ,  simbolo  della  sposa  di  Bacco  ,  non  che  di 
lui  stesso  4.  Dimodoché  questa  pittura  può  slare  in  uno  stretto  rap- 
porto colla  festa  eleusinia  ^.  Polrebhesi  credere  la  caccia  un  giuoco  fu- 
nebre in  memoria  di  Ctonia  immolata  a  Pi'oserpina  '^,  come  sospetta,  per 
gli  esempi  che  adduce  ,  il  gii  lodato  PaJiofka   '. 

T  A  V  0  L  A    IX  . 

Ora  vedremo  come  la  pittura  qui  espressa,  sta  in  rapporto  stret- 
tissimo coli  anlecedenle  ,  mentre  tutte  servono  d  ornamenlo  ad  un 
vaso  fittile  .  Dice  il  eh.  Panofka,  che  l'ordine  iiiferiore  nel  quale  il  MQlin- 
gen  ravvisò  il  duello  d  xVchille  e  Telefo  ,  più  probabilmente  è  da  credervi 
dipinta  la  guerra  tra  gli  Ateniesi  e  gli  abitanti  d  Kleusi .  rappresentata 
nel  duello  d'Erecleo  e  d  Eumolpo ,  o  secondo  Pausania  Immarado  *>  . 
A  questi,  ferito  già  della  lancia  dell  oppositore,  soccorrono  il  fratello 
Cerice  9  ed  il  padre  Eumolpo  '°,  la  di  cui  mano  alzala  bulica  lo  spavento. 
Il  blasone  del  serpente    nello  scudo  d  Immarado  manifesta  il  partilo 

1    ApolIoJor,  ap.   Gleni.  Ales,  Pro-  Igin   fib.   288. 

irept.  p.    1 2.  ^  Vasi  di   premio,  p.    5- 

a  Artemid. ,  Onpirocrit.  p.  8.  Creu-  8  ApoUod.  1.  m   i5,  4.  P'ui-  PHrall. 

zpr.   Simbùl.   iv,  p.    -ìqo,    1  gg  min.  xx    Pausati.  1.   i,   5,   27,   OS. 

3  Plularc.  ,  de  IsiJ  ci  Osirid.  e.  3g.  9  Fausan.,   1,   38,   2. 

4  Euseb.   praepar.  evang.   p.    ii5.  io  Se  pur  non  fosse  Celeo  re  J"E  leusi: 

5  Panofki,  Vasi  di   premio,  p.   S.  eJ  Eumolpo  slesso  il  conibalieNlf. 

6  Euseb.,  Prep.  1.  iv,  e.   16,  p.  iSy. 


co  DEI    VASI    FITTII.t 

ilegli  autoctoni  '  eleusini,  e  serve  d'indegna  a  quelli  che  sostengono  il  sa- 
cerclo/io  <li  Cerere   ^.   L  all)ero  di  mirto,  presso  al  quale  coiiihattono 
i  "uerrieri ,  indica  il  sito  consacrato  a  Cerere  ^  .   Dietro  d   Erccleo 
si  vede  la  Vittoria    4  venuta  a  soccorrerlo ,  e  qiiesta  in-eguita  da  un 
Ateniese   che  accorre  in  difesa  del  suo  signore.  Della  lìgura  pileata 
non  d\  il  Panofka  nessuna  interpetrazione.  Aggiunge  poi  clie  tm'i  la  guer- 
ra col  diventar  sudditi  di  Atene  gli  abitanti  di  Eleusi,  ed  allora  fu  asMcu« 
rato  ad  Eumolpo  ed  alle  figlie  di  Celeo  il  sacerdozio  delle  deità  elcusi- 
nie    5.   Or  qui  suppone  il  eh.   interpetre  che  in  memoria  di  questo 
fatto  si  eseguissero  tali  giuochi  di  guerra;  e  ne  reca  in  esempio  la  rappre- 
sentanza del  conflitto  tra  Nettuno  e  Minerva  intorno  al  possesso  del- 
r  Attica*',  e  crede  che  si  eseguissero  in  occasione  della  festa  eleusi- 
na ,  quand'  anche  altri  gi\;ochi  ginmici   '  si  celebra'^sero  ,   mentre  gli 
uni  e  gli  ali  ri  eran  riguardati  come  giuochi  funeln-i  '*.  Perciò  diven- 
ta plausibile  secondo  lui  T  opinione  dell  ingegnosissimo  Creuzer   9.   che 
il   nono,  ciot'  l'ultimo  giorno  delle  eleusinie  '"  chiamalo  -'■'■Y"v:'r:,  e  non 
il   settimo  al  credere  del  dotto   Meurzio    "  .    fu   destinato   s\  ad    altri 
sacrifizi   in  memoria  dei  definiti  ,  che  a   tali  giuochi,  i  qufJi  in  onore 
di  essi  erano  istituiti  ■'', 

TAVOLA    X. 

Resta  da  esaminare  la  pittura  che  nel  vaso  è  sotto  la  processione  del- 
le Tesmoforie ,  Tav.  Vili,  nella  quale  il  Millingen  riconobbe  Achille  e 

1  Eroil.  I,  78.   Filosir.  S.  Im^g    11,  5  P.msan. ,   1.  cit.   Dioflcr,  i,  a5,    p. 

IT,  eJ  lakobs,  coi   pnssi   alli'gati.  34,  colle    annotazioni  Jel  ^\  esse- 
ali  serpe  scarciato  da  Salamina  e  ri-  li'ig- 

cevulo   in   RIeiisi:   simbolo  dell'  a-  6  Piiit.   Qu.   Simp.   ix ,   6. 

gricoUura  (  Creuzer  sinibol.  Tom.  7  Aristd.   Eleusiii.  p.    aSj. 

IV,  p.    193.  Inlgin.   Poet.  aslrom.  8  Clein.   Protrept.  p.  12,    i.e  p.   ?c), 

xiu  ).  7.   t'iiit.  Qii-  Uoni.  XIV.  S.   Croir, 

3  Aristof.  Ran.  333.  Scoi-  Le  animo  Recberch.    1\  1,  p.   337. 
degl'inizinti  si  ir^Uenevano  nei  bo-  9  Simbol.  Tom.   iv,   p.   533. 
sebi   di   mirto.   Spanhem.  ad  Cai-  io  S.   Croix,  Tom.   1,   p.  3i4- 
lim.  Ilimn.  in  Ger.  v.  44-  '  '  Elen<in.   28. 

4  Pausan.  1,  38.  12  Panofka  Vasi  di  premio  p.  4i   5. 


TAVOLA    X.  21 

Patroclo  in  atto  di  liconziarsi  'lai  loro  padri  Pclco  e  Menezio  ,  seduti  in- 
nanzi la  loro  reggia  '  .  I.a  (lipii'tiua  frattanto  presenta  una  quadriga,  che 
in  altri  vasi  fa  sovvenire  i  vincitori  nella  corsa  delle  quadriglie.  L'  elmo, 
lo  scudo  .  l'asta  portali  da  tie  diUerenli  persone  ,  sono  a  parere  del  eh. 
interpetre  Panofka.  conosciutissimi  premi  della  vittoria.  L'uomo  seduto 
e  coronato  di  mirto  somiglia  in  tutto  ai  giudici  dei  giuochi,  come  si  ve- 
dono in  altri  vasi.  Una  tal  coiona  ci  guida,  secondo  lui,alla festa  di  Cere- 
re ^  ,  siccome  le  due  colonne  al  suo  eleusinio  ^  . 

Son  quattro  i  vincitori  elici  crede  ravvisare  (pii  dijiinti  .  il  primo  dei 
quali  nel  giuoco  d'imitazione  della  guerra  eleusinia  riporta  in  premio 
l'elmo  e  lo  scudo. Il  secondo  nel  giuoco  l'elmo,  la  corazza,  e  l'asta.  Scene 
poi  il  vincitore  nel  giuoco  di  caccia  .  premiato  dell'asta  e  forse  pure  del- 
la tunica  ricamata.  Vien  finalmenle  il  vincitore  alla  corsa  delle  quadri- 
ghe, di  cui  par  che  la  spada  eia  tunica  ricamata  indicliin  premio. L'uomo 
coronato  di  mirto  che  regge  colla  sinistra  lo  scettro,  altro  non  è, secondo 
l'interpelre .  che  il  giudice  dei  giuochi.  Dopo  ch'egli  ha  distribuito  i  pre- 
mi, procedono  i  vincitori  al  tempio  dello  deità  eleusinie  ,  onde  rendere  i 
ringraziamenti  della  riportata  vittoria  ,  e  dedicarne  gli  anzidetti  premi. 
Vicino  al  tempio  d'Eleusi  assiste  ai  giuochi  l'arconte  Basileus  ,  che  ve- 
diamo fare  i  suoi  felici  auguri  al  primo  vincitore  di  cui  stringe  la  mano. 
Terminata  cosi  la  descrizione  ben  ragionata  delle  quattro  pitture  del 
vaso  ,  prosegue  quel  dotto  interpetre  col  seguente  ragionamento. 

«  Supplisce  dunque  questo  vaso  alle  scarse  notizie  degli  scrittori  in- 
tórno ai  giuochi  di  Eleusi.  Se  i  vari  testimoni  degli  autori  convengono 
dell'esser  i  giuochi  eleusini  i  più  antichi  di  tutti  '.ed  in  seguito  riferiscono 


1    Gallerf.i  omerica     Iliade    Tom.  ii,  4  "  Sotto  il    regno    di   Pandione    «e- 

tav.   cxx,  p.    i3.  conJo   furono  istituiti  (  Gioiiic  di 

a  Aristof,  Ran.  33,  i5fi,  Scoi.  Edip.  Paros  ep.    17,  p.  7.  ed.  Wagner  ). 

Col.   V,  673.  Welcker  Giorn.  d^ar.  I  più  anliclii    li  iliiama  Elladio  (  p. 

ti  antiche  i,  1,  p.    116,  S.   Croix  18  ed.   Meurs.  )  ed  Aristide  (Pa- 

1.  p.   -i-W.  naten.  p,  189  )  collo  Scoi.  iMS.  ad 

3  Ved.  p.   18.  Eleusin  p.   267   ». 


aa  DEI    VASI    FITTILI 

i  giuochi  gimnici  ',  i  combattimenti  degli  Efebi  coi  tori  eseguiti  in  quella 
festa   ',  poiché  i  vincitori  ricevettero  in  premio  i  frutti  di  Cerere  '  ,  spe- 
cialmente l'orzo  i  :  tutte  queste  notizie  aiutate  dalle  dipinture  ora  illu- 
strate, mi  paiono  suftìcienli  a  decidere  se  questo  vaso  ,  siccome  nella  fe- 
sta panatenea  le  diote  coH'olio  consacrato  a  Minerva,  cosi  nella  festa 
eleusinia  riempiuto  d'orzo  consacrato  a  Cerere  ,  siasi  dato  in  premio  al 
vincitore  ».  A  tal  supposizione  sembragli  pur  corrispondere  la  forma 
del  vaso  simile  ad  un  altro  magnifico  di  premio,  col  dipinto  di  corse  a  bi- 
ga, e  combattenti  di  eroi  sotto  1  assistenza  di  Minerva  ^  .  L'uno  e  l'altro 
rammentano  le  belle  fabbriche  della  Sicilia,  il  nostro  con  qualche  proba- 
bilità quella  di  Girgeati.  «Cos'i  il  eh.  Panofka'^  ,  le  cui  congetture  sareb- 
])ero  di  grave  importanza  qualora  si  riducessero  r.  positive  notizie  suU  u- 
so  presunto  dei  vasi  dipinti.  Ma  pure  tuttavia  si  desiderano  altre  con- 
ferme che  l'orzo  realmente  si  ponesse  in  simili  fragilissimi  ed  angusti  va  - 
si  ,  che  ben  poco  ne  polean  contenere  :  che  altri  vasi  di  forma  uguale 
al  presente  sieno  stali  realmente  vasi  di  premio  ,  e  si  brama  inclusive  di 
penetrare. perchè  mai  si  parla  dagli  antichi  poeti  dei  premi  atletici,  e  non 
mai  di  s\  nobili  e  si  adorni  recipienti  ,  i  cui  soggetti  ivi  dipinti  avrebbero 
soiuiiiinistrato  bellissimi  temi  alle  loro  poesie.   Si  chiede  parimente  in 
qual  modo  i  quattro  da  lui  additati  vincitori  quivi  dipinti  faccian  pompa 
di  premi  ben  diversi  dai  vasi  di  terra  cotta.  Non  eran  foise  le  eleusinie 
ra|)presentanze  dipintevi ,  un  titolo  bastante  ,  perchè  questo  vaso  fosse 
caio  ad  un  iniziato? 

TAVOLA    XI. 

I  tre  soggetti  Visconti ,  Milline  Creuzer  distintissimi  per  l'archeolo- 
gica lor  dottrina,  e  che  scrisseio  di  questa  pittura  monocromata,  giusti - 

1  Aristid.   FJeusin.    p.    a'ìy  ,  O.ner.  3  Arlslid  Eleusin.  p.   257. 

II.  II,   55o.  Cicuz.  Siaibol.  iv,  p.  4   Scoi.  PinJar.  Olirap.   ix,  r.    1 5o  . 

■262.  Suid.  E/cJTtv  Plin.  Hifl  natxvm.^. 

2  AilPinidor.    Oneirocrit.    8    Creili.  5   Iorio,  Galleria  de'Vasi  p.    58,   69. 
Sinboi.  iv  ,  p.   aCia  .  6  Vasi  di   premio  p.  6, 


TAVOLA    XI.  23 

ficano  la  mìa  scelta  nel  dar  conto  del  parer  loro  in  di  lei  proposito  ,  nella 
persuasiva  che  mollo  potrà  giovare  alla  cognizione  di  questa  materia. 
Questo  vaso  è  annoverato  fra  i  più  celebri  per  la  sua  bellezza  :  altro 
motivo  che  m'impegna  a  pubblicarlo  di  nuovo,  essendo  rarissime  in 
Italia  l'edizioni  dove  si  trova. 

La  sua  forma  è  magnifica  ,  e  precisamente  uguale  a  quella  del  vaso 
eh  io  posi  alla  tav.  XL  della  ser.  ^  dei  monumenti  etruschi.  Ila  tre  piedi 
e  diciannove  pollici  d'altezza  ,  con  figure  giallastre  su  fondo  nero.  Ftt 
trovato  nella  Puglia  ,  vicino  a  Bari.  S.  A.  il  piincipe  Poniatowski  n'è 
il  possessore.  Quanto  io  son  per  espori-e  circa  il  significato  delle  sue 
pitture  ,  non  è  che  unbrcve  estratto  di  quel  che  ne  scrissero  i  tre 
lodati  archeologi. 

Nella  parte  anteriore  del  vaso  è  dipinta  la  favola  di  Trittolemo 
fondatore  dei  misteri  dEleusi  e  delle  Tesmoforie,  ciò  che  non  avrebbesi 
potuto  schiarire  piima  che  si  trovasse  1  inno  a  Cerere  da  tutta  l'anti- 
chità attribuito  ad  Otuero  .  Narra  egli  pertanto  in' quell' inno,  che 
Proserpina  figlia  di  Giove  e  di  Cerere,  dopo  essere  stata  domandata 
in  isposa  da  i'iulone,  vide  nato  ai  suoi  piedi  un  Itel  gruppo  di  nar- 
cisi, e  mentre  occupavasi  a  formarne  una  ghirlanda,  Plutone  d'improv- 
tìso  le  apparve  e  la  rapi,  poiché  era  sola  e  lontana  dalle  compagne. 
Gridò  ma  invano  la  misera,  e  solo  Ecate  uditala  ne  riferì  l'avvenimento 
alla  madre.  Cerere  accorse  a  soccorrer  la  figlia,  meglio  informata  dal 
5ole  dell' accaduto,  e  perseguitò  il  rapitore  fino  ad  Eleusi ,  dove  trovò 
Celeo  padre  di  Trittolemo ,  e  quantunque  sconosciuta  ,  fu  benissimo 
«eccita  dalla  famiglia.  Frattanto  la  terra  era  trista  per  1'  assenza  di 
Cerere,  né  i  semi  più  germogliavano,  e  luman  genere  era  minacciato 
dalla  spaventevole  carestia.  Le  ambasciate  d'Iride .  ed  i  consigli  dei  nuuji 
nonpoteano  frattanto  richiamar  Cerere  da  quel  suo  ritiro,  lìiichù  Gio\e 
non  ebbe  inviato  Mercurio  a  ritr-ar  Pi'oserpina  dall'inforno, qualora  non  vi 
avesse  preso  nutrimento  nessuno  .  perché  in  caso  contrario  non  avrebbe 
aUrimeali  concesso  il  destino  ch'ella  n'uscisse  mai  più.  Plutone  1' avea 
pertanto  persuasa  a  mangiai-e  un  sol  chicco  di  un  melograno,  e  in  conse- 
gucnt-t  Pioseipiiia  uon  po'e'.te  abb.indoiiai  d^'l   tulio  il  soggio.iio  df.'l 


i>/|  DEI    VASI    FITTILI 

Nume  ,  ma  le  fu  concesso  di  tornar  colla  madre  soltanto  nella  bella  sta- 
j^io  le  di  primavera  ,  vale  a  dire  per  una  terza  parie  dellanno.  Ecate  rivi- 
de allora  la  di  lei  cara  compagna.  Rea  madre  di  Giove  e  di  Cerere  la 
rinconciliò  coyli  Dei,  che  tornò  a  praticare  dopo  avere  istruito  Trillole- 
mo  nei  di  lei  misleii. 

La  pittura  di  questo  vaso  è  una  esalta  rappresentanza  del  fatto  or 
narialo.  Giove  è  nel  piano  superiore  collo  scettro  ornato  di  chiodi  e 
decorato  dell'aquila.  Proserpina  e  quella  che  presentasi  a  Giove  coperta 
di  lunga  tunica  e  d  ampio  peplo,  come  si  conviene  ad  una  giovane  sposa, 
l.a  stagione  di  primavera  che  in  antico  avanzavasi  a  parte  dell  estale,  e 
indicata  dal  tralcio  di  fiori  tenuto  in  mano  dalla  donna  che  la  rappre- 
senta ,  non  meno  che  jìcr  la  leggerezza  del  di  lei  vestiario  ,  che  soltanto 
in  parte  cuopre  il  suo  corpo  '  .  Alla  destra  di  Giove  è  >lercurio  col  ca- 
duceo, che  sembra  narrar  di  Pioserpina  che  ha  mangialo  un  sol  chicco 
del  pomo  granato  ,  per  cui  da!  d<:stiiio  vien  richiamala  ali  inferno  nel 
resto  dell  anno,  fuorché  in  primavera. 

Nel  centro  della  composizione  inferiormente  alle  descritte  figure  è 
Triltolemo  e  presso  di  lui  si  vede  Cerere,  che  dopo  di  avergli  rivelalo  i 
di  lei  mislerldo  invia  in  un  carro  alato,  e  tratto  da  serpi,  acciochè  dilfon- 
da  per  tutta  la  terra  1  utile  scoperta  dell  agricoltura.  L'eroe  si  vede  co- 
ronalo di  mirto  e  tii?ne  uno  scettro  per  simbolo  della  elevazione  del  suo 
rani;o.  Cerere  va  velata  ,  come  si  trova  descritta  nel  mentovato  inno  di 
Omero  -  .  Quell  oggetto  che  ha  sulle  spalle  fu  reputato  in  principio  un 
aiatro,  o  altro  uteusHe  che  fosse  da  lavorar  la  terra  ^  ,  ma  per  altri  esem- 
pi si  apprese  ch'è  una  face,  ove  sono  schegge  per  accrescer  fiamma  4  .V  è 
anch'Ecateconallra  face,perchèfu  la  priniache  intervenne  a  questa  ricon- 
ciliazione 5  .  La  divinità  sedente  che  nutre  uno  dei  serpi  di  Triltolemo  è 
Bei ,  o  Cibele  dea  della  lena,  madre  di  Cerere  che  procede  ella  slessa  e 

1  IMonum.  etr.  ser.  v,  p.   214.  liques,  voi.  n,  p.  49- 

2  Veis    4"-Ì'-  4  IMillin  ,  Tombeau    Je  Canosa    PI. 

3  Viaronli  Le  pitiure  d'un  amico  va-  ni. 

s)  fiuile  trovato  nella  Magna  Gre-  5  Homer  Ilimn.  in  Cerer.  e.  Sa. 

eia  ,  Millin  Peiulures  Je  Vases  an- 


TAVV.    XI  ,    E    XII  .  2D 

nutrisce  i  serpenti  '  ,e  che  ha  riconciliala  la  figlia  cogli  uouiiui  e  cogli  Dei; 
e  come  madre  degli  uomini  e  degli  Dei  dcbhc  iiUeressarsi  dei  lavori  di 
Trittolemo,  e  delle  istituzioni  di  Cerere.  Sotto  di  lei  è  probabilmente 
quel  narciso  medesimo  ,  che  fece  nascere  e  crescere  nel  campo  di  Nisa , 
per  ingannar  con  esso  la  sua  nipote  Proserpina.  ,.  t 

TAVOLA     XU. 

Qui  si  vede  la  parte  avversa  dell'antecedente  pillura  ;  e  v  e  vui 
edicola  distila  ,  i  cui  capitelli  sono  d'  ordine  ionico  ,  e  decorato  di 
acroteri  ali  estremità  del  frontone,  e  nel  suo  apici. ^ella  gola  del  vaso 
ricorre  un  ornamcnlo  !)i/.z,arramente  arabescalo,  il  quale  tien  luogo 
delle  consuele  gliirlandc  d'ellera,  o  di  vite,  o  di  persea,  su  di  che  si  ve- 
de una  testa  bacchica  ,  da  me  altrove  presa  in  esame  ^  .  Qui  peraltro 
non  manca  l'edera,  mentre  ne  corona  il  superior  labbro  del  vaso.  Ali  in- 
gresso del  tempio  si  vede  un  giovinetto  con  bastone  in  mano ,  e  sie- 
de a'  suoi  piedi  un  cane  .  Secondo  il  Visconti ,  costui  sarebbe  lasio 
il  favorito  di  Cerere;  l'erudito  Creuzero  vi  ravvisa  l'anterioi-  parte 
combinata  benessimo  colla  posteriore  ,  mentre  se  dall'una  è  Tritto- 
lemo il  dispensatore  della  sementa  del  grano,  dall'altra  parte  è  il  pa- 
dre della  ricchezza  delle  campagne ,  cioè  Plutone  :  dunque  due  favo- 
riti di  Cerere  .  U  cane,  secondo  il  Millin,  appartiene  ad  lasio  qual  cac- 
ciatore, come  trae  da  Teocrito  ^;  ed  il  Creuzer  con  poca  alterazione 
fanne  un  agricoltore  4  ;  ma  soggiunge  che  mediante  l'  allusione  mi- 
stica, quel  cane  può  meglio  farci  conoscere  tutta  la  rappresentanza. 
Propone  quindi  che  si  volga  la  mente  allo  stretto  nesso  che  han- 
no le  feste  di  Cerere  col  culto  bacchico ,  al  che  riferisconsi  gli  or- 
namenti del  vaso .  Bacco  era  infatti  l'  assistente  di  Cerere,  come   si 


1  Apollon.,  Argonaul.  ii,  r  i  209  He-  3  Idyll. ,  ni,  ap,  Millin  ,Peinlurcs  de 
raclid.    Pontic,  allegor.,  Iiouieric  Vas.  anliq.,  Voi.  n,   p.   /ip. 

p.  /Joo.  4  Creuzer.,  Simbolic,  und  milhol.Vol. 

2  Monum.  etr.^  ser".  v,  tav.  v,  p.  .^6.  ni,  p.   565,  lab.  \m,  xiv. 

ras.  T.  I.  4 


a6 


DEI    VASI    FiniLI 


trae  dagli  inni  orfici  ',  dove  la  Dea  d'Eleusi  viene  appellatala  par- 
tecipatrice  dell  altare  di  Bacco  .  Ivi  si  prega  la  Dea  di  concedere  la 
ricchezza  consolatrice;  e  la  regina  della  vita  ^,  cioè  la  salute  .  Or  am- 
bedue queste  cose  eran  conferite  du  lasio  .  Egli  è  il  salvatore  laT»"»' 
in  ([uesto  doppio  senso.  Cerere  ha  generato  da  lui  nell'isola  di  Cre- 
ta, nel  campo  della  sementa  arato  tre  volte,  Pluto,  cioè  la  ricchez- 
za ^,  dal  qual  campo  può  derivai'e  probabilmente  ,  secondo  il  |)relo- 
dato  Creuzero .  anche  il  nome  di.1  seminatore  Trittolemo  . 

L'ottavo  giorno  degli  Eleusini,  prosegue  questo  dottissimo  inler- 
pelre  d^'ll  anlichiti'i  ligurata  ,  era  un  nuovo  giorno  di  salute;  ed  Escu- 
Japu)  l'ottavo  .  ossia  Esnum  ,  era  un  novello  salvatore,  e  per  di  lui  mc/.- 
zo  .  Cerere  dicevasi  Iside  salutare  ,  ossia  Igia  e  Igea  4,  ^"  e  duncnie 
secondo  lui  gran  connessione  tra  Cerere  ed  lasio  che  dà  ricchezza. 
Come  lasìo  era  imito  a  Trittolemo  nel  campo  della  sementa,  così  anche 
Ascle^jio  negli  Eleusini  è  il  personaggio  del  serpente,  e  in  questa 
maiiieia  congiunio  eziandio  col  conduttore  del  carro  dei  serpenti  di 
Trittolemo.  Ambedue  costoro  significano  il  ser|;ente  della  terra,  cioè 
del!  agi  iioltura  ,  ed  il  serpe  ;le  della  salute  Agalodemune  ,  cioj  serpen- 
te de!  cielo.  Dif  itti  Asclepio  è  1  Oliuco  il  quale  tiene  il  serpente,  siccome 
era  nolo  a^li  anticlii  ^  .  Oltredichè  l'Ofiuco  è  un  secno  autunnale  clie 
Sta  nella  linea  di  separazione  fra  la  parte d.'l  gioino  e  quella  della  notte  . 
Egli  è  che  conduce  altrui  nelle  tenebre  e  tra  i  morti ,  e  in  conseguenza 
guida  ancora  le  anime  '^  verso  la  via  del  zodiaco  .  secondo  la  dottrina  dei 
misteri,  dalla  porta  degli  uomini  '  al  segno  del  Cancro  ,  la  quale  ri- 
conduce in  questa  vita  per  la  porta  degli  Dei  al  segno  del  Capricorno. 
Andiedue  queste  ideate  porle  si  fnisero  custodite  da  un  cane  '^.  01- 
tredicliè  segue  a  dire  il  Creuzero.  che  nell'antico  mito  attico  e  nolo 
un  cane  di  salvazione,  il  quale  accompagna  1  Ermes  o  Mercurio.  1  edu- 

I    OrphiC.  imn.   xl,  w.    io  .  6  Creuzer  siinbol.  unJ   uiiiliol.  Tom. 
a    ibid.   ^'.    20.  11,   p     3'3o. 

3  Esiod.    Theo£;on   p.  968.    DioJor.  y    Moinuiieiìii   eir.   ser.  v,   p.  ^yj- 
sic.  V,   78.  ibid.  ^Ve»^eii^g.  8   (]leni.  Alexandrin  ap. Creuzer, simb. 

4  Creuzer,  Simbolic.uiid  ecp.  5b8.  ec.  Tom.   m,  p  5tìg    Edizione  1 , 

5  Eralosloii    Catasler.  6  . 


TAVOLA    XII.  27- 

calore  d^'Asclepio  e  conduttore  delle  anime  '.  Difattì  nei  monumen- 
ti egiiiani,  Mercurio  o  Aniibi  ^  con  testa  di  cane  conduce  le  anime 
ai  regno  de'morti  ^,  e  le  libera  dai  legami  della  vita.   lasio  veneravasi 
nell'isola  di  Samotracia  qual  marito  di  Cerere,  dalle  cui  consecrazioni 
ai  misteri  attendevano  gli  uomini  la  salute  del  corpo,  e  quella  purè- 
deli  anima;  COSI  praticavasi  nei  misteri  eleusini,  Dovea vi  perciò  com- 
parire anche  la  casa  degli  Dei,  della  q^uale  in  questa  nostra  pittura: 
si  vede  la  porta ,  e  questa  ne'  misteri  ,  come   accenna  il  già    lodato 
Creuzero,  mostravasi  custodita  da  un  cane,  come  si  vede  parimente 
in  questa  jiittura,  e  questo  cane  si  considerava  salutevole  e  consola- 
tore; come  lasio  veniva  considerato  perciò  qual  salvatore  delle  anime, 
da  esso  sciolte  dai  legami  di  questa  vita,. e  condotte  nelle  regioni 
divine  per  la  porla  degli  Dei. 

Attorno  alla  descritta  porta  si  vedono  degli  Erodali  e  delle  sa- 
cerdotesse, o  iniziate,  che  olirono  ad  lasio  i  loro  doni,  fra  i  quali  é 
notabile  la  cassetta,  non  meno  che  il  diadema  da  lui  portato  sul  ca- 
po, e  la  mistica  benda  appesa  alla  parete;  cose  tutte  attinenti  ai  mi- 
steri. Quei  giovani  sono  i  neofiti  ,  i  quali  imitar  vogliono  lasio  l'eroe 
nella  vita  che  intraprendono.  Portano  le  lor  vesti  in  segno  del  corjio. 
eoi  quale  cuoprono  l'anima  4,  e  nel  vestirla,  d'  umana  spoglia,  vale  a 
dire  nel  vivere,  prendono  per  modello  lasio  ed  il  fratello  Trillolenjo 
nel  loro  transito  in  questa  terra,  e  per  eccitamento  ad  azioni  serie 
e  nobili,  e  quindi  al  termine  del  loro  pellegrinaggio,  vale  a  dire  alla 
morte  ,  sperano  aver  quell'eroe  per  conduttore  della  loro  anima- alla 
casa  degli  Dei  ^. 

Ho  voluto  diffondermi  più  di  quello  che  mi  prefissi  nell'esame  di 
questa  pittura,  s"i  perchè  non  di  rado  s'incontra  il  soggetto  medesimo 
nei  vasi  dipinti,  onde  una  dia  luce  alle  altre;  e  si  perchè  sia  mani- 
festo uno  de'fonti  da'  quali  traggo  la  mia  opinione ,  che  queste  pit- 
ture sieno    relative  alle  dottrine  animastiche ,   e    per  conseguenza. 

1.  Creuzer  cit.,  p    569  3   Monum.  etr.,  s^r.  vi,   lav.  R  3. 

%■  lablonski   Panteon   Aegyptiorum  ,  4  '^'>  ^^^-  '^  P*  4o<*- 

pari.  )ii,  p.    i5.  5  Creuzer  1,  cit.,  tonOi  ni,  p.  S'jS. 


a8  DEI    VASI    FITTIU 

eseguite  espressamente  per  mettersi  nelle  tombe  de'  morti  ,  ove  si 
trovano  ,  piuttostochè  sien  fatte  per  altri  usi  ;  della  qiial  cosa  noi 
troveremo  frequentissimi  esempi. 

TAVOLA     XIII. 

Esibisco  qui  due  dipinti  d'  un  sol  vaso  che  han  poche  figure , 
ma  interessanti  molto  per  la  rarità  del  soggetto  che  vi  si  contiene  , 
e  per  le  riflessioni  che  gli  archeologi  vi  posson  fare,  di  che  mi  di- 
spenso, restringendomi  solo  a   motivarle. 

Io  trascrivo  in  succinto  quel  che  ne  scrive  il  eh.  archeologo  Ver- 
miglioli  che  il  primo  dottamente  illustrò  il  monumento  presente.  Il 
toscanico  suolo  perugino,  egli  dice  ,  fecondissimo  sempre  di  oggetti 
delle  antiche  arti  nazionali,  anche  nell'anno  1857  ci  forni  di  assai  bel 
vaso  plastico  dipinto,  singolare  per  la  sua  mole,  elegante  nelle  pro- 
prie forme  e  per  le  sue  rappresentanze  erudito.  Fu  trovato  nelle  pos- 
sidenze della  signora  contessa  Meniconi  che  ne  fece  dono  al  pub- 
blico  patrio  gabinetto  di   antichità  di  Parugia. 

La  doppia  scena  delle  figure  e  gli  ornati  sono  al  solito  d'un  colore 
giallognolo  in  fondo  nero  '.  Non  torneremo  per  avventura  a  rinnovare 
Ij  questione  agitata  altre  volte  e  fino  dai  giorni  di  Winkelmann  se  que- 
sti eruditi  e  preziosi  cimelii  che  infinitamente  ornano  le  arti  italiane, 
e  che  avendo  tanta  celebrità  acquistata  ai  di  nostri,  lo  studio  di  essi 
forma  quasi  una  nuova  scienza,  onde  sono  si  spesso  ricercati  nelle 
viscere  della  terra,  desiderati  e  compri  a  gran  prezzo  dai  monar- 
chi, dai  governi  ,  dai  dotti ,  scentifici  ed  artistici  istituti  a  grande 
incremento  d'  ogni  classico  sapere  ;  non  torneremo  com'  ei  diceva 
alla  questione,  se  tali  stoviglie  sieno  di  greca  o  di  etrusca  fabbri- 
ca ,  ma  piuttosto  avvertiremo  che  non  solo  nella  Grecia  italica  e 
nella  Sicilia  se  ne  fabbricavano  ,  ma  pur  nella  nostra  Etruria  ,  so- 
vente    riproducendone    questa    classica   terra ,    non    peraltro    un  d\ 

1    l.eiierc  di   r.-irnsca  erudizione  pubb.  dal  cav.Inghirami,  Fiesole  1818,  p.ii^- 


TAVOLA    XIU.    '  ay 

con  tanta  abbonJanza,  come  nelle  sicule  ed  italo -greche  regioni.  Clic 
se  a  tal  divisamente  si  recasse  a  modo  di  prova  la  quantità  di  tali  fi- 
guline dipinte,  recentemente  trovate  nelle  terre  di  S.E.   il  principe 
di  Canino,  comprese  nell'Etruria,  più  francamente  opinerebbesi,  oche 
ivi  si   trasportarono  senza   sapere  né  come,  né  quando,  ma  in  tempi 
certamente  remoti,  e  dalle  non  lontane   italo -greche    otficine,  o  vera- 
mente dai  greci  plasticatori   chiamativi,  e  da  greci  pittori,  vi  si  trava- 
gliarono ed  ornarono.  Lo  insegnano  puie  le  moltisbime  arcaico-greche 
iscrizioni,  di  cui   vanno  copiosimente  fregiate;  lo  insegnano  i  nomi  di 
quei  pittori  ,    la  patria  dell'  arte  loro  ,  altri  nomi  e    modi  del    dire 
tutti   greci  '. 

Queste  dottrine  sulle  diverse  patrie  dei  vasi  dipinti  furono  già 
proclamate  dal  dottissimo  Lanzi  ^  il  quale  questo  argomento  con  sa- 
gacità  investigando,  propose  quali  modi  e  l'illessioni  si  hanno  da  usa- 
re nel  giudicarne.  Il  prelodato  V'ermiglioli  dall'esperienza  condono 
per  gli  studi  praticati  su  di  essi  in  Sicilia  ,  nel  reame  di  Napoli,  e 
nelle  primarie  collezioni  d'Italia,  ha  forse  potuto  conoscere,  come  un 
rafTuiamento  minore  nell'impasto  dell'argilla  ,  una  vernice  men  lucida 
e  men  consistente  ,  una  minor  diligenza  e  finitezza  nel  disegno  del 
nudo,  delle  vesti  e  degli  ornati,  possono  anche  i  vasi  etruschi  dai 
greci  far  distinguere,  e  soprattutto  quando  questi  ultimi  vanno  da 
greche  iscrizioni  fregiati.  Questi  riflessi  conducono  lo  scrittore  a  sup- 
porre,che  quando  agli  Etruschi  non  erano  sufficienti  queste  stoviglie  dai 
nazionali  artisti  travagliate,  ed  il  lusso  e  splendidezza  loro  già  da  Teo- 
pompo  e  da  altri  notata  ,  ne  volevano  migliori,  dalla  non  remotissima 
Grecia-italica  se  ne  provvedevano.  Tanto  accade  fra  noi,  se  pure  è  leci- 
to paragonare  i  moderni  ai  costumi  antichi,  che  non  sodisfatti  delle 
porcellane  travagliate  in  Italia,  ce  ne  procuriamo  dalla  Francia,  dalla 
Germania,  e  per  sino  dalla  Cina  e  dal  Giappone.  Altre  questioni  giù 

1  BuUet.  di  corrispondenza    arch.  vsns   i83o  Fev.  Mar. 

del    i8i9  ,   p.ig.   39,   49,  60,  yS,  a  Vasi  ant.  dipinti   dissert  iii.p.a 3. 

81,    loi,    ii3,    i4<;  e  del    i83o,  Stolber  Rais  iu   Deuucland  der 

p-    4-  Antol.  di  Firenze,  gennaio  sche»tze     llalien     und     Sicilieu 

i83o,   pag.  61,  e  Joura.  dei  Sa-  Koenings  Bergard  Leipiig.  1794' 


3ò  DEI   VASI    FITTItr 

sorsero  fra  gli  eruditi  intorno  all'uso  di  queste  preziosissime  reliquie 
della  dotta  antichità,  che  quasi  sempre  nella  cavità  di  vecchie  tombe 
si  trovano;  ma  l'autor  prelòdalo  non  vuol  rinnovar  neppui' questa  aven- 
done già  scritto  a  sufficienza  in  altra  sua  opera  '.  Sopra  queste  opinioni 
cred'io  miglior  partito  esser  quello  di  attendere  che  maggior  cumolo 
di  fatti  le  convalidino,  prima  d  insinuare  che  sieno  adottate,  e  mi  limi- 
to a  convenire  soltanto  sulla  probabilità  del  giudizio  ch'egli  ne  riporta. 
Piissando  il  cb.  autore  all'  esame  speciale  della  pittura,  ci  avvei- 
te  esser  due  le  scene  che  il  vaso  comprende,  senza  che  abbiano  re- 
lazione compiuta  fra  loro,  come  in  altri  ha  parimente  osservalo  ^  . 
Queste  scene  son  divise  da  una  linea  di  confine  per  le  due  anse  che 
perciò  diota  dicrome  chiama  il  Vermiglioli  quel  vaso,  cui  potrebbe 
darsi  altro  nome,^  conforme  le  recenti  dottrine  del  prof.  Panofka,  il  qua- 
le assai  dottamente  ha  scritto  su  i  nomi  da  darsi  a  queste  italiche  prezio- 
se stoviglie  ^.  La  principale  fa  vedere  un  serpente  minaccioso,  vicino  a 
due  eroi  espressi  con  greco  modo  nella  nudità  loro,  e  in  colloquio. Segue 
alla  destra  una  femmina  bene  ornata,  la  quale  sopra  una  colonna,  o  a  me- 
glio dire  ara  con  teschio  d'irsuto  cinghiale  situalo  nella  parte  estrema: 

ha  fatto  alla  guancia 

Della  sua  palma  sospirando  letto.  4. 
Potendola  dire  anche  con  Virgilio^ 

-  Sed  frons  laeta  panini  et  dejecto  lumina  vidtu^ 
per  non  equivoco  segno  di  grave  mestizia;  e  mestizia  che  vien  forse- 
similmente  indicata  dall'  incrocicchiamento  delle  gambe  ,  conforme 
la  pratica  dell'arte  antica  ,  che  pure  in  quest'  attitudine  simboleggio 
la  mestizia  ,  e  così  in  una  pittura  tratta  da  Omero  ,  e  da  Filostrato 
descritta  '^,  erano  situati  quei  Greci  che  la  morte  d'Anliloco  amara- 
mente piangevano.  La  parte   opposta,  del.  vaso    contiene  la.  pittura, 

\  Vermiglioli,  Lezioni  elementari  d'apres  Ips  autpiirs  etl'es  monii*« 

d'archeologia,  voi.  i.  mens  anciens,  Paris    1829. 

a  Lanzi,  Vasi  ant.  dipinti,  Disser-  4  Dante,  Purgatorio,  vu. 

tazioni   tre,  pag.    188.  5  Aencid.,  vi,  863. 

3  Recherchessur  les  nomsdevases  6  Lib.   i,  ved.  il  museo  Borbonico, 

giecs  et  sur  les   differens   usages  voi,  1.  lav.  xxxii. 


TAVOLA    XIII  .  3l 

della  danza  di  un  Fauno  e  d'una  Baccante,  con  altra  che  appoggiasi 
ad  ampio  lebele  situato  su  d'una  colonna.  Gli  ornali  dipinti  son  di 
flabelli  situali  ove  si  appiccano  le  anse,  che  insieme  con  altri  ac- 
cessori di  questo  dipinto  posson  ricordare  le  cleusino-hacchiche  or- 
gie.  E  qui  rapporto  al  disegno  si  esprime  cos'i  lo  scrii lor  versatissi- 
mo  :  «  no:  aggiungeremo  die  egli,  che  sebbene  i  profili  delle  liguie.  i 
contorni  delle  membra,  ed  il  ge'lilo  dei  panni,  ci  i  iciiiamino  alle 
idee  darle  della  tuscanica  talvolta,  più  che  a  greca,  esprimono  ciò 
non  per  tanto  del  sentimento,  della  tluidità  e  buone  Iracce  dellan- 
tico  stil  greco  praticalo  anche  in  Elruiia  con  semplicità  e  franchez- 
za .  che  buone  maniere  di  coniposizione  manifestano  '  n.  Ed  in  vero 
se  il  ^  eiiiiiglioli  si  mojtrò  versalo  in  tali  giudizi  d'arte,  io  lo  ravviso 
(pii  versatissimo,  e  lo  confermo  coU'osservazione  dimoili  e  molli  va- 
si perugini  che  sentono  lo  stile  gl'eco  nelle  lor  pitture  ^,  e  dico  gre- 
co jierchè  in  tutto  ugualissimo  a  quello  de'  vasi  dissotterrali  nelle 
colonie  greche  del  regno  di  Napoli  . 

Dal  costume  attico  in  questo  dipinto,  come  nelle  altre  italiche  fìgu- 
hne.  dal  N  ermiglioli  osservalo  ,  egli  viepiù  si  accerta  che  cose  greche 
vi  si  contengono:  e  vi  ravvisa  la  favola  d'Admeto  ed  Alceste  che  si 
meritò  d'essere  esposta  nel  teatro  d  Atene  ^  .  Quindi  narra  la  favo- 
la ,  e  in  essa  scende  al  particolare  che  celebrate  le  loro  nozze  nei 
sacrifizi  connubiali  venne  dimenticata  Diana ,  che  pure  doveavi  aver 
luogo  4  ,  end'  è  che  il  nume  adirato  ne  tolse  aspra  vendetta,  spingen- 
do fin  oltre  il  talamo  immani  serpenti,  a  turbare  le  connubiali  doli- 
zie.  Allora  il  benefico  Apollo  volendo  allontanare  queste  sciagure  dal- 
la casa  di  Admeto,  persuase  i  coniugi  stessi  a  placare  l'irritata  Dia- 
na con  nuovi  sacrifizi  di  vittime  a  lei  sacre  ^  .  Pensa  dunque  l'cspo- 

I    Yermiglioli,  le  Erogamie  di  Adme-  li^rs   Dis^^erl. 

lo  e  di  Alcesle  nella  pittura  di  vaso  3   Builetlino    dell  Insiituio   di   corri- 

plaslico  del  pubblico   gabineUo  ar-  spon  lenza    aniieolog    i  8  jo,  p.-i'JC). 

clieologii'O  di    Perugia,    p.    io.  ^  .S|iaidifUi.ad  Ciillim    ap.\  er  iiiif;li<ili 

a    Passeri    De  tribus  vasculis  etrusels  le  Erog-imie   di   Admcio  ed  Alci  sle 

eucau<lice  piciis   a    Cìlem.    xix ,   P.  ec.   p     i5 

O.  iM.  ili   inuseura  \  aticanuDi   in-  5    A  j)ollodi.r.cii  d;l  Vfrmiglioli,[)  i5. 


3l  DEI    VASI    FITTILI 

sitore.  che  queste  due  circoslauze  della  favola  sulle  nozze  di  Admeto, 
cioè  il  turbato  suo  talamo  dall'aspetto  di  que'  dragoni,  ed  i  nuovi  sa- 
crifizi celebrati  alla  Dea  per  ritrovarla  proprizia  ,  sieno  espresse  nella 
parte  principale  di  questo  dipinto.  Pone  altresì  fuori  di  did)]jio  che 
la  figura  situata  in  mezzo  alla  scena  sia  d'Apollo  pastore  alla  regia 
d'  Admeto  ,  e  dichiara  il  delfico  suo  tripode  quell  oggetto  ch'ei  calca 
col  piede ,  come  se  ne  indicasse  il  dominio.  Il  suo  collo  è  decorato  di 
monile,  come  si  usò  anche  in  Etruria  nelle  rappresentanze  dei  nu- 
mi' ,  ed  ha  calcei  di  costumanza  tessalica  2  .L'eroe  vicino  ad  Apollo  è 
Admeto,  decorato  anch  essodi  monile,  ed  armato  di  parazzonio  che  gli 
pende  dal  fianco,  e  di  scudo,  e  impugnando  l'asta  eziandio,  dopo  di 
che  si  vede  il  segno  dei  rammentati  serpenti. 

Sembra  pertanto  ali  espositore  della  pittura,  che  Apollo  sia  con 
Admeto  in  colloquio;  a  persuaderlo  di  placare  con  nuovi  sacrifizi  Dia- 
na ,  cui  anche  cinghiali  e  giovenche  immolavansi  ^;  e  ravvisa  esser 
piaciuto  al  pittore  di  riunire  alla  scena  spiegata  questa  nuova  circo- 
stanza della  favola  stessa,  e  pensa  quindi  che  la  colonna  dove  si  appog- 
gia la  donna, sia  simbolo  del  tempio  o  dell  ara  di  Diana,  la  quale  viene  in- 
vocata propizia  con  libazioni  da  Alceste,  ch'ei  riconosce  in  quella  fem- 
mina .  la  quale  in  melanconica  sembianza  sta  all'ara  addossata.  Ma  o 
tempio,  o  ara  ,  o  simulacro  che  abbiasi  da  ravvisare  in  quella  colonna, 
a  migliore  indizio  dell  oiferta  e  sacrificio  compiuto,  dice  1' autore , 
che  a  pie  di  essa  fu  posta  la  testa  dellimmolato  cinghiale   4. 

Espostasi  dal  eh.  autore  questa  pittura  più  ampliamente  che  io 
non  ho  riferito,  passa  ad  alcune  dotte  riflessioni  sull'uso  a  cui  furono  de- 
stinali questi  avanzi  delle  antiche  italiche  arti,  e  n'elegge  fra  i  molti 
supposti  quello  d  aver  servito  agli  iniziati  nei  misteri  bacchico -eleu- 
sini,   siccome  trae  parlicolannente  dall'altra  pittura  opposta  del  vasa 


1    Monuin.  Pir.  spr.ii,p.  17.  Ci)rcIii<Iio  2  Vermiglioli,  1.  cit.,  p.    18,   19. 

Memorie  (11  TelsmoiiP.  i,    isJ.ci-  3   Callim.    in  Del,  49^- 

tali   d:il   VrriT.iglioIi   I.  cit.  4   Vermiglioli   1.  cit.,p.   22. 


TAVOLA    XIU.  33 

Stesso  '.  "  A  luion  conto  sappiamo,  egli  dice  ~,  che  nei  misLeri  eleu- 
sini, e  negli  arcani  de' bacchici,  e  de' quali   faceva  parte,  siccome  ha 
meglio  e  recentemenle  mostrato  il  sig.   Uolle^,  facevasi  uso   de' vasi 
cretacei   per  richiamare  forse  la  semplicità   e  parsimonia  de'primi  vi- 
venti, e  cl»e  denominavansi  '^>if'"oxt.  Aggiunge   egli  inollre  che  il  va- 
sellame era  a  Bacco  intieramente  sacro,  conforme  le  dottrine  dison- 
no   ^  ;  e  poteasi  bene   alludere  con   quest'  allegoria  al  pieno  dominio 
che  teneane  il  nume  stesso   sull  umida  natura  ^,  né  sappiamo  per  av- 
ventura se  altri,  dietro  a  queste  allegoriche  dottrine,  avea  forse  os- 
servato che  il  vasellame  anche  ne' sepolcri  ponevasi  qual  simbolo  del- 
la caducità  delle  umane  cose,  imperciocché  conforme  1' espressione  di 
Eraclito,  come  le  acque  esse  meno  divengono  ^  ".  Quindi  lo  scritto- 
re scende  a  rilevare  1'  analogia  eh'  è  fra  la  favola  d  Alcestee  quella 
di  CerereediProserpina  Dea  dei  misteri,  poiché  in  ambedue  si  finge 
la  lor  discesa  alT  inferno,  ed  il  loro  ritorno,  a   dare   idea  dell'im- 
mortalità dell  anima,  ed  altre  psicologiche  dottrine  che  trae  da  Fulgen- 
zio ',  e  dal  faceto  Aristofane^;  e  più  chiaramente  da  Lorenzo  Lido 
ricava  che  in  questo  mito  d'Alceste  veniva  simboleggialo  il  ritorno 
al  mondo  della  virtù  generativa  per  la  potente  forza  del   sole,   che 
quasi  erasi  perduta  nel  correre  dell'  inverno  9. 

Nella  parte  avversa  ov'è  una  colonna  che  sostiene  un  ampio  cali- 
no, vede  egli  parimente  Alcesle  che  vi  si  appoggia  preparandosi  a  quel- 
le sacre  funzioni,  le  quali  Sofocle  '°  ed  altri  ne  insegnano  che  si  fa- 

1    II  sig.   Millingen  quasi  si  oppose  a  Pollux,  x,  cap.  ao.  Aihen.,  IìI)m. 
a  questa  opinione.Peint.antiq.  des  Creuzer,  Dionys.  p.   8p,   <t   sq. 

vas.  rom.  i8i3  tifll'introduzionc,  3   Recher.     sur  le  eulte   de   Baccus 
che  tia  poi  seguita  ed  anipiamenle  ec.   Paris    1829. 

esposta  l'Inghirami,  Moiium.  etr.,  4   Dionys.,   I.  xi. 

ser.  V,  tavv.  xlvii  a  liv.  Veggansi  5   Creuzer  Dionys,  p.  83,  e  gli  aii- 
anche  le  lezioni   di   Archeologia  tori   ivi   citati. 

I,  1 27,    ed  il  dotto    Creuzer  pr.  6  Creuzer,   1.  cit. 

il   Dorow,  Voj^ge  archeologique  7   Mylhol.,  1.    i. 

dans  I'  ancienne  Ftrurie  ,  p.  53  8   Ran.  vers.    i3. 

ed  il  mus    Borbonico,   voi.  6,  t.  g  vzaiur,viu-j  pc.  Mensium  lib.  p.  aaj. 

5.  6.  (Nota  del  eh.  Vermiglio-  10  Oedip.  coi.  4^o.  Apollon.  iv.G'^o, 
'»  )•  Theociil.  Idyl.  xxiy. 


yas.   Tom.  I. 


o 


3/f  nEI    VASI    IITTII.I 

cevaao  precedertì  ai  sacrifizi  '  .  Di  ([iii  trae  argomenlo  ctie  il  va^o 
abbia  servito  a  qualche  iniziata,  edivi  perciò  si  esprima  Ui  ceiiinoitia 
ili  compiere  le  lustrazioni,  che  il  liluale  delle  orgie  volea  ,  sircotue 
ne  avveitono  Clemente  Alessandrino'^,  lo  Scoliaste  d'Aristol'ane  ^  ed 
altri  4.  È  però  suo  parere  che  prove  migliori  dell'aver  servito 
fjuel  vaso  ad  uso  d' iniziati  si  traggono  dalla  scompostissima  danza 
di  una  baccante  o  ninfa  con  mistico  specchio  in  mano  e  di  un  Sa- 
tiro o  Sileno:  circostanze  che  riunite  a  favole  di  Tessaglia  ricordano 
appunto,  com'  egli  dice  ,  quelle  tessale  donne  che  saltavano  intiera- 
mente sgombre  di   vesti  ^. 

Pare  infine  al  dottissimo  interpelre,  che  la  baccante  o  iniziata, 
ornata  di  cutiìa,  di  orecchini,  di  armille  e  monile  ,  sostenendo  uno 
specchio  mistico  dedicato  al  culto  di  Bacco  ^,  come  insegna  Lorenzo 
Lido  7  ,  e  lo  stesso  mistico  e  sacro  specchio  unitamente  all'  orgico 
serpe  che  si  osservano  fuori  del  calato  o  cista  mistica,  situata  a  pie 
del    lavacro,  sieno  per  esso  altri   segni  di  bacchiche  iniziazioni  ^. 

Ne  riporto  alla  tavola  XIII  il  disegno  tal  quale  fu  pubblicato 
del  Vermiglioh  per  non  alterarne  lo  stile  che  in  quel  primo  tipo 
credo  esser  copia  esatta  del  vero,  che  1^  autore  ci  avverte  esser  poco 
più  di  tre  quarti  d'un  palmo  romano. 

TAVOLA   XIV. 

Il  eh.  Ilalinski  illustratore  della  seconda  raccolta  Hamiltoniana 
di  vasi  dipinti,  così  spiega  la  pittura  che  gli  editori  di  quella  col- 
lezione posero  nel  tomo  primo  alla  tavola   XII. 


1  Homer.    Iliad.   i,  449.  Eurip.  Eie-  Myslr.  e.   vii. 

etra   701.  5   Vermiglioli  cit.  p.   27. 

2  Siroiii.,  lib.  V,   et  VII.  6  Monumenti    etruschi  ,  ser.  n,  p. 


3  Pluiar.  846  .    Arian.  in  Epictet.  34.  ^7,  78. 


Ili,    ui, 


7  Op.  cit.  p.  aoi. 


4  Gli  scriitoii    citali  dal  Meursio  de  8  Vermiglioli   cit.  p.   aS 


TAVV.     \IV.     E     XV  .  35 

"  Ippolita  regina  (Ielle  Amazoni  per  segno  della  suasovranilà  portava 
la  cinlura  di  Marte,  della  quale  invogliatasi  Adnieta  figlia  dEuristeo , 
fu  orilinalo  ad  Ereole  che  la  rapisse  ;  e  questa  fu  la  nona  impresa  a  cui 
egli  si  accinse  per  comando  del  suo  fratello  ,  portandosi  nelle  rive  dei 
Termodonte  .  ove  abitavano  le  Amazoni.  Ma  siccome  Giunone  odiava 
sempre  quell'  eroe,  pose  in  opera  tutta  la  sua  mali/;ia,  e  fece  si  che  quel- 
la cintura  che  avrebbe  potuto  ottenere  come  un  dono  ,  divenisse  il  prez- 
zo d'  un  combattimento  terribile  ,  a  cui  lo  sfidarono  quelle  femmine 
bellicose  " . 

«  Questa  Tavola  rappi-esenla  Ijipolita  in  atto  di  sfidare  Ercole  alla 
pugna,  nella  rjuale,  secondo  x^pollodoro.  ei  la  privò  di  vita  ' . 

"  E  incerto  se  i  raggi  che  si  vedono  in  cima  della  Tavola  ilenotino 
l'illustre  nascita  d'Ercole;  si  sa  che  i  Caldei  chiamavano  Ercole  il  pianeta 
di  Marte  ;  vi  è  anche  una  costellazione  con  questo  medesimo  nome  : 
potrebbe  dunque  supporsi,  che  sia  stato  indicato  uno  di  questi  ti-e  sog- 
getti »  2.  La  pittura  non  si  dà  per  fedele  in  quanto  allo  stile,  ma  sibbene 
in  quanto  alla  gi'andezza. 

TAVOLA    XV. 

Trovate  due  pitture  dal  eh.  Italinski  nella  raccolta  Hamiltoniana,ove 
si  vede  un  giovine  assiso  su  di  un  cai-ro  alato,  crede  in  esse  rappresenta- 
to Apollo.  Aggiunge  poi,  che  siccome  fu  opinione  ai  tempi  del  già  lodato 
scrittore  che  nei  sepolcri  non  si  eran  posti  dagli  .antichi  se  non  vasi 
contenenti  pitture  al  culto  di  Bacco  relative,  cosi  egli  congettura  ,  che 
r  uomo  col  diadema  ripetuto  in  questa  tavola  sia  distene  tiranno  di 
Sicione ,  il  quale  essendo  andato  a  Delfo  per  chiedere  al  nume  la 
peraiissione  di  estrarre  da  Sicione  le  ceneri  d'Adrasto,  e  non  aven- 
dola ottenuta  ,  ordinò  che  i  cori  istituiti  in  quella  città  per  memo- 
ria di   Adrasto  ,  fossero  consacrati   in  appresso  al  culto  di  Bacco. 

1  Lib    VII,  e.  g. 

2  Italinski,  Vasi  ec.  Tom.  i,  tav    xii,  p.   20.  . 


\ 


56  DEI    VASI    FITTILI 

Fassi  quindi  a  ragionare  sul  carro  alato  dov'è  il  credulo  Apollo 
-eileate,  ma  poiché  non  sì  trattiene  che  in  congetture  ,  le  omettere- 
mo senza  ulteriormente  molestar  con  esse  inutilmente  chi  legge  , 
i^otendone  ognuno  creare  a  proprio  talento  .  Difatti  egli  stesso  ve- 
(hita  la  debolezza  de  suoi  argomenti,  propone  che  in  questa  pitturasi 
rappresenti  altra  favola  rammentata  da  Mimnerno  in  quei  versi  che 
ci  ha  conservati  Ateneo  '  ,  dove  dicesi  che  quando  il  sole  ha 
compiuto  il  suo  giro  diurno  ,  e  giunge  all'  Oceano  ,  vi  trova  un  let- 
to doro,  con  ali  fabbricate  da  ^  ulcano  ,  sul  quale  vien  trasporta- 
lo all'oriente.  Cos'i  Platone  ^  dice,  che  Giove  occupato  a  mantenere  il 
buon  orcUne  nel   mondo  ,  andava  su  d  un  carro  alato  . 

hi  line  a2ijiun"e  l'Italinski  da  me  lodato  che  nella  raccolta  medesima 
di  pitture  di  vasi  da  esso  illustrate,  è  una  tavola  ove  si  vede  parimen- 
te una  ligura  sa  d'un  carro  alato,  che  tenendo  in  una  mano  Io  scet- 
tro, e  nell'altra  tre  spighe  di  grano,  si  dee  credere  Trittolemo  che  inse- 
gna agli  uomini  1  agricoltura ,  e  cos'i  potrebbesi  credere  della  pittu- 
la  presente  ,  in  fra  le  quali  due  non  passa  dilferenza,  che  nella  pre- 
senza e  assenza  della  sjiga.  Aggiunge  poi  che  gli  scrittori,  i  quali  par- 
Imio  del  viaggio  di  Trittolemo  lo  rappresentano,  non  già  sopra  d  un 
cocchio  alato  .  ma  tiralo  da  dragoni  aligeri,  e  per  lo  più  con  una  co- 
1  ona  di  spighe  in  lesta,  col  papavero  in  una  mano,  e  con  un  vaso 
pieno  di  grano  nell'altra  .  Ma  le  dilFicoltà  che  a  spiegare  questa  pit- 
tura si  presentavano  già  /^c  anni  sono  ^  ,  dileguansi  a  mano  a  ma- 
no all'apparir  dei  nuovi  analoghi  monumenti  .  Difalti  il  carro  alato 
che  vedesi  al  iinin.  i  della  Tavola  MI ,  di  questo  libro  porta  Trit- 
tolemo  indubilalamenle.  e  senza    recare   nessun  sospetto  di  Apollo, 

I  Lib.  VI,  e.  X,  p.  470.  '790  "ow  in  the  possession  of  sir 
a  In  Fedr.  Drolop.  W.  Hamilton  his  Brìiannic  INJaie- 
3  Iialiiiski,  Collection  of  engravings  staty  Envoy  extr.  and  plenipoten- 
from  anrienl  Vases  niosliv  of  pu-  tiary  al  the  Court  of  Naples  ,  wilh 
re  Creek  Woikmansliip  discovcrJ  Remarks  on  each  vase  by  the  col- 
io sepulchres  in  the  Kiii^dom  of  lei  l(ir  piddislied  by  nir.  ^^ .  Ti- 
the  two  Sicilies  tiU  chiellv  in  the  schbein  Director  of  the  Royal  A- 
nelghbourhod  of  Naples  during  cademy  of  plainlin?  et  Kaples 
liie  course  of  the  years  i^S'yand  '79'- 


TAVV.     XV.     E     XVI  .  37 

mentre  lo  assicura  1  epigrafe  ,  e  le  ali  si  possono  intendere  attacca- 
te al  carro  ugualmente  che  ai  serpenti,  de'e^uali  nella  citata  MI 
Tav.  mostrasi  1' estremila  superiore  ,  dietro  le  spalle  del  giovine  eroe; 
e  questi  più  manifestamente  si  fan  palesi  all'altra  rappresentanza  di 
Triltoleino  posto  alla  Tav.  Vili,  come  dicemmo  ',  vedendoli  tjui  pure 
più  chiaramente  avvolti  alle  ruote  del  carro  e  più  visibili  ancora  ed 
intieri  alla  Tav.  XI.  Da  tali  osservazioni  apj)rendiamo  altresì ,  che 
Trittoleino  sul  suo  carro  poteasi  rappresentare  anche  privo  di  spighe 

0  di  papaveri  in  mano,  mentre  cosi  è  dipinto  al  num.  1  della  Tav.  VII. 
Diremo  altresì  che  la  donna  qui  rappresentata  esser  debha  indubitata- 
mente Cerere  ,  perchè  la  troviamo  ugualmente  dipinta  con  vaso  e  fa- 
ce nelle  mani  al  num.  2.  Tav.  VII  di  questa  Opera,  che  poco  va- 
riamente figurata  al  num.  1.  della  Tav.  stessa,  dove  èia  voce  aumuthp 
chiaramente  attesta  l'esser  suo. 

Il  giovine  col  cappello  dietro  alle  spalle  ,  clamidato  ed  armato 
di  gladio,  e  munito  di  calzari,  che  vedesi  dietro  al  carro  di  Tritlolemo, 
non  altrimenti  incontrato  nelle  quattro  antecedenti  rappresentanze 
di  questo  eroe ,  è  quell'Iasio,  cred'io,  da  me  i-ammentato  in  tutta  la 
spiegazione  della  Tav.  duodecima  di  questo  Tomo,  massimamente 
ove  dissi  esser  quest'  eroe  un  modello  del  bel  viveie  proposto  agli 
iniziati  nel  transito  loro  da  questa  terra  ,  eccitandoli  ad  azioni  no- 
bili e  virtuose,  e  quindi  sperando  di  averlo  per  conduttore  delle  ani- 
me loro  alla  casa  dei  numi  celesti  '^.  Perciò,  se  non  eiTO  .  fu  di- 
pinto in  costume  di  viandante  . 

TAVOLA  XVI. 

Le  tre  figure  eh  io  pongo  nella  tavola  presente  appartengono  ad 
un  vaso  medesimo  distribuite  peraltro  nella  facciata  anteriore  e  nella 
posteriore.  Chi  ne  fu  il  primo  espositore   ^,  manifestò  l' imbarazzo  nel 

1  VeJ.  p.  ì'j.  posseduti  dal  cav-  Hamilton  edi- 
1  Ved.  p.  27.  zione  prima  fiorentina  Tomo  iv  , 
3  Fontani,   Pitture  de' Vasi   antichi                  tav.  xni.  p.   20. 


30  PEI    VASI    FITTILI 


(lare  il  vero  significato  a  questa  rappresentanza,  che  manca  di  si- 
cure caratteristiche  per  ispiegarla.  L'asta,  che  tiene  in  mancia  don- 
na secondo  lui  ,  potrebbe  indicarci  esser  quella  Minerva  ,  ed  io  pure 
dichiarai  per  la  Dea  medesima  altra  donna  che  oltre  1'  asta  .  aveva 
soltanto  uno  scudo  ,  che  per  tale  manifestavala  ,  attesi  i  serpi  e  la  te- 
sta di  Medusa  che  in  esso  vedevansi  ' .  Più  semplice  ancora  è  la  di  lei 
protome  antica ,  la  quale  noi  vedremo  efllgiata  nella  tavola  susseguen- 
te che  pur  si  congettura  una  vera  Minerva.  Potrebbesi  per  uguali 
ritiessi  dir  Ercole  quel  giovine  eh'  è  davanti  a  lei ,  quantunqe  pri- 
vo d'ogni  suo  attributo  ,  mentre  vedremo  questo  medesimo  eroe  nel- 
la tavola  susseguente  esser  coperto  solamente  da  un  manto,  e  non  da 
una  pelle,  uè  in  guisa  molto  dissimile  il  vedemmo  nella  tavola  seconda  di 
questa  collezione ,  sennonché  ha  la  clava  che  neppure  han  questi  due. 
Il  diadema  d'  una  semplice  benda  che  hanno  le  nostre  due  figure  ,  se 
nella  donna,  qualora  sia  Pallade,  può  essere  un  segno  della  sua  di- 
vinità, come  giudica  il  Millin  che  fu  molto  pratico  di  silFatte  materie  ^. 
nell'uomo  può  altresì  accennar  Ercole  condotto  da  Pallade  al  godimento 
della  sua  apoteosi,  come  giudicammo  riguardo  alla  Tav.  II. 

In  cp.iesto  caso  la  figura  muliebre  ed  alata  libratasi  in  aria,  portando 
una  benda  ,  può  avere  il  significato  medesimo  di  Vittoria,  come  dissi  al- 
trove ^ . 

L'  originale  della  pittixra  esistente  nel  museo  Brittanico  è  uguale  in 
grandezza  a  questa  copia. 

TAVOLA  XVIL 

Mi  affretto  a  ripeter  qui  una  rappresentanza  insolita  d'  Ercole  per 
maggior  detfusione  d'  una  novità  che  può  giovare  alla  cognizione  di 
molte  altre  di  simile  soggetto .  giacché  dicemmo  in  principio  essere 
Ercole  uno  degli  eroi  più  ripetuto  nelle  pitture  dei  vasi.  Nel  dipinto 
in  esame  presentasi  nel  più  cospicuo  aspetto  ima  figura  virile  coronata 

1  Ved.  la  spiegaz.  della  Tav.  li.  i,  PI.  xxxf.  pag.  67. 

2  Millin,  Peimures  de  Vases  ant.  T.  3  Ved.  la  spieg.  delia  tav.  11. 


TAVOLA      XVII,    :  ^9 

«Itin  l'amoscello  arboreo  con  bacche,  giudicato  d'olivo  dal  pi  imo  mio 
esi)OSÌlore  '  Egli  è  nudo  ali  eroica,  inen  che  dal  liancoiii  basso,  cin- 
gendolo un  manto  che  giunge  ai  piedi.  La  epigrafe  iu'aKAHs  chiiira- 
inente  manifestando  esser  ([uesli  Ercole  ,  ci  viela  il  muover  dubbio 
sulla  rappresentanz;a  di  questo  mitologico  personaggio,  per  T  insolila 
maniera  colla  quale  qui  rappresentasi,  ma  piuttosto  ci  guida  alla  co- 
gnizione d  altre  pitture,  dov^Ercole  possa  essere  eliigiato,  come  qui, 
senza  i  consueti  e  creduti  necessari  suoi  attributi;  di  che  ho  dato 
<£ualche  accenno  spiegando  la  tav.   anlecedenle  ^. 

Anche  1  avvenimento  qui  espresso  conferma  la  presenza  d  Ercole 
in  (jiiesta  pittura.  Quando  Alcide  in  ccMiip.igiiia  degli  Argonauti  re- 
cossi a  Troia  per  vendicarsi  di  Laomedonle,  ^cese.  pei  quanto  dicesi, 
nell'isola  di  Crise,  che  sorgea  vicina  a  (jiiella  di  l-emiios,  ora  som- 
mersa ^,  e  quivi  eresse  un  altare  '^  in  comp-agnia  di  Giasone  '' ,  e  fu 
probabilmente  dedicalo  alla  Dea  del  paese  ch'era  Pallade.  perciò  nomi- 
nata Crisia,  essendosi  cosi  chiamata  quell  isola  da  disia  moglie  di  Bar- 
dano ";  che  aveagli  portato  in  dole  dei  doni  ricevuti  da  Minerva,  consi- 
stenti iu  alcune  antiche  statuette  chiamate  Palladi.  Tale  infatti  giudica 
il  Millingen  che  sia  la  piccola  staiua  presso  la  quale  sta  Ercole,  ne 
il  crede  a  toito,  mentre  con  essa  leggesi  KPfsB  Pallade  Crisia,  alla  cui 
base  vedesi  eretto  il  rozzo,  perchè  antichissimo  altare,  sul  quale  Ercole 
-fa  sacrificio,  e  intanto  Giasone  iii^iiN  conduce  la  vittima  da  immolarsi. 
Questi  è  vestito  da  viandante  col  cappello  sul  capo,  qual  si  conviene 
al  primo  degli  Argonauti  sì  celebri  pe'  loro  viaggi.  Le  due  aste  che 
tiene  in  mano  Giasone  son  pure  usate  anticamente  dai  viaggiatori. 

Dall'altra  parte  dell'  idolo  v'è  una  Vittoria  ,  come  accenna  1'  e- 
pigrafe  nikh,  fedel  compagna  di  que'due  eroi  ,  come  dice  l'interpe- 
tre.  Ella  assiste  ali  altare,  ed  olFre  dei  sacrifizi  alla  divinità  in  favor 
loro.  La  di  lei  presenza  indica,  secondo  quel  dotto  espositore,  il  fe- 


1    Millingen,   Peiutures  anlicjues  et  ge'de  la  Grece,  tom.  ii,   p.    i3/. 

inédiles   de  Vase»   grecs,  pi.  li.  4   Galier.  omer..  Iliade,   t.  i,  p    109. 

9   Ved.   p.   5,  38.  5   Pbilo.strai.   lun.   Icon.,  e.  xvii. 

3  Choiseul  GoufEerduns    son  Toya-  6  Dioais.  d'Alicarnasso,  1. 11,  e.  ^■ì. 


4o  DEI    VASI    FITTILI 

lice  resultato  dell' impresa.  Essa  ha  in  mano  una  tazza  ed  un  piallo 
d'offerte,  fra  le  quali  ci  distingue  Ire  rami  d'  olivo.  Presso  di  lei  è 
un  Camillo  occupato  ad  aprire  una  cassetta  contenente  senza  dub- 
bio, gli  oggetti  necessari  al  sacrifizio.  Il  dipinto  è  riportato  con  suf- 
ficiente fedeltà  dal  suo  originale,  e  di  grandezza  uguale.  11  vaso  che 
la  contiene  si  trova  nella  collezione  del  conte  di  Lamberg  a  Vienna, 
e  la  sua  forma  è  a  campana.  Io  non  lo  credo  molto  antico  per  la  ragio- 
ne che  nell'epigrafe  trovo  usata  1' oniicronii  vocale  lunga  introdotta 
assai  tardi  nell'alfabeto  comune  dei  Greci,  da'  quali,  se  giudicar  se 
ne  deve  per  le  iscrizioni,  par  che  provenga  questa  pittura  '. 

TAVOLA    XVIU. 

Le  voci  greche  heos  1' Aurora,  e  ke*aAos  kaaos  bel  Cefilo,  ci  fan- 
no sicuri  del  soggetto  .  Son  celebri  i  loro  amori,  e  par  che  qui  ne 
siano  espresse  le  conseguenze.  Imperciocché  l'Aurora  consorte  di  Ti- 
tone  s'innamorò  di  Cefalo  fino  al  segno  di  chiedere  al  giovine  mer- 
cè del  suo  amore;  ma  egli  negoUa  per  la  data  fede  a  Procri  sua  spo- 
sa ^ .  Senz'  altro  dire,  pare  a  me ,  che  un  tale  avvenimento  sia  di- 
pinto nel  vaso  fittile,  che  il  Tisckbein  pose  alla  tav.  XII  del  tomo 
IV  dell'Opera  intitolata;  Pitture  di  vasi  antichi  posseduti  dal  cav.  Hn- 
milton;  e  così  parve  all'espositore,  il  qual  soggiunge  che  Cefalo  all'ap- 
parir dell'Aurora  mostra  di  accelerare  il  passo,  temendo  le  di  lei  sor- 
prese, ma  da  lei  avvisato  d  aver  essa  cosa  importante  da  significarli, 
attento  la  guarda  ed  ascolta  le  sue  ingannevoli  voci  ^. 

Le  figure  qui  sono  uguali  a  quelle  dell'antica  pittura  in  riguardo 
alla  grandezza,  non  però  in  quanto  alio  stile  del  disegno  che  si  pre- 
tese di  rettificare.  Siccome  il  vaso  che  le  contiene  fu  in  possesso  del 
cav.  Hamilton,  così  potremo  esser  certi  che  provenne  dalla  Magna- 


I    Millingen,  Peiolures  anitques  et  3  Fontani  ,  PiUure  de'vasi  antichi 

inédites,   p.  77.  posseduti  dal  cav.  Hamihon  ediz. 

a  Apollodor.,  1.    i,  e,  ix,  §  4-  prima  Goremina,  t.  iv,  tav.   xii. 


TAVV.     WIII,    E    \l\  .  4' 

GiCcia,  (love  quell'erudito  ainilore  «l  og^je  Iti  d  arte  antiea  li   luci  olse 
ler  formarne  la  eelel>ie  sua  collezione. 

TAVOLA     XIX. 

Se  dobbiam  secondare  le  novelle  opinioni  degli  archeologi .  che 
ulteriormente  scrissero  e  scrivono  de' Vasi  Gitili  dipinti'  ,  ove  appreu- 
desi  che  le  pitture  almeno  dei  recenti  scavi  vulcenti,  senza  escluderne 
in  tutto  quei  d'  altra  provenienza,  si  rapportino  più  che  ad  altro  suhiet- 
to  alla  vita  fauuliare  degli  antichi  ^  ;  ed  ove  si  trovano  teste  nuilie- 
bri  vi  si  riconosca  il  ritratto  di  qualche  sposa  novella,  servito  aven- 
do quei  vasi  per  faine  dono  o  per  adoprarlo  nelle  di  lei  nozze  ^  , 
non  esileremo  a  dedurre  dalla  testa  muliebre  dipinta  nel  collo  di  ([ue- 
slo,  essere  stato  il  vaso  medesimo  usato  per  nozze  o  doujilo  dalla  sposa 
allo  sposo  in  tale  occasione  4  .  L'emessa  opinione,  a  chi  studia  sulle 
rappresentanze  di  tali  stoviglie,  non  dee  comparir  nuova,  j  oichè  il  Pas- 
seri fu  d'ugual  parere,  specialmente  circa  queste  teste  muliebri  che 
ei  chiamò  ritratti  di  spose  novelle,  e  prese  quei  semieircoli  che  ve- 
donsi  nel  seno  della  donna  per  magnifiche  gemme  d'ornamento  nu- 
ziale che  pende  dal  collo  ^  .  Io  peraltro  che  vedo  si  nel  vaso  espo- 
sto dal  Passeri  che  in  questo,  il  volto  muliebre  emanante  da  un  liore, 
giudico  petali  quei  segni  che  il  Passeri  decise  esser  gemme,  e  in  tal 
caso  non  so  ammettere,  senza  riflessioni  ulteriori,  come  il  ritratto  di 
una  sposa  dipingasi  su  d'un  fiore.  Or  poiché  tra  i  Vasi  fittili  dipinti 
se  ne  trovano  molti  che  han  la  forma  e  insieme  le  rappresentanze  di 
questo,  così  potremo  qui  esporre  coll'aiuto  d\iltri  esempi  la  più  co- 
mune e  più  ragionata  opinione  circa  siffatti  monumenti. 

Anche  il  D'Hancarville,  allorché  riprodusse  coi  rami  del  David  i 


i   Gerhard,  Voi.  ni     degli    Annali  3  Ivi,  p.  62. 

dell'    instiluto    di    currispoadenEa  4  'vi,  p.  91 . 

archeologica,  Roma  i83t  .  5  Passeri,  Picturae   Etruscorum  in 
a  Ivi.  p.  34.  fasculis,  Voi.  j,  Tab.  u,  p.  56. 

ras.  T.L  6 


4-1  nr;i   n  \.si   i  itti  li 

\asi  Haiiiilloniani  in  iiiinor  sesto  di  quei  deirediiitnic  lìoreii(iiia  '.tra 
i  quali  è  anche  questo  .  inunaginò  che  i  soggetti  in  essi  dipinti  t'os- 
sero tratti  non  solo  dalla  storia  e  mitologia  degli  antichi,  ina  inclu- 
sive dai  costumi  religiosi ,  civili  e  politici  di  ([ue' loro  le.iipi  *.  E  do- 
no aver  data  alle  Tavole  3o,  5i.3'i  la  forma  del  \aso  veduta  in  vari 
aspetti,  e  con  ogni  sua  misura,  e  specialità  .  coni  io  la  ripeto  ([iiialla 
Tav.  XIX,  passa  a  dare  nella  Tav.  33  la  rappresentanza  delle  due  facce 
di  esso  ^  ;  di  che  siamo  ora  per  dar  conto,  senza  diurenticare  i  due 
volti  in  rilievo  che  vedonsi  nei  manichi,  e  le  due  teste  di  uccelli  a- 
quatici  posti  ove  sorgono  i  manichi  stessi.  Il  già  lodato  interpetre  non 
si  diffuse  fino  a  dar  minuto  conto  della  testa  muliebre  che  qui  sorge 
tra  i  fiori.  Io  che  frattanto  ne  ho  ragionato  altrove ,  qui  sarò  breve 
col  ripetere,  che  una  testa  emanante  da  un  fiore  simboleggia  l' anima 
fatta  divina  per  la  purità  che  trae  dalle  virtìi  catartiche  insinuate  dai 
mlstagoghi  dei  misteri,  e  le  due  teste  d'uccelli  aquatici  poste  allato 
dei  manichi  rammentano  1'  acqua  che  purifica  le  macchie  del  corpo, 
come  le  virtù  quelle  dell'anima.  Le  due  teste  in  rilievo  sui  manichi 
simboleggiano  il  sole,  come  provai;  e  poiché  gli  Egiziani  rappresen- 
tarono questa  divinità  emanante  da  un  fiore,  or  con  una  intiera  figu- 
ra,  or  colla  sola  testa  umana ,  cos'i  tale  allegoria  fu  imitata  dai  Greci 
in  questi  vasi,  a  mostrare  probabilmente  che  l'anima  nel  passare  alla 
beatitudine  celeste  segue  il  corso  del  sole:  ed  in  fatti  ritratti  simili 
trovansi  per  ordinario  nella  gola,  come  qui,  cioè  nell'alto  dei  vasi. 
Chi  di  tutto  il  già  detto  volesse  ragione  consiilti  i  miei  Monumenti 
etruschi  4  . 


1  D'  Hancarville  ,  Antiquilés  etru-  Paris  178$,  Tom.  i,  Preface  p.  6. 
sques  grec.  el  romaines,  Florance  3  Ivi,  Tav.  xxxm,  p.  90. 

1799,  Tom.  1,  PI:  53,54-  4  ^^^-  *^'"'  '  >  P'    ^74  »  ser.  11 ,  p. 

2  D'  Hancarville,  Antiquìtés  grec-  4a3.  4^5,  jÒS.  ser.  ni,  p.  i84- 
ques  et  romaines  gravées  par  F.  «er.  v,  p.  4'9-  **'•  ">  '^^'  ^3  , 
A.  David ,  avec  leurs  explications,  n.  3,  p.  27. 


»    * 

TAVOLA    XX. 

l  vasi  della  forma  che  feci  ostensibile  nella  Tavola  antecedente  aver 
sogliono  sul  corpo  loro  il  prospetto  di  un  edicola  ,  sulla  cui  porla,  co- 
me qui,  pure  è  una  figura.  La  R.  Galleria  di  Firenze  ne  ha  uno  quasi  del 
tutto  simile  a  quello  eh'  io  pcmgo  in  questa  Tav.  XX.  11  primo  suo  il- 
lustratore mostrò  come  più  probabilmente  che  altro  soggetto  vi  si 
rappresentasse  un  Lare  pubblico  ,  avendone  egli  veduti  molli  in  que- 
sti vasi,  e  sempre  in  parte  armati,  e  spesso  a  cavallo,  e  quindi  spie- 
ga essere  stali  i  Lari  presso  gli  antichi  non  altro  ohe  le  anime  più 
generose  che  si  credevano  vigilare  alla  salvezza  delle  città  e  delle  case, 
e  come  questi  Lari  si  rappresentassero  equestri  lo  dà  per  provalo  at- 
tesi altri  suoi  scritti   '  .  ■ 

Ma  il  vaso,  del  quale  riporto  qui  l'anterior  faccia,  e  che  nella  sua 
total  forma  io  mostrai  alla  Tav.  antecedente,  fii  pubblicato  dall' Man - 
carville  in  gran  foglio  nella  sua  prima  opera  concernente  queste  sto- 
viglie ',  e  senza  spiegazioni.  Ma  esse  comparvero  dipoi  nella  seconda 
edizione  che  ne  pubblicò  il  David  in  quarto  piccolo,  dove  alla  spie- 
gazione della  Tav.  XXXEQ  del  primo  volume  si  legge  che  i  Dioscuri 
eran  celebri  domatori  di  cavalli ,  come  rammenta  Omero,  e  prcsede- 
vano  agli  esercizi  atletici,  ed  alle  corse  equestri,  e  ne  fu  argomen- 
tato che  a  memoria  di  ciò  fosse  qui  rappresentato  in  un  tempio  Ca- 
store r  un  di  essi  Dioscuri  .  Quella  corona  che  ha  in  mano  rammen- 
ta ,  per  quanto  sembra  all'inlerpetre,  la  incoronazione  che  ricevette 
da  Ercole  per  aver  riportato  il  premio  nei  giuochi  olimpici ,  come  ai- 
testa  Pausania.  La  corazza  che  l'eroe  tien  dietro  di  se,  par  che  siavi 
posta  in  segno  d'aver  egli  assistito  a  varie  militari  spedizioni  ;  oltre 

t  Passeri)  in  Acherontlco,  Pt  in  dis-  2  D'  Hancarville,  Aniiquités  etrutq., 

sert.  de  Transvenclione  animarum  grecques  et  romaines  tirées  du  Ca- 

cit. ,  ap.    eumdeai    in    Dempster.  binet  de  m.<^  Hamihoa,  Florence 

lib.  de'  Eirur.  reg.  Paralipomena  ^799'  Tom.  i,  PI.  55. 
Tab.  xxvii,  p.  66. 


44  •'EI    VASI    FITTILI 

tli  che  il  jcappello  viatorio,  che  ha  dietro  le  spalle,  è  frequentissimo 
Mmbolo  «lei  Dioscuri. 

Finqui   non  trovo    clie   al  parer  dell  Hancarville  si  possa  dare  ec- 
cezione tale  da  doversi  del   tutto  rigettare,  ancorché  dar  si  polesse 
all'osservata  pittura  una   più  plausibile  interpetrazione.  Ben  potreh- 
besi  peraltro  dichiarare  inammissibile  il  supposto  che  il  giovine  se- 
dente con  lancia  in  mano  sia  Polluce,  com'egli  ammette;  supposto  at- 
tamente dai  moderni  archeologi  disapprovato  di  voler  tutto  riferire 
a  mitologia   '    nello  spiegare  queste  pitture,  dimostrandone  1  incon- 
gruenza il  riflettere  che  molte  son  le  pitture  vascularie  con  edicole 
simili  a  questa,  dove  non  essendovi  intei'na mente  figura  tale  da  potersi 
dichiarar  Castore,  non  potrebbesi  appellar  Polluce  un  di  quei  due  gio- 
vani che  trovandosi  ordinariamente  sedenti,  e  assistenti  presso  l'indi- 
cato edifizio.   Contentiamoci  dunque    di  ammetter   con  lui,  che  le  fi- 
gure contigue  all'edicola  sono  in  atto   di  porger  le  oll'erte  al  nume 
venerato  in  essa  *  .   Piramides,  giorni,  placenta,  variis  signata  ambi- 
li ci  s^  come  dice  Clemente  Alessandrino. 

Circa  una  pittura  di  questo  genere  stesso  da  me  pubblicata  con  in- 
terpetrazione, dissi  che  quelle  tazze,  corone,  specchi  e  simili  oggetti 
rammentavano  il  culto  dei  misteri,  e  le  figure  che  le  sostengono, 
come  qui,  attorno  ad  un'  edicola,  non  altro  a  parer  mio  giudicar  si 
dovevano  se  non  anime  spettanti  agi'  iniziati ,  che  mediante  il  culto 
dei  misteri  medesimi  ottenevano  il  premio  di  una  vita  futura  dopo  la 
morte  ^  .  Or  chi  non  sa  che  i  Dioscuri  sono  un  allegorico  simbolo  del- 
l'immortalità dell'anima  e  del  suo  passaggio  dall'uno  ali  altro  mondo  4  ? 
Ma  chi  legge  può  meglio  informarsi  circa  il  significato  delle  qui 
sedenti  figure,  se  torna  poche  pagine  indietro  ^  a  riprendere  in  esa- 
me quanto  dissi  rapporto  alla  Tav.  XII,  dove  in  sostanza  è  una  com- 

I  Gerhard,!,  cit. ,  Monumenti.  Rap-  3   Monutn.  eir.  ser.  y,  tav.  xl  ,  p. 

porto iutonio  ai  Tasi  volcenti,  p.34.  4'9  • 

s  D'Hancarville.  l.  cil.,  Tou.  ì,  p.  4   '▼'.  ser.  11   p.  481,626,  683,685. 

91.  Pari».    1785.  5  Ved.   p.  17.      v   ■ 


TAVV.     XS.     E     XM  .  4^ 

jiosiziono  quasi  simile  all;i  presente.  Ivi  ossei  veiù  nariinanU*  la  leUa 
>irile  in  piolilo  con  j>ileo  asiatico  simile  al  dio  Milia  emananlc  ila 
un  fiore,  come  ({ui  si  vede  la  testa  della  donna  in  si mil  posizione,  vale 
a  dire  indicante  il  giro  dell'anima  imitativo  di  (|ik'Ì1o  del  sole.  In 
fine  io  ravviso  i  dotti  concorrere  a  giudicare  in  questa  .  come  in  al- 
tre simili  composizioni  \ui  allusione  ai  misteii,  edalla  dottrina  che 
in  essi  insegnavasi  circa  il  destino  delle  anime,  e  perciò  questi  vasi 
a  pnrer  mio  attamente  ponevansi  attorno  ai  cadaveri. 

TAVOLA  X\I. 

Poiché  i  Nasi  ov'  è  dipinto  il  soggetto  di  due  giovani  sedenti 
attorno  ad  un'ara  ,  e  senza  esser  velati  da  veste  alcuna  sori  frequentis- 
simi ,  COSI  non  mancarono  agli  archeologi  occasioni  di  ragionarne  , 
.ma  con  esito,  per  quanto  sembrami  non  ancora  del  tutto  sodisfacente; 
onde  resta  tuttavia  campo  aperto  a  chi  volesse  avventurarne  qual- 
che altra  migliore  interpetrazione  .  La  persuasione  finora  predomi- 
nante, che  gli  argomenti  de'  Vasi  dipinti  fossero  quasi  esclusivamente 
addetti  all'  antica  mitologia  ,  fece  credere  al  Passeri  per  via  d'esem- 
pio che  in  una  rappresentanza  slmile  a  questa  nostra  ',  trovati  i  due 
giovani  sedenti  e  nudi,  come  qui  si  vedono,  l'uno  fosse  Bacco,  l'al- 
tro il  Sole,  e  per  analogia  credette  esser  Diana  una  figura  femminile 
a  lui  sottoposta  ;  con  simile  argomento  immaginò  esser  Bacca  1'  al- 
tra donna  ,  perchè  videla  effigiata  sotto  a  quel  giovine  eh"  egli  avea 
supposto  esser  Bacco  ^:  tutte  congetture  gratuite,  che  non  persua- 
dono il  critico  osservatore.  Né  qui  si  può  dir  cosa  di  maggior  fon- 
damento, senza  la  cognizione  d  altre  meno  oscure  rappresentanze.  Nel 
vaso  del  Passeri  v  è  pure  lo  stelo  com'  é  anche  qui ,  ed  egli  crede 
che  le  zone  dalle  quali  vien  cinto  sien  cosa  che  alluda  al  matrimo- 
nio ^.   Altrove  però  in  un  caso  uguale  spiega  quello  stelo  per  un  fo- 

1    Passeri ,    Pieuirae    etruscorum  io  2   Ibid.,   p.  35. 

T«»culi«  ,   Voi.  1.   lab.  Xiix,  3   Ibid.,  p.  òy . 


46  DEI    VASI    FITTILI 

colare  sacro  agli    Dei    Lari   e  contornato  di  vitte  ■  ,  e   ne  dà  valida 
ragione,  ap|,oggiandosi   a  Properz.io  col  verso  seguente, 

Terque  focuin  diva  laiieus  orbis  eat  ^, 
e  meglio  a  Virgilio  ove  dice 

staili  maribus  area 

Ceruleis  mestae  vittis ^. 

Io  che  riprodussi  quella  rappresentanza,  non  mi  allontanai  gran 
fatto  dalla  opinione  del  Passeri  ,  almeno  in  quanto  allo  stelo  con 
bende  ferali  4.  Ma  dove  questa  fu  riprodotta  coi  rami  del  David  si  leg- 
ge altra  interpetrazione,  e  si  vuole  che  lo  stelo  qui  espresso  piuttosto 
sia  una  colonna  rappresentativa  di  Castore,  a  cui  fu  creduto  sacro  quel 
vaso,  ed  i  due  giovani  sedenti  si  reputarono  per  sacerdoti  di  quel- 
1  eroe .  Di  qui  si  passò  a  giudicare  sacrificiali  e  misteriosi  arredi 
quegli  utensili  che  i  quattro  personaggi  attorno  allo  stelo  portano  in 
mano  ,  parte  de'  quali  furon  peraltro  giudicati  spettanti  a  bacchica 
liturgia.  La  sostanza  di  un  lunofo  ragionamento  che  seaiue  si  è  ,  che  il 
gentilesimo  più  istruito  per  le  iniziazioni  riguardava  la  folla  de'  numi 
volgari,  solo  come  una  materiale  espressione  delle  varie  qualità  d'un 
essere  creatore  ,  conservatore  del  bene  di  cui  godono  gli  uomini  in 
questa  terra,  e  dispensatore  del  bene  loro  promesso  ^;  quindi  è  che 
a  lui  solo  debbono  indirizzate  gli  uomini  stessi  la  loro  riconoscenza^. 
In  Gne  vi  si  dice  che  le  bende  bianche  e  nere  dello  stelo  servono  a 
mostrare  la  vita  alternata  dei  Dioscuri. 

La  moltiplicità  di  questo  soggetto  mi  darà  occasione  di  ripren- 
derlo in  esame  con  esempi  che  meglio  potranno  farmene  sviluppare  il 
significato  . 


1  Passeri  in  Deinpsler.  iib.  de  Etru-  5  Apul.  Miles.  xì ,    et  De  Deo  Sc- 
ria reg.   Paralipooieoa  lab.  xxvii,  cratis. 

p.  66  .  6  D' Hancarville.  Antiquitès  etrusq. 

2  Piopett.  I.  IV,  eleg.  6.  gr.  et  tova,  gravèes   par  David, 

3  Virg. ,  Aeneid.  ),  ni,  v.  63.  Tom.  i,  p  6. 

4  Mouum.  eir.  ser.  vi,  lav.  G,  p.  2. 


47 

1  A  \  Ol.  V    Wll. 

* 

Questa  e*  lii  ([iiaila  \()ll;i  che  la  lappreseiilair/.a  (pii  espressa  vie- 
ne alla  liiee  coi  lami.  Dellela  i;ià  il  Pasyei'i  ma  iiilcdclinenle  '.  <li- 
cendo  per  ispicyaila  ,  che  il  i;i<)\  ine  (pii  sedente  sulla  sua  loi^a  e  nudo, 
l'osse  uno  degli  Dei  ,  senza  peraltro  dir  chi  di  loro  esser  possa;  eia 
donna  essere  ivi  oll'erente  a  rpiel  ininie  tui  sacrilìeio,  che  j^iudica  del 
genere  de  «Inniestici  .  quindi  scende  a  -piegare  analogaincnle  (piei  se- 
gni inno  rotondo,  1  altro  a  ligura  di  cioce  ^;er  iiidi/.i  de  larari  o 
armadi  ove  i  Lari  si  custodivano ,  e  che  stavano  nella  parete  del  sa- 
cio  luogo  dove  s'erge  qnell'  ara  '.  Avverte  altresì  nel  parlare  d'al- 
tre pitture  molto  analoghe  alla  presente  ^,  che  le  vitle  sospendevan- 
si ,  come  una  qui  ne  vediamo  ,  a  due  chiodi  nella  muraglia  presso  gli 
Dei  domestici  ■<  .  Il  D'Hancai- ville  dette  nuovamente  questa  pittura 
alla  luce  ma  con  accuratezza  maggiore  ^  nella  sua  edizione  fiorentina 
de  vasi  fittili,  senza  peraltro  interpetrazione  .  la  quale  poi  comparve 
in  una  seconda  edizione  in  quarto  data  dell  opera  Ilancarvilliana  . 
Ivi  si  giudica  essere  un  Etiope  il  giovine  spogliato  e  sedente,  perchè 
nel  vaso  è  dipinto  in  color  nero  ,  mentre  la  donna  che  gli  è  davanti 
ha  dipinte  in  bianco  le  carni  ^.  Ma  l'interpetre  qui  poco  attento, 
mancò  di  osservare  che  i  vasi  dipinti  nella  più  antica  maniera  han- 
no tutti  figure  virili  di  color  nero,  e  le  femminili  con  carni  bianche  : 
e  diremo  per  questo  che  siano  tutti  Etiopi  ? 

Io  che  vedo  qui  un  giovine  sedente  sul  proprio  manto  con  casset- 
ta in  mano  davanti  ad  una  colonna,  o  stelo,  ch'io  credo  sepolcrale: 
ed  una  donna  stante  con  lo  specchio  in  mano ,  come  vedemmo  nelle 

1  Passari,  Piclurae  Etruscor.  in  va-                 et  rotn.  tirées  du  Cabinet  de  M. 
sculis  Voi.  1,  Tab.  tiii.  Hamilton,  Tom.  iv,  pi.  56,  Floren- 

2  Ibid,  p.  57.  ce   1808. 

3  Ibid,  tab.  ui.  6  Les  mémes  gravées  par.  F.  A.  Da. 

4  Ibid ,  p,  58.  vid  avec  leurs  explications.  Parli 
&  D' Haacarville ,  antiquitéi  etr.  gr.  *r87»  Tom.  ir,  pi.  35. 


4^  UEI    VASI     FITriLI 

(lue  (asole  anlccedenti  ,  giudico  ancor  qui  rappresentati  due  iniziati 
con  simboli  del  misterioso  lor  culto  in  atto  di  venerare  le  anime 
dei  trapassati,  che  credevansi  divinizzate,  mediante  liniziazione  ai 
misteri  medesimi,  e  ciò  si  accorda  in  gran  parte  con  quanto  finora  é 
stato  detto  di  questa  sorte  di  rappresentanze. 

TAVOLA     XXIII. 

Questa  pittura,  secondo  il  suo  illustratore,  ci  fa  veder  Piritoo 
a/zullalosi  con  un  Centauro  ,  che  forse  è  Cotone  ,  il  quale  meritò 
d  esser  collocato  nello  zodiaco  ,  siccome  possiamo  congetturare  dai 
raggi  di  luce  che  gli  sovrastano.  Noi  vedemmo  questi  raggi  mede- 
simi alla  Tav.  XIV;  ed  io  credo  che  nell'una  e  nell  altra  circostanza  sia 
con  essi  laggi  raìnmentato  il  sole  figurato ,  or  da  Ercole  ,  che  atten- 
de ali'  imprtisa  delle  Amazoni  ,  or  dal  Centauro  che  si  batte  con  uno 
de  Lapiti  ,  sotto  le  quali  figure  gli  antichi  accennavano  il  sole  che 
Ola  accosta  vasi  ad  alcune  costellazioni  al  tempo  dell'equinozio  di  pri- 
mavera '  ,  ove  si  fingevano  le  Amazoni  ,  ed  ora  all'equinozio  d  au- 
tunno ,  dove  si  fingevano   i  Centauri  ^ . 

Il  sig.  Boettiger  celebre  tra  gli  antiquari  distinti  dei  nostri  gior- 
ni dissertò  molto  in  proposito  della  pittura  qui  esposta  prendendo  di 
qui  occasione  onde  schiarir  la  favola  dei  Centauri  presso  gli  antichi,  e 
dopo  averne  considerate  varie  opinioni,  che  troppo  lungo  sarebbe  ri- 
portarle qui,  sebben  compendiate  ^,  vien  ripreso  dal  Millin  perchè 
trascurò  di  notarvi  l'eccellente  spiegazione  di  Uhden  di  Berlino,  e 
sviluppata  dal  dotto  ^  iscouti  nei  suoi  Monumenti  Gabini,  ove  in  so- 
stanza notasi  che  questo  soggetto  è  relativo  all'autunno  di  cui  sappia- 
mo essere  stato  sempre  il  Centauro  il  terzo  segno  4,  Io  pure  fui  al- 

I    Moniim    ptr.  ser.  ni,  p.  235  4  MiUin,    Magasin    encyclopedique 

a   Ivi,  st-r.  V,  p.  594  année  vi  Tom.    in,  Paris    1800, 

i    BoeUiyer,  (jrierliische  Vaseil   Gè-  p.   298,   aQQ. 

ui  lelde  f.iscitoio  tu  del   voi.  i.  ... 


TAVV.    XXIII  ,    XXIV,    E     XXV.  ^9 

Ire  volte  di  questa  opinione,  ed  ora  la  confermo  '  ,  coll'aggiunla  che 
nei  vasi  posti  tra  i  morti  non  è  raro  trovar  soggetti  allusivi  all'autunno  : 
tempo  delle  commemorazioni  dei  trapassali  presso  il  gentilesimo  ^  . 

TAVOLA    XXIV. 

Questa  Tav.  rappresenta  il  momento  in  cui  Minos  ordina  di  con- 
dur  via  un  toro  da  esso  chiesto  a  Nettuno  ,  che  fece  sortire  dal 
mare,  promettendoli  di  subito  immolarlo,  e  cosi  far  vederceli'  egli  ot- 
teneva dagli  Dei  tuttociò  che  chiedeva.  Il  principe  e  (juelli  che  lo 
servono,  portano  il  diadema,  attesoché  hanno  assistito  al  sacrifizio; 
in  tutte  lo  di  cui  funzioni  piiiicipali  era  necessario  avere  la  testa  ornala 
di  una  corona  cinta  di  piccole  bende. 

La  scena  è  sulla  riva  del  mare,  come  lo  annunzia  chiaramente 
quel  tronco  d'albero  con  nn;i  veste  sopra ,  perchè  i  innrinari  allor- 
q  uando  aveano  scampato  da  (jualchc  naufragio,  usavano  di  consacra- 
re le  loro  vesti  a  Nettuno.  Essi  le  appendevano  alle  pareti  dei  suoi 
templi  ^,  e  spesso  ancora  ai  primi  alberi  che  incontravano  sulla  spiag- 
gia .  Ciò  che  vedesi  sopra  la  testa  di  una  delle  persone  occupale 
a  domare  il  toro ,  pare  una  foglia  di  solicornia ,  o  di  salsola .  Il 
pittore  avrà  fatto  uso  di  questa  pianta  marina  per  indicarvi  il  ma- 
i"e  d'onde  era  nato  il  toro.  Cosi  scrive  lllalinski  rapporto  a  questa 
rappresentanza  '». 

TAVOLA    XXV. 

Accumulate  dall'  Italinski  le  due  spiegazioni  delle  Tavv.  da  me 
qui  riportate  ai  num.  XV,  e  XXV,  ne  segue  che  nell'illustrazione  da 
lui  tessuta,  ove  leggesi  ,  come  io  dissi,  che  in  ambedue  vi  si  rap- 
presenta Apollo  seduto  in  un  carro  alato,  tenendo  in  mano  una  cop- 

1  Monum.  etr.  set.  v  p.  564,e  ser.  TÌ|  3  Oraz.  i,  od.  v. 

tav.  R5,  n,  2.  4  Piuurede'Vasi  antic.  posseduti  da 
a  Ivi,  ser.  i,  p.  iSa,  544.  S.E.  il  cav.Hamilion,  T.  ii,  tav.3. 

Fas.   T.  I.  7 


5o  DEI    VASI    FITTILI 

pa  per  riceverne  le  libazioni,  vede  a  man  sinistra  nella  Tav.  presen- 
te la  sacerdotessa,  che  dopo  una  libazione,  pronunziatasi  la  risposta 
dall'  oracolo,  la  dà  ad  una  regina  del  tutto  ignota;  mentre  nella  Tav. 
XV,  crede,  che  la  medesima  supposta  sacerdotessa  diala  ad  un  uomo 
che  porta  il  diadema.  Quindi  soggiunge  esser  queste  due  circostanze 
insieme  unite  in  un  vaso  trovato  in  un  sepolcro  '.  Ma  quanto  si  al- 
lontanasse dal  vero ,  secondo  che  ne  pensano  i  moderni  archeologi , 
lo  vedremo  con  inoppugnabili  documenti,  dopo  alcune  altre  pagine  , 
oltre  quel  che  ne  resulta  dalle  Tavv.  esposte  VII,  VIZI,  XV,  di  que- 
st'  Opera  . 

TAVOL.l     XX\1. 

Teofiìne  figlia  di  Bisaltide  fu  tanto  bella ,  da  esser  richiesta  in 
sposa  da  un  gran  numero  di  amanti.  Nettuno  al  dire  di  Igino ,  inna- 
moratosene, e  temendo  che  il  padre  non  si  opponesse  ai  suoi  desi- 
deri, la  rap\  e  portoli»  nell'  isola  di  Crimissa  .  I  rivali  del  nume  non 
tardarono  molto  a  scoprire  il  luogo  del  suo  ritiro,  e  pensarono  su- 
bito a  raggiungere  1'  oggetto  dei  loro  voli  .  Nettuno  informato  che 
volevan  costoro  rapirgli  Teofane,  prese  la  figura  di  montone  e  tra- 
sformò in  pecora  la  sua  bella,  unitamente  a  tutti  quegl  isolani .  Giunti 
che  furono  gli  amanti  li  converse  in  lupi.  Finalmente  senza  lasciar  mai 
la  forma  sotto  la  quale  aveva  trionfato  dei  suoi  nemici,  rese  Teofane 
madre  del  montone  dal  vello  d'oro,  che  fu  poi  quello  il  quale  trasportò 
Frisso  nella  Colchide  ^.  Cosi  l'Italinski  ^. 

Io  peraltro  ho  riguardato  questi  frequenti  trasporti  di  uomini  e 
donne,  che  sopra  un  ariete  varcano  il  mare,  come  qui  è  segnato,  quali 
simboli  chiari  dell'  unione ,  o  della  immersione  della  luna  o  del  sole 
nella  costellazione  zodiacale  dell  ariete  ,  allo  spuntar  del  giorno  4.  E 
probabilmente  all'indicato  momento  ricorreva  una  qualche  festa  o  com- 

1  Italinski ,  Piuure  di  vasi  antichi  ,  3  L.  cit.,  Tom.  ni,  tav.  a. 

Tom.  1.  tav.  ix,  p.   i^.  4  Monum.  eir.  ser.  u,  p,  i54,e  i55. 

2  Igin,  Fab.  8o. 


TAVT.    XXVI,    E    XXVII.  5l 

memorazione  del  passaggio  delle  anime  ;  alla  quale   opinione   altrove 
recai  già  mille  sostegni.  . 

TAVOLA  XXVU.  , 

Altro  non  dice  l' Italinski  nell'  illustrare  questa  pittura  ,  se  non 
che  1  uso  di  conservare  la  bellezza  e  di  accrescere  le  grazie  del  vol- 
to, risalire  alla  più  alta  antichità  ;  e  qui  soggiunge  eruditamente 
che  a  quest'elFetto  diverse  i-adiche  ed  unguenti  adopravansi  ',  al  che 
venivan  dati  de'nomi  particolari,  come  della  beltà  %  dell'amore  ^;eda 
ciò  ne  argomenta,  che  la  donna  rappresentata  in  questa  pittura  abbia 
preso  dal  vaso  eh  è  a  suoi  piedi  ciò  che  ella  è  per  applicarsi  al  viso 
con  lo  spazzolino  che  tiene  in  mano  4. 

Ed  invero  la  pittura  non  altro  sembra  mostrare  che  una  giovane 
assisa  Jilla  sua  toelette  per  ornarsi  allo  specchio  ,  e  servita  da  un 
garzoncello  ,  come  appunto  costumasi  anche  modernamente  ;  né  a 
veder  questo  solo  vaso  intender  potrebbesi ,  come  una  tale  rajipre- 
sentanza  tutta  spettante  alla  femminile  mollezza  ed  alla  gioia  della 
vita,  potesse  poi  esser  posta  allato  d'un  cadavere,  e  chiuso  in  un  se- 
polcro. Ma  se  cerchiamo  altre  pitture  di  simil  genere,  ove  in  luogo 
del  garzoncello,  o  d'una  qualunque  ornalrice  della  giovine,  si  ravvi- 
si una  donna  alata  che  tien  luogo  dell' ornatrice ,  noi  verremo  in 
sospetto,  com'io  dissi  altrove  ^,  che  la  rappresentanza  alluda  ad  un'ani- 
ma che  s'abbellisce  di  quelle  virtù  ,  le  quali  richiedonsi  per  mescolai'si 
fra  i  numi,  dopo  esser  partita  da  questo  mondo;  e  in  questa  guisa 
intenderemo  come  la  rappresentanza  di  una  toelette  con  bella  don- 
na che  vi  si  adorna,  possa  esser  poi  chiusa  in  un  sepolcro  con  un  ca- 
davere .  Questo  disegno  è  precisamente  della  grandezza  dell'originale. 


I  Hesycli ,  Brenthina  rìsaria.  posseduti  dal  cav-  Hamilton  Tom. 

a  Omer.,  Odis.  2  v.  191,   192,  igS.  11,  tav.  ltim,  p.  G2. 

3  Alea,  lib,  xiu,  e.  in,  p.  568.  5  Monum.  eir,    ser.  v  ,  tav.  xxvn  , 

4  haliaski  ,  Pitture  di  vasi  antichi  ,  p.  3oo . 


TAVOLA     XXVIII. 

A  Pellene  città  dell' Acaja,  vicino  ail  un  bosclietto  consacrato  a 
Diana  eravi  un  tempio  di  Bacco.  Gli  abitanti  gli  avevano  dato  il  so- 
prannome diLamptero,  perchè  in  una  festa  che  facevan  di  notte,  vi 
andava  la  processione  con  delle  faci.  In  questo  tempo  si  esponevano 
in  tutta  la  città  de'vasi  pieni  di  vino  '  .  Quest'ultima  particolarità  è 
quella  che  ha  somministrato  il  presente  soggetto. 

Io  che  rispetto  le  opinioni  altrui  non  voglio  defraudare  chi  leg- 
ge dalla  interpetiazione  che  1' Italinski  ha  data  a  questa  rappresen- 
tanza '  ,  quantunque  non  mi  persuada  compiutamente  .  Qui  vedo  un 
satiro  ed  una  baccante,  occupati  a  preparar  libazioni,  e  la  colonna 
può  indicare  un  tempio  a  loro  contiguo . 

TAVOLA    XXIX. 

Sbigottiti  i  Troiani  per  la  perdita  di  Ettore,  non  s'  erano  per 
anche  azzardati  ad  uscire  dal  recinto  delle  lor  mnra ,  allorché  Pen- 
tesilea  regina  delle  Amazon!  accorse  a  rianimare  il  loro  coraeaio.  Al- 
lora  vennero  attaccati  i  Greci  ed  impegnatasi  la  zulìa  ,  questa  non 
fu  propizia  ai  Troiani,  mentre  sebbene  i  Greci  perdettero  gran  numero 
d'  eroi ,  la  strage  non  fu  minore  dalla  parte  dei  Troiani ,  ed  in  quella 
occasione  piansero  la  perdita  di  Pentesilea  che  fu  uccisa  da  Achil- 
le ^  .  Il  coraggio  e  la  bravura  con  cui  erasi  distinta  questa  princi- 
pessa ,  fecero  tanta  impressione  sull'  animo  del  suo  vincitore  ,  che 
vedendola  cadere  da  cavallo  corse  a  soccorrerla ,  e  vista  la  di  lei 
bellezza  non  potè  trattenere  le  lacrime.  Achille  sta  in  atto  di  guar- 
dare furiosamente  Tersite,  che  l'avea  rimproverato  di  debolezza   ^, 

1   Paus. ,  lib.  viii,  e.  27,  p.  675.  4  Lo  Scoliaste  dell'Alessandra  di  Li- 

i  L.  eli.,  Tom.  11,  tav   4^*  cofrone,  p.  109. 

3  Quint.  Smirn.,  lìb.  i. 


TAVV.    \\1\,    XXK.    R    \\\\.  53 

e  sostiene  Penlcsileii  clic  .spira.    I.o  scuilodell  AmazonR  è  corforme 

a  quel  che  ne  dice  Virgilio. 

J'cnlesilea  clic  di  limali  scudi 

Guida  armate  le  Amazoni  "iieiricre   '  . 

Così  fu  .spiegato  questo  bel  nionununlo  dal  cel('!)ie  Italinski  '. 

TAVOLA    XXX. 

E  impossibile  1  indovinare  i  nomi  dei  due  personaggi  clie  si  ve- 
dono in  questa  Tavola .  Si  rileva  soltanto  che  1' un  di  essi  è  un'Ama- 
zoiie ,  e  l'altro  un  giovine  greco  vestito  alluso  degli  Efebi.  L'arti- 
sta avrà  forse  imitato  l'esempio  di  Fidia,  il  quale  volendo  rappresen- 
tare sullo  scudo  di  Minerva  la  vittoria  riportata  dagli  Ateniesi  sopra 
le  Amazoni  ,  scolpì  tra  i  combattenti  Pericle  .  Neil'  istessa  maniera 
si  saran  qui  volute  dare  sotto  abiti  stranieri  i  ritratti  di  due  pei'sone 
interessanti.  Questa  Tavola  non  può  spiegarsi  altrimenti,  perchè  la 
storia  delle  Amazoni  non  ci  somministra  alcun  fatto  a  cui  possa  aver 
rapporto  . 

Tale  almeno  è  il  parere  dell  Itallnski  primo  illustratore  di  que- 
sto monumento .  Io  peraltro  crederei  di  potervi  ravvisar  Teseo  che 
è  distinto  al  cappello  viatorio ,  poiché  fu  assai  famoso  per  le  sue  spe- 
dizioni ,  e  massime  per  quella  degli  Argonauti .  L'esser  qui  tutto  nu- 
do ,  o  con  sola  clamide  che  a  lui  fa  da  scudo,  lo  caratterizza  per  un 
eroe  qualificato.  Egli  combalte  con  una  delle  Amazoni ,  onde  restare  in 
possesso  di  Antiope  loro  principessa . 

TAVOLA    XXXI. 

L'oracolo  di  Olimpo  aveva  dichiaralo  che  gli  Dei  non  sarebbero 
stati  vincitori  dei  Giganti ,  se  non  nel    caso  che   un  mortale  avesse 

1  Eneide,  i,  490'  posseduti    da   S.   E.  il    car.  Ha- 

2  Tyschbeio.  Pitture  dei  Vasi  antichi  milton,  Tom.  u,  tav.  v. 


54  DEI     VASI    FITTILI 

combattuto  con   loro  .  Allorché  i  figli  della  terra  attaccarono  i  cielr. 
Giove  incaricò  Minerva  di  chiamare  Ercole.  L'eroe  venne,  s  impegnò 
la  battaglia,   e  i  ribelli  furono  disfatti.  Molli  ne  uccise  Ercole,  al- 
tri caddero  sotto  i  colpi  degli  Dei,  e  delle  Dee,  le  Parche  ammazzarono 
Agrione  e  Toonte ,  i  quali  combattevano  con  delle  mazze  di  rame   '. 
In  questa  Tavola  vedesi  uno  dei  due  Giganti  stramazzato  da  una 
Parca  .  Per  dar  fine   al  combattimento  Ercole  scaglia   una  freccia  di- 
retta da  Minerva  .  La    vittoria   appartien  sempre  alla  forza  ,  allorcliè 
questa  è  guidala  dalla  sapienza  .  Ecco  la  spiegazione  assai  plausibile 
che  dà  1  Italinski  a  f[uesta  rappresentanza.  Egli  non  impegnasi  a  spie- 
gare  il   significalo   della    scrittura  ivi  aggiunta ,   che  a    vero   dire    ha 
grande  apparenza  di  essere  insignificante,  e  postavi  dal  rozzo  artista 
forse  ad  oggetto  di  dare  alla  pittura  un  carattere  di  maggior  impor- 
tanza .  La  tioppo  frequente    ripetizione  di  alcune  lettere  e    sillabe 
scrittevi  danno  forza  ad  un  tal  sospetto . 

TAVOLA    XXXII. 

Quando  leggo  nell'  erudito  rapporto  volcenle  del  eh.  prof.  Ge- 
rhard che  molti  vasi  ritrovati  nell  Etruria  meridionale  furon  doni  che 
in  occasioni  di  nozze  si  fecero  nei  connubiali  conviti ,  ond' ebbero  il 
nome  di  stoviglie  nuziali  da  chi  T espose  ,  mi  si  atfacdala  brama  di 
trovare  in  qualcuna  delle  pitture  loro  un  esempio  di  quell'  uso  che 
vi  si  dice  indubitato  presso  tutti  i  popoli  greci  ,  di  porgere  cioè  in 
dono  vasellami  tanto  allo  sposo  ,  o  per  mano  della  sposa  stessa ,  o 
per  mano  dei  di  lei  parenti  a  guisa  di  gambrion  ossia  regalo  fatto 
allo  sposo  dai  parenti  della  sposa  ^,  quanto  talvolta  alla  donna  dal- 
luomo  :  conforme  all'  antica  usanza  già  praticata  anche  da  Giove  ad 
Alcmena  .   Ma  quantunque  indubitale  sieno  le  testimonianze  addotte 

1  Apollod.,  Bibl.  lib.  1,  cap.  6,  p.  20.  V.   xtpxiiov  Hesvch.     V.    JizKViffs;  , 

2  Pilli.,  Olimp.  VM,  init.  Phot.  Lex., 


TAVOLA    XXXII.  55 

dal  cullo  esposilore  in  proposito  di  lai  uso,  pure  non  accadde  finora 
di  vederlo  dipinto  in  alcuno  dei  vasi  a  mia  cognizione  comparsi  a  lu- 
ce ,  né  alcuno  è  citato  come  pruova  di  quanto  dicesi  dal  prelodato 
Gerhard  ',  il  che  potrebbe  dar  luogo  a  sospettare  che  i  vasi  di  regalo 
sponsale  citali  da   Pindaro  dal  Fozio  e   da    Esichio  fossero  di  metalli 

0  d  altra  fatta  che  di  (pu-i  di  terra  di[)inti  e  sepolti  coi  morti  ';  ma 
la  mancanza  del  desiderato  esempio  non  toglie  la  probabilità  di  quan- 
to ingegnosamente  suppone  l'erudito  archeologo. 

D  altronde  il  vasetto  inedito  che  (|iii  presento  ci  da  luogo  a  so- 
spettare die  i  vasi  dipinti  sieno  stati  in  uso  nei  misteri,  e  ciò  verreb- 
be in  coiifeiina  ^  di  quella  massima,  che  or  più  or  meno  trovammo 
radicata  nella  mente  degli  eruditi  arclieologi  fin'  ora  in  questa  mede- 
sima Opera  citati,  ai  quali  parve  che  le  pitture  di  questi  vasi  fossero 
cosa  di  mistica  pertinenza . 

Se  osserviamo  pertanto  le  figure  in  questo  vaso  dipinto  le  trove- 
remo disposte  attorno  ad  lui' edicola,  quasi  nella  foggia  medesima  che 
le  vedemmo  altrove  in  quest'opera  4;  e  poiché  per  consentimento  qua- 
si comune  fu  dello  che  quelle  figure ,  ancorché  in  mistico  modo , 
pure  significavano  iniziali ,  diremo  che  qui  pure  sono  del  genere  sles- 
so ;  e  siccome  altresì  dicemmo  che  nelle  anzidette  pitture  tali  persone 
d'  ambedue  i  sessi  tenevano  in  mano  oggetti  spettanti  al  culto  dei 
misteri  del  paganesimo,  qui  pure  diremo  che  a  somiglianza  di  quelli 
tengono  ancor  questi  degli  oggetti  di  mistica  liturgia,  quali  sono  i  va- 
si dipinti  che  lor  si  vedono  in  mano.  La  donna  che  sostiene  uno  spec- 
chio non  può  essere  di  significato  diverso  da  quel  giovine  dipinto  in 
un  vaso  ^,  che  dal  dottissimo  Creuzero  spiegasi  contemplativo  del 
passaggio  dall'una  all'altra  vita  ^  nello  specchio  di  Bacco.  Io  mostrai 

1  Gerhard,  Rapporto  Volcente.  VeJ.  3  Ivi,  ser.   v,  p.  473,  47^,  499- 
Annali  dell'inslituto   di  corrispon-  4  ^^^-  tavv.   xii,  xix,  xx,  xxi,  xxiij 
denza    archeologica    anno    iSii  .  e  Monum,  etr.  ser    vi,  tav.  G. 
Primo  fascicolo,  p.  gS.  5   Ved.  ser.   v,  tav.  xxi. 

a  Monum.  eir.  ser.ii.p.  338.  ser. iir,p.  6  Creuzer,  Svmbolic,  ce    Tom.  ni,  p. 

3i8.  ser.  y,  p.  ÒQi,  476,  5oo,  63o.  óSa,  prima  ed. 


56 


DEI     VASI    FITTILI 


nei  moiuiiiienli  etruschi  dei  i-itratli  muliebri  sul  sepolcro  ,  e  con  lo 
S|>ecchio  in  mano  ' ,  come  pure  si  vedono  epitaflì  sepolcrali  dei  Gre- 
ci sul  gusto  di  quello  che  vediamo  in  mezzo  del  presente  vaso. 

Questa  pittura  dà  luce  ad  altre  di  simil  genere,  dove  l'uso  dei  vasi 
non  è  come  qui  s\  chiaramente  sviluppalo,  e  sarà  alloccorrenza  nuo- 
vamente consultato.  E  poi  necessario  il  sapere  che  fu  trovato  nella 
Magna -Grecia,  ed  io  n  ebbi  il  disegno  in  questa  grandezza  medesima 
d  dia  gentilezza  del  sig.  Principe  di  Canino,  avendolo  egli  ottenuto 
da  una  Principessa  di  lui  sorella  che  n  acquistò  il  monumento  in  Na- 
poli   con  allri  molti  bellissimi   vasi  dipinti. 

TAVOLA     XXXm. 


La  pittura  qui  esposta  è  stata  due  altre  volte  pubblicata  2.  \  è 
Bacco  barbato  in  atto  di  tenere  una  vite,  che  in  guisa  di  pergola 
oiiiiv.eggia  parimente  la  compagnia  di  due  Sileni  tibicini,i  quali  fian- 
ciieggiano  il  Dio  .  Tutti  e  tre  veggonsi  entro  un  carro  a  quattro 
luote,  che  da  una  parte  ha  un  canestro  e  l'ornamento  di  un  serpente. 
Quel  che  qui  rappresentasi  lo  addita  Aristofane  ^,  ose  asserisce  «  che 
nella  festa  delle  Lenee  dedicata  a  Bacco,  sin  dall'età  sua  gareggiavano 
i  poeti  con  recite  comiche  e  ridicole:  qualche  Demostene  chiama  ^a^ 
carro  h  ipiJ'^s:  giacché  sui  carri  sono  seduti  i  poeti  recitando  e  can- 
tando le  lor  poesie  ^,3.  La  testa  di  cane  che  pur  vedesi  all'estremità 
del  carro  rammenta  il  rapporto  di  questo  animale  colle  deità  terrestri, 
che  sotto  il  nome  di  Mera  entra  nella  favola  di  Bacco  ed  Icario.  Il 
canestro  rammenta  la  cista  mistica  ,  qui  però  destinata  soltanto  a 
contenere  qualche  maschera  o  vestiario  scenico,  dove  si  mosti'a  pure 

1  iMonum.  eir.  ser.  vi,  Tavv.  G  2.  H  2.  1  Sp  cit.  dal  Panofha,  V^asi  di  prem. 

2  Provienp  qiipsio  monumento  dagli  3  Ei}uit.  v,   544- 

scavi   della  ciu!i   di  Acre  posseduto  4  Confrontisi    Arpocrat.    p.   296,   v. 

dal    liarone   ludica   a    Palaz/.ola  i-  Tziar.iUi;  il  quale  vi  allega  il  passo 

P'jhblicaio    neir  auticliith  di  Acre  di  Demostene  prò  ctesifonte. 
di!    DiroMC  Judica  Tiiv.    xx\i,  p. 


TAVr.    XXXIII,    E    XXXIT.  $7 

il  serpente  che  non  solo  fu  simbolo  mistico,  ma  eziandio  per  la  va- 
rietà dei  colori  e  delle  mosse  lo  fu  del  teatro,  coi  rari  costumi  e  ca- 
ratteri delle  persone   rappresentate  '  . 

La  parte  opposta  del  vaso,  del  quale  qui  manca  il  disegno,  pre- 
senta un  giovenco  accompagnalo  da  sei  figure;  le  quali  pei  rami  di  elleia 
nelle  lor  mani  vengono  assegnate  ad  una  festa  bacchica ,  come  diremo. 

Il  vecchio  sacerdote  ed  il  sonatore  di  llauto ,  ambedue  soggetti 
principali,  quando  si  tratta  del  sacrifizio,  ci  additano  che  la  vittima 
va  per  essere  immolata  in  onore  del  Dio.  Un  cigno  che  avanzala  pro- 
cessione assiste  forse  come  animale  di  Proserpina  :  egli  peraltro  è  se- 
gno del  canto  ti-isto  ed  elegiaco  '  . 

Il  eh.  Panofka  del  quale  sono  le  notizie  chequi  ho  esposte  in  com- 
pendio, propone  lipotesi  che  questo  vaso  sia  stato  il  premio  concesso 
ad  un  poeta,  la  di  cui  commedia  vinse  quella  degli  emuli  suoi  ^  .  Se 
peraltro  torniamo  sulle  orme  di  tutta  la  di  lui  dottissima  interpetra- 
zione,  troveremo,  che  il  vaso  ancorché  non  fosse  da  taluno  approvato 
esser  di  premio,  lo  giudicheremo  nonostante  con  ogni  fondamento  di 
bacchica  rappresentanza.  -     •    • 

TAVOLA   XXXIV. 

Nella  pittura  superiore  di  questa  tavola  vedesi  una  donna  inatto 
di  camminare,  portando  in  mano  una  corona,  da  cui  pende  una  tenia, 
ed  ha  nella  sinistia  un  oggetto  in  forma  precisamente  d  una  foglia 
di  vite,  e  sostiene  intanto  un  canestro  coperto,  adorno  di  quelle  stri- 
scio che  gli  antichi  vi  solevano  aggiungere  o  di  metallo ,  o  di  avorio 
per  abbellirli  4  .  Bel  vezzo  di  perle  le  pende  al  collo ,  ed  un  cecrifalo 
le  imprigiona  i  capelli  per  modo,  che  essendo  aperto  nel  mezzo  per- 

1   Genius  leali;  nel  bassorilievo  di  3  Panofka,  Vasi  di  Premio,  tav.  ly, 
Capua  Winkelmann  ,  Storia    del-  b,  p.    io,    19 

l'Arte,  Tom.  ni,  tav.  xin.  4  Ateneo,  iv,  119. 

a  Filottrato,  Immag.i,  iitlgin.f.  CUV. 

Fas.   T.  I.  » 


58  DEI   TASI  FITTILI 

mette  loro  (ruscir  fuori  schersosamente.  L'ermafrodito  alato  che  la 
siegiiee  di  graziose  e  giovanili  sembianze.  Ha  lo  stesso  vezzo  di  peile 
al  collo ,  il  medesimo  reticolo  in  testa  e  nelle  mani  tien  pure  alcune 
tenie.  L'  altra  tenia  e  la  fronda  d'  edera  che  si  veggono  sulla  parete 
mostran  chiaro  che   bacchica  sia  la  rappresentazione. 

Le  medesime  figure  si  veggono  eziandio  nella  seconda  pittura . 
L  ermafrodito  alato  quivi  dipinto  è  adorno  alla  stessa  foggia  di  quello 
testé  descritto,  ma  nella  man  sinistra  tiene  un  tamburino ,  nella  destra  un 
ventaglio,  e  par  che  li  cifra  alla  donna  seduta  innanzi  a  lui  sopra  un 
capitello  ionico,  dietro  al  quale  sorge  una  ferula,  pianta  usata  nei  riti 
dionisiaci  per  la  sua  figura  simile  al  tirso.  Questa  donna  colla  sinistra 
regge  una  cesta  ed  alcuni  lacci,  cui  è  sospesa  una  sfera  ;  colla  destra 
similmente  altri  lacci  dai  quali  ne  pende  un'altra.  Questa  è  la  de- 
scrizione che  d'  ambedue  le  pitture  vascularie  ce  ne  fa  il  primo  suo 
illustratore   '  . 

Passa  egli  quindi  a  dare  di  tutto  il  dipinto  una  generale  interpe- 
trazlone,  parendoli  chiaro  che  scene  sollazzevoli  miste  a  bacchiche  ce- 
rimonie vi  siano  rappresentate.  Ma  poi  fermatosi  a  quelle  giovanili 
figure  munite  d'ali  e  di  viril  sesso,  quantunque  in  fattezze  ed  in  co- 
stumanze femminili  ,  porgendo  bende,  ventagli  e  cimbali ,  pensa  che 
gli  artisti  abbisognando  di  figure  secondarie  o  intermedie  fra  gli  uo- 
mini e  i  numi,  una  essi  ne  facessero  ideale,  combinando  gli  elementi  della 
bellezza  con  quei  della  forza,  ed  a  tanto  giungessero  unendo  alla  figuia 
muliebre  il  sesso  virile  *  .  Io  qui  domanderei  come  possa  dirsi  scena 
sollazzevole  quella  dove  si  mischia  una  divinità  immaginaria.  Diciamole 
piuttosto  sacre  rappresentanze  misteriose,  ove  lice  introdurre  per  sim- 
bolo ancor  ciò  che  non  è  dato  in  natura ,  anzi  è  sua  proprietà  di 
scostarsene.  Difatti  l'autore  medesimo  novera  gli  ennafroditi  che  da- 
gli antichi  furono  immaginati,  e  tra  questi  non  trascura  di  ragionare 
di   Bacco  venerato  come  androgino  e  con  le  ali  rappresentato  nei  vasi; 

ì    Quaranl».  R.  Mii».    B  .rhonico,  Cisr.  2   Ivi,    p.    5   del    Voi.  »n,   tav.   Tiii. 

a5  V;l^l  Unii]  voi    vn,  tav  vili,  p    i.  ,.  , 


TAVV.    XXXir,    B    XXXV,  5^' 

e  prosegue  a  narrare  che  gli  artisti  abbisognando  d'individui  che  ser- 
vissero al  totale  delle  composizioni  loro,  e  nel  tempo  stesso  ne  fos- 
sero l'abbellimento,  v'introdussero  alcune  figure  androgine,  ed  a  uuel- 
le  detter  sembianze  giovanili,  anche  per  imitazione  de' loro  servi,  che 
scieglier  solevano  tra  i  giovani  di  età  fiorente,  quali  erano  presso  gli 
Etruschi,  i  Camilli.  Quindi  ad  esprimere  che  certe  feste  si  facevano 
sotto  la  protezione  di  Bacco,  fu  bello  il  ritrovamento  degli  artisti  il 
condurre  nei  lor  dipinti  una  figura  quale,  come  ministra  del  nume, 
entrasse  nella  scena  e  Io  santificasse  colla  sua  presenza.  Pareva ,  egli 
prosegue,  che  l'Olimpo  non  guardasse  con  indifferenza  la  funzione, e 
che  qualche  Iddio  non  potendo  intervenirvi  personalmente,  v'inviasse 
per  parte  sua  un  essere  da  presedervi  e  da  rallegrarla  '  .  Io  pure  ho 
ragionato  alti'ove  di  quell'ermafrodito  ch'io  chiamai  simbolico  di  Bac- 
co ^  ,  e  simboliche  reputo  anche  le  donne  qui  rappresentale,  delle 
quali  il  nostro  interpetre  non  fa  parola;  anche  il  capitello  ionico  mi 
sembra  un  segnale  di  luogo  dedicato  a  Bacco. 

Avendo  io  tolto  i  disegni  di  questa  tavola  dalle  carte  edite  del 
Mus.  Borbonico ,  suppongo  esser  provenienti  i  lor  vasi,  come  anche 
questo,  dalla  Magna-Grecia.  e  *> 

TAVOLA    XXXV. 

La  pittura  inedita  del  Trittolemo  ch"è  in  questa  Tavola  non  pro- 
viene, dalla  Magna-Crecia,  come  le  altre  di  tal  soggetto  già  inserite 
in  quest'  opera  ,  ma  fu  trovata  nel  suolo  eti'usco  di  S.  Ecc.  il  princi- 
pe di  Canino  che  n'è  il  possessore ,  e  dal  quale  ebbi  graziosamente 
il  permesso  di  trarne  il  disegno  dal  suo  originale,  che  poi  ho  qui  ri- 
dotto un  tei-zo  più  piccolo  ,  ma  senza  la  menoma  lesione  all'  esat- 
tezza della  copia  nel  disegnarla  e  portarla  in  rame .  Il  sommo  pregio 
di  quel  dipinto  è  l'aver  epigrafi  ;  mercè  le  quali  si  viene  a  stabilire  con 
certezza  maggiore  il  significato  delle  già  esposte  pitture  di  tal  soggetto  . 

I   Quaranta,!  cit ,  p    5  del  Voi.  vu,  tav.  \iii.  a  Momimetr.  $er.  v,p.  aSS. 


6o  DEI    VASI    FITTILI 

T.'erne  «:e;lente  sul  rarro  porta  nel!  alto  del  campo  \icino  a  lui  la 
voce  TPinTOAEMOX,  come  già  si  lesse  presso  Io  stesso  alla  Tav.  VII,  n. 
I  .  Dunque  concludasi  che  ognun  degli  eroi  sui  carri  alati  che  ve- 
donsi  alle  Tavole  VII,num.  i ,  VILI.  XI,  XV,  XXV  rappresentano  Tritto- 
lemo ,  a  malgrado  le  difficoltà  che  a  pag.  5o  notai  aver  fatte  l'italin- 
ski,  giacché  neppur  qui,  come  nella  Tavola  XXV  non  si  vedon  serpen- 
ti a  que'carri .  La  donna  che  gli  sta  di  faccia  portando  1  epigrafe  ^E- 
WETEP  similmente  come  nella  Tav.  VII  è  Cerere  libatrice  ,  mostrando- 
lo il  vaso  col  quale  porge  a  Trittolemo  un  liquido  in  ambedue  le  rap- 
presentanze .  Qui  peraltro  abbiamo  il  nome  di  Proserpina  nEP0*ATA 
sul  campo  d'ove  dipinta  la  donna  ch'è  dietro  a  Trittolemo,  ed  ha 
in  mano  un  serto  per  formarne  una  cotona  :  indubitato  suo  simbo- 
lo '.  E  quel  nome  Perefatta  mentre  i  Greci  chiamano  Persefone  la 
lor  Proserpina  di  non  greca  derivazione  com  io  dissi  estesamente  al 
trova  higuificii  una  corona  sciolta  ',  quale  difatti  si  vede  in  mano  della 
donna  ch'è  dietro  a  Trittolemo .  Come  poi  tal  voce  straniera  alla 
Grecia,  a  differenza  di  molte  altre  de'  Vasi  dipinti,  si  trovi  in  questo 
vaso  italico ,  è  riflessione  che  può  giovare ,  ma  non  ha  luogo  in  que- 
ste mie  carte. 

Il  vaso  della  pittura  qui  riportata  ,  tutt'ora  in  possesso  di  S.  Eccel- 
lenza il  principe  di  Canino,  ha  nel  suo  catalogo  il  N.  336i  Volume 
n  dei  suoi  disegni .  La  forma  del  vaso ,  come  altre  volte  sarò  per  fare, 
è  notata  in  questa  medesima  Tavola . 

TAVOLA    XXXVI. 

La  pittura  inedita  di  questa  Tavola  non  ha  bisogno  di  gran  com- 
mento per  essere  interpetrata  dopo  averne  letto  l'antecedente,  oltre 
quei  delle  Tavole  VII,  num.  i,  2,  Vili,  num.i,XI,  XV,  e  XXV,  ove 
in  ognuna  è  Trittolemo  ammestrato  da  Cerere  nell'  agricoltura  e  nei 

1   Ovid.,  Fasti  I.  IT.  V-   4*^  ,  e    i.  a  Monum.  etruichi ,  ser.  1,  p.  89. 

ui,  V.  4^9    Melham.  I.S.fab.  it. 


TAVOLA    XXXVl  . 


M)ìst«i-i  eleusini,  ed  unito  con  Proserpina.  Così  dicemmo  essere  stalo 
in  Alene  il  tempio  di  Cerere  Proserpina  oliera  1  Kleusinio  .  e  che  nel- 
la nostra  pittura  può  essere  altresì  rammentalo  dalla  colonna  che  vi 
si  vede,  e  quindi  la  statua  di  Tritlolemo;  su  di  che  Pausania  che 
narra  il  l'alio  non  osa  mollo  spiegarsi ,  per  esser  cosa  speltanle  agli  oc- 
culti misteri    ' . 

Una  opinione  che  non  so  donde  tragga  la  sua  sorgente  fa  dire  a 
De  Voss ,  nelle  sue  lettere  sulla  mitologia  che  i  carri  alati  non  siano 
<le'più  antichi  tempi  dell'arte .  Il  celebre  Boettiger  ammette  tre  epo- 
che diverse,  nelle  quali  siasi  rappresentato  dillerentemente  il  carro  di 
Tritlolemo.  Quella  cioè  nella  quale  si  figurava  il  carro  ei  draghi  sen- 
za le  ali,  com'ei  dice  vedersi  nei  più  antichi  monumenti  della  Sicilia. 
Nella  seconda  epoca  ei  trova  il  caiTO  con  le  ali,  come  quello  della  Ta- 
vola antecedente  e  quel  della  Tav.  XV  ,  e  della  VII,  num.  2;  e  cre- 
de poi  della  terza  epoca  quei  monumenti  dove  le  ali  passarono  ai 
sei'penli ,  come  si  vedono  in  molte  medaglie  di  città  greche  e  delle 
colonie  ^  ,  Queste  pitture  scuopron  peraltro  il  disinganno  di  tal  si- 
stema ,  poiché  le  ali  vi  son  sempre  aderenti  al  carro  ,  quantunque  i 
serpenti  vi  siano  talora  espressi  e  tal  altra  omessi ,  Tuttavolta  noi 
non  porremmo  questi  monumenti  a  remota  distanza  da  noi,  se  è  ve- 
ro che  si  fecero  anticamente  i  carri  di  Tritlolemo  senza  le  ali . 

È  bensì  da  notare  che  quantunque  le  rappresentanze  dei  Trit- 
tolemi  qui  esibite  provengono  da  paesi  diversi,  pure  in  molti  rap- 
porti assai  fra  loro  somigliansi .  I  raggi  per  esempio  nelle  ruote  del 
carro  son  tutti  della  medesima  costruzione .  L'eroe  sempre  nell'atti- 
tudine stessa  le  sue  vesti  quasi  sempre  eguali  fra  loro ,  cos'i  dicasi 
delle  figure  che  gli  stanno  attorno ,  e  d'  ogni  altro  accessorio .  Or 
poiché  la  pittura  inedita  di  questa  Tavola  appartiene    ad   un    vaso 


1    Ved.  p.    ly.  rea  grecqiies  de    Vases    avec   de» 

a  Millin,  Magasin  ,    encyclopedique.  explications  archeologiqties.  et  ar- 

IV  année.Tom.  Ili,  an.  1798.  Gre-  tisiiqu^s  ,    publiées  par    Boettiger 

quiicbe  Vasengemalde  ec.  Pelala-  deuxiéme  chaier  Ju  première  voi. 


6l  DEI    VASI    FITTILI 

che  fu  trovato  da  S.  Eccellenza  Luciano  Bonaparte  nelle  sue  terre 
di  Canino  ,  anticamente  d'etrusco  suolo  ,  mentre  le  altre  provengo- 
no dalla  Maglia  -  Grecia  ;  così  ancorché  si  ponga  per  ora  da  banda 
la  disamina  se  gli  Etruschi  introdussero  in  Grecia  una  simile  manifattura, 
o  se  di  Grecia  passò  l'arte  in  Etruria,  certo  è  che  poste  a  confronto 
tutte  queste  pitture  compariscono  emananti  da  una  medesima  squola  . 

•  :  .      :.  ..  TAVOLA    XXXVII. 

Il  Vaso  inedito  del  quale  ho  antecedentemente  ragionato  ha  due 
facce  dipinte  che  1'  urbanità  di  S.  E.  il  principe  di  Canino  mi  pei'- 
mise  di  poter  disegnare  <lall'  originale  .  Questa  è  pertanto  la  faccia 
opposta  ali  antecedente  già  esposta,  e  qui  vediamo  un  nomo  amman- 
tato con  veneranda  barba,  in  atto  di  far  libazione ,  reggendo  in  ma- 
no una  patera  sacriliciale  ,  che  attamente  può  usare  èssendo  presso 
a  due  are . 

Supponiamo  per  un  istante  che  qui  si  rappresenti  quel  culto  che 
dai  sacerdoti  e  sacerdotesse  praticavasi  in  onore  delle  divinità  che 
vedemmo  nell  anterior  faccia  del  vaso,  ed  avremo  di  tal  supposto  un 
sostegno  nelle  costumanze  replicate  delle  figure  si  dell'anterior  parte 
che  della  posteriore .  L'uomo  barbato ,  qualora  sia  sacerdote  di  Trit- 
tolemo  ha  la  medesima  acconciatura  di  testa,  il  medesimo  abbiglia- 
mento ,  lo  scettro  medesimo ,  se  non  che  più  semplice .  La  donna 
verso  la  quale  è  rivolto  ha  parimente  un'acconciatura  di  testa  ugua- 
le a  quella  della  donna  che  dicemmo  esser  Cerere  ,  e  versa  un  li- 
quore con  un  vaso  medesimo ,  né  dilTerisce  che  appena  rispetto  al- 
1  abbigliamento  ,  cosi  dicasi  dell'altra  donna  .  Di  siffatta  imita;iione 
dei  sacerdoti  ai  lor  numi  siamo  pieni  d  esempi ,  mentre  portavasi  fi- 
no al  fanatismo,  di  che  ne  fanno  una  miseranda  pruova  le  mutilazio- 
ni dei  Galli  a  solo  oggetto  d  imitar  l'amante  della  loro  Dea  ',  e  ve- 
stivano inclusive  d'abiti  femminili  ^.  Le  faci   che  ha  in  mano  la  donna 

I   Serv.  ad  Aeneid.  lib    ix,  i».    114.  2  Lucian.,  De  Dea  Syrfa  p    898. 


TAVOLA    XXXVll  .  65 

possono    rammentale  1'  assenza  di  Proserpina   ceicata  da  Cerere  '  ,  o 
la  presenza  di  Ecate   alla  missione  di    Trittolemo  .    di  die    ahliiaino 
«seinpi  nelle   già  esaminale   pitture  '^.  Delle  voci   gieclie  ivi   ripetute 
xa'to!  ne  parleremo  altrove.  ..... 

Una  parola  sulla  frequenza  della  indicala  rappresentanza  di  Cerere 
nei  vasi  die  tiovausi  nei  sepolcri,  e  poi  termino.  Riconosce  il  eultis- 
simo Gerhard  in  alcuni  vasculaii  dipinti  quelle  funzioni  sacre  o 
piofane  ciie  prima  di  compir  le  nozze  dall  una  e  l'altra  parte  face- 
vansi .  Vari  soggetti  relativi  al  culto  di  Cerere  gli  sembrano  di  quel 
numero ,  e  specialmente  unioni  di  donne  associale  colla  favola  di 
Tritlolemo,  le  quali  per  lo  scettro  tenuto  in  mano  d'alcuna  fra  loro 
€  per  tutto  1  atteggiamento,  imitano  le  cerimonie  religiose  del  culto 
di  Cerere  ^,  e  sembragli  che  tali  pitture  di  per  se  stesse  dichiarino 
I  uso  antico  nuziale  delle  stoviglie  di  quella  sorte  4  .  Senza  oppormi 
alla  possibilità  di  un  tal  uso  ,  né  alla  relazione  che  aver  potrebbero 
le  cerimonie  di  Cerere  coi  matrimoni,  come  ammette  il  Gerhard,  mi 
limito  a  proporre  che  attese  le  replicate  allusioni  ai  misteri  del  paganesi- 
mo che  fin'  ora  incontrammo  in  queste  pitture ,  si  possan  credere  ese- 
guite esse  pure  circa  la  favola  di  Cerere  e  di  Trittolemo  ad  oggetto  di 
venerazione  per  i  misteri  suddetti ,  mentre  questi  ebbero  stretta  i-e- 
lazione  coi  morti,  presso  i  quali  troviamo  sepolti  questi  nostri  vasi . 
I  Greci  fino  dall'antichità  più  remota  ,  dice  Pausania  ^,  riguardarono 
i  misteri  d'  Eleusi  come  il  culto  più  atto  a  condurre  gli  uomini  alla 
pietà  .  Essi  avean  per  oggetto  nel  tempo  medesimo  di  consolar  gli 
uomini  nelle  miserie  della  vita  ,  ispirando  loro  la  fiducia  d'  un  avve- 
nire più  felice  dopo  la  morte  ^.  Ecco  per  tanto  il  resultato  dei  mi- 
steri di  Cerere  celebrati  in  Eleusi  molto  analogo  a  consolar  chi  mo- 
l'iva  ,  e  per  cui   cred'  io  gli  si  ponevano  attorno  tali  ricordi .    Questa 

I   P^iisan    Corinili.  cap.   ti,  p.   6\.  cu,  anno    i8.ii   ,  paj; .   5g . 

•)   Neil    tav.  VII,  e  XI,   pag.    i4.  a3.  4   '^''   P-  94 

3   Gerhard  .   Rapporto   VOlcente   sta  5    In  Phoc. 

ntl    voi.  Ili,  degli   Annali  dell'isti  6  Cic.  de   leg.    1.   ii,  Isocr.  Paneg. 

Itilo  di  corrispondenza  arclieologi- 


6/^  DEI     VASI     FITTILI 

massima  che  tendeva  in  se  stessa  ad  ingentilire  i  costumi  deyti  uo- 
mini era  pi-esentata  attamente  col  simbolo  di  Trittolemo,  che  intro- 
ducendo presso  r  uinan  genere  1  agricoltura,  olFriva  alla  memoria 
uno  dei  mezzi  più  efiicaci  di  tal  progresso  dell'umano  consorsio. 

TAVOLA    XXXVIII,  e   XXXIX. 

Ho  reputato  la  spiegazione  di  queste  due  Tavv.  di  tale  importanza 
in  ogni  suo  periodo  per  la  cognizione  delle  pitture  de' vasi,  da  non 
so^iportarne  un  compendio;  quindi  è  che  la  trascrivo  tal  quale  fu 
pubblicata  dal  eh.  sua  illustratore,  che  la  inserì  nel  primo  fascicolo 
di  un  opera  da  esso  intrapresa,  col  titolo  di  p'^asi  di  premio  illustrati 
da  Teodoro  Panojka. 

«  Quando  Dionisio  abbandona  il  tumultuai'io  tiaso  delle  Menadi  e 
Tiadi ,  e  si  rilira  pur  anche  dalla  mistica  compagnia  tanto  di  Nisa , 
che  tra  le  Ninfe  bacchiche,  una  delle  più  distinte  mirasi  spesso  accan- 
to del  Dio,  quanto  di  Libera -Proser pina  sua  consorte  e  partecipe  dei 
misteri  :  è  cosa  diversa  dalle  solite  bacchiche  processioni,  siccome  dalle 
frequenti  scene  dei  misteri,  ed  annuncia  un  soggetto  di  somma  im- 
portanza. Questa  supposizione  cresce  coU'osservare  il  Dio  privo  an- 
che della  solita  sua  compagnia  maschile,  vale  a  dire  del  pedagogo  Si- 
leno, del  prediletto  giovane  Ampelo,  del  Sileno  Vino  o  del  Vulcano 
eh'  egli  riconducesse  al  cielo .  Ma  quali  sono  i  [socii  di  Bacco  nella 
nostra  dipintura?  uno  di  essi  presentano  vari  vasi  di  soggetto  bac- 
chico ,  suonando  le  tibie  o  la  lira  '  ,  e  distinto  dall'  iscrizione  Kw^o; , 

I    Le  tibie  che  da  Minerva  passaro-  A  ciò  corrisponde  la  notizia  di  Pau- 

no  al  cuho  di  Bacco  (  Alen.  xiv,  sania  (  lib.  x  ,  7  ,  a  )  che  nella 

p.  6i6,  e  6(7.  Nona.   Dionis.  x,  festa  d' Apollo  Pillo  a  Delfi  le  ti- 

V.  23o  )  sono  un  istrumento  più  bie  veggonsi  introdotte  molto  tardi, 

i^enuiiio    nel    culto    Bicchico    che  e  facendo  un  effetto  troppo  tristo  , 

la  lira  la  ijiiale  provenuta  dal  cui-  ne  furono  ben  presto  escluse.    Ma 

lo   Apollint'o,    non    si    adoprò   m  siccome  da  Bacco  è  ricevuta  la /»>« 

«juelio  di   Baerò  prima  di  esser  ri-  yipollinea    cosi   mirasi    il    capro- 

coii-:iliaie  ainbeiiiic  le  Deità  (Diod.  Bacchico  in  seguilo  di  Apollo  • 
111,  192,  p    li"].   Paus.  11,22,  9  )■ 


TAVV.     XXXVIII,    B     XXXI\. 


65 


l'cJlegi'ia  ed  il  convito,  che  hanno  ambedue  assai  bisogno  della  mu- 
sica '  .  In  essi  vasi  fuori  del  Dio  ascollano  il  suonaloi  e  il  di  lui  col- 
lega oii/ot  Vino  ^  ,  ed  una  o  due  Baccanti  iscritte  r^lr.vr,,  Euoiz  ^,  Eutfist;  i, 
Xaioaj  ^,  serenità  e  divertimento.  Ma  nel  nostro  vaso  compariscono  due 
Sileni  che  suonano  la  cetra  Apollinea  (  fópiiiy^  )  ;  '1  che  ci  porta  atl 
un'  epoca  in  cui  aveva  cessalo  il  conflitto  del  cullo  Bacchico  con 
quello  di  Apollo  ^  .  Ed  è  allora  che  lo  scorticalo  Marsia,  redivivo 
sotto  il  nome  di  Comos  7,  entrò  nel  riconciliato  cullo  Bacchico  per 
rappresentarvi  lelemento  musicale,  facendo,  se  non  vedo  troppo.  le 
veci  di  Apollo.  Dairallegria  del  convito  pochi  passi  ci  sono  sin  al- 
la licenza  della  commedia  :  per  cui  con  buona  ragione  nel  nome  Kì.^05 
ravvisasi  anche  il  rapporto  colla  commedia,  della  quale  al  detto  Si- 
leno viene  attribuito  un  qualunque  sia  presidio  .  Non  mi  pare  però 
verisimile  che  ambedue  i  suonatori  abbiano  lo  stesso  significato;  giac- 


1  Nella  pittura  «  gli  Andri  »  presso 
Filostraio  (  Imag.  1,  ip)presen- 
lansi  in  compagnia  di  Bacco  Kói. 
fio;  xat  Vùùi  ì^apuTaTu  zzi  |u^7roTt- 
xwTaTM  ^ai(iov£  il  rapprtiseutante  del- 
la musica  e  quello  del  ridere, 
ambedue  assai  allegri  ed  amanti 
del  convivio.  Aien.  ii,   p.  ^o  B. 

2  Laborde  Vas.  d.  Compie  Lamberg, 
T.  I,  pi.  65  e  66.  Tischb.  11,  pi. 
44  Filostr.  Imag.  1,  19,  Arpocrat. 
V.  ©soivca  p.  187.  Aten.  1,  p.  3o , 
D.  u,  p.  45-  G.  Esich.  II,  p.  ^30. 

3  Millingen  ,  Vas.  CoghllJ  pi.  19 
Euota  che    grida  F^uoe . 

4  Tiscbb.  T,  11,  pi.  44  • 

5  Mus.  Borbon., Fase.  VII,  Xatptc  no- 
me di  un  citaredo  e  tibiciae  (Scoi. 
Aristof.  Av.  859  ).  'AyaUij  (Aten. 
xiiij  p.  089  E  ). 

6  Basta  ricordarsi  del  culto  loro  co- 
mune sul  monte  Parnaso  (  Paus. 
j.,  4i  X,  6,  e  X  3a,  Diod.  ni,  192, 

Fas.  T,  L 


p.  2»7  )  :  della  festa  di  Apolìn 
Corneo  in  Naucr.iti  ,  alla  quale 
non  solamente  i  sacerdoti  dell'A- 
pollo Pilio  ,  ma  pure  quelli  di 
Bacco  intervennero  (  Alen.  iv,  pi. 
149.  E);  del  Bacco  ]\lelpomeììO 
che  da  Pausania  (  1,  2,  1,  3,  1.  3i, 
2  e  3  )  viene  paragonato  all'^- 
pollo  Afusagete. —  Plul.  Qu,  Sim- 
pos  vili  .  Proem. 
Diod.  Ili,  192,  p.  227.  La  dipin- 
tura del  Bacco  il  quale  accom- 
pagnato da  IMarsia  e  dalla  Com- 
media riconduce  Vulcano  all'Olim- 
pò  (  Millingen  Vas.  Coghill  pi.  vi. 
Millin.  Peint.  d.  Vas.  T,  i,  pi.  ix) 
non  fa  ostacolo  alla  nostra  conget- 
tura, poiché  la  presenza  della  Com- 
media rende  inutile  l'epiteto  del 
Camus,  di  modo  che  questi  possa 
andare  insignito  del  suo  aDtico  no- 
me di  Marsia. 


66 


DEI    VASI    FITTILI 


elle  il  capro  '  simboleggiando  il  premio  dei  vincitori  j)oeti  drammati- 
ci '  ,  rivolto  verso  quel  Sileno  che  sta  alle  spalle  di  Bacco,  sembra 
indicare  un  Sileno  Tragedo  ^  .  Se  lo  chiamo  Tragedo,  lo  fo  in  man- 
canza di  nome  assicurato  da  testimoni  antichi,  e  confesso  che  prima 
inclinai  a  nominarlo  Moìtto?  secondo  l'iscrizione  di  un  suonatore  di  ti- 
bie su  un  vaso  pubblicato  dal  Tischbein  4  ,  poiché  dalla  Musa  tra- 
gica lìlelpomene  e  dal  Bacco  Melpomene  nell  Attica  ^  risultò  qualche 
relazione  del  Sileno  Molpos  colla  Tragedia.  Ma  usandosi  la  voce  Mi/ - 
r.o{  generalmente  da  un  cantante  oppure  da  un  suonatore  ''  ,  abban- 
donai questa  conghiettura,  e  nel  nome  Molpos  non  riconobbi  altro 
che  un  Marsia  ossia  Comos  sotto  variato  epiteto. 

La  dipinta  processione  dunque  presenta  il  Sileno  della  Comme- 
dia e  quello  della  Tragedia;  nel  lor  mezzo  mirasi  il  Bacco  dell'In- 
dia, forse  il  Bacco  Leneo  7  .  Egli  è  barbalo,  vestilo  dell'ampia  bas- 
saride, e  tiene  nella  mano  sinistra  il  cantaro ,  nella  destra  la  vite  ;  la 
sua  testa  è  legata  dalla  mitra  ^  ,  e  coronata  di  pampino. 

Confrontiamo  ora  la  parte  opposta  del  vaso,  Tav.  XXXIX  9  ,  cpl 
dipinto  di  Enea,  il  quale  dopo  la  caduta  di  Troia  piglia  la  fuga  col 
vecchio  padre  Jnchise  sulle  spalle.  Precedono  la  sua  moglie  Creusa 
ed  il  figlio  Ascanio,  e  sieguono  un  altro  ragazzo  ed  ideate  il  fedele 


I  U  capro  vieae  ininiolaio  a  Bacco 
come  animale  dileito  e  caro  per 
aver  mostrato  agli  uomini  1'  am- 
putazione della  vite  (  Igi".  f  2^4 
e  Poet.  Astron.  iv  ).  La  medesi- 
ma ragione  fa  consacrare  Yasino 
a  Bacco  (  Paus.  ii,  38  ). — Esich. 
T.  11,  p.  i4o5,  \>-  Tp!xyT,!fopot.  La 
profetessa  di  Apollo  Deiria  viene 
ispirala  dal  sangue  di  un  capro 
iaimolato  (  Paus.  ii,   a4  )• 

2  Aristot.   Poet.  4- 

3  b  da  osservarsi  che  nelle  proces- 
sioni Bacchiche  gli  attori  e  forse  an- 
che  i  poeti  della  Tragedia  segui- 
rono dietro  quelli  della  Gomme- 


dia  (  Demost.  Midian.  p.   5lj  ). 
Diod.  IV,   2i4>  p.  25i. 

4  T.  1,  pi.  33. 

5  Pas.   1,   2.   4   6  1>  3'>    ^• 

6  Plut.  Qu.  Gr.  xxviu,  Molpe  chia- 
masi una  delle  Sirene,  la  figlia  di 
Acheloo  e  di  Melpomene  (  Igin. 
f    .    ). 

7  Diod.  Ili,  197,  p.  a3a. 

8  Rimedio  contro  il  dolor  di  testa 
che  nasce  dall'ubriachezza  (  Diod. 
IV,  2i3,  p.  a5o  ) . 

9  Del  Museo  Borgia,  alt.palm.i,onc. 
8.  Nella  parte  opposta  1'  alt&7:za 
delle  figure  è  un  poco  maggiore 
della  mela  dell'originale. 


TAVV.    XXWm,    E    XXXIX.  ^~ 

socio  (li  guerra.  Non  dubito  rinvenire  in  questa  pittura  il  soggetto 
tli  una  Tragedia  chiamata  Enea,  e  recitala  in  una  gran  festa  bac- 
chica. L'aggiunta  di  questo  ragazzo  che  sul  bellissimo  vaso  delV  ul- 
tima notte  di  Troja  '  non  esiste,  né  si  rinviene  anco  nelle  meda- 
glie, mi  sembra  nata  dalla  fantasia  del  poeta  drammatico,  a  cui  nnn 
pareva  suiìiciente  il  personale  dato  dalla  storia  ^  .  A  questa  conghiet- 
lura  non  disconviene  una  dipintura  dellistesso  soggetto  ^  cioè  di  E- 
nea,  Anchise,  Acate  ed  Ascanio,  nella  quale  peraltro  invece  dell'una 
sposa  di  Enea  due  donne  veggonsi  rappresentate. 

Or  appoggiandomi  ali  illustrazione  di  ambedue  le  pitture  ne  fo 
questa  conclusione  :  //  vaso  riempiuto  di  vino  si  è  regalato  ad  un  poeta 
drammatico,  la  di  cui  tragedia,  intitolata  forse  Enea,  ripoi-to  la  vittoria 
nella  festa  dionisiaca.  Se  la  detta  festa  sia  quella  delle  Lenee ,  ce- 
lebrata nel  mese  Gamelione  ossia  Leneo  colle  recite  di  nuove  Commedie 
e  Tragedie  4,  o  altra  simile  a  quella  di  Bacco  Melanegidc  presso  gli 
Ermionesi,  in  cui  pure  si  faceva  un  certame  di  poeti  ^  :  di  ciò  non 
oserei  decidere  la  questione,  tanto  più  che  forse  la  provenienza  di 
questo  vaso  dall'  antica  Etruria  non  favorisce  troppo  alla  supposi- 
zione di  festa  Ateniese .  Comunque  sia ,  due  altri  vasi  confermano 
la  mia  opinione  suU'  esser  questo  monumento  Bacchico  un  vaso  di 
premio.  L'uno  di  essi  pubblicato  dal  Passeri  ^  presenta  il  Dionisio 
similissimo  a  quello  del  nostro  vaso  :  egli  è  preceduto  da  un  Sileno 
che  conduce  un  capro;  un  altro  Sileno  vedesi  alle  spalle  del  Dio  . 
La  parte  opposta  mostra  Apollo  Citaredo  e  forse  Diana  colla  fare- 
tra appesa  all'indietro ,  ambedue  figure  sedute  sotto  1'  ombra  di  un 
albero  di  palma.  L'altro  vaso  fu  pubblicato  dal  chiarissimo  Millin- 
gen  7  .  Evvi  pure  Bacco  uguale  quasi  al  descii ito,  nel  mezzo  fra  due 

1  Millin,  Peint.  d.  Vas.  Gr.  i ,  aS.  5  Paus.  n,  35. 

Gali,  Omer.  II.  voi.    i,  lav.  xcii.  6  Pili.  Eirusc.  tav.  clxxii,  ove  le  li- 
a  Virgil.  Eneid.  n,  v,  yo5  segg.  gure  sono  incise  rosse  a  fondo  nt-- 

3  Tischb.  IV,  pi.  6o.  ro,  mentre  l'originale  parmi  dover 

4  «Boeckh  Atti  dell' Accad.d. Scienze.  mostrare  figure  nere  a  fondo  rosso. 
Berlin.   1816-17.»»  Kreuzer  Sim-  V.  Monum.  etr  ser.  v,  tay.  lxiii. 
boi  ni,  p.  319.  7  Vas.  Coghill.  pi.  87. 


fiS  DB!    Visi    PITTILI 

Sileni,  dei  quali  l'uno  sta  ballanrlo  ,  1' altro  in  azione  mimica.  La 
parte  opposta  ha  il  dipinto  di  un  Citaredo  fiancheggiato  da  due  donne 
che  tengono  il  fior  di  loto  .  Non  vado  qui  ad  esaminare  se  Cerere 
e  Proserpina  siano  le  due  donne,  o  forse  Muse  che  othono  il  fiore 
al  vincitore  poeta  ;  ma  osservo  soltanto  che  dal  vaso  del  Pas'^eri  si 
impara  esser  Apollo  anche  questo  Citaredo  .  Ciò  condnnalo  colla  i  ;ippi  e- 
sentanza  Bacchica  in  ambedue  i  vasi  ove  il  Dionisio  si  vede  accom- 
pagnalo dal  Sileno'  della  Commedia  e  da  quello  della  Trageil  la  .  toglie 
nani  dubbio  intorno  tali  monumenti  che  fanno  testimonian/^a  del  cullo 
Bacchico  riconciliato  con  quello  d'Apollo; e  per  questa  ragione  si  scel- 
sero ad  esser  distribuiti  per  premio  ai  poeti  nella  festa  di  Bacco  Can- 
tante -  j'l/(e//7onie«o  ossia  T7inio  (   'Vjjivtoc  )  ^  . 

TAVOLA   XL. 

Le  due  pitture  contenute  in  questa  XL  Tavola  ornano  un  vaso 
che  fu  trovato  nell'  agro  Trlnorese  di  Val  di  Chiana  presso  Chiusi 
non  è  gran  tempo,  e  dal  eultissimo  sig.  Dottor  Maggi  rimessemi  con 
sua  lettera,  che  per  esser  eruditissima  la  pubblicai  colla  stampa  uni- 
tamente al  disegni  di  esse  pitture  ^;  i  quali  disegni  siami  permesso  di 
ripeterli  qui  unitamente  ad  un  succinto  ragguaglio  della  indicata  let- 
tera, e  di  quanto  io  vi  risposi. 

Il  chiarissimo  Dottor  Maggi  ravvisa  nella  parte  principale  della 
pittura  ,  che  qui  è  la  superiore  ,  Ercole  il  più  celebre  dei  semidei, 
ed  uno  dei  consenti  cosi  nominato  e  venerato  dagli  Etruschi,  i  quali 
considera vanlo  come  emblema  del  sole.  Tra  le  ardimentose  gesta  che 
di  lui  finge  la  favola,  contasi  la  sua  discesa  all'  inferno ,  onde  accor- 
rere alla  liberazione  di  Teseo  ristretto  in  quel  luogo  tenebroso  per 
aver  tentato  con  Piritoo  di  rapire  al  monarca  Stigio  la  sua  consorte 
l'roserpina  .    Tiene  egli  in  mano  le  catene,  colle  quali  ha  stretto  il 

i   S^guo  la  JisiioT.irinc  proposta  dal  a  Esic.  T.  ii,  p.    i449' 

Cerhard  nella  doui.«sÌLna  operetta  3  Fnghiranii    lettere  di  Etrusca  eru- 

«  Del  Dio  Fauno  ».  dizione ,  tom.  »,  p.   ii3,  T.  v,  en. 


TAVOLA     XL .  69 

wioslriio-io -cane  «l  A  verno;  ed  ivi  appresso  votesi  Minerva  che  lo  pro- 
lesse,  e  ;^li  fu  guida  e  compagna  in  questa  come  in  ogni  altra  delle 
anlne  sue  faticlie.  Dietro  ;h1  Ercole  sa  nel  più  basso  della  rappre- 
sentanza, come  suol  esser  posto  nei  monumenli  lìgurati  .  Plutone  che 
mostrasi  tristo  e  dolente  nel  vedere  in  lacci  av^into  il  fido  custode  del 
suo  regno.  Qui  è  notabile  il  (Icrbero  solamente  bicipite,  mentre  So- 
focle ,  Seneca  ,  ^  irglio .  Porlnio  e  Macrobio  lo  descrivon  tricefalo, 
(ha/.io  per  altro  Io  fi  ccnticipite  '.  ed  Esiodo  gli  attribuisce  le  5o  te- 
ste ',  che  Palefato  essegna  all'Idra;  e  la  ragione  di  tal  varietà  strava 
gaiil«  neir  antica  mitologia  la  ravviso  nel  considerare  che  i  pagani 
mancavano  di  dogmi  nei  grossol.ini  loro  errori,  come  avverte  Voltaire  ^ . 
Da  ciò  ne  venne  in  sostanza  che  i  poeti  nel  trattale  i  medesimi  temi 
furono  variamente  difformi  ^;  dopo  di  che  m  invila  il  cortesissimo  scrit- 
tor  ad  assumere  il  linguaggio  astronomico  per  conoscere  e  spiegare  la 
relazione  delle  gesta  erculee  espresse  nel  vaso  Trinorese  con  il  cor- 
so degli  astri,  scevrando  cosi  dall'insipido  e  dallo  sterile  l'istrut- 
tivo che  si  trova  involto  nell  antichità  figurata  5. 

A  questo  lusinghiero  invito  risposi:  che  se  è  vero  ,  come  tentai 
di  provare  altrove  ^  ,  che  quel  mostro  non  altro  significasse  che  la 
costellazione  del  Cane  celeste,  e  le  tre  leste  dai  poeti  assegnateli  si- 
gnificassero il  Cane  maggiore  ,  il  Cane  minore  e  l'Idra  del  cielo  stel- 
lato, molto  più  attamente  e  con  la  conveniente  semplicità  le  due  sole 
teste  rammenteranno  i  due  Cani  maggiore  e  minore;  e  noi  sappiamo 
che  gli  antichi  simboli  eran  più  semplici  dei  posteriori  .  Rapporto  a 
Plutone  scrissi  altres'i  che  la  sua  posizione  umile  e  sedente  è  rigo- 
rosamente rappresentativa  di  un  nume  sotterraneo ,  come  altri  mo- 
numenti lo  mostrano  7. 

Della  pittura  eh' è  nella  parte  avversa  del  vaso  ,    e  qui    si   vede 
nella  inferior  parte  della  XL  tavola,  scrisse  il  Maggi  lodato,  che  ap- 

I  Od.  lib.  II.  Od.  i3.  5  Lettere  di  Etrusca  erud.  lom  1 , 
a  Theogon.  vers.  3ii.  p.    lai. 

3  Saggio  su  i  costumi  delle  nazioni  6  Monum.  etr.  ser.  1,  p.   io5. 
cap.  XIV-  "j   l>i  set  »i,  Tay.  CS,  uuai.  i. 

4  Giagueoé  leti.  Itai.  Tom.  i.  ctp.  1. 


"O  DEI     \ASI    FITTILI 

pelli»  a  Bacco,  il  ([uale  fu  dagl'iniziati  unito  ad  Ercole,  secondo  le  massi- 
me fondamentali  della  lor  teogonia;  imperciocché  mentr'  era  il  primo 
l'emblema  del  sole  operante  ,  che  asceso  nei  segni  superiori  vivifici 
tutto,  rappresentava  il  secondo  col  nome  di  Dionisio  presso  i  Greci 
lo  stesso  sole  passato  nei  segni  inferiori  .  e  perciò  trovansi  entrambi 
occupati  nei  misteri  delle  anime  dopo  il  loro  passaggio  agli  Elisi  . 
Ridette  poi,  che  il  figurato  qui  esposto  è  della  maggior  somiglianza 
con  quello  che  riscontrasi  nella  mia  opera  dei  Monumenti  etruschi  ' 
tratto  da  un  vaso  creduto  Campano,  e  quindi  aggiunge  che  l'espo- 
sizione di  quello  può  convenire  a  spiegar  questo  ;  se  non  che  in 
luo"0  dei  due  satiri  che  là  tendono  in  mezzo  il  sacerdote  addetto  al 
culto  di  Bacco  .  qui  si  osservano  due  ninfe  Baccanti.  Da  ciò  discen- 
de a  ritlettere  che  il  vaso  sia  stato  d Uso  religioso  presso  gli  Etru- 
sclii  piuttosto  che  sociale  e  domestico. 

Nella  mia  risposta  detti  peso  ad  alcune  riflessioni  sulla  parte  mec- 
canica della  esecuzione  del  disegno  ,  specialmente  circa  la  pittura  dei 
vaso  dove  si  riconosce  Bacco  o  un  qualche  di  lui  sacerdote  tra  due 
donne  baccanti,  ov'io  ravviso  una  di  quelle  antichissime  feste  di  Bacco, 
la  quale  secondo  Plutarco,  solennizzavasi  portando  un'  anfora  di  vino 
ed  un  sermento,  mentre  altri  traevano  ali  ara  un  capro  ^.  Qui  richia- 
mo a  confronto  colla  presente  composizione  anche  l'aitila  dei  miei 
Monumenti  etruschi  citata  pure  dal  eh.  Maggi ,  proveniente ,  come 
dicesi,  da  Capua  ^,  e  insieme  con  esse  1  ultima  data  dal  eh.  Panofka  4, 
e  che  ho  già  riprodotta  qui  alia  Tav.  XXXVIII,  ch'ai  vide  nel  Museo 
Borgia  ^ ,  e  chi  sa  d'onde  venisse  ;  ed  un'altra  infine  io  ne  notai  fra 
le  pubblicate  dal  Millingen  ^,  nella  qual'ultima  è  mancante  il  capro. 
Ivi  rilevai .  come  qui  nuovamente  rilevo  nelle  quattro  indicate  pit- 
ture, quantuncpie  di  provenienze  sepax'atissime,  nei  tre  capri,  e  nei 
quattro   sacerdoti   bacchici  ,   e   nei   sermenti  che  tengono  in  mano 

i  Ivi   ser.  V,  Tav.  Lxni.  5  Ivi  pag.  9. 

2  Ivi   pag.  609.  6  Peintures  antiques  des  Vases  grecf 

3  Ivi  Tav.  Lxm.  de  la  collection  de  sir  loha  Coghill 

4  Vasi  di  premio  illustrali  Tay.  ili.  Bart.  PI.  xxxvil. 


TAVV.     XL,     E     \LI.  71 

una  replica  tale  l'uno  dell  allro  .  si  nclU'  mosse  ,  s\  nelle  forme  ,  si 
nelle  maniere  delle  vesliinenta  bassaridi,  e  si  nella  esecuzione  dell'in- 
sieine  di  lai  composizione,  che  vedendo  i  (juatlro  vasi  insieme,  senza 
saperne  la  provenienza  cerio  se  ne  giudicherebbero  le  pillure  d'una  me- 
desima scuola, e  suggerite  da  uno  slesso  autore.e  quasi  da  una  mano  me- 
desima tracciate  sui  vasi.  Questa  mia  osservazione  che  ne  attende  più 
altre,  onde  trarne  qualclie  valevole  conseguenza  a  prò  della  storia  del- 
l'arte presso  gli  antichi,  specialmente  del  genere  di  pittura  che  tro- 
viamo nei  vasi,  merita  che  per  ora  si  unisca  con  l'altra  mia  riflessio- 
ne che  ho  esposta  sulle   composizioni  della  favola  del  Tritlolemo  '. 

in  una  lettera  avanzai  l'opinione  che  questi  vasi  potessero  esser 
eseguiti  in  luoghi  diversi  ,  ma  da  pittori  provenienti  da  una  scuola 
medesima  ed  erranti  a  tal  uopo  ^.  Ma  per  isfabilire  come  massima  una 
tal  supposizione  conviene  che  sia  sostenuta  da  cent'  altre  l'igorose 
osservazioni. 

TAVOLA    XLI. 

E  impossibile  che  fra  i  moltissimi  favolosi  avvenimenti  cantati  da- 
gli antichi  poeti  già  perduti  prima  chea  noi  giungessero ,  non  ve  ne 
siano  alcuni  dipinti  nei  vasi,  che  certamente  si  fecero  quando  tali 
perdite  non  erano  per  anco  accadute.  Ammesso  ciò  domando  io  come 
potremo  noi  pretendere  di  spiegare  ogni  pittui-a  dei  vasi  che  vengo- 
no a  luce?  Ne  reco  immediatamente  un  esempio  nella  composizione 
della  tavola  presente,  ch'è  in  un  vaso  trovato  nell'  antica  Etruria,  e 
posseduto  dal  sig.  Principe  di  Canino,  che  me  ne  ha  gentilmente  of- 
ferto il  disegno  perchè  io  lo  pubblicassi,  ed  è  al  num.  i4i8  del  suo 
catalogo  manoscritto.  Se  mal  non  mi  appongo,  parrai  che  l'iscrizione 
ch'è  presso  al  braccio  destro  dell'  uomo  aggressore  ci  faccia  leggere , 
ancorché  malamente,  il  nome  di  Sarpedonte,  ma  frattanto  la  mia  no- 
tabile ignoranza  non  mi  permette  di  leggere  l'altra  iscrizione,  qualora 

1  Ved,  pag,  49i  5o,  5g,  60.  a  Leu.  di  etr.  erud.  tom.  i,  p.  181,  sq. 


1>K1     \  ^SI     FITTILI 


li  di.iicoltà  d  inlerpetiail-i  non  [ìiovenga  dal  non  esser  fino  a  noi  per- 
>enulu  il  niilolugico  nome  elle  vi  si  comprende,  com  io  diceva  po- 
c'  anzi. 

Anche  del  suppoi^to  Sarpedonte,  qualor  non  sia  colui  che  fu  ucci- 
so da  Patroclo,  ahhianio  appena  qualche  accenno  da  ApoUodoro  ,  che 
ce  lode:>crive  figlio  di  Nettuno,  ed  uomo  nuocivo  al  segno  che  la 
di  lui  malvagità  dovette  infine  esser  punita  da  Ercole,  il  quale  uc- 
ciselo a  colpi  di  freccie  '  .  Difatti  noi  lo  troviamo  qui  occupato  a 
dar  morte  ad  un  armato.  1^  diuique  un  essere  malefico,  dal  quale  è 
in  fine  liberato  il  mondo  per  opera  d'un  Genio  buono,  qual  si  con- 
sidera Ercole  in  molle  occasioni  ^.  E  qui  scorgo  una  di  quelle  tante 
composizioni  pittoriche  del  gentilesimo  ,  nelle  quali  per  via  di  sim- 
buii e  d'allegoriche  figure  si  vogliono  additare  due  Geni  concorrenti 
alla  costruzione  ,  andamento ,  e  sostegno  della  macchina  mondiale  , 
uno  portandovi  il  bene,  l'altro  limale.  Altrettanto  dissi  spiegando  il 
disegno  grafito  d  un  disco  manubriato,  dov  è  una  composizione  quasi 
del  tutto  simile  alla  presente. 

Si  nelluno  che  nell altro  soggetto  trionfa  l  inimico  d'  Ercole,  e 
piovai  con  esempi  d'altri  monumenti  che  1  eroe  della  forza,  quando  è 
inattivo  o  soccombente,  significava  presso  il  gentilesimo  il  sole  nel 
tempo  d  inverno,  allorquando  per  l'eccedente  forza  del  freddo  nemi- 
co della  natiua,  isuoi  l'aggi  mancano  di  quella  benefica  efficacia  della 
(|Uiile  sono  investiti  nella  buona  stagione  ^.  Diremo  pertanto  ,  che 
qui  si  rappresenta  Sarpedonte,  il  quale  nuoce  ad  un  dei  suoi  avvet^ 
sari  finché  non  è   superato  da  Ercole. 

Di  qui    nasce  lo  schiarimento  del  simbolo  che  vediamo  nel  cam- 
po di  questa  pittura,  come  in  quello  del  disco  manubriato  da  me  recato 
a  confronto.  Nella  pittuia  di  questa  Tavola  vi  si  ravvisa  chiaramente 
un  serpe  il  quale  par  che  sia  tenuto  in  aria  da  un  uccello.  Nel  disco 
v'è  soltanto  una  linea  irregolare  e  serpeggiante,  com'io  dissi  spiegar»^ 

1   ApolIoJ,  Bibliot.  lib.  li.  e.  V.  3  Ivi  «er.  T,  p.  yiS. 

»   Muuum.  etruschi,  ser.  II,  p.  ^lo.  ' 


TAVOLA     VM  ,  ->3 

<lolo  '.  eil  or  mi  assicuro  che  quello  e  il  seguo  slesso  del  serpe.  An- 
clie  il  volatile,  (jnalui)([iie  sia.  col  serpe  nel  rostro  è  ripetuto  in  più 
iiionumeiili  .  ove  si  volle  con  altre  ligure  esprimere  simbolicamente 
il  lem|i()  (i  inverno .  Ne  rammento  principalnienle  uno  da  me  ri- 
portalo nei  .Monumenti  elriischi .  ove  sia  elligiala  una  Scilla  con  dei 
cani  in  allo  di  f}iie  strage  d  nomini;  e  nel  campo  si  vedono  due  uc- 
celli che  han  predato  un  serpe,  allusivi  aneli  essi  all'autunno  '.  Cosi 
nelle  Letteie  di  elrnsca  erudizione  è  riportalo  un  bassorilievo  anti- 
chissimo dove  si  vede  parimente  un  uccello  col  sespe  in  bocca  ^.  e 
li  dichiarai  apertamente  che  un  tal  geroglifico  s  gmfica  il  Draqo  si- 
dereo dayli  antichi  astrologi  ilnlo  vicino  alla  coslellazione  dell  Av- 
volloio  4;  lantocilè  in  ([ue>li  monumenli  ora  si  vede  il  serpe  ^.  ora 
il  volatile  ''.  oi  I  imo  animale  accompagnalo  coH'allro  '  :  raiipiesen- 
tanze  che  abbracciano  un  significato  medesimo  indicando  il  sole  che 
nell'inverno  percorre  la  parie  del  cielo  dominala  dal  Drago  celeste 
presso  al  grande  Avvoltoio  '^ .  Chi  volesse  poi  spinger  più  oltre  an- 
cora Tindagine  sulla  intenzione  dellartisla  nell  accozzare  la  rajipre- 
senlanza  di  Sarpedonte  e  del  Serpe  sidereo  ,  potrebbesi  dire  eh'  egli 
ebbe  in  animo  di  ripetere  la  voce  di  serpe  o  serpente  col  nome  ana- 
logo di  vSarpedone  o  Sarpedonte:  giuoco  d'  parole  che  gli  antichi  usa- 
rono spesso  9  .  Cosi  nelle  monete  romane  familiari  fatte  coniare  da 
Publio  Accoleio  Lariscolo  si  vedon  le  sorelle  di  Fetonte  convertite 
in  alberi  detti  larici,  perchè  volle  egli  alludere  con  quel  tipo  al  suo 
cognome  Lariscolo.  di  che  pure  si  posson  citare  molti  altri  esempi  ">. 


1  MonuDi.  ftr.  ser.  v,  p.   716.  6  Ivi,  ser.  v,  tav.  lvi,  lvii,  e  lix. 

2  Ivi,  ser.  VI.   p.   54.  7   Ivi,  tav.   lvii  ,  ser.   vi,   tav.   R5, 

3  Inghiraini ,  Lettere  di  etrusca  eru-  num,  5.  Lettere  cit,  T.  i,  tav.x,  xi. 
dizione  tav.  xi,  p.  188,  e  seg.  8  Lettere  cit.  p.    188. 

4  Lettere  cit,  Tom.  i,  p,   i85.  9  Monum.  elr.  ser.  i,  p.   i^y. 

5  Monum.  etr.  ser.  u,  tav.  Lxxxn.e  io  Vermiglioli ,  Lezioni  d'  Archeolo- 
ler.  VI,  tav.  Ea,  n.  i .  già  voi.  1,  lezione  xvm,  §  v. 

ras.   T.  l.  ,0 


-4 


TAVOLA    XLII. 

E  assai  leggiadro  il  modo  col  quale  noi  troviamo  descritte  e  spiegate 
dal  eh.  Quaranta  nel  Museo  Borbonico  '  le  ])itlure  del  vaso  che  qui 
si  ripetono  con  ogni  diligenza  copiale  ,  ma  noi  1  accompagneremo 
soltanto  da  un  estratto  della  indicata  descrizione  e  spiegazione.  Egli 
vede  in  una  di  quell'edicole,  chiamata  dagli  Elleni  eiva,  stare  leggia- 
dra donzella  in  allo  di  tenere  in  mano  una  colomba  e  uno  spec- 
chio .  La  fascia  sospesa  poco  lungi  da  lei  era  la  zona  con  cui  si  cinge- 
vano le  donzelle,  quando  erano  giunte  ad  esser  nubili,  poiché  lino 
a  quel  tempo  portavano  sciolta  la  veste.  Stanno  intorno  all'edicola 
(lue  giovinette  che  ne  tengono  ciascuna  una  corona  in  mano .  ma 
(|uella  a  destra  di  chi  riguarda  stringe  un  unguentario,  e  quella  a 
sinistra  un  vaso  da  bere.  La  sfera  e  la  fronda  d  ellera  presso  il  tetto 
dell'edicola  deggiono  aversi  come  sospesi  a  quelle  mura,  dalle  quali  era 
cinta  . 

Nel  rovescio  poi  del  vaso  comparisce  ,  fiancheggiata  da  due  don 
ne  che  vi  portano  olferte  ,  una  stele  funeraria  uscente  da  ben  fer- 
mo stilobate.  Da  ciò  desume  l'inlerpetre  ,  che  sepolcrale  sia  il  mo- 
numento ,  e  sepolcrale  anche  sia  stato  ì  uso  di  questo  vaso  ,  e  fatto 
a  bella  posta  per  onorar  la  memoria  di  quella  donzella  che  nel  di- 
ritto del  monumento  sta  sotto  al  terapietto .  La  quale  spenta  rap- 
presentarono ,  coni  egli  siqipone  ,  in  atto  d'occuparsi  in  quelle  cose 
in  cui  traevala  più  spesso  la  freschezza  della  gioventù  ,  tenendo  in 
mano  le  cose  che  1  eran  più  care  ^  .  Consentirei  di  buon  grado  al 
parere  dell  erudito  archeologo ,  poiché  vedo  esser  questa  la  massima 
(ht  non  pochi  secondata  .  Ma  finora  mei  vieta  l'incontro  si  frequen- 
te delle  donne  collo  specchio  in  mano  sì  nell  edicole   ^  e  si  attorno 


!   Voi.  VII,  lav.  xxni .  ptlon    des    tombeaux    de  Canoja, 

2  Quaranta,  1.  cit.  ,  p,   j-  Pian.    \iv. 

3  Ned.  lav.   xxxii,  e  Millin,  Descri- 


TAVOLA    M.II.  JD 

di  esse  ';  di  che  n  ho  e.-einpio  in  (jiieslo  vaso  medesimo,  nella  cui 
j»arle  avversa  vedonsi  iigiialmenle  due  donne  che  hanno  in  mano  lo 
s[>ecciiio ,  e  sono  attorno  ad  uno  stelo  ferale.  Né  credo  esser  debol 
sussidio  al  mio  argomento  il  trovarsi  nei  sepolcri  questi  medesimi 
specchi  ^  eh  io  chiamai  mistici,  appunto  perchè  non  gli  ravvisai  già 
da  toelette  atti  a  vaaheasiiaivisi  le  heliez.z.e  delle  l'anciulle,  come  (lui 
vorrebbesi ,  ma  sibbene  corredati  di  misteriose  ligure  disegnatevi  a 
grafito  e  tulle  allusive  per  lo  più  a  cose  mistiche  ,  e  di  religione  ; 
sicché  misterioso  credo  pur  latto  della  donna  eh  è  nell  edicola  nel 
tenere  in  mano  lo  specchio  e  la  coloinba ,  come  anche  misteriose 
credo  le  donne  clie  hanno  uno  specchio  ])er  ciascheduna  ,  stando 
presso  allo  stelo  sejiolcrale  :  né  sarà  isuprobabile  che  una  misteriosa 
rappresentanza  sia  posta  in  un  vaso  ch«  dovea  stare  viiino  ad  un 
mortela  cui  anima  in  virtù  dei  misteri  e  delle  contemplazioni  mi- 
stiche, dovea  passare  al  godimento  di  una  vita  futura  e  beala.  Mi- 
stici pure  io  credo  gli  alti  di  queste  donne  che  slannosi  attorno  al- 
l'edicola portando  corone  e  vasi ,  non  già  come  offerte  ,  ma  come 
emblemi  del  culto  mistico  praticato  da  chi  rappresenlavasi  nell'edi- 
cola ,  O  da  chi  si  fìgiuava  sepolto  sotto  la  stele  :  ia  falli  si  vedono 
alternativamente  o  congiuntamente  nelle  mani  di  costoro  vasi,  co- 
rone, arche,  ciste,  specchi,  rami  di  vegetabili,  bende,  globi  e  simili  mi- 
stici oggetti  ,  di  che  ho  dati  anteriormente  altri  esemjji    ^. 

In  fatti  ove  1  interpetre  riconosce  che  la  benda  e  I'  edera  siano 
simboli  della  dionisiaca  iniziazione  4  ,  mi  dà  impulso  a  protiarne  il 
supposto  fino  a  creder  tali  anche  gli  specchi ,  le  corone ,  "i  vasi,  le 
sfere,  le  foglie  d'edera,  e  inclusive  le  figure  medesime  che  vedonsi 
dipinte  in  questo,  come  in  altri  vasi  che  ordinariamente  seppellivan- 
si  nelle  tombe  . 

Qui  prende  occasione  il  Quaranta  di  partire  in  due  classi  i   vasi 


j  Monumenti  etr.  ser.  v,  lav.  sl.  xxii ,  xxxiv  . 

s  Ivi,  ser.  n,  p.   19,  3g,  4?,  uy-  4  Quaranta,  1.  cil. 

3  Ved.  le  tavole  xn ,  xix,  xx ,  xxi, 


^(i  rr,l     ^  ASI     FITTILI 

cliinsi  nelle  toiiil»e.  m  quelli   ciie   il  defunto  possedeva  .   (d   in  quelli 
die  la  uietà  dei  congiunti  faceva   dipingere   in  occasione  di  morte, 
per  onorar  la  memoria    del   trapassato  .   Se  per  ora  sospendiamo    di 
ammettere  la   |/riiiia  classe  ,   giacche  non   ho  fin    qui  prova    nc=;siina 
di  questo  straordinario  amore  degli  antichi  d  ogni  sesso  pei   vasi  di 
lerra  cotta  dipinti  a  figure  nere  o  rossastre  .  potremo  ammettere  (piella 
seconda  classe  di   vasi   che  dipendeva    dalla  pietà  dei  congiunti  ;  ed 
in  questo  siamo  concordi  :  meno  che  io  non  so  ammetteie  die  si   fa- 
cesser  dipingere  dopo  la  morte  di   chi  li  ehbe  nel  sepolcro,  poich.» 
sarebbe,  secoiulo  io  ne   penso,  mancalo   il   tempo  tra  1  momento  della 
morte  e  la  compiuta  esecuzione  del   vaso,  che   manifestamente  si  ri 
conosce  cotto  più   volte,  sì   per   la   terra,  e  si   per  la   vernice,   men 
!ie  un  cadavere  non  di   rado   mal  comporta  di   non   esser  chiuso  nel 
uroprio  avello  al  di  là  di  tre  o  fjtiattro  giorni  :   spa/ào  di  tempo   in 
cui  non  sempre  si  potevan  far  vasi,  speciahnente  del  genere  ricercato, 
com  è  questo  sul  f[uale    ragioniamo  .    Ciò  mi  riduce  a  pensare  che 
ogni  vaso,  come   anche   f{uesto.  poteva   bensì   essere  allusivo  alle  ce- 
rimonie  funebri,  non  che  ai   misteri  nei  quah  si  giudica   ini/.iala  la 
persona  sepolta  che  1  ebbe  allato,  ma  non  già  eseguilo  per  essa  esclusi- 
vamente ,  né  dal   momento  della  sua  morie  in  poi  . 

Da  qiianio  son  per  trascrivere  del  eh.  interpetre  ben  si  ravvisa 
quanto  poco  si  scosta  il  mio  parere  dal  suo.  Egli  dice  pertanto  che 
({Ili  è  l'immagine  della  persona  sepolta  uscita  pochi  momenti  dal  mondo, 
a  cui  come  per  apoteosi  le  donzelle  stanti  accanto  al  tempietto  ven- 
gono ad  oilrir  balsami  ,  corone  e  libamenli.  Io  dico  esser  1  immagi- 
ne d'una  persona  qualuncfue.  e  da  intendersi,  qualora  si  voglia,  ancor  la 
persona  stessa  sepolta  col  vaso,  a  cui  le  donzelle  stanti  accanto  al 
tempietto,  se  non  offrono,  almen  rammentano  le  cose  liturgiche  dei 
iiiisteri  .  E  percliè  gli  eroi,  soggiunge  il  Quaranta,  erano  metà  uo- 
mini e  metà  iddii.  jierò  il  divino  che  in  essi  Irovavasi  era  venerato, 
rappresentando  le  immagini  loro  come  quelle  dei  numi  nelle  cos\  fatte 
cappelle  chiamate  cìoa ,  ed  alla  parte  mortale  vedevansi  onori  coi 
quali   sogliono   gli  umani  placar  le   ombre,   come   fanno   nel   rovescio 


T\\  V.     XI. !l,    l-.    Min.  ^7 

«lei  vaso  le  «lonne  che  al  funebre  inonutnenlo  allnocarono  hende.  e  ca- 
jìcUi.  e  |)Oilaronvi  uve  e  ceste  con  sacre  focacce .  le  (jiiali  si  credo- 
no quelle  che  vedonsi  a  (ora  dall' una  e  dall'altra  parie  della  siele. 
fd  una  cassetta  da  riporvi  vasi  da  unguento  e  rami  espiatori  e  specchi . 
«  1  ([uali,  egli  prosegue  a  dire,  se  vedessimo  sollaiilo  inlorjio  a'  se- 
|)oIcri  (li  femmine  vi  starebbero  come  gli  altri  oggetti  pe'quali  esse 
ebbero  trasporlo  vivendo;  ma  come  si  osservano  in  mano  di  ])er- 
sonaii"i  che  assistono  a  tombe  d  uomini,  sono  a  mio  credere  un  sim- 
bolo  della  palingenesia  ».  E  non  molto  dopo  riprende  a  dire  :  «  Si 
noti  che  i  simboli  bacchici  .  che  si  vedono  in  questo  vaso  dijìinli  , 
come  per  esempio  le  uve  che  portano  in  mano  le  due  donne,  an- 
cora essi  accennavano  a  questa  ])alingencsia.  E  non  era  Bacco  il  gran 
Demiurgo,  senza  del  ({uale  non  si  ])oteva  percorrere  quel  ciclo  di 
trasmigrazioni?  '  Non  era  egli  il  purificatore  delle  anime  e  1  ini- 
ziatore, cui  Chirone  istesso  aveva  insegnate  le  reverende  teletee  sa- 
lutari? Non  fu  egli  chiamato  da  Ermia  =  1' invigilalore  della  palin- 
genesia degli  esseri  discesi  nel  mondo  materiale?  »  Cosi  il  Quaranta. 
Or  questa  palingenesia,  questa  rigenerazione,  questo  misticismo  del!  ini- 
ziazione ,  e  questo  bacchicismo  non  è  egli  quello  che  sì  spesso  cen- 
t'altri  hanno  meco  veduto  nei    vasi  dei  sepolcri  ? 

TAVOLA    XLIII. 

Odasi  ciò  che  ha  scritto  fin"  ora  il  eh.  Prof.  Gerhard,  se  non  con 
preciso  rapporto  alla  pittura  inedita  di  questa  tavola,  riguardo  alme- 
no ai  vasi  Volcenli  con  soggetti  relativi  a  fontane  scavati  presso  l'an- 
tica Vulci,  un  de' ({uali  è  il  presente  inedito  della  collezione  di  S.  E. 
il  principe  di  Canino.  «  Se  l'abbondanza  dei  vasi  Volcenti .  egli  dice, 
che  han  dipinture  alla  vita  comune  relative,  è  grande,  non  però  è  tale 
che  per  via  di  que'monumenti  si  possa  facilmente  illustrare  ogni  circo- 

1    Vf.l.    anclie   Qunr^nla,    [.e   piuiire  p.    i-  . 

d'un  vaso  g'-eco  fiuilp  appnneiien-  %   ijul    Fedro   di    Plalone,    p.  g4- 

le  ai   sig.  D.  Pier  Luigi  Moschini, 


j8  DEI     VASI     FITTILI 

Stanza  speciale  delle  usanze,  dell  eia  e  della  nazione  di  (jueyli  ar- 
tisti. Importanti  nel  primo  grado  sono  alcnni  porticati  di  tempii,  in 
cui  ^  ha  più  fontane  ornate  di  teste  di  leone,  e  alcnna  rara  volta  di 
])antera  o  tli  cinghiale  .  e  varie  donzelle  colà  recatesi  ad  attingervi 
l'acijua  sacra;  le  rappresentazioni  di  questo  genere  sono  particolari 
al  culto  delle  donne  idrofore  .  il  quale  fu  riferito  a  Cerere  ».  Cosi 
Gerhard  '  .  il  quale  peraltro  avea  già  scritto  qualche  pagina  indietro 
che  «sono  da  riferirsi  al  culto  di  Cerere  alcune  frequentissime  rap- 
presentazioni, benché  l' immagine  della  Dea  raramente  o  non  mai  vi 
si  rinvenga.  Tra  queste  si  devono  annoverare  le  processioni  delle  don- 
ne idrofore  in  atto  di  andare  ad  attinger  1  acqua  alle  fontane  sacre 
d  un  teiiqMO.  le  quali  processioni  dipinte  sempre  sopra  nobili  sto- 
viglie e  con  arcaici  modi,  non  possono  facilmente  rapportarsi  ad  al- 
tra Dea,  fuor  quella  che  ottenne  le  più  devote  iniziazioni  di  greche 
donne,  cioè  Cerere,  e  ciò  rendesi  più  probabile  dal  vedere  Bacco  as- 
sistere ad  una  di  (jueste  cerimonie,  il  quale,  com'è  noto,  fu  consorte 
della  Cerere  eleusinia  ^  ».  In  fine  accenna  il  prelodato  Gerhard,  che 
in  vari  dipinti  egli  riconosce  quelle  funzioni  sacre  o  profane  che  pri- 
ma di  compir  le  nozze  dall  una  e  V  altra  parte  facevansi  ;  e  qui  no- 
mina tra  i  soggetti  relativi  al  culto  di  Cerere,  in  modo  speciale  quelle 
file  delle  ridette  donne  idrofore,  che  dalla  fontana  del  tempio  attin- 
gon  le  acque  lustrali  ^  33.  Quindi  conclude  che  «tutti  1  più  ragguar- 
devoli vasi  d'arcaica  maniera,  sempre  intendendosi  del  rapporto  voi - 
cente,  appartengono  al  servizio  delle  feste  bacchiche  ,  siccome  si  fa 
evidentemente  aperto  a  chiunque  farà  osservazione  ai  soggetti  non 
>olo  i  più  singolari  ma  eziandio  a  quelli  che  in  luoghi  meno  appa- 
riscenti, come  sulla  spalla  e  sul  rovescio  dei  detti  vasi  accennano  il 
bacchico  rapporto  .  Né  crede  egli  poter  da  questi  distaccare  i  vasi 
d'arcaica  maniera  che  rappresentano  la  reddita  di Proserpina,  riflet- 
tendo a  lutto  il  culto  di  Cerere,  e  cosi  del  pari  le  frequenti  proces- 

I    n,)pprirto  Volcptiie  .  Sta  npgli  An-  fascicolo!,   p.   5o. 

Mali  iJcl!  instiinto  ili  corrisponden-  2   Ivi,  p.   36 

za    aiclioologica    dell' ;mno    i83i  ■  3   Ivi,    p.    69. 


TWV,     M-IM,     E     XLIV.  JC) 

sioni  (li  tlonne  idrofore,  accompagnate  poi  tla  accessori  gnippi  a-e- 
tici, che  lutti   egli  giudica  premi  rijiorlati  nelle  feste  di   Bacco   '  . 

Ma  più  oltre  soggiunge,  che  rispetto  al  modo  pittoresco  dei  re- 
gali in  discorso,  cioè  nuziali,  sebben  sia  <loininante  il  leggiadro  a  fi- 
gure rosse,  non  ne  fu  escluso  peraltro  l'arcaico  stile,  ove  la  qualità 
del  soggetto  lo  richiedeva,  siccome  nelle  pompe  nuziali  rappresen- 
tate a  somiglianza  della  reddila  di  Proserpina.  e  nelle  frequenti  idrie 
sulle  quali  le  processioni  di  donne  idrofore  sono  composte  coi  sog- 
getti atletici;  e  poi  segue  a  dire  che  «  1' idria  corintia  la  quale  sol 
tanto  incontrasi  di  gran  mole,  secondo  le  sue  più  comuni  rapi)resen- 
tazioni,  dee  considerarsi  per  modo  di  regola  come  un  vaso  atletico; 
ma  r  uso  dello  stesso  vaso  pei  servigi  dell'  acqua  lustrale,  uso  ma- 
nifesto per  le  dipinture  delle  idrofore,  lo  determina  ancora  come  vaso 
muliebre  ,  rendendolo  così  adattato  d  assai  a  ricevere  quella  desti- 
nazione comune  ad  entrambi  i  sessi,  che  si  osserva  in  molti  di  sif- 
fatti vasi  per  l'unione  d  atletici  e  nuziali  soggetti. 

Or  poiché  il  eh.  autore  ci  promette  in  una  sua  nota  *  un  futuro 
ragionamento  sulle  idrie  col  portico,  e  sulle  principali  di  loro  par- 
ticolarità, non  che  suU'  epigrafi  che  vi  si  contengono,  cosi  ci  arre- 
steremo qui  nella  fiducia  di  conoscere  per  di  lui  mezzo  anche  le  fi- 
gure che  ornano  la  spalla  dell'  idria,  e  che  nel  disegno  sovrastano  il 
tempio. 

TAVOLA    XLIV. 

Il  celebre  archeologo  Visconti  fino  dal  i<3oc)  comunicò  alla  classe 
d  istoria  e  di  antica  letteratura  dell'  istituto  R.  di  Francia  una  me- 
moria sopra  un  vaso  dipinto,  e  scritto,  il  quale  si  mostra  a  primo 
aspetto  del  genere  stesso  di  quello  accennato  nella  tavola  antecede)!- 
te  in  quanto  alla  pittura,  quantunque  l'uno  trovato  neir antica  Etru- 
ria ,  l'altro  in  Sicilia ,  qualora  non  faccia  eccezione  in  tal  confronto 

B   Annali  eli.,  p.  86.  2  Ivi,  p.  187^  not.  106. 


Ho  i)i;i    NASI   FU  riLr 

la  forma  (]l\(M>a  dei  due  vasi  die  le  c(ui  esposte  pilliire  conlengo- 
no.  Fiatiamo  dai  due  loro  illustratori  ebbero  entrambi  i  vasi  il  me- 
desimo nome  d  'ijih'in  . 

In  ([ueslo  vi  ravvila  il  %  iscoiili  una  Ninfa  che  inalzandosi  alquanto 
la  veste  s  accosta  ad  una  fontana  ad  oggetto  di  riprendere  quel  vaso 
da  lei  depostovi  che  e  già  pieno  «l'accjua.  Vi  ravvisa  un  mascheio- 
ne  a  testa  di  leone,  e  ridette  sulla  sua  derivazione  d'Egitto,  dove 
ebbe  simbolo  del  sole  estivo  ,  per  ciù  ponevasl  ali  oridzio  dei  fonti 
praticati  nei  recinti  dei  tem(>li ,  mentre  allorché  il  sole  è  in  Leone 
sbocca  il  ÌNilo  dai  suo  letto  e  feconda  le  terre  adiacenti;  e  ne  argo- 
menta che  le  colonie  egiziano  che  ~ii  stabilirono  in  Grecia  ])ar  che 
abbiane)  portato  colà  1  uio  di  (|ueslo  simbolo  dell  ac(jua  ,  o  almen 
d  un  tale  ornainenìo  de  fonti  . 

Questa  opinione  è  basala  sulla  osservazione  d'antichi  oggelti  d'arte 
e  specialmen;e  in  meelaglie .  ove  si  vetle  come  in  questo  vaso  scor- 
rer rac([na  dalia  bocca  ti  Un  lioue  .  lilialmente  1  azione  d  alzare  una 
cocca  della  tunica  nell  accostarsi  ad  una  fontana  è  ugualmente  espressa 
in  altre  antiche  ligure  che  son  tutte  rappresentanze  d  uno  stesso  mo- 
dello.   e   che  sembrano   elTiaie  della  ninfa  Anchirroe. 

Ma  la  particolarità  maggiore  di  questo  vaso  consiste,  secondo  il 
Visconti,  nelle  tre  voci  scritte  da  dritta  a  sinistra,  e  ben  conservate, 
come  vedonsi  nel  campo  di  questa  specie  di  quadro  fra  piante  aquati- 
che. Qui  proseguendo  il  Visconti,  determina  le  iscrizioni  a  vari  ge- 
neri,  assegnandone  alcune  al  soggetto  rappresentato  nella  pittura:  in 
altre  non  vedendovisi  che  il  nome  del  personaggio  pel  quale  il  va- 
so era  eseguilo,  o  al  ([naie  fu  olFerto  in  dono,  e  queste  sono  le 
pin  comuni  :  quelle  che  portano  il  nome  dell  artista  dal  quale  fu 
dipinto  il  vaso,  reputate  rarissime  ai  tempi  del  Visconti,  come  an- 
che quelle  che  presentano  delle  espressioni  singolari  .  Fra  queste 
ultime  egli  colloca  le  iscrizioni  del  vaso,  la  cui  pittura  abbiamo  sot- 
t'occhio  ,  dove  si  leggono  le  seguenti  parole  aexe  tepiì  nAEO  Si^v  rf.pf 
irà=o  Accipe;  senni;  posside  :  Accettate,  conservate,  possedete:  im- 
perativi d'  eufemismo  o  di  augurio,   coi  quali  il  donatore    del    vaso 


TAVV.     XLIV  ,    E     XLV  .  «il 

dipinto  s  indirizza  ;dla  persona  che  deve  riceverlo.  Quindi  ripoiUi 
esempi  della  formula  presso  i  Ialini  utere  Jelix  '.  In  ultimo  nota  la 
gran  difficoltà  che  s'incontra  azzardandosi  a  leggere  le  iscrizioni  trac- 
ciate a  pennello  su  i  vasi  dipinti ,  prodotta  dalla  forma  equivoca  di 
alcune  lettere  ^  che  facilmente  si  prende  per  altre  .  Infatti  questi  ca- 
ratteri scritti  correntemente  olirono  quasi  la  stessa  lìgura  per  quat- 
tro lettere  dilferenti ,  cioè,  per  l'alfa,  pel  delta,  per  1' omicron,  e 
pel  rho    ^. 

TAVOLA    XLV. 

Riporto  qui  le  pitture  d'un  vaso  proveniente  dagli  scavi  fatti  a 
^  ulcia ,  e  che  attualmente  fa  parte  della  rispettabile  collezione  di  S. 
E.  il  principe  di  Canino.  Queste  sebben  riunite  nell'incisione,  Irovansi 
peraltro  distribuite  nelle  due  facce  tra  loro  opposte  di  un'anfora  a 
figure  rosse,  pubblicata  dal  prof.  Gerhard,  illustrala  dal  eh.  Mil- 
lingen  negli  Annali  archeologici  ^  con  titolo  di  Apollo  e  Tizio  ,  di 
che  rijiorto  in  compendio  quanto  può  maggiormente  interessare  lo  spet- 
tatore nellatto  che  osserva  questa  XLV  Tavola  . 

«  Apollo  è  imberbe  ,  come  se  fosse  appena  giunto  ali  età  virile.  Ila 
piegato  il  suo  manto  onde  riceverne  minore  impaccio  .  Ha  coronalo 
il  suo  crine  ripreso  con  quel  nodo  che  dicesi  crobilo ,  ed  ha  fuoi  i 
del  consueto  al  suo  fianco  una  spada,  che  i  più  antichi  scrittori  gli 
attribuirono,  com'è  provato  dall'epiteto  Xfuffaofo;  che  n  ha  ricevuto  +. 
Quest'epiteto  di  Crisaoro  il  cui  senso  ha  spesso  imbarazzato  gì  iu- 
lerpetri  trova  qui  una  spiegazione  assai  naturale;  e  questa  pittura  con- 
ferma e  giustifica  le  osservazioni  dell'IIeyne  ".  e  quelle  di  Mitscherlich 


1  Mazzocchi  ad  regias  Tab.  Hera-  3  Annali  dell'institulo  di  corrispon- 
cleenses ,   p.   244-  denza   aicheologica  del    i83o,   fa- 

2  Memoire  de  l'inslit.  royal  de  Fran-  scicelo  n  ,  e  ni,  lav.  xxui^  p.  226. 
ce  classe  d'hisloire  et  de  la  litte-  4  Homer,  Jliad.  E,  v>.  609.  Hymn. 
rature  ancienne .  Histoire   et  Me-  in  Dian.  v.  3. 

moire  etc.  Tom.  m,  p.  37.  5  Ad  Homer.  lliad.  E,  v.  5og. 

Fas.   T.  L  11 


8'i  DEI    VASI    FITTILI 

e  di  Vop  suirinno  a  Cerere  '  .  Apollo  spiega  il  suo  sdegno  contro 
Tizio,  dardeggiandolo  per  l'atironto  fatto  a  sua  madre,  e  la  sua  no- 
bile azione  rammenta  la  di  lui  famosa  statua  del  Vaticano  :  ed  ec- 
comi ad  accennar  la  causa  dello  sdegno  d  Apollo  . 

Tizio  andato  a  Pito  o  Delfo  vide  ivi  Latona  .  ed  invaghitosene 
volle  farle  violenza  ;  ma  ella  chiamò  in  di  lei  soccorso  i  tìgli  Apollo  e 
Diana,  che  lo  uccisero  a  colpi  di  frecce.  Quell'impudente  quantun- 
que quasi  atterrato  e  ferito  da  varie  frecce  non  par  che  d  altronde 
voglia  desistere  dall  inìrapresa ,  mentre  procura  di  ritenere  Latona. 
Ella  è  velata  del  suo  credemnon  che  sembra  voler  lasciare  onde  li- 
iierarsi  da  Tizio  n  . 

Qui  1  interpetre  osserva  che  tutte  le  circostanze  espresse  in  que- 
sta composizione  sono  talmente  conformi  alla  descrizione  d  Apollonio 
Rodio  ,  che  direbbesi  avere  avuta  il  poeta  sotto  gli  occhi  questa  pit- 
tura 2.  Anche  Nonno  il  Panopolita  ^  e  Suida  4  narrano  le  cose  medesi- 
me .  Osserva  parimente  che  al  merito  d'un  soggetto  nuovo  nell  an- 
tichità figurata,  e  che  può  contribuire  a  dar  luce  ad  un  mito  s\  ce- 
lebre, questa  pittura  unisce  anche  quello  di  una  gran   bellezza  d  inven- 
zione e  d  esecuzione,  per  cui  lo  giudica  eseguito    tra  gli  anni  f\ho  e 
4oo  avanti  l'era  cristiana,  mentre  1'  arte  a  quell'epoca  sebben  fosse 
giunta  al  più  elevato  gi-ado  di  perfezione  rapporto  alla  nobiltà  e  di- 
gnità di  composizione  ,  pure  tuttavia  conservava  qualche  resto  di  du- 
rezza e  rozzezza  nel  disegno  ch'erano  i  caratteri  distintivi  deli  arte 
anteriore  a  Fidia  . 

Passa  quindi  1  autore  a  ragionare  del  ritrovamento  del  vaso  e 
de  molti  più  che  scoprironsi  a  Vulcia  e  nel  terreno  delle  sue  vici- 
nanze ;  dichiarando  che  dagli  scrittori  antichi  i  più  degni  di  fede  ab- 
biamo saputo  .  e  colla  scoperta  di  questi  vasi  ci  vien  confermato  , 
che  la  maggior  parte  del  paese  posto  fra  1  Tevere  e  l'Arminia  fu  occu- 
pato da  colonie  greche,  le  ({uali  vi  han  portate  e  conservate  per  più 

I    Ad  V.  4-  3   Dionys    ,  lib.   ii,  t'.   So^,  sq. 

a   Lib.   1,    r.   7^9-761.  4  ^  "c.  Titjo;. 


TAVV.     XLV,    E    \LM  .  83 

secoli  la  religione,  i  cosluiiii.  le  arti  e  la  lingua  della  madre -nalria. 
Ora  io  interrogherò  il  nostro  A.  come  dovremo  pensare  in  rapporto 
a  Chiusi,  Arezzo,  Perugia,  Nolterra,  nel  quor  dell  lùriiria,  ove  si  tro- 
vano vasi  che  hanno  pitture  d  iiu  merito  non  inferiore  a  quelle  dei 
vasi  Volcenti, e  d'uno  stile  medesimo? 

Prosegue  il  dotto  espositore  a  ragionare  sulle  anzidette  colonie, 
la  cui  posizione  in  riguardo  agli  Umbri  ed  altri  popoli  che  occupa- 
vano il  paese  avanti  la  lor  venuta,  era  precisamente  <|iiella  slessa  delle 
città  greche  fondate  sulle  coste  della  Sicilia  e  della  Magiia-Grecia.  in 
faccia  ai  barbari  dell  interno;  o  secondo  un  paragone  recato  de  tem- 
pi moderni ,  come  gl'Inglesi  nelle  Indie  o  gli  Spagnuoli  nel  Messico 
respeltivamente  ai  naturali  di  quelle  contrade . 

TAVOLA    XLVI. 

Nella  bella  collezione  di  antichi  monumenti  spettante  al  Gentil -uo- 
mo Samuele  Rogers  a  Londra,  si  trova  un'antico  vaso  dipinto  pro- 
veniente dagli  scavi  d'Agrigento,  il  quale  presenta  il  soggetto  me- 
desimo del  già  descritto,  ma  ne  son  variate  alcune  circostanze.  La 
azione  d'  Apollo  e  di  Tizio  son  quasi  le  stesse  nelle  due  pitture  ; 
ma  qui  Diana  accompagna  il  fratello,  armata  essa  pine  d  arco  e  fa- 
retra. Ed  in  vero .  secondo  Ferecide  '  ella  pure  impegnossi  nel  pu- 
nir Tizio  e  in  tale  occupazione  fu  rappresentata  sul  trono  d  Apollo 
e  nelle  offerte  votive  dei  Cnidii .  Si  dice  pertanto  che  da  tale  azione 
Diana  ebbe  il  nome  di  Tituoxtovo;  da  Callimaco  ^,  e  da  ciò  prese  ori- 
gine inclusive  la  favola  presso  qualche  scrittore .  che  1"  attentato  di 
Tizio  fosse  usato  contro  di  lei  ^. 

Qui  l'azione  di  Latona  è  diversa  da  quella  dell'altra  tavola.  Essa 
contempla  quanto  accade,  e  par  che  animi  il  figlio  alla  vendetta.  Questo 


i    Ap.  Appollod.   1.  I  ,  cap.   iv  ,    i  .  3  Euphroion  ap.  Schol.ApoIl.  Rhod., 

Schol.  Pindar  Pyih.  iv,  v.    i6o.  1.  i,  v.    i8i. 

2  Hymn.  in  Dian.  v.  4o. 


84  DEI    VASI    FITTILI 

è  quanto  ha  scrino  il  cultissimo  M.  J.  Millingen  riguardo  alla  pit- 
tura della  Tavola  presente,  che  nel  trasportai-la  ho  ridotta  più  pic- 
cola, traendola  dal  volume  li  degli  annali  dell'instituto  di  corrisj  on- 
denza  archeologica    '. 

Lo  stile  di  questa  pittura  pare  da  giudicarsi  di  un'epoca  evi- 
dentemente posteriore  a  quella  nella  quale  fu  dipinto  il  soggetto  me- 
desimo eh  esposi  alla  Tavola  antecedente.  Le  azioni  ormai  divenule 
più  fredde  pare  che  ranmientino  soltanto,  senza  più  istruire  dell  ac 
caduto  chi  osserva.  Le  parti  de'nudi  non  sono  altrimenti  segnale  ui 
modo  che  sporgasi  pei-  esse  com'è  rostituito  un  corpo  umano  .  ma 
vi  si  vedon  soltanto  quei  segni  che  distinguon  l'uomo  nudo  dall  uo- 
mo vestito  di  panni.  Cosi  dovevasi  operare  dopo  che  l'occhio  dello 
spettatore,  veduto  un  accemio  di  ciò  che  voleasi  esprimere,  conce- 
piva colla  mente  ogni  restante  per  mezzo  di  paragoni  di  tanti  e  tan- 
t'altri  soggetti  fin  allora  veduti,  né  più  curava  il  bello  venuto  a  vi- 
le per  essersi  abbondantemente  moltiplicato  . 

TAVOLA     XLVII. 

Era  Giove  innamorato  di  Semele ,  e  la  gelosa  Giunone  volendo 
rovinare  la  sua  rivale  prese  la  figura  d  una  familiare  di  quella  gio- 
vane principessa^  persuadendola  dell'onor  grande  che  sarebbe  per  lei, 
se  Giove  andasse  a  visitarla  con  quella  pompa  e  quella  maestà  con 
cui  andava  a  visitare  Giunone  .  Sedotta  Semele  da  quel  maligno  pro- 
getto, volle  a  forza  da  Giove  una  grazia  che  far  doveva  la  di  lei  ro- 
vina. Quindi  è  che  Giove  se  le  presentò  davanti  armato  del  tuono, 
e  della  folgore  ,  ma  non  potendo  Semele  resistere  allo  splendore  di  tan- 
ta gloria,  si  sconciò  e  mori.  Cosi  Diodoro  narra  questa  favola  ^. 
ApoUodoro  poi  dice  ^,  che  non  potendo  Giove  ricusare  all'insistenza 
di  Semele  questa  grazia ,  entrò  nel  di  lei  palazzo  sopra  d'un  carro 

I   Cahier,  u,  i  Monumenls,  p.  aSo.  3  Lib.  iii. 

3  Lib.  vm,  cap.  34- 


TWV.     XLVII,    E    XLVIII.  85 

circondato  dai  lampi  e  col  fulmine  in  mano.  (Irede  1  inlerpetre  che  que- 
sta Tav.  rappresenti  Giove  nel)  allo  di  andare  in  tal  guisa  a  trovar  la 
sua  amante.  Il  suo  volto  non  gli  mostra  un  Dio  sdegnato,  ma  piuttosto 
un  fortunato  amatore  che  anticipa  ([uel  piacere  che  lo  inebrierà  in  brac- 
cio <lcdla  sua  bella;  egli  è  coronato  del  mirto  sacro  a  Venere.  Fu  trova- 
lo questo  vaso  a  s.  Agata  de'Goli,  che  vien  creduta  l'antica  Sali- 
cola  de'Sanniti  . 

Questa  interpetrazione  che  alla  Tavola  presente  aggiunse  l'Ilalin- 
ski  ',  parte  secondo  me  da  un  principio  Icnulo  fermo  da'primi  in- 
terpelri  di  queste  pitture,  consistente  nel  credere  che  vi  fossero  elìi- 
giate  nude  favole  degli  antichi  pagani.  Oia  che,  mediani^  l'osserva- 
zione portata  dal  cultissirao  sig.  prof.  Gerhard  sopra  migliaia  di  vasi 
dipinti,  sentiamo  da  lui  stesso  che  gli  argomenti  della  favola  com- 
pariscono inferiori  d'assai  a  qued  altra  fatta  ^  .  mi  permetto  qui  di 
avanzare  il  supposto  che  in  questo  vaso  rappresentisi  piuttosto  la  fi- 
sica allegorìa  del  passaggio  del  sole  dai  segni  inferiori  ai  superio- 
ri del  zodiaco,  mediante  la  finzione  della  caduta  dei  Giganti  ful- 
minati da  Giove  ^  .  In  fatti  più  monumenti  che  ra]ìpresentano  una 
tal  finzione  mostrano  il  dio  fulminigero  su  d  un  cocchio  tirato  a  quattro 
cavalli  4 ,  e  non  mai  con  questo  treno  presentarsi  a  Semele  ^  . 

TAVOLA     XLVm.  >      . 

ce  Mi  pare  che  in  questa  Tavola,  dice  il  suo  espositore,  si  rap- 
presenti qualche  circostanza  della  festa  di  Bacco  chiamata  trieterica, 
la  qual  celebravasi  di  primavera  in  Atene ,  e  che  facea  parte  delle 
feste  urbiche  o  grandi  dionisiache.  Queste  erano  state  istituite  |da 
Bacco  medesimo  In  memoria  del  ritorno  della  sua  spedizione  alle  In- 

i   Pitture  di  Vasi  antichi    posseduti  ni  ,  Rapporto  Volcente  pag,  34  . 

da  S.  E.  il  cav.  HamiltoD. ,  toni.  3  Monum.  etr.  ser.  i,  p.  ^\i, 

I,  tav.  XXXI.  4  Ivi,  ser.  vi  tav.  L4,  num.   i. 

a  Gerhard,  Annali  dell' institulo  di  5  Ivi  ,  ser.  ii,  tav.  xvn. 
corrispondenza   archeologica  ,  voi. 


86  DEI    VASI    FITTILI 

die.  che  aveva  durato  tre  anni.  Vedesi  dipinto  egli  stesso,  monta- 
to sulla  pantera  con  una  corona  sulla  testa  come  ha  quella  donna 
che  porla  le  faci  .  Il  vaso  tenuto  dal  Fauno  rammenta  con  la  sua  gran- 
dezza quello  in  cui  beveva  sempre  Bacco  dopo  la  conquista  delle  In 
die  .  Mario  il  qual  pretendeva  di  paragonare  le  sue  vittorie  a  quelle 
di  Bacco,  allettava  di  bevere  a  un  vaso  grandissimo  dopo  i  trionti 
da  esso  ottenuti  per  aver  soggiogato  Giugurta,  i  Cimbri,  ed  i  Teu- 
toni ».  Cosi  l'Italinski  nell'interpetrare  le  pitture  de  Vasi  antichi  pos- 
seduti dal  cav.  Hamilton ,  alla   XLIII   Tavola  del  Tomo  II  . 

S'io  peraltro  dovessi  disputare  su  di  questo  monumento  ,  diiei  che 
non  già  lina  particolar  circostanza  vi  si  rappresenti  della  festa  di  Bacco 
nominata  trieterica,  mentre  io  non  credo  che  vi  si  facesse  veder  Bacco 
nudo  e  con  clamide  cavalcando  una  tigre,  e  molto  meno  un  satiro 
col  naso  simo.  e  la  coda  ai  reni ,  che  senza  indossar  veste  alcuna  ha 
sul  braccio  semplicemente  una  nebride  ,  portando  in  mano  un  gran 
vaso ,  ma  piuttosto  siasi  voluto  rammentare  in  genere  gli  onori  che 
prestavansi  a  Bacco;  ed  ove  per  via  d  esempio  nella  famosa  pompa 
d  Alessandria  ordinata  da  Tolomeo  Filometore  e  descritta  da  Calisse 
ne  si  portava  una  grande  statua  di  Bacco  ricca  d'oro  e  di  porpora, 
e  comparivano  anche  tigli,  pantere,  e  leopardi,  e  si  vedeva  inclu- 
sive un  immenso  vaso  d'  argento  adattato  su  d  un  carro  a  quattro 
ruote,  portato  da  seicent Uomini ,  e  torcie  che  bruciavano  al  carro  di 
Nisa  ,  e  gruppi  di  satiri  vestiti  di  porpora  e  coronati  di  pampini  di 
oro  :  apparato  assai  proprio  per  una  processione  reale;  qui  nella  pit- 
tura  vuoisi  onorare  il  nume  rappresentandolo  non  già  vestito  di  por- 
pora che  in  pitture  monocromate  non  ha  luogo  ,  ma  facendo  pompa 
del  nudo,  capricciosamente  atteggiandolo  su  duna  tigre,  perchè  gli 
fu  sacra ,  né  vi  si  omise  il  gran  vaso  che  non  ai  secent'uomini  è  con- 
segnato, ma  bensì  a  nerboruto  e  nudo  satiro  che  fingesi  caudato  nei 
lombi,  e  col  naso  simo,  e  con  modi  convenienti  tanto  ad  una  pittu- 
ra ,  quanto  sconverrebbero  alla  realtà  della  rappresentanza,  quantun- 
que si  la  pompa  alessandrina  or  descritta,  e  sì  la  pittura  di  questo 
vaso  nel  respettivo  lor  genere  mostrano  il  cuUo  di  Bacco.  Nulla  dirò 


TAVV.    XLVIII,    E     XLIX.  ^  7 

Jella  donna  che  ha  face  in  mano,  per  esser  si  nolo  che  le  baccani! 
han  sovenle  in  mano  le  faci  come  emblemi  di  luce,  volendo  signifi- 
car la  luce  diurna  e  notturna  alla  quale  presiede  il  lor  lume  solare, 
che  sotto  ffuest"  aspetto  si  fa  perciò  prolettore  dei  iiioili ,  per  ciù , 
cred'io.  tanti  vasi  riposti  nelle  lor  tombe  hanno  piuure  che  rammenlan 
gii  onoii  prestali  a  Bacco  .  - 

TAVOLA     XLIX. 

Una  delle   imprese   di  Teseo  è  il  soggetto  di  quesla  rappresen- 
tan/,a  .  Ognun  sa  eli   egli  ambi  a  dilficili  imprese,   e    1  assenza   d  Er- 
cole suo  parente  dette  occasione  al  giovine  eroe  di  esercitare  il  suo 
valore  nel  reprimere  que'masnadieri   che  infestavano  il  Peloponneso. 
Raccontasi  particolarmente   che  s^  eran   costoro   stabiliti  nell   ismo  di 
Corinto,   dove   forzavano  i  viaggiatori  che  andar  volevano   da  Troe- 
zene  a  quella  città,  ove  i  giuochi  pubblici   richiamavano  tanti  slra  - 
nieri.  e  di  là  in  Alene,  d  imbarcarsi   al  golfo  Saronico.  Teseo  liberò  i 
suoi  cittadini  di  tale  necessità,  e  fu  questo  il  primo   titolo  col  quale 
ottenne  la   venerazione  degli  Ateniesi,  e  per  cui  si  vede  rappresenta- 
to in  queste  stoviglie  .   E  da  rammentarsi   che  tra  que'  masnadieri  vi 
era  Sinide  iiglio  di  Polipomene  e  di  Silea,  il  quale  era  detto  anche  Pi- 
tiocampte  vale  a   dire  veneratore  di  pini  ,  perchè   soleva  con  la  sua 
forza  curvar  i  pini  fino  a  terra,  e  sfidava  quindi  i  passeggieri  a  rite- 
nerli come  lui  ;  ma  que'miseri  costretti  ad  accettar  la  disfida  appena 
preso  1  albero,  né  potendolo  tener  curvato  rialzavasi  con  impeto,  e 
portato  in  aria  chi  volea  ritenerlo  il  faceva  precipitare  per  la  caduta  '. 

Noi  qui  vediamo  il  barbaro  Sinide  di  ben  robusta  complessione, 
barbato  e  nudo  con  la  corona  di  pino  in  testa  .  Teseo  ha  indossata 
la  clamide  qual  viandante  con  petaso  in  capo,  e  la  corona,  ed  armato 
di  spada  e  doppia  lancia.  Fra  i  due  personaggi  è  l'albero  che  dette 
soggetto  alla  disfida,  e  ne  ritengono  un  ramo  per  ciascheduno.  Ma 

1  Apollodor. ,  Dibliol.  ,  lib,   ni,  chap.   xyi,  $2.  ,    . 


88  DIil    VASI    IITTILI 

siccome  Teseo  polette  inlìiie  riteneie  un  ramo  dei  più  Imii^lii  di  (piella 
pianta,  cosi  a   tenore  della  dislida  Sinide  resto  il  soccoiubeiile  . 

Ma  chi  è  colui  che  assiste  alla  gara?  <)uesti  è  NeLtuuo  Istinio  cioè 
protettore  di  quell'ismo  dov  eia  in  modo  sjieciule  onoralo  ,  e  dove 
aveva  un  celebre  tempio  '  .  Nettinio  infatti  si  mostrò  sempre  pro- 
tettore di  Teseo  in  riconoscenza  d  aver  purgate  le  spiagge  maritti- 
me dai  briganti  che  le  infestavano  :  d'  altronde  le  tradizioni  degli 
Ateniesi  recavano  che  Nettuno  era  padre  di  Teseo,  per  cui  dai  Trez- 
zeni  era  onorato  con  un  culto  particolare.  Il  di  lui  manto  amplissi- 
mo ,  non  dilferisce  da  quel  di  Giove ,  ma  ne  dillerisce  la  barba  che 
in  lui  si  vede  prolissa  e  non  accomodata  con  arte  .  Ha  in  capo  per 
quanto  seuibra  una  corona  di  pino;  attributo  clie  lo  caratterizza  al- 
tresì come  dio  protettore  dell  ismo  dov'eran  questi  alberi,  ed  in  ono- 
re del  ([ual  nume  Teseo  ristabilì  quei  giuochi  ivi  da  lui  celebrati, 
dopo  aver  loro  data  una  nuova  forma  .  In  vece  del  tridente,  Nettu- 
no ha  lo  scettro,  il  quale  conviene  a  tutti  gli  Dei,  né  il  dio  del 
mare  ha  bisogno  qui  d'un  suo  particolare  attributo,  mentre  fassi  ba- 
stantemente noto  per  l'azione  alla  quale  assiste. 

Questa  bella  pittura  fu  pidiblicata  dal  Millin  ^  .  il  quale  fa  parola 
di  altri  due  uguali  soggetti  dipinti  nei  vasi  fittili  pubblicati  da  altri  due 
dilferenti  archeologi  ,  e  nel  tempo  stesso  egli  fa  la  seguente  questione  . 

«  Sarebbe  desiderabile  die' egli,  di  sapere  perchè  fu  dipinto  un 
tal  soggetto  in  questo  vaso?  Il  Boettiger  descrivendo  il  soggetto  me- 
desimo, eh' è  dipinto  in  un  vaso  della  seconda  raccolta  Hamlltonia- 
na  ha  espressa  una  opinione  molto  ingegnosa  ;  mentrechè  nulla  aravi 
di  più  sacro  presso  gli  antichi  dei  doveri  d'ospitalità  ^,  e  che  la  morte 
soltanto  era  la  giusta  punizione  di  colui  che  osava  manomettere  un 
forestiero  che  dovea  riguardare  come  un  essere  inviato  dai  numi , 
pensa  che  questo  vaso  abbia  potuto  esser  destinato  a  decorar  la  sala 

1  Pausan  ,   lib.   ii  ,  e   i,   Slrab,   lib.  i,  PI.   xxxiv  . 

vili  ,  §   2,    3.  3    Homer.,  lliad.  I.  ni,  f.  33i.  Od)55, 

2  Peinlures  de   Vases  antiqiies  vul-  lib.   1^,1;.   ajo. 
gaitemeal  appeics  étiusques,  Tom. 


TAVV.     XLIX,    E    L.  89 

(1  un  uomo  ch'era  incaricato  di  esei'cilare  1  ospitalità  verso  i  parti- 
colari o  verso  le  intiere  città.  Ma  il  Millin  vi  sostituisce  la  riHessione 
che  i  tre  vasi  conosciuti  finora  avrebbero  avuto  1'  uso  medesimo;  quin- 
di si  dispone  a  pensare  che  attesa  la  rappresentanza  del  supplizio  dei 
crudel  Sinide.  coloro  che  fecer  fare  que'  vasi,  vollero  piuttosto  pro- 
vare il  rispetto  che  avevano  pei  dritti  d'  ospitalità,  dichiarando  taci- 
tamente col  mostrar  questo  soggetto,  eh'  eran  disposti  a  punir  colla 
morte  l' infame  che  oserebbe  di  lederla,  e  che  han  voluto  chiudere 
con  essi  nel  sepolcro  questa  pittura  che  rammentava  continuamente 
quel  sacro  dovere. 

Il  mio  sentimento  sarebbe,  che  prima  di  ammettere  un  tal  sup- 
posto, sarebbe  necessario  di  esaminare  se  veramente  gli  antichi  eb- 
bero questo  spirito  di  moralizzare  nella  esecuzione  di  questi  oggetti 
d'arte?  A  me  venne  fatto  di  provare  incontrario  air  occasione  d'in- 
terpetrare  i  monumenti  sepolcrali  degli  Etruschi,  e  sepolcrali  direi 
quasi  ancor  questi  vasi  fittili  dipinti  che  si  trovano  sepolti  coi  cada- 
veri; né  crederei  che  reputasser  giovevole  il  rammentare  ad  un  morto 
ciò  che  avrebbe  dovuto  far  da  vivo.  Piuttosto  crederei  che  Teseo  co- 
me soggetto  di  favola  solare,  fosse  ammesso  a  santificare,  o  patroci- 
nare queir  estinto  inizialo,  il  quale  credeva  che  dopo  morte  eragli 
destinato  un  luogo  di  luce  pel  suo  spirito,  quantunque  il  corpo  re- 
stasse nelle  tenebre  ,  e  in  questa  sua  sperata  luce  dovean  le  anime 
secondare  il  corso  del  sole,  di  cui  Teseo  esser  doveva  uno  dei  nu- 
merosi rappresentanti. 

TAVOLA    L. 

L'  oracolo  avea  predetto  che  Laio  re  di  Tebe  dovea  perire  per 
le  mani  del  figlio  suo.  ed  egli  per  evitare  una  tal  disgrazia  fece  e- 
sporre  il  fanciullo  nato  da  Giocasta  sua  moglie  ;  ma  fu  raccolto  quel- 
r  esule  orfanello,  e  allevato  col  nome  d  Edipo.  Fatto  adulto,  e  bra- 
moso di  sorte  propizia  ne  interrogò  1'  oracolo  di  Delfo  ,  ma  n'  ebbe 
in  risposta,  ch'egli  avrebbe  ucciso  suo  padre  e  sposata  sua  madre. 
Vas.   r.  I.  11 


go  DEI  VASI  urriLi 

J^er  evitar  questa  iloj)pia  sciagura  Edijo  sfiigi^iva  (^oiiulo  ehr  cre- 
deva sua  pallia,  ma  incontratosi  in  Laio  che  andava  pariint-nte  a  Del- 
fo, ed  essendo  nata  contesa  tra  esso  e  lo  scudiere  del  re,  egli  ammazzò 
lo  scudiere  ed  il  re,  e  s'incamminò  a  Tebe,  dove  arrivò  nel  momento 
che  i  contorni  di  questa  città  eran  desolati  da  un  mostro  col  no- 
me di  Sfinge  .  Questo  mostro  ])roponeva  ai  passeggieri  un  enigma 
e  chi  non  lo  indovinava  era  ucciso  da  lei.  Per  giungere  a  liberar  Te- 
be da  un  vicino  si  formidabile,  Creonte  avea  dichiarato  die  il  vin- 
citore della  Sfinge  avrebbe  ottenuto  il  trono  e  la  mano  della  vedo 
va  Giocasta.  Edipo  andò  in  traccia  del  mostro,  indovinò  1  enigma  . 
vide  la  Sfmge  precipitarsi  dall' alto  di  una  rupe  perla  vergogna  delia 
[)ropria  sconfitta,  e  cosi  meritò  la  mano  incestuosa  della  ignorala  sua 
madre. 

Questa  tavola  rappresenta  Edipo  davanti  alla  Sfinge,  ed  è  pittura 
che  vedesi  tra  quelle  della  seconda  raccolta  amiltoniana  alla  tavola 
XXIV  del  tomo  II.  E  poi  da  notare  che  non  di  rado  le  favole  stesse 
che  scolpite  si  vedono  sulle  urne  cinerarie  ,  si  ritrovano  anche  nei 
vasi,  e  SI  le  une,  che  gli  altri  stanno  a  decorare  i  sepolcri  dei  facol- 
tosi. Di  questa  favola  citerò  in  esempio  varie  urne  etrusche  da  me 
in  altr'  opera  pubblicate   '  . 

TAVOLA    LI. 

Per  quanto  sembri  a  prima  vista  replicato  più  volte  il  monumen- 
to qui  riprodotto  ,  pure  dev'  esser  nuovo  a  chi  non  ha  sott'  occhio 
1  edizione  dei  vasi  dipinti  pubblicati  dal  Millin,  poiché  le  altre  repli- 
che sono  incomplete  ,  ed  a  trar  profitto  di  questo  studio  conviene 
aver  campo  d'esaminare  tutto  il  dipinto  di  ciascun  vaso  per  quanto 
e  possibile  .  Io  pure  ne  detti  una  parte  ed  in  assai  piccola  dimen- 
sione pubblicando  la  Galleria  omerica  ;  e  in  quella  occasione  volli 
notare  quanto  era  stato  fatto  relativamente  al  vaso  che  questa  pit- 

1   Monum.  etruschi,  ser.  i,  tavv»   lxvu,  Lxvm- 


TAVOLA    LI.  91 

tura  contiene  '  ,  talché  sarà  inutile  che  qui  lo  ripela  .  e  solo  dirò 
alcuna  cosa  circa  il  significato  della  rappresentanza  che  in  questa  tavo- 
la si  contiene  . 

Vi  si  vede  Acliille  assiso  e  vestito  di  semplice  clamide,  lenendo 
in  una  mano  uno  degli  schinieri  nuovamente  da  Vulcano  eseguiti  . 
e  portando  l'altra  alla  spada,  come  se  mostrasse  ai  compagni  il  do- 
no felice  di  quell'armatura,  che  l'avrebbe  reso  più  formidabile  ai  suoi 
nemici.  Davanti  a  lui  sta  Ulisse  caratterizzato  dal  pileo  o  caj)pelIo  che 
ha  in  testa  ,  mentre  da  alcuni  si  è  rappresentato  col  solito  suo  ber- 
retto e  cinto  il  capo  da  un  ramo  d^olivo  '  .  Ulisse  è  dit'atti  un  de'Gre- 
ci  che  vennero  ali  assemblea  convocala  da  Achille,  onde  liaccende- 
re  più  vigorosamente  la  guerra  '.  Suppone  il  Millin  il  più  ampio  illu- 
stratore di  questa  pittura  4  che  presso  Achille  vedasi  Aulomedonte  di 
lui  cocchiere  ,  il  quale  mostrandogli  lo  scudo  ,  lo  incita  ad  uscire  in 
campo  a  combattere  ,  facendo  in  tal  circostanza  l'uflizio  di  scudiere  ^. 
L'eroe  situato  dietro  d'Ulisse  è  creduto  Agamennone  che  alza  la  mano 
in  segno  di  riconciliazione  con  Achille  ^.  Il  VVinkelmann  che  pubbli- 
cò una  tal  pittura  ,  suppose  che  potesse  essere  piuttosto  Fenice  " , 
ma  il  Millin  trova  necessaria  la  presenza  di  Agamennone  in  quest  as- 
semblea ^.  Credesi  Diomede  Taltro  eroe  che  si  vede  assiso  più  al  bas- 
so ,  perchè  nominato  da  Omero  9,  e  la  sua  positura  sede*ite  giusti- 
fica il  di  lui  stato  di  ferito  come  Ulisse  '°, 

Nel  piano  inferiore,  è  Teti  assisa  su  d'un  ippocampo,  recando  un 
pezzo  d'armatura  al  suo  figlio,  e  consiste  in  una  corazza  eseguita  di 
fino  metallo  "  e  perciò  nel  vaso  rappresentata  di  color  bianco.  Una 
Nereide  che  seguiva   la  sorella,  ora  l'attende  al  lido  del  mare  ,  ove 


I   Galleria  Omerica    Voi.   11  ,  tavola  5  Virgil  Aeneid.   I.  u,  v.  477- 

cLxx,  p.    loo.  6  Homer.  cit.  r.  91. 

a   Millin,  Galleria   Mitologica  Tom.  7  Winkelmann,  Monum.  ined.  nuni. 
Il,  tav.  CLX  i3i. 

3  Homer.  Iliad.  I.   xix,  if.  4>-  8  Homer.  cit.,   p.   ^i. 

4  Millin  Peinturjs  de  Vases  antiques  9  Loc,  cit. 
vulgairement  appelés  étrusques  T.  10  Homer  cit.  v.  ^g. 

I.  PI.  XIV,  p.  So.  11   Homer  Iliad.  1.  xviii,  v.  609. 


C)1  DEI    VASI    FITTILI 

Teli  rabbandonò  per  andare  a  Vulcano  '  .  11  Passeri,  che  spiegò  an- 
ch'esso il  presente  soggetto,  vi  ravvisava  l'apoteosi  d^Achille  ^,  ma 
non  v'è  cosa  che  abbia  rapporto  secondo  lui  coi  detti  d'Omero,  sic- 
ché resta  inutile  il  riportarlo.  Il  Winkelmann  1'  avea  spiegato  quasi 
come  il  Millin,  se  non  che  giudicava  un  Vulcano  colui  che  ora  si  è 
dato  per  Ulisse  . 

TAVOLA     Ln. 

Il  Millin  ebbe  cura  di  adunare  ogni  parte  delle  pitture  di  que- 
sto rinomato  vaso,  dal  che  apprendiamo  che  nella  parte  anteriore  , 
dov'è  figurato  Achille  si  vede  nel  collo  una  quadriga  come  la  vedia- 
mo in  questa  Tavola ,  ciò  che  mancò  di  fare  il  Passeri  sostituendo- 
vi altra  pittura  '  .  Io  credo  esser  di  non  lieve  importanza  il  cono- 
scere tutta  la  composizione  del  vaso,  onde  trarne  conseguenze  a  co- 
gnizione d'  altri  monumenti  analoghi  .  Il  Millin  spiega  francamente 
il  soggetto,  dicendo,  che  il  collo  del  vaso  è  decorato  della  figura  del 
sole,  la  cui  testa  è  radiata,  ed  i  cui  cavalli  attaccati  ad  un  curvo  ti- 
mone sono  alternativamente  gialli  e  bianchi.  Quindi  soggiunge  la  se- 
guente osservazione  :  «  al  di  sotto  è  un  animale  di  pie  fesso,  il  cui 
pelame  a  fiocchi  sembra  macchiato  :  non  sarebbe  egli  forse  il  segno 
dell'  Ariete,  o  quel  del  Capricorno  4  ? ,,  Se  dunque  vorremo  stare  a 
rigore  di  forme,  diremo  che  quell'  animale  non  ha  le  forme  che  so- 
glionsi  attribuire  al  segno  celeste  del  Capricorno,  ma  bensì  dell'A- 
riete. Or  chi  non  sa  che  il  passaggio  del  sole  pel  segno  dell'Ariete, 
come  qui  è  chiarissimo,  indica  l'equinozio  di  primavera,  quando  fa- 
cevansi  le  piccole  coinmeniorazioni  dei  morti?  o  piuttosto  solenniz- 
zavansi  le  feste  di  gioia,  ove  si  considerava  il  ritorno  dell'  anima  verso 
gli  Dei,  mentre  reputavano,  come  dice  Sallustio  il  filosofo  ^  da  me 


I   Ivi,  V.   i45.  4  Millin,  Peintures    de  Vases  anti- 

a   Passeri  Piciurae   etiuacor.  in  Va-  ques  etc.  Voi.  i,  PI.  xv,  p.  33. 

sculis,  lab.  Liu,  5  Sallust.  cap.  iv,  p.  Hi. 

3  Passeri  cit.  (ab.  cclxviu. 


TAVOLA     LII.  gS 

altrove  citalo  '  ,  che  la  siiperiorit  i  ripresa  dal  principio  della  luce 
sopra  ffiiello  delle  tenebre,  o  dal  giorno  sopra  la  notte,  era  1'  epoca 
la  pili  favorevole  alle  anime  che  tendono  a  risalire  verso  il  lor  prin- 
cipio. Il  giovane  che  guida  i  cavalli  ha  1  abito  in  un  costume  ugua- 
lissinio  agli  anrighi  di  molte  altre  rappresentanze  dell'  arte  antica  ', 
talché  potremmo  dire  anche  questo  esser  l'auriga  celeste  che  precede 
lo  spuntar  del  sole  nell'equinozio  di  primavera  e  si  nomina  cocchiere 
del  sole.  I  due  genietli  alati,  che  vedonsi  lateralmente  alla  composi- 
zione, versando  libazioni  e  porgendo  corone  lungi  dall' offrire  ai  ca- 
valli collane  di  perle,  e  dal  versar  nettare  per  oil'rirglielo,  onde  raf- 
frescarli nel  corso  loro,  come  ha  supposto  il  Millin  ^  ,  credo  piut- 
tosto che  rammentino  le  otferte  di  libazioni  e  corone  frequentate  nelle 
feste  de'  piccoli  misteri,  che  facevansi  nella  primavera,  perchè  allora, 
come  narra  Giuliano  Agostata,  il  dio  Sole  presente  nelle  nostre  re- 
gioni richiamava  a  se  le  anime  come  i  gentili  credevano,  e  se  ne  mo- 
strava il  salvatore  i  . 

Rammentiamoci  ora  eh'  io  considerai  altrove  Achille  qual  nume 
solare,  che  dopo  essere  stato  neghittosamente  lontano  da' Greci  in 
tempo  dell'assedio  di  Troia,  giunge  il  tempo  eh' ei  depone  la  collera, 
si  slancia  nel  campo  di  guerra  e  fugato  ogni  avversario  salva  i  Greci 
e  tiionfa,  come  il  Sole  salva  le  anime  a  sentimento  del  gentilesimo  ^. 
Dunque  in  Achille  eh' è  dipinto  nel  vaso  stesso,  in  atto  di  riprender 
la  sua  attività  nella  guerra,  ad  oggetto  di  salvare  i  Greci,  noi  ve- 
diamo un'allusione  al  passaggio  del  sole,  allorché  prende  forza  dopo 
r  equinozio  di  primavera,  come  è  rappresentalo  nella  gola  del  vaso 
medesimo. 

La  parte  opposla  della  gola  medesima  porta  la  pittura  di  quegli 
ai'abeschi  ,  e  della  faccia  umana  che  sorte  dalle  lor  foglie ,  come  si 


t   Monum.  eir.  ser.  i,  p.  94.  4  Ju'ian-  O"'-  v,  p.   ijS,  sq. 

a  Ved.  p.   12,  e  Monum.  etr.  ser.  5  Inghirami,  Galleria  omerica  Iliade 

V,  p.   i38.  prefazione,  p.  xml 

3  L.  cit. 


94  DEI    VASI     FITTILI 

vede   in  copia  nella   tavola   presente,  ili  che  ho  ragionalo  anche  iillro- 
ve  in  quest'  opera   medesima   '  . 

TAVOLA    LUI. 

Su  questo  soggetto  non  saremo,  cred' io,  istruiti  mai  abbastanza 
men  che  per  mezzo  di  paragoni,  osservandone  molti.  Il  presente,  for- 
ma la  pittura  opposta  ali  altra  di  Achille  già  veduta  alla  tavola  LI. 
e  con  esso  unitamente  alle  antecedenti  due  tavole  abbiamo  sol  t'oc- 
chio quanto  fu  dipinto  in  un  vaso  che  ha  la  forma  stessa  di  quello 
che  è  qui  alla  tav.  XIX.  E  alto  tre  piedi  e  due  pollici,  ed  alla  sua 
forma  non  è  stato  finora  dai  moderni  assegnato  nome  nessuno  .  Ha 
esistito  gran  tenij  o  nella  libreria  vaticana,  ma  dove  ora  sia  non  lo  so. 
Ecco  quel  che  ne  dice  il  Millin  che  lo  illustrò  :  «  vedesi  nel  mezzo 
uno  stelo  sopra  una  ba-iC.  Accanto  v  è  un  uomo  che  consacra  una 
corona  e  una  donna  che  pi'esenfa  un  peplo  ed  un  grappolo  d'uva. 
La  stele  per  eswr  più  alta  delle  persone  che  vi  stanno  attorno  non 
potrà  dirsi  un  altare:  è  dunque  evidente  che  sia  un  sepolcro  d'uso 
antichissimo  presso  i  Greci,  e  de'  quali  fa  menzione  Omero  =  ».  In  fine 
per  estendere  la  sua  erudizione  sul  proposito  stesso,  aggiunge  che  gli 
steli  sepolcrali  han  servito  di  modello  per  le  mete  del  circo,  perchè 
in  antichi  tempi  si  celebravano  i  giiìochi  attorno  ai  sepolcri  ^  ,  né 
altrove  si  può  avere  una  più  giusta  idea  di  questi  steli  che  in  que- 
sta pittura  4  .  Io  son  d'  opinione  che  qui  siasi  idealmente  voluto  rap- 
presentare uno  stelo  ,  ma  nel  modo  che  rappresentar  solevansi  nei 
vasi,  come  tanti  vi  se  ne  vedono  dipinti  ^  .  Infatti  non  par  naturale 
che  vi  abbian  lasciato  stabilmente  un  vaso  sopra,  ne  che  gli  astanti 
al  cerimoniale  funereo  vi  si  portassero  nel  costume  che  qui  vediamo 


1  V^ed.   le  tavole  xn.   e  xix  5   Passeri.  Picture  eiruscor.  in  Vasc. 

2  Homer.   Iliad.  1-   xvi,  v    6j5.  i,   -29    11,  191,  193,  195.  ni,   261  . 

3  Galleria  omerica  ,  Tom.    n,  lav.                   Dempsler  De  Eiruria  regali   Tom. 
crxvii .  I.  lab.  xxvH.  HaDcarville  Tom.  1 , 

4  Millin,  1.  cit.  p.  32.  55. 


T\\  \  .     LUI  .     E      LIV   .  ip 

praticalo.  Quei  manli  clic  portano  in  mano  costoro,  mi  fan  credere 
esser  queste  non  già  reali,  ma  simboliche  persone,  il  cui  significalo 
intendevasi  dai  soli  iniziali.  D  ogni  altra  circostanza  di  tali  i-appre- 
sealanze  ho  parlato  altrove  abbastanza.  Qui  voglio  fare  osservare  che 
il  vaso  fassi  distinguere  j)er  sepolcrale,  atteso  che  oltre  la  rappresen- 
tanza d'un  sepolcro^  vi  si  trova  inclusive  al  di  sopra  1' elligie  del- 
1  anima  in  iin'zzo  alle  piante,  come  io  suppongo  '  ,6  dall'altra  parte 
il  sindjolo  del  tempo  di  sua  salvazione ,  e  la  favola  allegorica  di  esso 
tempo  nella  risoluzione  di  Achille  di  tornare  al  campo  a  salvare  i 
Greci. 

TAVOLA      LIV. 

Il  vaso  filliltì  a  forma  di  campana  che  qui  esibiamo^  fu  trovalo  a 
Bari  da  dove  passò  alla  collezione  Vivenzio.  In  seguito  passato  ad  ar- 
ricchire la  collezione  dei  vasi  del  Museo  Borbonico  è  slato  pubbli- 
cato nella  illustrazione  che  se  ne  fa  in  Napoli  ^  .  E  comune  la 
favola  rappresentatavi,  mentre  vi  si  riconosce  Teseo  che  abbatte  il 
toro  di  Maratona  ,  nel  tempo  che  una  Vittoria  scende  dall'  alto  ad 
incoronarlo  alla  presenza  di  Piritoo  e  di  Minerva  che  presiede  all'a- 
zione. Questo  avvenimento  accade  sul  lido  del  mare,  indicandolo  gli 
scogli  su  dei  quali  è  atterrato  il  toro,  e  le  onde  che  presso  i  medesi- 
mi sono  espresse,  accennandosi  così,  che  Nettuno  avea  mandalo  quel 
fiero  animale  a  devastare  il  sobborgo  di  Atene.  Minerva  fu  assistente 
ad  ogni  impresa  di  Teseo,  ond' è  che  l'Eroe  abbattuto  il  toro  tra- 
sportoUo  in  Atene  per  sacrificarlo  alla  sua  tutelare  divinità  .  Il  eh. 
Finali  3  che  fu  il  primo  ad  illustrar  questo  vaso  ci  dice  che  la  stella 
presso  la  lancia  di  Piritoo  è  creduta  dai  dotti  una  sfera,  come  sim- 
bolo di  ginnastiche  esercitazioni.  Io  credo  piuttosto  ch'essa  tenda  a 
rammentare  che  il  soggetto  è  allusivo  alla  costellazione  del  Toro,  che 


1   Ved.  tav-  xn  ,  e  sua   spiegazione  a  Voi.  viii,  tav.  xiii. 

e  lav.  LiiJ  3  Mus.  Borbonic.  cit ,  p.  4- 


^6  DEI     VASI    FITTILI 

vediamo  in  una  quasi  uguale  attitudine  nelle  persiane  rappresentan- 
ze di  Mitra,  ove  pure  facevasi  allusione  al  toro  di  primavera   '  . 

Relativamente  al  dipinto  nella  faccia  opposta,  ecco  quel  che  ne 
scrive  il  prelodato  Pinati  :  «  questi  dipinti  non  hanno  alcuna  rela- 
zione con  quelli  della  faccia  principale  nei  vasi,  esprimendo  subietti 
relativi  o  a'  misteri  dionisiaci,  o  a'  ginnastici  esercizi,  ma  nel  dipinto 
del  rovescio  del  nostro  vaso  ,  sebbene  una  delle  indicate  rappre- 
sentanze si  esprima  ,  noi  sottoponiamo  che  qualche  relazione  vi  sia 
col  dipinto  dell'  aspetto  principale  ;  poiché  vi  scorgiamo  espresso  un 
Atleta  nudo  con  mazza  in  mano  posto  fra  due  gerofanti,  o  ginnasiar- 
chi  che  siano,  il  più  vecchio  de'  quali  lo  incorona.  Presso  al  muro 
evvi  attaccata  una  stola,  la  quale  ci  mostra  essere  in  luogo  d'ini- 
ziazione, oppur  di  ginnasio  :  dal  che  potrebbe  inferirsi  che  il  nudo 
giovane  sia  lo  stesso  Teseo  che  dopo  la  riportata  vittoria  sul  toro  di 
Maratona  venga  ancor  coronato  dai  sacerdoti  de' bacchici  misteri  ai 
quali  era  iniziato,  oppure  da  ginnasiarchi  giusti  estimatori  del  merito 
dell  agilità  e  del  valore  ^  ». 

TAVOLA    LV. 

In  questa  pittura  vedo  un  soggetto,  che  molto  si  accosta  alla  fa- 
vola, che  del  furor  di  Licurgo  descrisse  Omero,  e  che  Nonno  pano- 
polita  ha  ripetuta  con  alterazioni  ed  aggiunte  notabili.  Io  vedo  per- 
tanto in  queste  immagini  Licurgo,  il  quale  gettata  a  terra  una  donna 
che  secondo  Omero  è  una  delle  nutrici  di  Bacco  (  v.  iSa),  vibra 
contro  di  essa  un  colpo  mortale  colla  scure  da  uccider  bovi  (  v.  i35  ). 
Dall'altro  lato  vedo  un  giovine  inerme  privo  di  sensi,  accolto  in  seno 
dalla  pietà  di  una  donna,  come  Omeio  pur  dice  che  Bacco  spaven- 
talo si  precipitò  nell  onde  del  mare,  e  cosi  fremente  fu  accolto  da 
Teli   sua  madie  nel  seno  (  v.    i  3f>  ). 

11  resto  della  composizione  spiegasi   colle  parole  di  Nonno,  senza 

1    Monuni.  eir.  ser.  v,  p.    i3o.  a  Finali  1.  cit. 


TAVOL\    LV  .  y7 

peraltro  scostarsi  gran  fatto  da  Omero.  La  donna  che  si  mostra  per 
metà  della  persona  in  alto  della  pittura,  quasiché  fosse  in  cielo  fia 
i  numi,  può  giudicarsi  la  Discordia,  che  sotto  le  forme  di  Cihele  com- 
parve in  sogno  a  Bacco,  per  incitarlo  a  marciare  contro  la  trace  fa- 
miglia '  di  Licurgo.  Questo  feroce  re,  lungi  dal  prestargli  ossequio,  lo 
spaventò  minacciandolo.  Di  ciò  si  crucciarono  i  numi,  come  dice  an- 
che Omero,  perchè  da  Giove  fu  reso  cieco ,  e  quindi  fatto  perire 
(  V.  i38,  139).  Di  questi  ultimi  avvenimenti  par  che  dia  conto  la  don- 
na alata,  probabilmente  Furia ,  perchè  ha  la  face  in  mano,  come  am- 
ministratrice  dell  ira  di  Giove  ^,  esercitandola  difatlo,  menti'e  si  ve- 
de che  dirizza  un  acuto  ferro  verso  gli  occhi  di  Licurgo  per  acce 
cario,  secondo  il  voler  di  Giove  .  Il  satiro,  che  sulle  piegate  ginocchia 
si  riposa  ,  e  guarda  con  indilierenza ,  par  che  dall  artista  sia  posto 
in  azione  soltanto  come  spettatore  meravigliato  di  quanto  accade,  co- 
me si  fa  manifesto  pel  gesto  di  portar  la  destra  verso  la  fronte  ,  come 
suol  fare  chi  cerca  di  vedere  ed  esaminar  qualche  cosa  da  lungi  , 
difendendosi  gli  occhi  dalla  soverchia  luce  che  vien  dall'alto:  gesto 
che  i  Greci  e  i  Latini  chiamarono  aposcopeuonta  ',  non  altro  signi- 
ficando che  fissar  meglio  lo  sguardo  su  qualche  oggetto  come  assai  dot- 
tamente ha  prosato  un  moderno  aicheologo  +  il  quale  ha  riportali  va- 
ri esempi  dei  seguaci  di  Bacco,  diseguati  o  descritti  nel  divisato  at- 
teggiamento ,  quasiché  indicassero  1'  ammirazione  loro  per  i  misteri 
del  nume,  di  cui  si  fecero  seguaci.  Credo  infatti  che  la  favola  di  Li- 
curgo fosse  misteriosa  per  gì' iniziati ,  com' io  dissi  esser  quella  di  Li- 
caone  ^ ,  di  Enomao ,  d  Edipo  e  di  vari  altri.  Noi  troviamo  pertanto 
nel  nome  greco  di  Licurgo  e  di  Licaone  qualche  analogìa  con  quel 
di  Lupo  :  costellazione  che  accompagna  il  sole  nel  suo  tramontare  in 
autunno,  unitamente  all'asta  appuntata  del  Cantauro ,  come  noi  ve- 


1    Nonn.,  Dlonys.,  lib.  ix,  i*.  35-45.  zur,  Erieuterung  der  Abbildungen 

3  Monum.   elr.   ser.  1,   p.   252.  aus  dem  classichen  Alierthutiie  fnr 

3  Plin. ,  Hist.   nat.  ,  lib.  xxxv  ,  cap.  studirende  und  Kanstfreunde      p. 
i-x,  36.  75. 

4  Boeiliger  ,    Archeologisches  Mus-,  5  AIoduiii.    elr.  ser.  1,  lav.  lx. 

Vas.   TI.  j5 


q8  DEI     VASI     FITTILI 

diamo  Tasta  meflesima  in  mano  della  Furia  che  accompagna  la  por- 
zione di  un  disco  raggiante  ,  dal  Zannoni  atlamenle  interpetrato  pel 
disco  solare  '  .  Quest  asta  maneggiata  da  una  divinità  infesta  priva 
Licurgo  della  luce  accecandolo,  come  il  sole  priva  dell'abbondanza 
dei  suoi  lucidi  raggi  la  terra,  ove  prevalgono  le  tenebre  dell'inver- 
no dall'  equinozio  in  poi .  Bacco  è  pi-ecipitato  nel  mare  da  Licurgo 
esprimente  il  tenebroso  influsso  della  costellazione  del  Lupo,  come 
Osiride  che  in  Egitto  teneva  luogo  di  Bacco ,  fu  gettato  nelle  acque 
da  Tifone,  cattivo  Genio  di  quella  regione  ^. 

V'é  inclusive  chi  ha  detto .  chela  finzione  di  Bacco  in  guerra  con 
Licurgo  allusiva  all'autunno  ,  abbia  origine  dall'aspetto  del  cielo,  nel 
quale  a  quella  stagione  si  vede  tramontare  il  sole  unitamente  alla  co- 
stellazione del  Lupo  ,  mentre  all'  opposto  sorge  ali  Oriente  Bacco  o 
il  suo  Toro,  accompagnato  dalle  ladi  sue  nutrici,  e  seguaci  ^.  Gli 
alberi  secondo  un  altro  scrittore ,  indicano  le  foreste  del  monte  Ro- 
dooc   4,  luoyo  della  scena. 

Questo  monumento  è  stato  da  altri  ^  interpetrato  con  qualche  va- 
rietà nei  particolari,  ma  nella  totalità  convengono  tutti  esservi  Licurgo 
sprezzalore  di  Bacco  e  del  suo  culto,  e  perciò  da  me  prescelto  ad  il- 
lustrare il  passo  d'Omero  sul  quale  ora  si  ragiona.  Il  vaso  è  attual- 
mente nel  B.  Museo  Borbonico  ^. 

TAVOLA    LVI. 

Se  nell'esporre  l'anterior  parte  del  vaso,  il  cui  dipinto  vedemmo 
nella  tavola  antecedente,  volli  dirne  il  mio  parere  a  fronte  di  quanto  da 
vari  altri  siane  slato  scritto,  nelTesporre  la  parte  posteriore  o  men 

i    Z^nooiìi.  1.  cit.,  p    19.  5   Iorio,  I.   cii.,  Zannoni,   I.   cit  ,  tav. 

s    Vtonum.Pir.,  spr    v,   p.  552.  1,  Millin{;pn  ,   Pcimures  (1p    Vasps 

3  Dupuis,  Relig.  univ.  Tom.   111,  eh.  grecs,   Piane.   1,   Millio  ,  Dpscript. 
VI,    p.  1^7.  de    Toaibeaux    de  Canosa,    p,  ^%, 

4  Torio,   R    Miis.   Borbonico   Galle-  net.   i. 

ria    Je    Vali  ,   pag.    6»  •  6  Iorio,   1.   cit. 


TAVOLA    IVI  .  99 

nobile  dipinta  nel  vaso  stesso  e  qui  rappresentala  non  mi  discostero  da 
quanto  11' è  slato  scritto  da'  valenti  archeologi.  r>ito  jiriinieiaiiiente  il 
canonico  Iorio  espertissimo  in  tali  materie,  ove  brevemente  accenna 
che  questa  pilliu-a  ha  correlazione  coHantecedenle  '  come  avea  già 
detto  il  eh.  Millingen  ^  convenendo  ambedue  che  ve  dipinto  Bacco 
con  parte  del  suo  seguito,  i  quali  fanno  una  libazione  agU  Dei  per 
gratitudine  della  vendetta  esercitata  sul  loro  nemico  .  H  Millingen  che 
più  si  estende  nella  illustrazione  di  questa  pittura  prosegue  a  dire  che 
Bacco  era  creduto  l''inventore  delle  libazioni.  Bacco  è  nel  mezzo,  as- 
siso e  nudo  all'uso  de'  numi .  Accarezza  una  piccola  pantera  che  ha 
sulle  ginocchia.  Al  disotto  del  nume  nel  davanti  della  composizione 
si  vede  una  cassetta  che  serve  di  tavola  .  menue  ha  sopra  ini  va- 
setto figuralo  in  rnt^lallo.  Un  altro  assai  più  grande  se  ne  vede  rove- 
sciato, e  dai  già  lodati  espositori  vien  supposto,  che  questi  due  >a- 
si  ricGi'dino  le  feste  plemocoe,  le  quali  celebra vansi  nel  nono  giorno 
delle  eleusinie.  In  esse  le  libazioni  si  facevano  con  due  vasi,  ed  il 
vino  che   si  versava   lo   era  in  onore  del  dio. 

Il  Millingon  chiama  engytheca  quel  piedistallo  sul  quale  è  posa- 
to il  gran  cratere,  ove  par  die  si  faccia  la  libazione  da  quella  figu- 
ra, ch'egli  nota  con  dlslin/.ione.  mentre  avendo  forme  femminili,  ha 
poi  la  capelliera,  e  le  funzioni  allidatele,  che  fanno  credere  piutto- 
sto che  lappresenti  Acruto  ,  o  Botro,  o  Stafilo  o  qualche  altro  fa- 
vorito di  Bacco,  mentre  Bacco  stesso  è  spesso  rappresentato  con  for- 
me e  con  abiti  femminili  ^.  Io  poi  non  so  come  quel  cratere  di- 
pinto a  similitudine  di  quei  che  si  trovano  nei  sepolcri  stia  poi  a  ri- 
cevere libazioni.  Mo4to  meno  saprei  dar  conto  di  quel  baccante  che 
vedasi  assiso  sulla  pelle  di  cerbiatto ,  ed  all'altro  che  si  affaccia  dal- 
l'alto col  solito  gesto  mistico  nominalo  aposcopeuont a  nella  spiegazio- 
ne antecedente,  né  saprei  dir  cosa  plausibile  neppur  della  donna  ivi 
presente  in  piedi  col  vaglio  in  mano.  Persisterò  dunque  nella  opi- 
nione che  qui  si  rappresentino  cose  mistiche  in  un  particol.tr  modo 

I    Iorio  ,  i.    cit.,  p     6'2.  vases   grecs,   pi.    u,   pag     3. 

%   PeiniurfS  antiqiies  et    inediles  de  3  ]l)iJ.   p.  4>  s<] 


lOO  DEI    VASI    F\TTILI 

convenuto  dagl'iniziati  e  prescritto  ai  pittori  de\asi  in  luogo  delle 
supposte  rappresentanze  di  feste  esegu  ite  realmente  tra  '1  paganesi  - 
njo;  mentre  di  esse  feste  non  so  ravvisarvi  figurato  che  il  tempo  median- 
te le  favole  sideree,  quale  appunto  accennai  esser  l'antecedente,  ove 
sotto  la  finzione  di  Bacco  in  guerra  con  Licurgo  poteva  intendersi  la 
stagione  d'  autunno  tempo  in  cui  si  faceva  la  commemorazione  dei 
morti  co'quali  seppelivansi  questi  vasi  . 

TAVOLA    LVII, 

Scorgesi  qui  la  vittoria  da  Bellerofonle  ripoilata  sulla  chimera  in  quel- 
la guisa  che  la  racconta  Omero  .  Ma  1'  interpetre  della  pittura  stessa 
eh'  io  qui  compendio  ci  avverte  che  il  serperile  portato  sul  fianco 
del  Pegaso,  essendo  un  simholo  proprio  d'Apollo  Dio  della  medicina, 
mostra  che  anche  gli  accessorii  più  piccoli  posti  su  questi  sacri  va- 
si non  sono  posti  senza  ragione.  Lo  scettro  in  mano  di  lobate  indi- 
ca la  sua  regale  autorità,  ed  è  probabile  che  quel  tralcio  d'ellera 
inforno  alla  manica  della  sua  veste  servisse  a  indicarlo  anche  sacer- 
dote di  Bacco,  essendo  nella  Grecia  i  regi  il  più  delle  volte  anche  pon- 
tefici. Bellerofontt^  ha  in  testa  il  cappello  quale  straniere  in  casa  di 
lobate.  Plutarco  ed  Igino  suppongono  che  Minerva  somministi'asse  a 
Bellerofonte  il  cavai  Pegaso.  Narra  Apuleio  d  aver  veduto  in  Roma 
in  una  festa  di  Baccanali  1  istoria  di  Bellerofonte,  ove  un  asino  ala- 
to faceva  da  Pegaso  :  è  dunque  naturale  che  questa  storia  avesse  re- 
lazione colla  festa  di  Bacco,  mediante  la  parentela  di  Jobate  con  Bel- 
lerofonte, avendogli  il  primo  data  in  matrimonio  la  sua  unica  figlia 
Alchemone,  ed  instituitolo  erede  in  premio  della  soggiogata  Chimera , 
tanto  più  eh'  è  probabile,  che  Jobate  fosse  anche  sacerdote  di  Bacco  '. 
Soggiungerei  volentieri  alla  dotta  esposizione  dell' Italinski  ,  non 
esser  necessario  il  provare  o  supporre  la  relazione  delle  feste  bacca- 
nali  con  la  storia  di  Bellerofonte;  né  il  sacerdozio  di  Bacco  esercitato 

I   Tliiskbeiii,  Vasi  antichi  dipiati  posseduti  dal  cav.  Hamillorij  tom.  i.  tav.  i- 


TAVV.    LVII,    F.    LVIU.  lOl 

(la  lobate  per  tiare  ragione  d' esser  dipinta  la  favola  or  narrata  in 
un  vaso  fittila,  quantunque  abbiavi  nella  veste  del  re  un  ricamo  in 
guisa  d'ellera,che  in  sostanza  non  è  che  ornamento,  bnperciocchè  se  pen- 
siamo esser  Bellerofonte  un  ei'oe  solare,  vale  a  dire,  che  indica  il  corso 
del  sole  in  enigma,  come  tanti  altri  simili  soggetti  astronomici  pure 
dipinti  nei  vasi  che  si  ponevano  attorno  ai  morti,  intenderemo  co- 
me le  ragioni  medesime  che  militano  per  altri  mitologici  ed  astriferi 
soggetti,  vale  a  dire  relativi  al  corso  del  sole,  che  dirige  quello  delle 
anime  superstiti  agli  estinti,  militano  anche  per  questa  pittura. 

Oltre  di  che  quel  serpentello  segnato  nel  fianco  del  cavallo  alato 
unitamente  all' altro  serpe,  la  cui  testa  è  in  fondo  alla  coda  della  chi- 
mera, e  che  per  1'  interpetre  di  questa  figura  si  giudica  essere  il  primo 
un  simbolo  d  Apollo,  senza  allegarne  un  motivo;  per  me  si  dovreb- 
be tenere  I  uno  e  1  altro  per  i  due  serpi  delle  costellazioni ,  come 
spessissimo  s' incontrano  sotto  vari  aspetti  in  questi  vasi  '  ,  e  inclu- 
sive nelle  tavole  antecedenti,  di  che  ho  dato  conto  altrove,  ed  ho 
pur  mostrato,  come  spessissimo  il  serpente  sta  a  decorar  oggetti  e  mo- 
numenti che  servono  per  i  cadaveri.  Chi  sa  che  questo  vaso  ancora 
come  gli  altri  suoi  simili,  non  sia  stato  fatto  a  tal   fine? 

TAVOLA  LVIII. 

Il  eh.  canonico  Iorio  che  illustrò  questo  vaso  spettante  al  Museo 
Borbonico,  ne  lodò  alcuni  particolari  più  che  il  soggetto  ivi  rappre- 
sentato .  Egli  vide  nella  sua  parte  nobile  Bacco  mollemente  seduto 
fra  i  satiri,  e  le  baccanti  :  nomina  Comos  il  satiro  sedente  colla  lira 
in  mano,  ed  il  vaso  potendosi  attribuire  all'  altro,  lo  fan  sospettare 
Simos:  le  donne,  altro  non  possono  esser  che  seguaci  del  nume. 

Si  è  peraltro  accorto  l' interpetre,  che  il  pittore  trascurò  di  la- 
sciar visiliili  alcuni  accessorii,  e  vi  passò  la  tinta  nera  del  fondo,  e 
di   tali  accessorii  ora  se  ne  distinguono  appena  le  tracce  ^  .   L'  atto  di 

i   Ved-  1»   lav.  xLi,  e  sua  spieg.  in   linee  punteggiale, 

a  Queste  si  trovano  nella   incisione 


lOa  OBI     VASI     FITTILI 

suonar  le  tibie  della  donna  che  sta  innanzi  al  Bacco,  lo  hanno  con- 
dotto a  questa  scoperta,  quindi  meglio  esaminato  tutto  il  fondo,  è 
venuto  in  chiaro  d'  ogni  restante  indicalo  bensì,  ma  non  secondalo  da 
chi  vi  aggiunse  il  fonde  e  ne  soppresse  con  quel  colore  i  destinativi 
accessorii.  L'  utensile  a  tre  piedi  parimente  negletto,  potrebbe  essere 
una  piccola  tavola  pei  vasi  da  vino,  o  pei  cibi,  come  anche  un  tri- 
pode  per  profumi. 

Anche  nel  rovescio  il  canonico  Iorio  ravvisa  le  medesime  circo- 
stanze. L'Ebe  tien  la  dritta  distesa  sulla  patera,  eh' è  sostenuta  dalla 
destra  di  Giove,  ed  a  vederla,  ognun  domanda  cosa  intendesi  per  quel 
gesto  della  donna  alata  ,  giacché  non  vi  si  vede  altro  che  la  dritta 
formata  in  pugno.  Il  braccio  sinistro  del  nume,  che  comesi  osserva 
è  in  posizione  incomoda  e  senza  alcun  oggetto;  nel  primo  disegno  fu 
bene  immaginato,  giacché  come  si  riconosce  dai  tratti  celati  dal  cam- 
po, fii  cosi  disposto  per   tenere  lo  scettro  '  . 

Il  perchè  dal  sagace  interpetre  siasi  trascurato  di  parlare  del  Mer- 
curio eh'  è  allato  a  Giove,  non  saprei  dirlo.  Neppure  saprei  con  si- 
curezza determinare  se  il  nume  sedente  sia  Giove  piuttosto  che  Bacco 
sligio,  dei  quale  equivoco  vi   sono  altri  esempi. 

TAVOLA     LIX. 

«  Latona  dacché,  in  conseguenza  del  suo  commercio  con  Giove, 
divenne  gravida  di  Apollo  e  Diana,  fu  al  pardi  tante  altre  femmine 
perseguitata  da  Giunone  per  mezzo  di  un  serpente,  che  non  la  la- 
sciava giammai,  e  da  cui  non  potè  liberarsi  che  coli'  aiuto  di  Apollo 
medesimo,  che  lo  uccise  pochi  momenti  dopo  la  sua  nascila^  .  Que- 
sta probabilmente  è  la  favola,  che  ha  dato  soggetto  alla  presente  pit- 
tura. Ma  siccome  è  poco  verisimile  che  Latona  dopo  d  avere  appena 
partorito  fosse  in  grado  di  camminare  e  di  portar  seco  i  due  figli, 
si  potrebbe  dire,  che  il  personaggio  in  princi|)ale  èOrligia  loro  nutrire. 

1    Iorio,  Mus.  Borbonico,  voi,  vi.tav  a   Serv    al  verso  ya    àr]   jib   iii    d»"!- 

XXII.  I   Eneide, 


TAVV.     LIX,    E    l.X.  'f^^ 


C-OSI  appunto  la  rappresenlava  una  statua  situala  nel  tempio  di  Sol- 
misso  sopra  d'una  inoutagna  vicinn  ad  Efeso  '  .  Quelli  che  preten- 
devano che  Latona  avesse  partorito  nell'  Asia,  mostravano  sul  poggio 
vicino  ad  Efeso  una  grotta,  la  quale  dicevano  che  le  avea  servito  di 
asilo  "  .  Le  rupi  che  circondano  il  gruppo  son  certamente  destinate 
a  rammentare  questa   grotta  ». 

I  soggetti  che  al  pari  di  questo  combinano  In  perfetto  accoi-do  con 
qualche  favola  mitologica,  si  reputavano  un  tempo  i  vasi  più  preziosi 
che  situar  si  potessero  nei  gabinetti;  e  certamente  l'italinski  autore  della 
interpetrazione  qui  sopra  esposta^  ,  scelse  questo  con  piacere  per  iu- 
pinguarne  il  suo  libro.  Ora  non  è  più  cosi  :  si  cercano  soggetti  di 
tal  fatta,  che  ci  possano  indicare  in  qualche  modo  l'oggetto  per  cui 
questi  vasi  furon  dipinti  ;  quindi  è  che  rendesi  necessario  l'  esporre 
sotto  1  occhio  degli  eruditi   ogni  qualità  di  soggetti. 

TAVOL.A     LX. 

«Questa  pittura  ci  presenta  Oreste  colle  mani  legate  dietro  le  spal- 
le neir  atto  d'  esser  sacrificato  sull'altare  dov  è  situato.  Una  furia  nera, 
come  quella  che  Polignoto  avca  dipinta  a  Delfo,  sta  in  atto  di  tor- 
mentarlo; Ifigenia  persu^ido  a  Toante  la  necessità  d'espiare  una  tal 
vittima  neir  acqua  del  mare.  Pilade  mostra  la  spada  colla  quale  Ore- 
ste ha  uccisa  Clitenneslra.  Il  pittore  ha  soppressa  la  statua  dì  Diana 
per  far  vedere  eh'  essa  non  accettava  il  sacrifizio  d  una  vittima  im- 
pvtra ,  'olendo  indicare  che  l'azione  accade  in  Tauride,  ha  postala 
testa  di  un  toro  che  rappresenta  il  Bacco  adorato  in  quel  paese,  so- 
pra la  figura  d'Oreste,  e  per  far  vedere  ch'egli  è  un  Dio  che  signi- 
fica questa  testa;  egli  ha  situa:  a  una  benda  vicina  a  lei,  in  vece  che 
glie  l'av-ebb?  messa  sulle  corna  se  fosse  stata  quella  d'una  vittima». 
Così  scrive  rappor'o  a  questa  pittura  il  D' Hancarville  nell' opera  in- 


1    Strab  ,   lil).  XIV,    p.   498.  3    Vasi  antirlii    <lipÌ!i'i    posspdatì  dal 

a   Ivi   1.   cil.  cav.    Hamilton,  ioni,   in,  la\,   iv. 


lo4  DEI     VASI    FITTILI 

titolata  :  Antiqiiités  etrusqaes  grecques  et  romaines  grwées  par  Da- 
vid, toni.  Il,  pi.   58,  pdg.    ia3. 

Io  qui  ritletterò  che  la  Fuiia  di  color  nero  ha  qui  un  naso  e- 
stremameate  lungo,  e  nel  modo  stesso  che  vedesi  la  figura  virile  a 
lungo  naso  appunto  sotto  1  ara,  ov'  é  1  espiazione  di  Oreste  e  Pilade. 
V  era  dunque  una  relazione  manifesta  tra  le  due  scuole,  V  etrusca 
e  la  greca. 

TAVOLA    LXI. 

Ognun  sa  che  Ercole  portatosi  a  Delfo  a  consultar  1'  oracolo  per 
sapere  dove  il  cielo  avea  destinato  eh'  egli  abitasse,  rispose  la  Pizia 
eh' ei  se  ne  stasse  a  Tirinto,  e  che  ivi  servisse  per  lo  spazio  di  do- 
dici anni  Euristeo,  ed  eseguisse  le  dodic'  imprese  che  gli  avrebbe  or- 
dinate il  fratello;  terminate  le  quali  avrebbe  ottenuta  l' immortalità. 
Ercole  udito  1  oracolo  andò  infatti  a  stabilirsi  in  Tirinto,  dove  rice 
vette  gli  ordini  di  Euristeo,  il  primo  de'  quali  fu  di  portargli  la  pelle 
del  leone  Nemeo  .  Questo  animale  nato  da  Tifone  era  invulnerabile  . 
Ercole  giunto  a  Neiiiea,  e  trovata  ivi  la  fiera  terribile,  tentò  primie- 
ramente d'  ucciderla  dardeggiandola,  ma  fatta  prova  della  sua  invul- 
nerabilità la  perseguitò  colla  clava.  In  fine  attesa  l' inutilità  dei  suoi 
sforzi,  onde  ucciderla  colle  armi,  la  prese  pel  collo,  e  la  strangolò 
e  postasela  sulle  spalle,  portoUa  al  fratello  Euristeo,  che  ne  restò 
spaventato. 

Così  Apollodoro  narra  una  tal  favola  '  ,  e  questa  senz'  altro  si  volle 
rappresentare  nella  pittura  inedita  di  questa  tavola,  eh'  io  trassi  da 
un  antico  vaso  dipinto  a  figure  nere  della  grandezza  qui  espressa.  Il 
vaso  fu  trovato  nei  doviziosi  scavi  di  Vulci,  Si  vede  Ercole  armato 
di  spada  che  pendegli  dal  balteo  che  ha  suU'  omero  destro,  mentre 
i>ar  che  abbia  le  mani  occupate  a  sbranar  le  fauci  d'  un  leone  che 
stringe  col  braccio  sinistro.  Dietro  a  lui  comparisce  una  donna  or- 

1    Bibliot.,  1.  II,  e.  V,  §  I. 


TAVV.     LXI    E    LXIl  .  IO.") 


natamenle  al)l)igliala,  ch'io  credo  esser  Minerva,  si  perchè  tiene  In 
modo  la  man  sinistra  da  riconoscervi  1'  atto  di  reggere  1'  asta,  che  al 
Cline  volte  dall'  artista  eseguita  con  colori  non  hen  fermati  col  fuoco 
svanV;  si  perchè  Minerva  reputala  la  prolellrice  d  Ercole,  che  a  lui 
esecutore  delle  imprese  commessegli  da  Euristeo ,  spesso  gli  antichi 
artisti  mettevano  allato  ;  al  che  acconsentirono  gli  scrittori,  dicendo 
che  Minerva  lo  istruì  e  gli  mostrò  la  maniera  delle  imprese  '  .  L'eroe 
che  gli  è  d  appresso,  che  per  la  sua  nudità  non  saprei  nominarlo  al- 
trimenti, parche  sia  Euristeo,  al  quale  è  presentato  dal  fratello  Er- 
cole il  leone  terribile  già  domato. 

TAVOLA   LXIL 


L'inedita  pittura  di  questa  Tavola  non  ha  bisogno  di  commento 
per  essere  in  tutto  uguale  ali  antecedente,  mentre  è  dipinta  nel  ro- 
vescio del  vaso.  Qui  meglio  peraltro  s'intende  che  sul  braccio  sini- 
stro d'Ercole  comparisron  gli  artigli  d<^I  leone,  come  si  vedono  an- 
che nell  altra  pittura.  K  chiaro  altresì  che  la  donna  dietro  ad  Er- 
cole sia  Minerva  per  1'  asta  che  tiene  in  mano,  mancante  nell  altra, 
né  gran  fatto  esiterei  a  supporre  che  Ercole  usasse  del  gladio  ad  uc- 
cidere quella  fiera,  mentre  par  che  lo  impugni  colla  destra.  Qui  Eu- 
risteo si  mostra  più  analogamente  a  quanto  ne  scrissero  antichi  au- 
tori, per  essere  inatto  di  scostarsi  da  Ercole  o  fuggire  ;  giacché  di- 
cesi ch'egli  veduto  il  coraggio  d'Alcide  ne  concepì  tal  suggezione  , 
che  gli  proibì  d  entrare  in  città,  e  concesseli  di  mostrare  soltanto 
davanti  alle  di  lei  porte,  le  imprese  da  lui  eseguite  ;  e  si  finse  inclu- 
sive eh' Euristeo  facesse  costmire  un  orcio  di  rame  per  cacciarsi  den- 
tr'  esso  sotto  terra  ^  al  comparir  del  fratello.  Oltre  il  vedere  qui  re- 
plicato doppiamente  il  soggetto  medesimo,  è  da  notare  esser  frequen- 
tissimo nei  vasi  antichi  dipinti,  perchè  sì  Ercole  che  il  suo  leone  so- 


I    AristlJ  ,  Op.   torti.   I,  p     i5,  ap.  p.    i6i. 

Inghirami,  Monutnenli  eir.  ser.  V,  a  Apollodor.  1.   n,  e.  i,  §    i. 

Fas.  T.  I.  j4 


lo6  DEI    VASI    FITTILI 

no  una  viva  immagine  del  sole  nel  solstizio  d  estate  ,  e  nel  tempo 
stesso  della  porta  celeste  per  dove  passavano  le  anime  al  godimento 
del  bene   '  . 

TAVOLA    LXIII. 

La  pittura  inedita  che  mostrasi  nella  tavola  presente  si  trova  in 
originale  sulla  spalla  di  un  vaso,  di  cui  dò  pure  la  forma.  Il  sog- 
getto è  lo  stesso  dei  due  antecedenti.  Qui  pure  Ercole,  deposte  le  sue 
armi  per  aver  trovato,  come  dice  ApoUodoro,  quel  leone  invulnera- 
bile, eli  si  scaglia  addosso,  e  strettolo  tra  le  braccia  è  in  allo  di  sof- 
focarlo.  Lo  side  e  1' esecuzione  della  pittura  è  diiFerente  nei  due  vasi: 
qui  le  figure  campeggiano  in  fondo  nero,  mentre  nell'  alti'O  son  nere 
le  figure  medesime.  Il  disegno  di  questo  è  d'una  purità  che  ha  po- 
chi esempi,  mentre  nell'  altro  vaso  le  figure  sono  stroppiate  fino  alla 
caricatura.  Or  siccome  i  due  vasi  furon  trovati  nel  sepolcreto  me- 
desimo è  facile  ehe  siano  bensì  d  una  stessa  fabbrica,  ma  quello  a 
figure  nere  si  volle  probabilmente  eseguire  alla  foggia  arcaica ,  imi- 
talrice  dell'  arte  nascente,  mentre  qui  si  fa  pompa  d'  un'  arte  per- 
fetta. Difatti  chi  mai  crederà  che  siasi  con  attenzione  imitata  lana- 
tura  in  quei  lunghissimi  nasi,  in  quelle  larghe  cosce,  in  quelle  mani 
sformate,  e  in  quegli  occhi  che  vedonsi  nelle  tavole  scorse  ?  Eppure 
se  osserviamo  nel  nudo  si  nell' uno  che  nell'altro  vaso,  i  muscoli  son 
quasi  li  stessi,  ma  quali  più,  quali  meno  perfettamente  disposti.  Dirò 
di  più  che  nel  torso  di  questa  tavola  son  tinti  in  nero  i  soli  mu- 
scoli o  parti  principali  del  corpo,  il  torace,  il  fianco  e  T intercostale, 
mentre  gli  altri,  che  non  compariscono  in  modo  alcuno  sulle  figure 
nere,  in  questa  sono  puramente  accennati  per  modo  che  appena  di- 
stinguonsi,  perchè  son  lucidi  sul  colore  stesso  della  terra  cotta.  Dun- 
que io  credo  che  una  stessa  scuola  possa  aver  fatta  1'  una  e  1'  altra  pit- 
tura con  egual  distribuzione  di  muscoli,  ma  nell'  una  a  figure  nere 

I   Monumenti  etruschi,  ser  i,  p.   i8. 


TAVV.    LXIII,    E    LXIV.  )07 

si  volle  tenere  lo  stile  antico  e  primitivo,  nell  altra  a  figiire  gialla- 
stre o  colore  di  terra  colta  si  volle  mostrare  uno  stile  di  perlciione 
dell'arte.  INonoslanle  una  tal  perfezione  non  era  portata  al  più  su- 
blime grado  dell'  arte,  almeno  qui  manifesta  Una  certa  rigidezza  di 
stile,  die  sembra  esser  venuto  meno  soltanto  dopo  i  tempi  di  Fidia, 
ma  non  sì  tosto  abbandonata  dai  pittori  di  vasi,  i  quali  essendo  a- 
stretti  a  que' metodi  di  far  tutto  in  prolilo,  e  sfuggir  lo  scorcio  e 
r  aggruppamento  delle  ligure,  non  disdice  che  vi  si  accompagni  uno 
stile  rigido  e  secco.  I  due  vasi  inediti  qui  descritti  spettano  all' ecc. 
sig.  dottor  Luigi  Guarducci  di  Firenze,  trovati  presso  Vaici. 

TAVOLA  LXIV. 

Un'altra  non  men  valevole  ragione,  oltre  le  anzidette  che  mi  au- 
torizza a  supporre  il  dipinto  a  figure  nere  piuttosto  uno  stile  d  imi- 
tazione dell'  arcaica  maniera,  che  un  lavoro  fatto  realmente  in  anti- 
chi tempi,  è  quel  carattere  alfabetico  postovi  frequentemente  a  rap- 
presentare uno  scritto  antichissimo  di  parole  non  più  intelligibili.  Questa 
ijiedita  pittura  ne  dà  un  chiaro  esempio,  come  tante  altre  di  questo 
genere.  Qui  si  legge  presso  al  citaredo  ivtivtii  di  sillabe  triplicate  :  voce 
che  certamente  non  ebbe  mai  significazione  veruna,  come  pure  mi 
hanno  assicurato  eruditissimi  ellenisti  archeologi  da  me  consultati  a 
questo  proposito  non  fidandomi  di  me  stesso  ;  né  maggior  chiarezza  ha  la 
prima  voce  qui  dipinta ,  cred'  io  a  bello  studio  per  larvisi  credere 
nomi  perduti  per  cagione  di  remota  antichità. 

Anche  il  significato  del  soggetto  qui  dipinto  nonostante  che  sia 
frequentissimo  nei  vasi  a  figure  nere,  come  il  presente,  non  è  stato 
peranche  dagli  archeologi  che  vi  si  applicarono  bastantemente  schia- 
rito. Sembra  peraltro  che  la  cerva  non  ad  altr'  oggetto  vi  sia  stata 
posta  che  per  indicarvi  1'  autunno  '  ,  tempo  nel  quale  si  celebrava 
lo  sposalizio  di  Proserpina  con  Plutone  autumnalis  desponsatn,  come 
dice  Orfeo  =  :  soggetto  che  si  tenne  per  allusivo  al    passaggio  del- 

I    Monum.   ptr.,  spr  i ,  p.   Sqc).  ghirntni,  Monum.  clr.  ser.  i,  p.  gS. 

a  HyaiD.   in   Persepli.,  v.    i4.  ap-  In- 


I08  DEI    VASI    FITTILI 

l'anima  ai  regni  oscui'i  di  Plutone  ■  .  Il  vaso  che  ha  questa  inedita 
pittura  si  trova  nella  Leila  raccolta  di  vasi  italo -greci  di  proprietà 
del  marchese  Venuti  in  Cortona. 

TAVOLA    LXV. 

Molti  antichi  monumenti  fan  vedere  l'infante  Bacco  tolto  a  Se- 
mele  moribonda  e  trasferito  a  Giove,  onde  ne  maturasse  la  nascita, 
e  quindi  recato  da  Mercurio  alloninfe  che  lo  nutrissero.  La  pittu- 
ra di  questa  tavola  già  illustrata  dal  Millin,  contiene  quest'  ultimo 
avvenimento  del  dio  di  Nisa.  Mercurio  sedente  sulP  alto  monte  di  tal 
nome  si  d.i  riposo  dopo  esservi  giunto  da  lungo  viaggio,  indicato  dal 
cappello  che  ha  in  capo.  Egli  adempie  la  sua  missione  di  consegnare 
il  pargoletto  figlio  di  Giove  alle  Niseidi  ^  ,  che  in  diverse  occasioni 
dell'antichità  compariscono  in  vario  numero,  quantunque  comune- 
mente se  ne  diano  cinque,  converse  nelle  ladi.  Le  due  qui  dipinte 
hanno  i  nomi  di  imainas,  ed  ovs,  che  non  si  riscontrano  altrove,  come 
spesso  accade  di  veder  nei  vasi  dipinti.  Nel  nome  hpmes  dato  greca- 
mente a  Mercurio,  nulla  y'  è  da  notare  se  non  l' imperizia  di  chi  lo 
scrisse  ;  ma  il  nome  aiì^nisp.s  dato  a  Bacco  mediante  i  due  n,  fa  ve- 
dere che  quella  lettera  era  già  dilFusa  nel  volgo,  quando  fu  dipinto 
il  vaso;  né  io  saprei  accordare  tal  dillusione  delle  vocali  lunghe  in 
Italia  prima  del  terzo  secolo  anteriormente  all'  era  volgare,  se  questa 
innovazione  provenne  dal  poeta  Simonide  .  Eran  dunque  le  arti  in 
que  tempi  avanzate  per  modo  che  i  lavori  d'  allora  possono  esser  ca- 
pi d  opera  dell  arte  che  già  toccato  avea  da  qualche  tempo  l'apice 
della  sua  perfezione  in  ogni  genere  di  produzione.  Infatti  noi  tro- 
viamo il  disegno  di  questo  vaso  esser  d  un  perfettissimo  stile  ,  ed  af- 
fatto spogliato  d'ogni  antica  rozzezza.  Che  se  alcun  difetto  visi  no- 
tasse, potrebbesene  incolpare  1'  artefice  o  le  qualità  della  pittura  forse 
non  mollo  curata,  non  mai  però  se  ne   addebiterebbe  il    gusto  del 

1    Monura.  etr.,  ser.  i,  p.  94.  2  OviJ.  Metham.  111,  3(4- 


TAVV.     LXV,    E    LXVI.  lOC) 

tempo.  Questa  pitturaci  vien  fatta  nota  coi  rami  del  celebre  Millin  ' 
sebliene  appari  enesse  alla  seconda  collezione   d' llauilllun  e  disegnala 
iu  Napoli  dal  Cleuer. 

:.  TAVOLA  LXVI. 

■•1  il..     ■  ' .  '0  -  ■.  -  •     ■ 

Oltre  lo  stile  arcaico  da  noi  giù  notato  nelle  duo  lavole  anleriori 
alle  due  ultime  ,  ed  olire  allo  stile  di  perleiione.  in  cui  pui'  si  vede  ser- 
bato al([uanlo  di  ligido  e  secco,  un  altro  stile  clie  atlmiicnle  direb- 
besi  di  transizione,  parrai  di  ravvisare  nelle  pittuie  de' vasi .  di  che 
danno  una  giusta  idea  le  ligure  coi  loro  accessorii  che  vedonsi  nella 
tavola  presente.  Io  non  le  ho  tratte  da  originali  disegni,  ma  da  stam- 
pe già  pubblicale.  E  siano  pure  infedeli  nella  precisione  dei  contorni, 
quando  non  siano  espressamente  variate,  serban  sempre  il  loro  tipo 
originale  di  uno  stile  gonfio,  sopraccaricato  d'  ornamenti  rotondeg- 
giante nei  contorni  del  corpo  umano,  flessibile  nelle  attitudini,  dove 
la  sveltezza  non  è  più  tra  i  primi  pregi  dell' arte,  e  conservando  sol- 
tanto il  sistema  di  far  le  figure  umane  in  profilo,  e  non  aggruppate: 
d'  uno  stile  insomma  che  dal  maturo  passa  al  cadente  per  la  sover- 
chia ricercatezza  degli  accessorii,  di  che  son  per  dare  altri  esempi, 
onde  meglio  se  ne  conosca  le  qualità,  che  distinguono  un  tale  stile 
dai  due  antecedenti,  e  dal  susseguente  eh  io  son  per  mostrare. 

De'  vasi  a  due  manichi  simili  al  presente  ove  son  dipinte  figure  di 
ermafroditi  ne  ho  veduti  moltissimi,  e  1'  erudito  Quaranta  gli  dà  no- 
me di  prosopetta,  di  che  dà  stretto  conto,  dove  1  illustra  ^  ,  Nulla 
dice  qui  degli  ermafroditi  alati  che  vi  son  dipinti,  in  atto  di  tenere 
il  tamburino,  la  sfera,  una  cassetta,  alcune  coione  ed  altro  poiché  di 
queste  figure  ha  trattato  altrove.  Nota  peraltro  quella  face  spenta 
d'  una  forma  eguale  ad  altra  eh'  io  pure  delti  in  quest""  opera  ^  ,  e  qui 
dipinta  accenna,  secondo  ei  ne  pensa,  che  il  brio  del  vino,  la  sontuo- 


1  Peintures  deVas.,  tom.  ii,  pi.  xiiì.  voi.  vii,  lav.   Lvin, 

2  Quaranta,  Museo  Uorb.,  fase.  a8,  3   Ved.   lay.  xi,   p.   24- 


1  IO  DEI    VASI     FITTILI 

sita  delle  cene,  e  i  bacchici  giuochi  erano  più  amici  della  notte  che 
del  giorno. 

Neil'  altro  vaso  ad  un  sol  manico  vede  situate  sul  pavimento  tre 
spade  colle  punte  rivolte  in  su.  mentre  una  donna  nuda  coperta  la 
testa  di  una  cuflia  ed  i  lombi  di  un  grembiale  cerca  di  precipitarvisi 
col  capo,  senza  che  ne  resti  oiFesa.  Questo  giuoco  lo  trova  rammen- 
tato pure  da  Platone  '  ,  che  è  il  capovolgersi  sulle  spade,  ed  anche 
da  vari  altri  scrittori  che  li  danno  per  giuochi  diflicili  e  maravigliose 
operazioni  ^  .  Io  credo  che  tutti  gli  accessorii  degli  ermafroditi,  come 
gli  ermafroditi  medesimi  non  siano  lappresentanze  di  pura  gioia,  ma 
de'  misteri  in  modo  speciale,  e  le  sjiade  saltate  dalla  donna  son  figu- 
ra delle  prove  difficili  che  facean  subire  agi'  iniziati  prima  di  ammet- 
terli al  segreto  di  quella  massoneria;  ma  di  ciò  son  per  dare  altro  schia- 
rimento. 

TAVOLA    LXVn. 

Non  saprei  far  vedere  la  pittura  di  queste  stoviglie  nella  sua  de- 
cadenza, con  esempio  migliore  del  presente  vaso  esistente  col  num. 
94  nella  real  Galleria  di  Firenze  trovato  in  Volterra  in  un  dei  se- 
polcri, ove  son  pure  le  sculture  in  alabastro  che  giudicansi  d  un' e- 
poca  non  di  rado  posteriore  a  quella  d'Augusto^.  Un  dei  difetti  che 
accompagnar  sogliono  tal  decadenza  è  l'estrema  goffaggine  di  quelle 
tozze  figure  qui  misurate  da  sette  teste  e  da  sei,  e  che  il  Lanzi  vuole 
che  negli  etruschi  monumenti  per  tutt'  altro  carattere  si  tenga,  fuori 
che  per  indizio  di  un'arte  nascente  ,  ravvisandolo  nell" opere  ch'egli 
giudica  d  anni  e  non  di  secoli  anteriore  ai  tempi  augustei  4  ;  né  io 
saprei  contradire  chi  prolungasse  1'  epoca  di  tal'  esecuzione  ai  tempi 
de' primi  cesari,  ne' quali  se  ascoltiamo  Plinio  eViuuvio  le  arti  avean 
già  subito  notabile  detrimento. 

Oltre  di  che  noi  vedemmo  già  nelle  scox'se  pittui'e  una  quantità 

1  In  Euthyd.   ni,  4-  4  Lanzi,   Snggio  di   lingua  fir.  tO'D. 

2  Quaranla,  1.   cit.  li,   p.    170. 
?>   Monum,  elr.,   ser.   i,  p.  716. 


TAVV.    LXVII  .    E    LXMII.  Ili 


numerosa  di  bacchici  e  misteriosi  cerimoniali  .  probahilmente  perchè 
eseguite  nel  tempo  che  i  baccanali  erano  in  pieno  vii^ore;  dove  che 
qui  si  vedono  soltanto  due  donne  che  1' una  probal)ilinente  erudisce 
1'  altra  nelle  bacchiche  iniziazioni ,  ma  frattanto  non  han  di  queste 
cerimonie  che  meri  accenni ,  nudità,  tenie  e  vitte,  ed  in  fine  vin  vaso  po- 
torio ed  uno  specchio,  forse  perchè  molte  delle  altre  costumanze  bac- 
chiche erano  andate  in  dimenticanza.  Questo  vaso  inedito  è  alto  un 
piede  e  due  pollici.         .     .     ;  . 

TAVOLA    LXVIII. 

Satiri  e  Ninfe  erano  i  seguaci  di  Bacco,  le  cui  orgie  da  cosloro 
celebravansi  tra  gozzoviglie  e  lascivie,  per  cui  disse  un  antico  poeta: 
Fingon  di  Bacco  celebrar  le  feste 
Ma  onoran  poi  più  Venere  che  Bacco. 

I  disordini  che  da  tali  consuetudini  avvenivano,  costrinsero  il  senato 
di  Roma  a  proibirne  la  pratica  nello  sconcio  modo  che  usavasi;  ed 
il  culto  di  Bacco  tornò  a  pareggiarsi  con  quello  degli  altri  Dei.  Dunque 
non  sarà  stata  inibita  ogni  memoria,  o  cerimonia  del  modo  col  quale 
si  venerava  il  Bacco  tutelare  della  vita  e  della  morte,  ed  inclusive 
della  generazione  e  nello  stesso  tempo  il  Giove  infernale  ricevitore 
delle  anime.  Qui  pertanto  a  rammentare  un  tal  culto  si  trova  un  sa- 
tiro ed  uaa  Menade  con  vasi  potori  o  vinari,  che  additano  le  anti- 
che lor  gozzoviglie,  e  T  unione  delle  due  figure  di  vario  sesso  la- 
scivamente nudate   fan  simbolo  della   generazione  protetta  da  Bacco. 

II  gutto  che  ha  in  mano  la  donna  fu  da  me  altrove  spiegato  altresì 
per  un  segno  della  fecondità  femminile  '  .  In  fine  la  memoria  di  Bacco 
in  questi  vasi  è  molto  opportuna  a  riconoscerli  attamente  ornati  per 
esser  depositati  ne'  sepolcri  dei  morti,  a'  quali  credevasi  presedere  quel 
nume.  Anche  questo  vaso  di  terra  e  vernice  non  fine,  il  quale  con- 
servasi nel  pubblico  Museo  di  Volterra,  è  stato  trovato,  come  l'an- 

1   MoDumenii  etruschi,  ser.  ii,  tay.  xxxi,  e  pag.  349- 


I  I  1  DEI    VASI     FITTILI 


tecedeale  in  quel  territoiio.  La  lor  forma  s\  rozza  in  paragone  di 
allre  squisitissime  che  vedonsi  nei  vasi  tutti  neri  dello  stesso  paese, 
non  meno  che  i  godi  loro  ornamenti,  ce  li  fan  credere  di  tarda  ese- 
cuzione, quando  certamente  i  Greci  uon  furono  più  richiesti  dagli 
Etrusciii  ad  elliettuarne  1'  esecuzione.  Questo  vaso  inedito  è  alto  un 
piede  e  pollici  3  e  un  quarto. 

TAVOLA   LXIX. 

Son  dipinti  su  questo  procoo  tre  nudi  giovani  armati  d  arco  e 
faretra,  in  atto  di  bersagliare  un  gallo  posato  su  di  una  colonna  io- 
nica- «  Egli  è  chiaro,  dice  1  erudito  interpetre,  che  prima  di  me  si 
occupò  di  questo  bel  monocromato,  egli  è  chiaro  che  giuocano  co- 
storo a  chi  meglio  scocchi  il  dardo,  o  si  esercitino;  sia  per  diver- 
timento, sia  per  obbligo,  ad  acquistar  nel  ferire  quella  perizia,  di  che 
bellissimi  esempi  ne  porgono  le  antiche  memorie.  Di  qui  si  compren- 
de c'^e  i  due  galli  soprapposti  ad  altrettante  colonne  in  mezzo  alle 
quali  si  vede  Minerva  ne  famigerati  vasi  coli  epigrafe  tonatene  0E- 
0AOINAN,  ovvero  Tu^'A0E^EO  0  Nasaomemi  non  vi  stanno  come  sim- 
boli delle  lotte  e  dei  combatiimenli,  ma  quali  veri  bersagli  apparec- 
chiati pel  giuoco  del  dardo,  e  però  destinati  a  mostrare  esser  quello 
il  sito  dove  si  eseguiva  '  ». 

TAVOLA    LXX. 

Il  soggetto  di  questa  pittura  fassi  da  per  se  stesso  talmente  noto 
che  non  ha  bisogno  di  gran  commento  per  intenderne  il  significato. 
Ognun  vede  qui  espressa  la  liberazione  di  Andromaca  dalla  sua  e- 
sposizione  al  mostro  marino  per  opera  di  Perseo.  La  principessa  è 
rappresentata  sedente  su  d'uno  scoglio  presso  d  un  albero  nudo  di 
foghe  ,  attesoché  la  favola  ha  relazione  alla  stagione  che    passa  dai 

1   Beni.   Qiiaranla,  Museo  Borbonico,   voi.   vii,  tav.  xli,  Vasi   fitilli. 


TAVV.     l.X\,    E    LXXI.  1  I. 


rigori  dell' inverno  clie  spogliarono  di  roi;lie  quell' albero  alla  dolce 
tenipcralura  di  primavera,  di  die  ho  «crino  eslesamenle  altrove  '. 
Perseo  veslito  di  clamide,  col  capo  coperto  dal  j  etaso,  tiene  da  una 
mano  1  arpe,  che  è  in  forma  di  l'alce  e  dall  altra  la  lesta  della  Gor- 
gone, colla  (piale  pietrisco  il  mostro  che  avreljhe  divorala  la  vergine 
senza  il  di  lui  soccoiso.l  suoi  talari  si  vedonci  esseie  alati. per  indizio  che 
gli  furono  dati  dal  celere  Mercurio.  Minerva  che  assistè  quell'eroe 
iiell  impresa  è  qui  figurata  invisibile.  Davanti  a  Perseo  slassi  assi,.o  Cefeo 
padre  di  Andromeda,  al  quale  Perseo  propone  di  liberar  la  figlia,  alla 
condizione  peraltro  d  averla  in  isposa.  La  benda  che  gli  cinge  il  capo 
è  indi/io  reale,  mentre  fu  re  in  Etiopia.  Dietro  a  quel  principe  sta 
in  piedi  il  di  lui  fratello  Fineo,  che  volea  sposar  la  nipote,  e  che  vede 
con  dispiacere  di  doverla  cedere  ad  un  rivale. 

Questa  favola,  raimncataiido  le  coslella/ùoni  che  nel  planisfero  ce- 
leste stanno  attorno  al  punto  equinoziale  di  ])r  ima  vera  ,  non  im- 
propriamente vedesi  dipinta  in  un  vaso  chiuso  nell'  avello  d'un  mor- 
to, mentre  in  quel  tempo  doveasene  fare  almeno  una  commemora- 
zione, rammentandosi  allora  il  passaggio  facilitato  alle  anime  nei  re- 
gni astriferi  ^  .  ,  ,  ,     ;   .  , 

Io  trassi  il  disegno  di  questa  pittura  dai  rami  già  editi  del  Millin  '. 

TAVOLA   LXXI. 

La  rappresentanza ,  che  trovasi  dipinta  dalla  parte  opposta  del 
vaso  precedentemente  indicalo,  contiene  una  parte  della  famosa  fa- 
vola sulla  Gorgone  Medusa.  La  ninfa  che  vi  si  mostra  in  principio 
è  quella  Forcide,  che  secondo  la  favola  condusse  Perseo  al  recon- 
dito sito  dove  abitava  Medusa.  Il  pittore  non  ha  voluto  secondarla 
favola  nel  rappresentarla  orrenda,  come  i  poeti  descrivono  le  Forcidi 
Gree  4  ,  forse  per  non  rendere  troppo  disgustevole  questa  pittura, 

1   Monum.  etruschi,  set.  i,  p.  i\yo.  3   Ivi. 

a  Millin,  Peiniuips  de    vasts  ami-  4  Ilesiod.  Theogon.  ì^o. 

ques,  loui.  11,  pi.  ui,  iv. 

Fas.  T.  I.  ,5 


I  K^  DEI    VASI    FITTILI 

come  si  osserva  anche  in  altre  .  Le  due  Gorgoni  Steno  ed  Em-ialo 
narrano  a  Nettuno,  come  Perseo  munito  di  quanto  occorreva  all'im- 
presa da  lui  meditata,  era  penetrato  nel  lor  tugurio  e  trovatele  im- 
merse nel  sonno,  fece  redettere  T  immagine  di  Medusa  loro  sorella 
nello  scudo,  ad  oggetto  di  non  guardarla,  per  non  essere  a  quella  vi- 
sta ridotto  in  pietra,  e  tagliatone  il  capo,  sei  pose  nella  cibisi,  e  partissi. 
Nettuno  mostrasi  non  men  sorpreso  di  trovar  due  sole  delie  tre  Gor- 
goni, che  interessato  ad  ascoltarla  catastrofe  avvenuta  alla  decapitata 
Medusa,  che  altre  volte  avea  formata  la  sua  delizia  '  . 

Queste  due  pitture  si  videro  per  la  prima  volta  nell'opera  da- 
taci dall'  Hancarville  ^  poi  l'ettificata  dal  Millin  ^  • 

TAVOLA   LXXU. 

Questo  soggetto,  per  quanto  comunissimo  nei  fittili  dipinti  a  fi  - 
gure  nere,  pure  fu  molto  superficialmente  trattato  fin""  ora  dagli  in- 
terpetri  delle  lor  pitture.  Riconosciamo  per  tanto  in  primo  luogo  le 
figure,  quindi  ne  cercheremo  il  soggetto.  La  figura  di  fianco  a  sini- 
stra del  riguardante  non  ha  bisogno  di  gran  commento,  perchè  in 
essa  riconoscasi  un  satiro  che  ha  simo  il  naso,  folta  la  barba,  lunghe 
le  orecchie  ed  una  coda  di  cavallo,  che  partesi  dal  gluteo  massimo, 
ed  una  gran  corona  sul  capo,  di  che  s'ebbe  esempio  nelle  tavole  già 
osservate  ^  .  Né  men  facile  ci  sarà  il  giudicare  un  Bacco  la  figura  di 
mezzo,  che  pure  ha  barba  con  toga  prolissa,  corona  in  testa,  ed  in 
mano  sostiene  un  vaso,  che  i  moderni  chiamano  cere  da  kepas  ed  e- 
rano  semplicemente  corni  di  bove  ^,  usati  ne'  più  antichi  tempi  del- 
l' umana  civiltà,  per  l' oggetto  di  bevere.  Avanti  precede  Mercurio  con 
un  singoiar  cappello  sul  capo,  ed  i  talari  ai  piedi,  unico  suo  distin- 
tivo. Or  ne  dirò  il  significato  della  composizione  per  quindi  svilnp- 

1  Hesiod.  Theogon,  279.  5  Panofka,  Recherches  sur  les  re- 

2  Vases  etrusq.  lom.  iv.  pi.  cxxvni.  ritables  noms  des  vases  grecs,  el 

3  Millin  cit.  sur  leurs  differens  usages  eie.  pi. 

4  Ved.  le  tavy.  xxxvni,  XLVin,  lviu.  v,  78,  pag.  3i. 


TAVV.    LXXII,    LXXIII    E    l.\XIV.  I  K) 

pare  i  motivi  del  mio  pensiero.  Il  salirò  significa  un  iniziato  clic  at- 
teso l'aver  seguilo  il  cullo  dei  misteri  è  beneficato  e  condono  <ia 
Mercurio  agli  Elisi.  . 

Che  i  satiri  siano  seguaci  di  Bacco  non  ha  bisogno  d'esser  qui 
rammentato,  dopo  quanto  ne  ha  scritto  il  Lanzi  '  che  li  appella  gente 
lieta  e  festevole.  Bacco  è  colui  che  da  Giove  fu  destinato  a  recare 
agli  uomini  la  letizia,  che  domandala  per  mezzo  di  Eone  o  del  tempo  fu 
dal  Tonante  promessa  loro  per  ojera  di  13acco,  apportando  ad  essi  un 
liquore  cosi  piacevole,  come  il  nettare  ^  .  Tutto  ciò  viene  espi-esso, 
cred'  io,  da  quel  corno  potorio  che  porta  in  questa  pittura  l'uomo 
ammantato  eh' è  nel  mezzo,  e  sia  pur  Bacco  medesimo,  o  un  suo 
sacerdote  ^  ,  egli  reca  seco  quel  nettare,  che  rende  felice  il  satiro 
suo  seguace,  e  gli  procura  quel  godimento  ch'era  promesso  negli  Elisi. 
In  Egitto  era  semplicemente  1'  umido,  la  rugiada,  1'  acqua  che  figura- 
va r  ambrosia  o  il  nettare,  la  dottrina,  la  grazia  celeste,  mediante  il 
qual  cibo  o  bevanda  eran  santificale  le  anime,  di  che  ho  dati  in  altra 
mia  opera  molti  esempi  4  .  Il  nume  psicopoinpo  sarà  dunque  il  con- 
duttore dell'  anima,  la  quale  mediante  la  prolezione  di  Bacco  passa  agli 
Elisi. 

La  pittura  qui  espressa  è  in  una  tazza  riportata  dal  D'IIancar- 
ville  ^  della  grandezza  medesima  dell'  originale. 

TAVOLE     LXXm,  E  LXXIV. 

Trovai  nel  bel  museo  del  prìncipe  di  Canino,  corlesissimo  nel  per- 
mettere che  si  stvidino  e  si  copino  i  suoi  monumenti,  un  bellissimo 
vaso,  che  da  non  molto  tempo  in  qua  fu  inserito  tra  i  monumenti 
inediti  dell  istituto  di  corrispondenza  archeologica  ^  .  e  nei  suoi  annali 

I   Lanzi,  De'vasi  amichi  dipinti  voi-  ser.  ni,  p.   i84    ser.  v,  p.   ìtìy  , 

garmente  chiamati  etruschi,  dis-  3Sy,   Spi.  set.   vi,  tav.   Ilj. 

seri.   11.  §  V.  5   Antiquités  etrusqties,   grpqurs  et 

a  Nonn.  Dionys.,  lib.  vn,  in  priiic.  romaines  de  Hamilton  ,  toni,  in  , 

3  Ved.  pog.  70.  pi.  38. 

4  Monum.  etruschi,  ser.  i,  p.  447-  ^  Tay.  x,  e  xi. 


1)6  DEI    VASI    FITTILI 

doltaìnente  illustrato  dal  dottor  Teodoro  Panofka  ',  per  cui  traendolo 
io  presentemente  dal  mio  portafoglio  non  daronne  che  una  breve  rela- 
zione, potendo  di  ogni  lestaule  die  più  sa^ier  si  volesse,  esserne  in- 
formati pei  citati  libri.  Egli  ne  |)arla  e  meritamente  come  d'  un'  opera 
ove  spiri  il  genio  di  Fidia,  evi  ravvisa  da  un  lato  la  nascita  d' Erit- 
tonio  e  dall  altro  Giove  oppvir  iNettuno,  che  di  quella  nascita  fu  prin- 
cipal  motivo.  La  doinia  ch'emana  dal  suolo  inatto  d' elevare  un  fan- 
ciullo è  Gea  la  Terra,  ed  il  pargoletto  che  presenta  a  iMinerva,Erit- 
lonio  figlio  di  Vulcano.  Son  palesi  agli  eruditi  li  sventurati  amori  di 
que  due  numi,  che  se  indecentemente  ce  ne  [pervenne  la  notizia  pei 
racconti  della  favola,  ora  ne  conosciamo  la  rappresentanza  in  un  modo 
assai  decente  e  bello.  La  Terra,  sorgendo  dal  suo  tenebroso  impero 
incivile  ed  inculta,  confida  la  sua  prole  alle  cure  più  gentdi  della  Dea 
della  sapienza.  E  Minerva  riceve  quel  pargoletto  suU' egida  sparsa  di 
stelle,  qual  Dea  della  luce,  alla  quale  il  cielo  co' suoi  astri  serve  di  a- 
bitazione  e  d'emblema  Qui  s'intende,  son  le  parole  stesse  del  eh, 
inlerpeire,  eh' è  il  cielo  sereno,  sotto  dì  cui  Erittonio  è  il  tipo  de- 
gli abitanti  dell  Attica,  il  quale  concede  all'esistenza  degli  uomini  nuove 
sorgenti  di  piacere,  ed  un  più  nobile  scopo.  Vulcano  l'immagine  del 
fuoco  terrestre  par  che  ammiri  con  piacere  il  bambino,  e  la  donna 
che  lo  presenta  a  IMinerva.  Nulla  dirò  dei  giovanetti  alati  che  sim- 
metricamente stanno  situati  svili'  ornamento  del  vaso,  parendo  a  me 
che  vi  siano  per  ornamento;  né  il  eh.  interpetre  del  vaso  vi  portò 
eh'  erudite  sue  congetture,  fra  le  quali  è  molto  plausibile  quella  che 
la  lira  sia  un  simbolo  della  iniziazione  ai  misteri  di  Cerere ,  onde 
l'uno  di  essi  rappresenti  tra  gl^ iniziati,  un  grado  superiore,  l'altro 
inferiore. 

Riguardo  alla  parte  avversa,  ondeggia  l'interpetre  nel  sospetto  di  ve- 
dervi Nettuno:  fra  le  congetture  preferisce  quella  di  Giove  che  promise 
in  consorte  a  Vulcano  IMinerva,  purché  a  lui  fosse  possibile  d' impos- 

I    Aniiales  de  l'insiitut  de  correspondence  archeologìque  annèe   iSagcaier  in,  pi. 
X,  et  XI,   p.  394. 


T\TV.     IWIIl.     LXXIV.     E    LXXV,    LXXVI.  II7 

Sfossarsene.  Giudica  Iride  o  la  ^'illoria  la  maesl osa  donna  che  gli  sta 
d'appresso.  Non  gli  suinhra  poi  nuovo  che  il  nume  qualunque  siasi, 
abbia  in  mano  la  patera  sacrilìciale .  È  nolabde  che  questo  dipinto 
è  del  numero  di  quei  che  diconsi   nuziali  '  . 

TAVOLA   LXXV. 

Qui  ravviso  la  pugna  che  gli  Dei  sostennero  contro  i  Giganti,  e 
li  vinsero  pel  soccorso  speciale  d  Ercole  ^.  intorno  a  l'aliene  in  Tra- 
cia ^  ,  o  come  altri  finsero,  nei  campi  llegrei  *  situali  nella  CaiiM)ania. 
Dal  carro  combattono  i  numi  :  Nettuno  che  ha  in  mano  il  tridente 
qui  mancante  dell'  asta,  perchè  probabilmente  fu  dipinta  altrimenti 
che  il  reslo,  e  svanita  per  antichità  di  lavoro  :  Ercole  che  dall  arco 
scocca  una  freccia  ,  essendo  coperto  di  pelle  :  Minerva  che  ben  si 
ravvisa  alla  sua  lunga  femminil  veste,  ed  in  ultimo  il  dio  iMarte  co- 
perto d'armi  guerriere:  T  una  e  l'altro  vibrando  le  loro  aste  con- 
tro i  Giganti  che  stanno  innanzi  ai  cavalli  della  quadriga,  un  dei  quali 
già  vinto  ed  ucciso  è  steso  al  suolo,  1  altro  non  ancora  ferito  com- 
batte tuttavìa  con  gli  Dei.  Mancano  entrandii  della  consueta  lor  forma 
di  anguipedi ,  probabilmente  non  accettata  che  tardi  dai  pittori  dei 
vasi  ,  mentre  altre  di  tali  pitture  di  antico  stile  come  la  presente  , 
mostrano  i  Giganti   senza  che  abbian  le  gambe  converse  in  serpenti  '. 

Il  vaso  inedito,  dov'è  questa  pittura  fu  trovato  intattissimo  nelle 
vicinanze  di  Vulci,  posseduto  dal  sig.  Dottor  Guarducci  in  Firenze. 

TAVOLA   LXXVL 

La  parte  opposta  del  vaso,  di  cui  si  è  parlato  superiormente  ha 
la  pittura  della  tavola  presente ,   ove  s' io  non  erro ,  a  legarla    col- 

I    Gerhard,  Annali  dell' instituto  di  3   Nonn.  Dionys.  lib.   xlmh,  v.   35. 

corrispondenza  archeologica,  voi.  4   Euslhat.  ad  Dionys.  Ferieg.  v.iaS. 

ni,  p.  94.  5  Tischhein,  Pillare  dì  vasi  antichi, 

a  Horal.  lib.  11,  Od.  m,  v.  6.  loiu.  ii,  lav.   20. 


1  I  <>  DEI    VASI    FITTILI 

r  altra  si  volle  rappresentar  la  vittoria  sopra- i  Giganti  celebrata  fe- 
stosamente dai  numi  alla  presenza  di  Giove.  Questi  è  sedente  collo 
scettro  dalla  sinistra,  mentre  nella  destra  dovette  avere  in  antico  il 
fulmine,  che  solevasi  dai  pittori  dei  vasi  dipingere  con  delebile  color 
bianco.  Il  poeta  Nonno,  che  pur  cantò  la  disfatta  dei  Giganti,  ne  fa 
celebrare  a  Giove  il  trionfo  '.  Qui  vedo  avanti  al  tonante  presen- 
tarsi Ercole  il  principale  eroe  dell'  impresa,  e  immediatamente  dopo 
di  lui  vien  Marte  che  v'  ebbe  gran  parte.  Ma  la  donna  mal  si  distingue 
s'  è  Minerva  1'  ausiliatrice  d'  Alcide,  o  la  Vittoria  esultante.  Quella  che 
è  dietro  a  Giove  potrebbesi  dir  Giunone,  mancante  frattanto  dei  con- 
sueti attributi.  Non  errerebbe  peraltro  chi  giudicasse  due  Vittorie 
le  due  donne  che  intorno  a  Giove  hanno  ugual  gesto  ed  ugual  co- 
stume. Apollo  il  citaredo  è  ben  distinto  anche  air  abito,  e  ben  in-s 
dicuto  a  ricondurre  l'armonìa  nelle  sfere  celesti  e  nella  natura  do- 
po i  disordini  cagionativi  dai  Giganti,  che  significano  i  cattivi  ef- 
fetti della  stagione  d' inverno.  L'  altro  nume  è  Mercurio  che  gli  an- 
tichi affigiavano  barbato,  e  coi  talari  ai  piedi.  Potrebbesi  anche  dire 
che  il  serpente  dipinto  nello  scudo  di  Marte  stia  a  rammentare  il 
Diago  polare,  mentre  in  quella  occasione  i  Giganti  scagliarono  un  gran 
serpe  contro  Minerva,  ed  essa  presolo  il  confisse  al  polo,  dove  tut- 
l'  ora  se  ne  addita  la  costellazione  ^  . 

TAVOLE    LXXVII   LXXVUI. 

Accenna  Omero  essere  stata  volontà  degli  Dei,  che  Peleo  togliesse 
Teti  per  moglie  ,  quantunque  Dea  ;  mentre  quell'  eroe  non  avrebbe 
\olontariainente  aspirato  ad  una  vinione  sì  eminente^.  ApoUodorone 
spiega  più  minutamente  il  successo,  e  dalla  di  lui  narrazione  par  che 
abbia  origine  questa  pittura.  Era  fiima  che  Giove  unitosi  con  Teti, 
da  cui  restò    incinta  d'Achille,  ne   procurasse  l'imeneo  posterioi'e 


1    Nnnn.   Dionys.  lib.  i,  v.  yoS.  3  Hotner.   lliaJ.  lib.  xxiv,  v.   538. 

>   lii^^n  Fab.  lib.  ii. 


TAW.    LXXVII    E    LWVIII.  1  I  C) 

con  Peleo,  quantunque  mortale  '.  Quindi  soggiunge  Apollodoio.  clie 
il  centauro  Chix'one  consigliò  Peleo  ad  impadronirsi  della  ninfa  divina 
con  sagace  destrezza,  né  lasciarla  andare,  per  qualunque  forma  eh  ella 
avesse  presa.  La  insidiò  difatti  Peleo,  e  quantunque  la  Dea  si  trasfor- 
masse in  acqua,  in  fuoco,  ed  in  bestia  feroce,  egli  lilennela  (incile  non 
ebbe  ri^iresa  la  di  lei  primiera  forma  di  ninfa.  Il  pittore  del  vaso,  di 
cui  si  mostra  in  questa  tavola  il  disegno  rappresentatovi,  non  potea 
meglio  esprimere  in  esso  un  tale  avvenimento,  poicliè  dipinse  Peleo 
qual  destro  giovine  preparato  alle  nozze,  in  atto  di  tenere  stretta  la 
ritrosa  Teli,  che  quasi  è  per  coprirsi  '1  volto  col  velo  per  1'  onta  di 
queir  atto.  Peleo  eseguì  ciò  per  consiglio  di  Chirone,  divenuto  il  di 
lui  suocero  con  quelle  nozze.  A  lui  davanti  Peleo  conduce  la  sposa 
quasi  che  gli  domandasse  l'assenso  della  unione  maritale,  mentre  il  cen- 
tauro coli  atto  di  stender  la  mano  dimostra  1' annuenza  paterna  del- 
l' imeneo.  E  superfluo  il  sospettar  eh'  altra  favola  sia  rappresentata 
in  questa  pittura  fuor  che  quella  di  Peleo  e  Teti  davanti  a  Chii'one. 
mentre  l'attestano  le  iscrizioni  che  vi  si  leggono  eETis  teaes  kipo^^  e 
quindi  un  nome  proprio  di  Nicostrato  coli  aggiunto  consueto  kiko- 
2TPAT02  KAA02.  Le  figure  qui  riportate  son  alte  la  metà  di  quelle  che 
vedonsi  nella  pittura  del  vaso  originale,  che  ha  fondo  nero,  e  figure 
giallastre  con  lettere  dipinte  in  bianco'  appena  visibili. 

I  vasi  che  hanla  forma  come  il  presente,  sogliono  avere  altresì  tre 
manichi,  ed  una  sola  fronte  ornata  a  figure  ;  questo  a  dill'erenza  de- 
gli altri  è  dipinto  da  due  parti,  una  delle  quali  è  descritta  nella  tav. 
antecedente.  1  altra  che  dir  si  potrebbe  la  parte  opposta  del  vaso,  a 
causa  della  inferiorità  della  esecuzione  del  disegno,  è  la  qui  delineala 
tav.  LXXVin  ,  ed  il  vaso  tracciato  sotto  di  essa  è  poco  più  della  decima 
parte  dell'  originale. 

Il  vecchio  calvo  nel  mezzo  a  due  donne  che  stanno  inatto  di  correre  o  di 
ballare  ,  è  tema  comunissimo  anche  ad  altri  vasi.  Ma  in  uno  di  essi ,  per 
quanto  appresi  da  S.  E.  il  principe  di  Canino  esimio  possessore  e  cognilo- 

1  Scoi.  ap.  Heine  Iliad.  lib.  xiii,  v.  35o,  tom.  vi,  p.  635. 


lao  Olii    VASI    FITTIU 

re  di  Lali  pitture,  uno  dì  essi,  io  diceva,  manifesta  con  epigrafe  il  nome 
del  vecchio  Tindaro,  dal  che  si  de'lnrrebhe  essere  una  delle  donne  la  fi- 
glia Elena  danzante  con  una  delle  sue  compagne  nel  tempio  di  Diana, 
dove  fu  rapita  da  Teseo,  e  portala  inAle.ie:  teina  che  or  m'avvedo 
essere  più  chiaramente  espresso  nel  vaso  che  io  inserii  nell'opera  dei 
Monumenti  Etruschi  ',  e  che  dissi  allusivo  al  corso  degli  astri  ^,  e 
che  ora  maggiormente  confermo  perla  relazione  di  quel  hallo  e  di 
quel  ratto  con  la  guerra  dei  Dioscuri,  onde  riprender  Elena,  con  al- 
tri simili  tratti  di  quella  favola,  i  quali  non  significano  in  soslanza 
che  un  continuo  levare  e  tramontare  degli  astri  -^  e  delle  conibina- 
zioni  loro  con  la  luna  :  nome  clie  in  greco  porta  con  poca  varietà 
anche  Elena  Selene  da  k).£vvj  la  risplendente,  e  'jù-h:ir>  la  luna  4. 

Chi  ha  la  mia  opera  sull'Etrusco  Museo  chiusino,  troverà  ripe- 
tute le  due  pitture  di  (questo  vaso,  ma  qui  esattamente  copiate  le 
epigrafi  di  bel  carattere  greco  da  sinistra  a  destra  per  più  diligenti 
osservazioni  da  me  fatte  sull  oiiginale  medesimo  ;  e  poiché  questo  vaso 
fu  trovato  a  Chiusi,  cosi  è  utilissimo  il  vederlo  in  questa  raccolta 
rauronlalo  con  alindi  varie  provenienze,  onde  da  tal  confronto  giun- 
gasi a  conoscere  la  vera  storia  di  tal  manifattura,  finora,  per  quanto 
sembrami,  assai  controversa. 

Secondo  il  sistema  dell'  ei  udito  Panoflva  questo  soggetto  farebbe 
parte  dei  vasi  da  nozze  ^.  Secondo  il  eh.  Gerhard  quel  nome  greco 
appellativo  Nicostrato  potrebbe  farci  credere,  che  il  vaso  fosse  stato 
in  origine  destinato  ad  un  giovine  che  si  distinse  per  qualche  vittoria 
militare  '^  ,  come  accenna  quel  nome  sciolto  in  due  voci  vixo;  cioè 
vittoria,  e  ctoxtos-  che  vai  milizia.  Ma  secondo  io  ne  penso,  potreb- 
besi  anche  sospettare  che  qui  si  facesse  plauso  alla  vittoria  comun- 
que siasi,  ma  per  allusioie  a  quella  della  virtù  che  nei  misteri  pro- 
mettevasi  di  premiare  in  altra  futura  vita. 

I    Sei'.  V,  lav-    IX.  talilfs  noms  fles  vases  grecs,  et  sur 

a  Ivi,  ser.   v,   \>.   87,  ii4'  It-urs   iisiges,    p.   5g 

3  Ivi   ser    II,   |i.   4'*''^*  ^  G<^ilKiril.   Ilipporio   volceiite  ne- 

4  Ivi,   |>.   567.  gli    AniLiii  dell' insiiiiiio  di  corri- 

5  PjiiU'ka,  lieiherciies  sur  les  \ert-  sjioii'lei'ia  ardi    voi.    iii,  p.  y8. 


121 


TAVOLA  LXXIX. 

Sarà  inutile  eh'  io  narri  qui  la  favola  troppo  comunemente  noia 
d' Ercole,  che  trovatosi  alle  nozze  di  Piritoo  con  Ippodamia,  punì  colla 
morte  non  pochi  di  quei  centauri  che  invitali  al  convito,  e  riscaldati 
dal  vino,  osarono  far  violenza  alla  sposa,  ed  alle  donne  eh'  erano  seco 
lei.  Il  giovine  annate  di  piccol  gladio  sarà  forse  Piritoo  medesimo  , 
che  mostra  in  un  tempo  il  timore  di  quegl'  inumani  mostri,  e  la  gioia 
di  vederli  atterrali  da  Ercole,  e  cosi  vendicato  1'  al  Tronto.  Noterò  per- 
tanto rapporto  all'  arte  ,  come  dal  veder  quest'  Ercole  quasi  replica 
di  quello  espresso  alla  tav.  XIV  se  ne  può  argomentare  la  provenien- 
za dei  pittori  dei  vasi  da  una  scuola  medesima  italica  o  greca.  La  stes- 
sa osservazione  potremo  trarla  dal  centauro  eh'  è  alla  tavola  XXIll. 
Questa  pittura  è  stata  tolta  dalle  Harailtoniane  '  . 

TAVOLA   LXXX. 

In  quL'sta  pittura,  ove  si  mostra  1' esercizio  ginnastico  degli  alteri, 
come  nel  susseguente,  vediamo  1' esercitatore  ammantato,  e  con  barba 
al  mento,  come  si  conviene  ad  un  provetto  istitutore  della  gioventù. 
La  biforcata  verga  da  lui  sostenuta  è  costantemente  in  mano  di  costoro, 
ch'io  dissi  nominarsi  rabdufori  ^  ,  e  chi  sa  clic  nelle  susseguenti  pitture 
o  non  vi  fosse  il  raLdoforo,  non  vedendosi  nessuno  con  manto  e  barba, 
o  il  disegnatore  non  fu  esatto  nel  porgli  tra  le  mani  la  biforcata  ver- 
ga ,  come  suol  essere  ^. 

Anche  negli  alteri  che  tengono  stretti  i  due  giovani  gimnasti,  vi 
è  da  osservare  che  non  son  della  forma  stessa  di  quei  che  vedonsi 
nella  tavola  susseguente,  a  malgrado  che  quelli  più  che  questi  so- 
miglino alla  descrizione  che  cene  ha  lasciata  Pausania.  Egli  dice  es- 

1    D'Hancarville  ,  Antiquités  etnis.  a  Museo  cbiusino  tav.    Lxsxvii. 

greq.  et  rom. ,  tirées  du  cabinet  3  Monum.  etruschi  ser.  v,  tav.  i.x\'. 

de  M.  HamilioD,  tom.  ii,  pi.  ia4. 

Fas.  T.  I.  i6 


122'  PCI    VASI    FITTILI 

sere  i  contrappesi  usati  dagli  atleti  di  figuia  circolare  allungala,  ma  non 
d  un  intiero  circolo,  avente  una  specie  di  manubrio  dove  si  caccian 
le  dita  per  tenerli  stretti  in  mano  come  nella  lorica  di  un  clipeo  '. 
Questi  alteri  del  presente  disegno  sono  alquanto  diversi  da  quelli , 
ma  pure  i  più  frequenti  che  si  vedano  in  antichi  monumenti,  come 
altre  volte  li  mostrai  ^,  dove  dissi  che  nei  ginnasi  facevan  esercitare  la 
gioventù,  tenendo  in  mano  pesi  di  piombo,  per  addestrarla  a  saltare 
in  guerra,  o  una  fossa,  o  simile  ostacolo,  ancorché  sia  grave  d  armi. 
Questa  pittura  non  è  stata  interpetrata  dall'  Hancarville  ,  che  il 
primo  la  dette  a  luce    ^,  né  da  chi  ha  riprodotta  la  di  lui  opera  4. 

TAVOLA   LXXXI. 

Non  si  creda  che  1'  antica  originale  pittura  di  questo  soggetto , 
sia  dello  stile  medesimo  che  ne  vediamo  qui  disegnata  la  copia  ;  poi- 
ché nei  tempi  scorsi  era  costume  dei  copiatori  di  tali  pitture  di  ab- 
bellirne la  copia,  onde  restasser  più  grati  all'  occhio  di  chi  li  guar- 
dava; mentre  oggidì  se  ne  fun  copie  fedeli  onde  servano  di  docu- 
menti per  la  storia  dell'  arte.  Fu  il  celebre  prof.  Tiscbein  che  copiò 
questo  soggetto  da  un  vaso  trovato  nella  Magna -Grecia,  acquistato 
dal  cav.  Hamilton,  ed  ora  passato  nel  R.  Museo  Britannico.  Il  Fon- 
tani di  Firenze  lo  illustrò  nel  tomo  IV  dell'  opera  del  Tiscbein  alla 
tav.  XLIII  delle  pittui-e  di  vasi  antichi,  e  parve  a  lui  che  1'  uno  dei 
tre  giovani  rimproverasse  I' altro  di  codardia,  quasi  sfuggisse  di  voler 
seco  lui  venire  a  contrasto;  mentre  al  terzo  giudicò  nelle  mani  due 
istrumenti  opportuni  per  la  tenzone,  e  di  forma  singolare,  opinando 
per  conseguenza,  che  rappresentassero  appunto  quelle  si  dette  sfere 
delle  quali  parla  Mercuriale  ^  ,  e  distinguendo  la  diversità  che  passa 

j   Pausati.  Eliacor.  i,  pag.    1^5.  pi.  38. 

2  Monutn.  eir.  cil.  e  Museo  chiusi-  4  David,  Antiquit.  etr.,  greques  et 
no  tav.  cxxv.  romain.  par  D' Hancarville,  lom. 

3  D'  Hancarville  ,   Antiquit.  etrusq.  n,   pi.   38. 
greques  et  romaines,  lirées  du  ca-  5  Lib.   ii,  cap.  g.    ■ 
buiet  de    M.   Hamilton  tom.  ii  , 


TAVV.    LXXXl    E    LXXXII  .  1 '23 

tra  il  pugilato  e  l'esercizio  del  cesto,  e  che  si  usavan  dai  pui^ili  '. 
Ma  il  Zaniioni  con  doltrina  migliore  seppe  quivi  riconoscere  un  gin- 
nasio, dove  r  esercitatore  (T^anòo-^ipr,;,)  con  verga  '^  addestra  due  gio- 
vani nel  salto.  L'  uno  ha  nelle  mani  quei  pesi  che  i  Greci  chiamano 
cù.-:infa.i^  l'altro  ne  è  privo,  mentre  ricava  da  Aristotele  ^  che  salava- 
no anche  senz'  alteri  nelle  palestre.  Non  dovea  peraltro  il  Fontani , 
secondo  lui,  giudicarli  sfere,  colle  quali  si  vuole  che  talora  i  pugiH 
combattessero  4 ,  mentre  la  sfera  è  nota  per  un  corjio  rotondo  ,  e 
questi  strumenti  son  piatti,  e  minori  d'  un  semicerchio.  Sehhene  in 
altri  monumenti  non  compariscano  alteri  di  questa  forma  ^  ,  pure  il 
Zannoni  *>  li  ravvisa  assoggettati  alla  dcsciizioiie  che  ne  fa  Pausania  ', 
sopra  di  che  posso  esser  breve,  perché  ne  ho  ragionalo  in  altre  mie 
opere  ^  ,  ove  chi  vuole,  potrà  vedere  alteri  di  forme  assai  varie. 

TAVOLA    LXXXII.        : ,  j     -    :         '    ■     , 

Ho  sospetto  che  questa  rappresentanza  fosse  dipinta  nella  parte 
opposta  d'  un  vaso  dov'  era  1  antecedente,  giacché  vi  trovo  il  giuoco 
del  disco,  ordinariamente  (Igiuato  nei  monumenti  dopo  quello  del  sal- 
to 9  .  Su  questa  pure  il  Zannoni  scrisse  dopo  il  Fontani  quanto  se- 
gue «11  soggetto  di  questa  pittura  é  un  esercitatore,  il  quale  con 
verga  istruisce  un  discobolo  che  tiene  il  disco  nella  sinistra  ,  e  in 
quella  il  tien  pure  il  discobolo  del  Museo  Pio  dementino  '°,  che  é 
in  atto  di  disporsi  a  scagliarlo;  e  quel  dottissimo  espositore  disse  solo 
ad  a  ragione,  non  essere  ancora  esso  disco  passato  nella  destra,  che 

1  Fontani,  Pitture  di  vasi  antichi  6  Illustrazione  di  due  urne  etr.  e 
posseduti  dal  cav.  Hamilton,  ed.  di  alcuni  vasi  Hamiltoniani,§  viii 
Goreulina,  toni,  iv,  p.  62.  p.    108. 

2  Ved.   Lanzi    de' Vasi  antichi,   p.  •j  Pag.  ^\6  ap.  Zannoni  rit. 

ai 5.  8  MoDum.  etr.  ser.  v.   tav.  lxx  p. 

3  De  animai  inces.  e.  3.  Op.  tom.  i,  629.  ed  etr.  Museo  chiusino  tav. 
p    734.  cxxv. 

4  Mercuria!,  cit.  9  Ved.  Etr.  Museo  chiusino  ,    tav 

5  Ved.  la  tav.  antecedente    e  sua  cxxvi,  p.    120. 
spiegazione.          •  10  T.  3,  tav    26.     ■ 


1^4  DEI     VASI    FITTILI 

lo  dee  gittare.  Sembra  che  il  nostro  discobolo  sia  ai  primi  rudimenti 
dell'  arte  sua,  avvezzandosi  a  sostenere  raccoltolo  da  terra  ,  il  pesante 
arnese,  e  facile  per  la  levigatezza  ad  uscir  di  mano. 

TAVOLA  LXXXm. 

Ci  è  noto  per  altre  pitture  antecedentemente  osservate  il  salta- 
tore con  alteri ,  o  contrappesi  ',  ma  finora  noi  vedemmo  accompa- 
gnato da  musica ,  sebben  sappiamo  che  alcuni  esercizi  del  ginnasio 
erano  accompagnati  dalla  misura  del  tempo  per  opera  del  suono  di 
tibie  '.  Qui  per  altro  voglio  notare  il  vestiario  singolare  del  suo- 
natore, al  qual  proposito  riporto  un  articolo  del  non  mai  abba- 
stanza lodato  Millin  ,  il  quale  sembra  in  certo  modo  riferii'si  più  a 
questa  pittura  che  a  quella  per  la  quale  fu  scritto.  "  Questa  veste, 
egli  dice ,  pare  che  fosse  nominata  sirma  :  specie  di  tunica  non  più 
larga  della  circonferenza  del  corpo  ,  ma  molto  lunga  ;  il  suo  nome 
derivava  dal  verbo  "u/jw  (  suro  )  io  tiro,  poiché  lo  strascico  di  tal 
veste  era  sì  lungo ,  che  strisciando  soverchiamente  per  terra ,  era 
d'  uopo  tirarlo  a  se.  Polluce  ^  dichiara  che  il  sirma  era  una  veste  tra- 
gica ,  la  quale  differiva  dall'  ortostado  lungo  soprabito  anche  esso 
speciale  dei  musici  che  parimente  stava  attaccato  al  corpo  senza  aver 
pieghe ,  ma  nel  tempo  stesso  era  usato  anche  nei  teatri.  Noto  io 
per  tanto  che  questa  veste,  e  non  quella  mostrata  dal  Millin,  ha  la 
decantata  soverchia  lunghezza  ,  ed  aggiungo  d' aver  vedute  molto 
ornate  quasi  sempre  le  vesti  dei  tibicini.  Questa  pittura  la  trassi  dal- 
l' Hancarville  '*. 

TAVOLA  LXXXIV. 

Giudicherei  che  qui  piuttosto  che  gareggiare,  si  preparasse  una 
gara  di  atleti ,    mentre  le  molte    aste  che   vi  campeggiano  mancano 

I   Vedi  le  tavv.  lxxx,  lxxxi  ed  E-  i.  PI.  xxxvi.  pag.  6S,  noi.  (io). 

trusco  Mus.  Chius.   tav.  cxxv.  3  Ouomast.  vii,  ò'g. 

a  Millin  Peint.  de  Vas.  antiq.  lum.  4  ^P-  (^i'-  ^om.   i,  pi.  |34> 


TAVV.    LXXXIV    E    LXXXV  .  123 


di  chi  s'eserciti  nel  dardeggiare,  né  il  giovine  che  due  ne  tiene  in 
mano  ,  e  nel  tempo  slesso  un  altere,  potrebbe  occuparsi  di  due  mol- 
lo diversi  esercizi  in  un  allo  medesimo.  11  discobolo  par  che  mo- 
stri il  momento  di  passare  il  discoda  una  mano  all'altra,  come  fa- 
cevasi  prima  di  gettarlo ,  per  cui  vedesi  talvolta  i  ginnasti  avere  il 
disco  nella  mano  sinistra ,  mentre  per  certo  getlavasi  colla  man  de- 
tra.  Il  precettore  del  ginnasio,  eh' è  quell'uomo  ammantato  davanti 
ai  giovani  atleti,  non  suol  mancare  in  simili  composizioni  dei  dipin- 
ti di  vasi  fittili.  Io  lo  chiamerei  rabdoforo ,  ancorché  la  di  lui  asta 
che  ne  da  il  segno ,  non  sia  biforcata  ,  perchè  forse  qvii  affettasi 
un  inesatto  arcaismo.  Ouesta  pittura  ha  figure  nere  in  campo  gial- 
lastro ,  ma  non  la  credo  servilmente  copiata  nel  suo  vero  stile.  Il 
d'  Hancarville  fu  il  primo  a  farcela  nota  ',  ma  non  con  interpetrazione. 

TAVOLA   LXXXV. 

Ecco  un  esempio  di  un  discobolo,  che  ha  tutt'  ora  il  disco  nella 
man  sinistra  per  gittarselo  nella  destra,  e  scagliarlo  con  forza.  Il  pre- 
cettore sta  assiso  a  lui  davanti,  con  la  bacchetta  biforcata  ,  di  che 
non  mancano  esempi  in  questa  raccolta  2.  Io  lo  nominai  un  rabdo- 
foro anche  quando  assistente  lo  ravvisai  presso  alcuni  giuocatori  del 
pugilato  3.  Trassi  questa  pittura  di  figure  rosse  in  fondo  nero  da 
un'  altra  numerosa  raccolta  di  simili  monumenti  4 ,  e  1'  ho  inserita 
qui,  nonostante  altre  repliche  di  simile  soggetto  ginnastico,  in  con- 
ferma, che  tali  rappresentanze  ,  secondo  il  parere  anche  dei  più 
celebri  archeologi  moderni ,  possono  referirsi  alla  virtù  del  defun- 
to ^ ,  col  quale  furono  sepolti  :    virtù  che  a  parer  mio  debbe  aver 


I   Aatiquités  etrusques,  grcques    et  4  D'  Hancarville  opera  eli. 

romaines  tìtées  du  gabinet  de  M.  lom.  iv.  pi    66. 

Hamilton  totn.  i,  pi.  68.  5  Gerhard    Annali    dell'  istituto  di 

^  Ved.  lav.  lxxx.  corrisp.  arch.  ann.  i83i,  p.  3aa. 
3  Etrus.   Mas.  Chias.  tav   Lxxxvii. 


Ìl6  DEI    VASI    FITTILI 

meritato  al  predetto  defunto  un  premio  nell'  altra  vita,  come  inse- 
gnavasi  nei  misteri. 

TATOLA    LXXXVI 

Il  motivo  che  muovemi  a  riprodur  qui  la  bella  composizione  di 
questa  antica  pittura  è  piuttosto  per  averne  da  altri,  che  per  darne 
io  stesso  una  sodisfacente  interpetrazione.  Infitti  sebbene  altre  due 
volte  sia  comparsa  coi  rami  al  pubblico  '  ,  pure  se  n'  è  finora  taciuto 
allatto  il  significato  :  argomento  bastante  a  supporlo  non  facile  a  pe- 
netrarsi. La   simmeti'ica  disposizione  delle  figure  può  far  sospettare 
che  vi  sia  rappresentata  una  pompa  o  processione,  ed  il  vedervi  mi- 
schiato qualche  satiro,  ci  autorizza  a  supporla  di  bacchica  pertinenza: 
altro  maggior  ostacolo  per  indovinarne  il  positivo  soggetto,  mentre 
tali  feste  si  celebravano  sì  variamente  in  tanti  paesi  diversi ,  da  non 
permetterne   dei  positivi  confronti .   Ciò   nonostante    se  prendiamo  a 
raffrontarne  la  disposizione  delle  figure  colla  descrizione  che  leggesi 
sparsamente  delle  feste  oscoforie,   vi  troveremo  qualche  analogia.  Fu- 
rono esse  istituite  in  Grecia  da  Teseo  in  onore  di  Arianna  e  di  Bac- 
co, da  celebrarsi  in  autunno  ^  .  Qui  sembra  il  nume  in  atto  di  salir 
sul  carro  per  la  partenza  ;    e   la  donna    che    par   diretta   in  diverso 
senso,  può  essere  Arianna  da  lui  abbandonata.   Nella  pompa  oscoforia 
interveniva  una  coppia  di  giovani  vestiti  da  donne,  ed  alcune  matro- 
ne che  figuravano  le  madri  di  coloro  che  la  sorte  avea  destinati  per 
esser  vittime  del  Minotauro   ^.   Nella  pittura  vedo  altresì  una  coppia 
di  giovani  che  sebbene  all'  abito  sembrino  donne  ,  pure  alla  foggia 
che   tengono  i  lor  capelli  ,  si  ravvisano  per  due  giovanetti  .   Difatti 
innanzi  a  loro  sono  altre  due  donne  che  hanno  i  capelli  acconciati 
in  modo  conveniente  al  lor  sesso,  e  ben  diverso  da  quel  che  vedesi 
agli  altri  due  nominati.  Nella  descrizione  di  quella  pompa  si  parla 

I    D'ILiioarvilIe.  Op.  cit.  tom.   ii.pl.  a   Proci,  ci   Fiutare. 

8').  e  l'altra  ediz.  in   Diinor  sesto  3   Plutarc.   in  Tlies. 

pubblicala  dal   David  in  Parigi. 


TAVV.    LXXXVI,    LXXXYll.  1  27 

di  un  araldo  che  la  precede,  ed  un  araldo  comparisce  prima  d'ogni 
altra  figura  in  questo  disegno.  Si  legge  che  un  coro  accompagnava 
gli  anzidetti  personaggi,  cantando  gì'  inni,  e  saran  qui  le  altre  figure 
che  vi  si  vedono  dipinte.  In  fine  si  dice  là  ',  come  qua  si  vede,  che 
i  componenti  la  pompa  portano  dei  rami  di  vite ,  non  escluse  le  donne. 
Qui  mi  arresto  per  un  istante  a  riflettere  sulle  maniere  variatis- 
sime  usate  dagli  antichi  artisti  a  rappresentare  emlilematicarnente 
l'autunno  o  a  rammentarne  1'  equinozio  con  pitture  di  cento  e 
cento  soggetti  nei  vasi  che  ponevano  dentro  i  sepolcri.  S'  io  detti 
nel  segno  ravvisando  qui  una  rappresentanza  delle  feste  oscofoiie , 
ben  s'  intende  com'  esse  vi  stiano  a  determinare  il  tempo  di  loro 
celebrazione  che  di  sopra  dicemmo  essere  stato  verso  1'  equinozio  au- 
tunnale ,  mentre  credevasi  degl'  iniziati ,  che  in  quel  tempo  le  anime 
scendessero  verso  le  regioni  inferiori ,  o  più  esplicatamente  all'  in- 
ferno ,  che  pei  filosofi  era  la  terra.  Noi  sappiamo  che  gli  astrologi 
antichi  fissavano  all'  ottavo  erado  della  celeste  costellazione  della 
Bilancia  la  situazione  di  Stigie  nel  cielo  ,  e  Firmico  slesso  che  ce 
ne  dà  la  notizia,  ci  avverte  che  per  questo  nome  di  Stigie  sia  pro- 
priamente indicata  la  terra  ^  ,  e  quindi  s' intende  che  vuoisi  men- 
zionare in  quella  occasione  la  discesa  delle  anime  verso  la  materia 
terrestre.  Vorrei  che  mi  si  facesse  vedere  come  questa  nostra  pit- 
tura più  attamente  alluder  possa  alla  vittoria  J'  un  atleta,  a  cui  fos- 
se destinata  in  premio  di  sua  vittoria,©  ad  una  sposa  novella,  come 
da  molti  è  supposto ,  puttostochè  a  semplice  memoria  del  passaggio 
dell'  anima  da  uno  stato  all'  altro,  come  io  penso  con  altri. 

TAVOLA    LXXX\1I. 

Soddisfo  alla  promessa  da  me  annunziala  spiegando  la  tav.  LXVI, 
ove  detti  un  cenno  del  mirabile    giuoco  eseguito  da  una  donna  la 

I   Fètes  et  rourlisanes  de  la  Grece  §  iv,  p.   aSi. 

tom.  Il,  lib.  IV,  fùtes  de  Bacchus  2  Firmic.  1.  vuj,  e.   la. 


128  DEI    VASI    FITTILI 

quale  par  che  cammini  rivolta  in  sé  medesima  nel  diflìcile  sentiero  e 
pericoloso,  perchè  ingombralo  da  spade.  L'  allegoria  portata  in  quella , 
come  in  questa  pittura  comprende  ,  a  tenore  di  quanto  eruditamen- 
te se  n'  esprime  il  dottissimo  Christie  ',  il  significato  della  vicissitudine 
dì  decadenza  e  riproduzione ,  cui  secondo  le  nozioni  degli  antichi , 
la  natura  andava  soggetta  in  pei"petua  rivoluzione.  L'  ordine  della 
natura  è  inverso  per  un  momento  ,  ma  per  uno  sforzo  delle  mem- 
bra, il  corpo  sembra  sul  punto  d'  esser  tornato  alla  sua  propria  at- 
titudine. Questi  giuocatori  eran  detti  cubisteri ,  significando  rivol- 
gimenti; quindi  anche  i  dadi  potevano  avere  ed  avevano  un  signi- 
ficato medesimo.  L'  editore  pubblica  questo  vaso  della  collezione  di 
Townley  per  mostrar  colla  sua  pittura  la  probabile  connessione  dei 
vasi  fittili  dipinti  e  chiusi  nei  sepolcri  cogli  spettacoli  dei  mistei'i 
del  paganesimo.  Il  Millin  riprodusse  questa  pittura  ,  e  nello  spiegale 
la  tavola  seguente  ne  dirò  il  motivo. 

Io  non  so  poi  come  il  sig.  Christie  si  persuada  che  la  pittu- 
ra presente  possa  illustrare  alcune  righe  d'  Omero,  dove  nella  sua 
descrizione  della  danza  cretense  sullo  scudo  di  Achille  introduce 
due  giuocatori  in  mezzo  al  circolo  che  formava  le  lor  feste  in  ca- 
denza ,  e  a  tempo ,  mentre  i  giovani  e  le  donne  ballavano  intorno 
ad  essi  ^. 

TAVOLA    LXXXVm. 

Spetta  senza  dubbio  al  culto  di  Bacco  la  pittura  qui  espressa  , 
ma  qual  parte  delle  cerimonie  o  spettacoli  de'  suoi  misteri  vi  si 
debba  intendere,  credo  che  ormai  noi  sapremo  altrimenti.  Il  MUlin 
che  il  primo  ha  prodotta  alle  stampe  questa  pittura,  la  nomina  un 
baccanale,  il  cui  vaso  dov'  è  contenuta,  è  nel  gabinetto  d' una  biblioteca 


1   Disquisitìons    upon    the    p-ilnted  eleusioian    and    other    mysteriea, 

greek  vases.  and    their    probable  Lond   i8a5.  Piate  i,  p.  5i. 

conneciion  with  ihe  shows  of  the  i  Loc.  cit. 


TAV.    LXXXVIII.  TQC) 

dì  Parigi  '.  Egli  rlice  esser  Bacco,  o  un  iniziato  che  lo  rappresenta  ,  quel 
giovine  eh'  é  nel  mezzo ,  ed  un  satiro  colui  che  ha  una  cassetta  in 
mano  ,  davanti  a  se ,  su  di  che  non  si  può  muover  questione.  Che 
poi  la  indicala  cassetta  sia  tale  realmente  ,  e  sien  uova  quelle  che 
vi  si  vedono ,  o  frutti ,  come  egli  crede,  o  che  quell'  utensile  abbia 
per  piede  un  fusto,  su  cui  ruotar  debba,  e  foi'marne  un  giuoco,  e 
tenere  il  tutto  sulla  punta  d'  un  dito ,  battendo  leggermente  colla 
man  sinistra  per  farlo  girare:  ecco  ciò  che  non  oserei  sostenere.  A 
tal  proposito  cita  egli  la  pittura  che  qui  ho  riportata  prima  di  que- 
sta,  onde  provare  che  molli  vasi,  com' egli  osserva  "",  conlengon  pit- 
ture che  rappresentano  giuochi  di  forza  o  destrezza.  Io  credo  j  er 
altro  che  tali  giuochi  vi  siano  soltanto  dove  possono  esser  simbolo 
di  qualche  misteriosa  dottrina. 

Tra  la  figura  del  satiro  e  quella  di  Bacco  è  una  Menade  con 
atteggiamento  conveniente  al  di  lei  carattere .  Dall'  altra  parie 
è  una  donna  sedente  forse  Libera  con  la  corona  regalatale  da  Vul- 
cano ,  o  forse  la  sposa  dell  iniziato  che  va  come  lui  a  partecipar 
dei  misteri,  e  in  figura  di  Libera.  La  cassetta  contiene  gli  ornamenti  ne- 
cessari per  la  iniziazione  ,  e  svolazza  davanti  a  lei  quella  figvu-a  alata 
che  il  prelodato  Millin  ha  sempre  nominalo  il  genio  dei  misteri  ^. 

Qui  per  altro  mi  faccio  lecita  1'  osservazione  che  se  il  giovine 
in  figura  di  Bacco  dovesse  mostrarci  lo  sposo  della  donna  sedente, 
lo  vedremmo  in  altro  costume  da  quel  che  trovasi,  mentre  sappia- 
mo che  i  Greci  non  mosti'avansi  nudi  nel  mondo,  poich'era  qvie- 
sto  un  costume  soltanto  attribuito  ai  loro  eroi  ,  e  quindi  era  in  uso 
presso  gli  atleti,  nelle  cui  tenzoni  alle  donne  esser  solea  vietato  l' in- 
gresso. Attenderei  altresì  maggior  numero  di  documenti  ed  osser- 
vazioni per  ammettere  senza  contrasto  che  T  oggetto  tenuto  in  mano 
dalla  donna  sedente  sia  veramente  una    cassetta  con  ornamenti   ne- 


1   Millin,   Peiniures  de  Vasps  ontl-  2  ^Tillin,  Op    cit.  T,  n,  p.  gfi,  note  i. 

ques     vulgairctnfnt   npprlés  elru-  3   Millin.   Op,  cit.  T   l,   p.    77,(10) 

sques  T.   lì,  pi.  xLvm.  '  78,   79,  to»,   log. 

ras.   T.  I.  J7 


l3o  DEI    VASI    FITTILI 

cessari  per  la  iniziazione.  Chi  mai  tra  gli  scrittori  fece  moti  o  alcuno 
su  tali  ornamenti?  Come  si  prova  che  gì' iniziati  avean  particolari  or- 
namenti che  seco  traevano  nel  portarsi  ad  esercitarne  il  cullo?  Mi 
piace  oltremodo  la  frase  dubbia  colla  quale  il  culto  espositore  pro- 
pone che  la  donna  sedente  esser  debba  la  sposa  d'  un  iniziato,  che 
insieme  collo  sposo  va  a  partecipare  dei  misteri.  Quel  satiro  qui  di- 
pinto ,  figura  senza  dubbio  ideale,  mi  dà  luogo  a  supporre  con  qual- 
che fondamento  che  le  altre  figure  ancora  siano  ideali  ,  né  trovo 
alcun  fondamento  per  supporre  che  dov'  è  indizio  di  baccanale  ,  come 
attamente  ha  giudicato  esser  questo  intero  soggetto  il  prelodato  Mil- 
lin,  sianvi  poi  due  coniugi  che  vanno  ad  iniziarsi.  Io  son d'opinione  che 
il  mezzo  delle  congetture  sia  inevitabile  ad  intendere  in  fine  queste 
pitture  de'  vasi .  ma  faccia  d'  uopo  d'  una  moderazione  immensa  per 
usarne  con  qualche  profitto.  Rispetto  a  questa  pittura  meno  che  non 
si  avanzi  la  congettura  che  delle  due  figure  in  questione  se  1'  una  è 
Bacco ,  1  altra  sia  Libra,  come  ha  giudicato  a  primo  aspetto  anche  il 
Millin  ,  altro  di  meglio  per  ora  non  sia  da  dire.  E  per  creder  Libera 
quella  donna  sedente,  non  avremo  altro  appoggio  che  1' esempio  fre- 
quente che  in  queste  pitture  bacchiche  i  due  numi  si  trovano  spes- 
so uniti. 

TAVOLE     LXXXIX,  E  XC. 

Era  ben  naturale  che  nella  moltitudine  di  queste  pitture  de'  fit- 
tili se  ne  doveano  incontrar  di  quelle  che  io  dissi  in  altr' opera  es- 
ser frequenti,  perchè  rappi'esentative  più  al  vivo  della  sorte  delle 
anime  umane,  presso  a'  cui  corpi  si  trovan  sepolti  i  lor  vasi  "  .  Difatti 
nel  vaso  eh  io  prendo  in  esame,  son  due  pitture,  una  ènei  corpo, 
eh'  è  qui  alla  tav.  LXXXIX,  1'  altra  nella  spalla  del  vaso  stesso  che 
qui  si  vede  alla  tay.  XC.  \i  si  rappresenta  una  caccia  ed  una  corsa 
d  un  cocchio,  come  pure  il  soggetto  medesimo,  quantunque  alquanto 

I   Monum.  etr.  ser,  v,  lav.  ltu,  p.  5yS. 


TAVV.    LXXXIX    XC.  l3l 

variamente  trattalo  è  nel  vaso,  ch'io  spiegai  altra  volta  '.  Qui  dun- 
que sarò  breve  nell' esprimermi ,  giacche  fui  diiruso  in  alu' opera, 
dove  trattai  questo  soggetto  medesimo,  dicendo  in  sostanza  ,  che  la 
rappresentanza  consisteva  nell'  unione  di  tre  azioni,  cioè  nella  caccia, 
nella  corsa  ,  e  nell'  azione  d  un  cocchio.  In  fatti  alla  lav.  LXXXIX 
noi  vediamo  due  uomini  a  cavallo  armati  di  doppia  lancia,  come  era 
proprio  de  cacciatori.  Hanno  indosso  brevi  clamidi  ,  come  si  con- 
viene a  chi  dee  frequentar  le  selve  coi-rcndo;  hanno  in  capo  il  cnj)- 
pello,  secondo  il  costume  di  chi  viaggia.  Uno  dei  cacciatori  è  a  piedi 
qual  subalterno  scudiere,  come  s  usa  alle  cacce;  uno  de'  cavalcanti 
ha  lo  scudo  dietro  le  spalle,  che  mostra  non  essere  per  anco  giunto 
al  proprio  destino,  dove  aiirontare  la  belva  nemica;  in  line  i  due  cani 
dan  troppo  manifesto  segno  di  caccia  per  non  esservi  luogo  a  du])l)io. 

Dissi  per  tanto  ad  eifetto  di  meglio  dilucidare  il  significalo  della 
pittura  d'altro  vaso,  dove  era  pure  una  caccia;  che  quella  alludeva 
alla  stagione  d'autunno,  mentre  anche  nelle  celesti  costellazioni  au- 
tunnali è  finta  in  vari  modi  la  caccia.  Ivi  è  il  centauro  con  la  preda 
d'  un  lepre:  ivi  è  il  sagittario  che  scocca  un  dardo  a  qualche  fiera: 
ivi  è  domiciliata  Diana  la  cacciatrice:  ivi  è  per  alcune  sfere  il  solo 
dardo,  che  spetta  principalmente  alla  caccia,  e  inclusive  la  caccia  del 
cignal  Caledonio,  e  di  quel  d' Erimanto  è  tra  le  favole  rammentate 
in  autunno.  Dissi  altresì  che  in  quella  stagione  eseguendosi  alcuna 
religiosi  riti,  rispetto  alla  discesa  delle  anime,  secondo  insegna  anche 
Sallustio  il  filosofo  ^  ,  cosi  le  cacce  furon  dipinte  nei  vasi ,  de'  quali  si 
dovea  far  mostra  soltanto  allorquando  si  onorava  il  cadavere  presso 
al  quale  ponevansi.  Nel  vaso  che  esposi  nell' altra  mia  opera,  ove  da 
una  parte  vedevasi  rappresentata  una  caccia,  eravi  dall'  altra  la  pit- 
tura d'  un  carro  tirato  dai  cavalli,  e  guidato  da  un'  auriga  con  servi 
e  circostanti  all'  intorno,  ma  i  cavalli  ed  i  servi  mostravano  d  .andare 
a  passo  lento.  Qui  alla  tav.  XC  vedesi  parimente  un  carro  tratto  da 
veloci  cavalli   che  guida  parimente  un'auriga,  e  a  lui  davanti, come 

1  Monum.  etruschi  citali.  a  De  Diis  et  mundo,  cap.  iv,  p.  a-fg. 


l32  DEI    VASI    FITTILI 

anche  dietro  al  carro    vetlonsi  due  figure  ammantate   con  biforcate 
verghe,  appunto  come  usano  i  rabdofori  nei  ginnasi  '. 

A  primo  aspetto  i  due  soggetti  d  una  caccia  e  d' un  carro  sem- 
brano aifatto  disgiunti  I' uno  dall'altro,  mentre  non  par  che  siavi  re- 
lazione tra  una  caccia  che  fassi  all'  aperta  campagna  ,6  1'  esercizio 
della  corsa  nel  cocchio  eseguita  in  un  ginnasio,  ma  vi  si  troverà  con- 
nessione se  pensiamo  che  ambedue  concorrono  a  formare  un  intiero 
concetto  allegorico.  La  caccia,  com'io  dissi,  e  ripeto,  significa  l'atti- 
vità della  vita  umana  impiegata  in  esercizi  virtuosi  del  corpo,  acciò  s'in- 
tenda che  1  anima  pure,  a  somiglianza  del  corpo,  deve  occuparsi  nelle 
morali  virtù,  e  nel  tempo  stesso  questo  speciale  esercizio  rammenta 
il  tempo  d'autunno,  in  cui  si  praticavano  cerimonie  rituali  rispettò 
al  passaggio  delle  anime  al  godimento  del  bene. 

Nel  secondo  soggetto  ;  dov'  è  la  veloce  corsa  di  una  quadriga  , 
mentre  si  allude  alla  furia  dei  dannosi  venti  che  spiiano  all'  entrar 
dell'  inverno  ^  ,  vale  a  dire  in  autunno,  eh' è  il  tempo  del  suffragio 
delle  anime,  come  io  provai  abbastanza  nella  spiegazione  delle  pit- 
ture dell'  alti'o  indicato  vaso,  si  rappresenta  altresì  nell'  uomo  eh'  è 
in  cocchio,  un'anima,  che  passata  all' altra  vita,  scorre  il  cielo  portata 
come  gli  astri  in  un  carro,  ivi  godendo  una  pacifica  beatitudine  ^. 
Or  questa  pittura  medesima  di  un'auriga  davanti  al  rabdoforo  cor- 
rendo in  furia  forse  per  gara  di  vincere,  mi  si  allegherà  come  prova 
che  questi  vasi  davansi  per  premio  di  vittoria  a  quella  corsa,  per 
cui  la  corsa  medesima  v'  era  dipinta.  A  tal  proposta,  domanderò  pri- 
mieramente, perchè  mai  una  caccia  è  il  soggetto  principale  della  pit- 
tura del  vaso?  Secondariamente  addurrò  iu  conferma  del  mio  sup- 
posto, che  i  due  soggetti  qui  espressi  alludono  all'anima  ,  la  quale  dopo 
l'esercizio  delle  virtù  morali  simboleggiate  dalle  corporali  della  cac- 
cia e  corsa  va  a  goderne  il  premio  ,  beatificata  fra  gli  astri,  che  pur  si 
fìngono  scorrere  il  cielo  su  de' carri  4  .  Difatti  i  medesimi  soggetti  di 

I    Ved.   lavv.  i.xxx,   Lsxxiv,  lxxxv-  4   Casslodor.   ap.  Panvin.  de    ludib. 

»  Moiiuui.  etr    tit.  (>.   56o ,  e   byo,  circens.,  1.  i,  e.  vii,  p.   la. 

3  Ivi  ser.  v,   p.   tijS. 


TAVV.    LXXXIX,    XC,    XCI    E    XCII.  1 33 

cacce,  e  di  corse  nei  carri  li  trovo  più  volte  ripetuti  nelle  pitture  delle 
tombe  ',  che  sicuramente  non  dij)ingevan.si  per  cedersi  in  premio  ai 
vincitori  delle  palestre  o  dei  circhi. 

Questo  vaso  inedito  spetta  al  sig.   Dottor  Guarducci  di  Firenze, 
ed  è  di  finissima  fattura,  trovalo  negli  scavi  di  Vulci. 

T  A  ^'  0  L  E  XCI  E  XCII. 

Il  culto  La-Borde  nella  sua  magnifica  ojìera  de'  vasi  greci  pos- 
seduti dal  conte  di  Lambcrg.  dà  la  intiera  pittura  di  un  vaso  a  cam- 
pana che  ha  tutt' in  giro  due  ranghi  di  pitture.  Nella  superior  parte 
vi  si  vede  il  bellicoso  contrasto  tra  i  Lapiti  e  i  Centauri  che  io 
riporto  nella  grandezza  medesima  dell'  originale  alle  due  (avole  XCI 
e  XCII.  L'  espositore  del  monumento  assai  dottamente  si  dilTonde  sulla 
figura ,  derivazione  e  significato  dei  centauri  presso  gli  antichi  ;  di 
che  appena  darò  qualche  cenno,  poiché  volendone  maggiori  notizie  si 
ricorra  pure  all'  originale  eh' è  pieno  di  merito.  Qui  dirò  brevemente  in 
suo  nome  essere  stato  creduto  che  i  centauri  non  fossero  che  sim- 
boli geroglifici,  i  quali  avessero  qualche  rapporto  alla  nascita  dell'  equi- 
tazione ,  del  che  e'  informa  d^  averne  più  estesamente  trattato  altrove. 
Aggiunge  poi  che  in  fine,  quando  1'  arte  de' segni  fu  semplicizzata, 
il  centauro  geroglifico  fu  allora  privato  della  sua  groppa,  e  presa  più 
latamente  umana  figura  divenne  un  uomo  stante  su  due  piedi  equini. 
Reca  pure  qualche  osservazione  nel  nome  centauro  ,  e  lo  trova  d'  uso 
moderno  ,  mentre  in  antichi  tempi  ebbe  soltanto  quello  di  mostro 
fr.ptov^  come  si  trae  principalmente  da  Omero  ^;  e  non  trascura  1' av- 
vertenza che  Nonno  Panopolita  pone  i  centauii  nel  seguito  di  Bac - 
co  ^;  sopra  di  che  fonderò  io  pure  un  nuovo  argomento  per  mostra- 
le  anche  il  soggetto  di  questo  m'o  non  disgiunto  dagli  altri  fittili 


I    Annali   dell' inslitiuo    tavv.  xxiii  ,  a    Iliad.    lib.  i,  v.  a68,   1.  li,   v.  743. 

xxxui,  i83i.  3  Dionys.  lib.  xiv- 


l34  DEI    VASI    FITTILI 

dipinti  che  troviamo  nei  sepolcri,    quasi    sempre   di  bacchica    rap- 
presentanza. 

Dopo  le  indicale  osservazioni  passa  V  erudito  espositore  all'  esa- 
me della  pittura  ,  al  cjuale  dà  incoininciaiiiento  da  un  uomo  che 
stando  presso  ad  una  porla,  è  in  atto  d  inseguire  alcuno,  ed  è 
armato  di  gladio  .  Il  nome  niii'ieos  che  legge  presso  tal  figura  fagli 
prova  bastante  che  qui  si  rappresentano  le  nozze  di  Piritoo  tur- 
bale dalla  brutalità  dei  centauri.  «  Quel  nome  di  Piritoo  ,  son  parole 
del  dotto  interpetre ,  farebbe  credere  eh'  egli  fosse  il  solo  perso- 
naggio importante  di  questa  favola  ,  ma  pure  altri  se  ne  distinguo- 
no neir  attitudine  stessa  che  loro  dà  Ovidio  ». 

"L'uomo  eh' è  dietro  al  centauro  presso  a  Piritoo  è  forse  Teseo, 
che  Ovidio  rappresenta  in  atto  di  massacrare  con  clava  un  centau- 
ro '  » .    Ed  in  vero  io  pure    osservai    costantemente    rappresentato 
quest'  eroe  con  sembianze  giovanili  ed  imberbe  ,    e  sempre   armato 
di  clava  ,  poiché  si  propose  d'  imitare  Ercole.    L'  uomo  a  contrasto 
con  quel  medesimo  centauro  è  giudicato  Peleo ,  che  fora  il  ventre 
all'  immane  avversario,  come  pur  canta  Ovidio  ^.  Accosto  a  quell'  eroe 
v'  è  un  gruppo  d'  un  centauro  assalito  da  due  Lapiti ,  un  de'  quali 
è  nominato  Ampoce  dal  suo  spositore:  non  so  per  altro  s'  è  quegli 
che  ha  in  mano  il  tridente  ^  .    Cos'i  altri  Lapiti  stanno  in  micidiale 
zuiTa  coi  centauri  loro  avversari,  de'  quali  non  è  facile  assegnare  il 
nome.  Né    1'  espositore  dà  per  sicuri  i  pochi  nomi  qui  notati ,    ma 
solo  accennali    per    certa  analogia  di  racconto.    V  é  di  più  che  la 
sala  é  decorata  come  Ovidio  la  descrive  ,  giacché  il  combattimento 
mirasi  avere  effetto  su  i  letti  dei  triclini  mensali,  tra  i  bicchieri  ed 
i  gran  vasi,  che  vedonsi  per  lo  scompiglio  spezzati  ,    ov'  era  il  vino 
che  dette  motivo  al  disturbo  di  quelle  nozze  4.    Gli    altri    oggetti 
sparsi  qua  e  là  ai  piedi  de  combattenti  son  gli  origlieri  ,    che  ser- 


I    Ovid.  Metham.  lib.  xii ,  t.   343.  3   Ivi  v.   449  Hesiod.   ScuIl  Ercuj, 

Plutarco   in  vita  Thes.  v.    iBo. 

8   Ivi  V.  377.  4  '^'   ^"   227,   233. 


TAvv,  xcii  E  xeni.  l35 

vivan  (li  appoggio  ai  commensali  mentre  erano  recombenli  su  i  let- 
tisteini.  Le  fiamme  ardono  lultavia  suH'allaie,  come  i  poeti  canta- 
rono ':  finalmente  osserviamo  il  feroce  non  mcn  che  liliidinoso  cen- 
tauro Euriloo^j  esser  nell'alto  d^  impossessarsi  d  Ippodamia  che 
appena  ha  tempo  di  refiigi-irsi  tra  le  braccia  delle  sue  donne ,  e 
delle  spose  convitate  ^.  Essa  fugge  a  rinchiudersi  nella  stanza  do- 
v' era  d  letto  nuz.iale,  mentre  la  donna  che  la  soccorre,  lien  mez- 
z'  aperta  la  porta  ,  eh'  era  di  bronzo  e  d'  avorio  4,  pronta  a  chiuder- 
si appena  era  in  salvo  Ippodamia.  Spiegata  in  questa  guisa  la  rap- 
presentanza delle  due  tavole  XCI  e  XCII  ,  resta  tuttora  vigente 
la  curiosità  di  sapere  perchè  mai  fu  dipinta  una  tal  favola  in  un 
vaso  che  dovea  lestar  perpetuamente  serrato  in  un  sepolcro  ;  di 
che  farò  parola  in  seguilo,  e  dopo  la  pittura  d'  un  altro  vaso  e- 
sporrò  quelle  che  vedonsi  in  questo  al  disotto  delle  figure  già  qui 
descritte.  ,        :     ^    >  .    .,  , 

TAVOLA  xeni. 

Non  ha  bisogno  1'  osservatore  eh'  io  lo  prevenga  essere  in  que- 
sta pittura  il  soggetto  medesimo  che  vedemmo  nelle  due  antecedenti, 
vale  a  dire  un  conflitto  fra  i  Lapili  e  i  centauri.  Chi  ralìronta  le 
due  tavole  XCI  e  XCII,  ben  si  accorge  che  quelle  pitture  provengo- 
no da  un  originale  veduto  da  due  pittori  e  ripetuto  qui,  ma  non 
servilmente  copiato.  In  fatti  se  osserviamo  la  pittura  della  tav.  XCI 
troveremo  che  dopo  il  ginegeo  ,  o  camera  del  letto  nuziale  che 
creder  si  deggia ,  è  dipiiito  Piritoo  con  gladio  in  mano  e  quindi 
Teseo  che  sta  per  atterrar  colla  clava  un  centauro.  Or  mentre  là 
sembra  Piritoo  1'  oggetto  principale  della  rappresentanza  per  essere 
inclusive  additato  col  proprio  nome  scxntto  presso  di  lui ,  qui  nella 
tav.  XCUI  manca  del  tutto  un  tal  personaggio  ,    e  la  composizione 


1   Ivi  V.  ai 5.  3  Ivi  V.  ai6. 

a  Homer  Odjs  I.  xxi,  v.  agS.  4  ^^^  ^i^*  h  v.  44 1< 


l3S  DEI     VASI     FITTILI 

dopo  il  ginegeo  comincia  colla  figura  di  Teseo  che  si  scaglia  con- 
tro lino  di  quei  mostri  .  Non  è  dunque  la  favola  di  Piriloo  che 
s'  ebbe  in  animo  di  far  figurare  in  queste  pitture  ,  ma  sibbene  i 
centauri;  e  quel  nome  scritto  nell'antecedente  vaso  ^  della  tavola 
XCI ,  pare  un  avvertimento  ai  mal  pratici  di  greche  favole ,  onde 
sappiano  di  quale  avvenimento  si  tratta  fra  quei  de'centauri,piultosto 
che  r  avviso  d'aver  voluto  trattar  delle  nozze  di  Piritoo. 

Troviamo  in  fatti  questi  nomi  nei  vasi  scavati  in  varie  antiche  città, 
dove  più,  dove  meno  frequenti  ,  e  frattanto  1  Etruria  ne  dà  più  che  la 
Sicilia  e  la  Magna-Grecia  del  continente  italiano^  forse  perchè  qua 
si  conosceva  meno  la  favola  .  Queste  ragioni  medesime  altre  volte 
m'  indussero  a  manifestare  la  mia  opinione  '  ,  che  alcune  comitive 
d'  Attici  artisti ,  e  artisti  della  speciale  manifattura  di  vasi  fittili  ^  , 
come  i  più  cogniti  delle  favole  £  delle  dottrine  misteriose  eh'  erano 
adattate  a  dipingersi  in  questa  sorte  di  oggetti  da  chiudersi  nei  sepol- 
cri ,  queste  comitive  d'Attici  artisti,  io  diceva,  spargevansi  ovun- 
que erano  ricercati  ad  erigere  una  tal  manifattura,  ed  eseguiila  a 
talento  <li  chi  la  commetteva  più  o  meno  ricca  ,  più  o  meno  aiu- 
tata da  epigrafi  esplicative  dei  soggetti  dipinti ,  mantenendo  peraltro 
costantemente  dappertutto  il  medesimo  stile  di  pittura  vasaria  o  nel 
modo  arcaico  e  primitivo  con  figure  nere  sul  fondo  giallastro  ,  o 
figure  giallastre  su  fondo  nero,  ma  sempre  segnale  di  profilo,  sempre 
coi  medesimi  panneggiati  e  medesimi  costumi,  per  cui  non  è  facile  di- 
stinguere un  vaso  dipinto  in  Sicilia  da  un  altro  dipinto  in  Etruria, 
un  vaso  dipinto  nella  Magna -Grecia,  da  un  altro  dipinto  nella  Gre- 
cia-propria. Ammesso  per  tantoché  le  pitture  de' vasi  ed  i  vasi  stessi 
provengono  da  una  scuola  medesima  eh' ebbe  origine  o  nella  Grecia 
propria,  o  nella  Magna-Grecia,  e  da  questa  scuola  emergessero  co- 
mitive d'artisti  che  andassero  a  lavorare  in  Italia  e  in  Sicilia,  edo- 
vunque eran  graditi  questi  vasi,  non  dee  far  più  meraviglia,  che  in 
paesi  talvolta  assai   distanti  fra  loro  si  lro\ino  vasi  del  tutto  uguali 

I    7>Ionuni.  etr.  ser.  v.pref.  p.  xi,  sg.  s»   ^  ed     pag.    121. 


TAV.    xeni.  1 3y 

e  che  sopra  ad  ogni  altra  cosa  lo  siile  di  quella  pittura  sia  indistinguibile 
rispetto  a'  paesi  dove  si  trovano  i  vasi  che  la  contengono,  né  1'  epigrall 
sien  mai  altro  che  greche;  di  che  abbiamo  un  chiaro  esempio  nei  due  vasi 
che  ora  ci  occupano,  un  de  quali  ha  pitture  quasi  del  lutto  simili  a 
quelle  dell'  altro,  e  in  uno  solo  di  essi  leggonsi  nomi  di  greco  idioma, 
ne  potevan  esser  diversi,  qualor  sia  vero  il  mio  supposto  che  greci 
eran  gli  artisti  che  li  dipinsero. 

Il  Passeri  vide  la  pittura  della  tav.  XCIII  mancante  di  lettere  ,  che  si 
conserva  nel  museo  Cesareo ,  ed  inserilla  nella  sua  grand'  opera  che 
intitolò  Picturae  Etruscoriim  in  Vasculis  ',  e  vi  ravvisò  una  favola 
nuiiale  ,  osservando  che  varie  Ippodamie  nominaronsi  nelle  favole 
antiche,  tutte  famose  per  funesti  connubi i.  fra  le  quali  questa  concessa 
a  Piritoo,  le  cui  nozze  furon  turbate  da  scostumati  centauri.  Fra 
questi  ravvisa  principalmenle  Euriloo,  il  quale  secondato  da  altri  com- 
pagni invasi  dal  vino,  tentò  di  rapirla.  Riconosce  anche  il  Passeri 
nel  giovine  armato  di  clava  quel  Teseo  che  fu  sempi'e  compagno 
fidissimo  di  Pii'itoo;  ma  poiché  il  vaso  manca  delle  iscrizioni  che 
noi  trovammo  segnate  nell'  altro ,  così  egli  prende  per  Piritoo  colui 
che  ha  tra  le  mani  il  tridente.  Ravvisa  quindi  l' interpelre  una  pieti-a 
grandissima  per  terra,  come  noi  pur  la  vediamo  appresso  l' indicato 
portatore  del  tridente ,  ed  é  questa  che  dal  cielo  cadde  tra  quella 
zuffa  ,  come  racconta  Ovidio.  Gli  altri  oggetti  sparsi  per  terra  che 
sembrano  scudi,  son  gli  oreglieri  dei  letti  male  intesi  dai  disegnatori. 

Noi  rileveremo  dal  seguito  di  questi,  miei  rapporti,  che  il  Passeri 
tenne  questo  vaso  del  genere  de'  connubiali ,  perchè  rappresentativo 
di  nozze,  né  diversamente  opinarono  gì'  illustratori  dei  monumenti 
Volcenti,  che  da  varie  osservazioni  su  di  essi  ne  dedussero  la  se- 
guente sentanza  :  Donis  athleticis  ,  palestricis ,  miptialibus  inservien  - 
bant  vasa  volcentia.  Qui  per  altro  in  particolare  opporrei  qualche 
sospetto  che  non  sia  slato  a  proposito  posto  avanti  un  soggetto  di 
nozze  si  male  augurate  ,  quali   furono  quelle  di   Piritoo ,  per  farne 

I  Voi.  \f  tab.  XI,  et  x\\,  p.  i5. 

Vas.   TI.  i8 


l38  DEI   VASI    FITTILI 

dono  in  occasione  di  nozze  che  ognuno  suol  augurar  con  pienez- 
za di  felicità.  Poiché  per  altro  in  varie  guise  vedonsi  rappresentati 
i  centaui'i  nelle  pitture  de'  vasi ,  ancoixhè  nulla  si  accenni  circa  le 
nozze  d' Ippodaniia  ',  così  par  che  si  dehban  teneie  per  principale 
motivo  di  quelle  pitture. 

Ognun  sa  che  due  sono  i  centauri  delle  costellazioni  autunna- 
li ,  un  de'  quali ,  detto  il  Sagittario  scaglia,  qual  cacciatore,  le  frecce 
dall'arco,  indicando,  com'è  chiaro,  la  stagione  della  caccia,  l'altro 
eh'  è  il  centauro  Chirone  ha  in  mano  un  tirso  bacchico  ornato  di 
pampani,  e  un  otre  di  vino,  o  altro  recipiente  vinario ,  e  talvolta  una 
lepre  ;  dunque  ambedue  son  emblemi  di  occupazioni  autunnali,  vale 
a  dire  la  caccia  ,  e  la  raccolta  del  vino.  Quindi  vedemmo  trattata 
la  favola  in  modo  più  dilettevole ,  ed  epico ,  ma  sempre  i  centauri 
turban  le  nozze  di  Piritoo  per  esser  sopraffatti  dal  vino ,  sicché  vi 
comparisce,  sebbene  in  parte  nascosta,  1'  allusione  all'autunno  per  i 
centauri,  si  per  l'uno  che  sta  situato  nella  costellazione,  eh' è  al  mezzodì 
della  Bilancia  autunnale,  e  sì  ner  1'  altro  che  sta  nella  costellazione  pure 
autunnale  che  scorre  il  sole  nel  mese  di  novembre.  Esaminando  un 
antico  Giosefo  il  motivo  per  cui  si  celebravano  in  quella  medesima 
stagione  i  misteri,  trovò  che  temevasi  dal  paganesimo  che  la  forza 
empia  e  tenebrosa  del  cattivo  principio,  che  sotto  1'  aspetto  di  cat- 
tiva stagione  prevale  all'avanzarsi  dell'  autunno  ,  forse  recasse  nocu- 
mento anche  alle  anime  umane  ,  e  quindi  allora  le  iniziazioni  dei 
misteri  in  onore  del  dio  salvatore  o  Bacco  sotterraneo,  vale  a  dire 
del  sole  nell'  allontanarsi  da  noi ,  erano  cautele  che  divenivan  per 
i  Pagani  assai  necessarie  =.  Non  mi  occorrono  ulteriori  argomenti 
onde  mostrare  quanto  la  favola  dei  centauri  qui  espressa  ed  emble- 
matica di  quei  delle  costellazioni  autunnali  attamente  stia  dipinta 
nel  vasi  destinati  ad  accompagnare  un  defunto  al  sepolcio,  colla  qual 
rappresentanza  si  viene  a  rammentare  in  fatto  il  culto  da  prestarsi 
all'  anima  di  quel  trapassato.  Ecco  perchè ,  a  mio  parei'e  ,  si  trovano 

1  Ved.  tat.  xiT,  xxiii,  LTxvM.Lxxvm.  a  lulian  Orat.  v,  p.  3a4- 


TAT7.   xcin  B  XCIV.  l3g 

SI  spesso  ì  centauri  dipinti  nei  vasi,  come  anche  scolpiti  nelle  urne 
cinerarie. 

TAVOLA    XCIV. 

I  due  vasi  han  parimente  nell'  ordine  inferiore  le  figure  mede- 
sime che  qui  pongo  alla  tav.  XCIV  ,  ma  par  che  quelle  del  vaso 
che  spiegò  il  Passeri  non  avessero  il  soccorso  delle  iscrizioni ,  onde 
meglio  poterle  intendere.  E  cosa  per  altro  assai  singolare  come  dalla 
Tessaglia  dove  fingesi  accaduto  il  falto  di  Piritoo  torni  il  Passeri 
neir  Etruria  ,  supponendo  che  lo  stesso  gran  passo,  com'  egli  dice,  Pab- 
bia  fatto  il  pittore  del  vaso ,  rappresentando  al  di  sotto  dei  Tessali 
centauri  un  sacrifizio  connubiale  dedicato  a  Bacco.  Vede  il  Gonio 
alato,  e  forse  volea  dire  deli  imeneo ,  avanzarsi  a  condurre  il  coro  : 
vede  una  baccante,  né  so  perchè  la  giudichi  tale,  ed  Ebone  o  Bacco 
vecchio ,  che  gli  Etruschi  secondo  lui ,  e  specialmente  i  Campani 
ossequiavano  con  special  culto  ,  e  ciò  egli  avanza  nella  persuasione 
che  il  vaso  sia  dipinto  certamente  da  etruschi  artefici  ;  e  qui  ag- 
giunge che  il  nume  ha  in  mano  il  tridente  ,  pérch'  era  considerato 
tra  i  fulminigeri ,  come  pensa  il  Buonarroti  ,  ma  quanto  sia  retto 
un  tal  ragionamento  mi  astengo  dal  deciderne.  In  fine  vede  un  se- 
guito di  baccanti  con  ferule  ,  tirsi  e  vasi  vinari  :  e  qui  aggiunge  la 
ritlesslone  che  questa  pompa  non  ha  connessione  alcuna  colla  favola 
dipinta  nel  rango  superiore ,  ma  frattanto  era  questo  il  metodo  di 
ornare  i  vasi  nuziali  '.   Chi  poi  di  ciò  lo  accertasse  non  è  detto. 

La  pittura  eguale  alla  presente  ,  ma  In  altro  vaso  esaminato  dal 
eh.  Laborde  è  corredato  d'  epigrafi  che  non  avea  1'  altro  veduto 
dal  Passeri  ;  in  conseguenza  potette  il  prelodato  secondo  espositore 
intendere  più  rettamente  il  significato  di  queste  figure.  Al  nume, 
che  il  Passeri  giudicò  esser  Bacco ,  trova  aderente  il  nome  che  a 
lui  compete  nosEiAHN,  e  così  lo  ravvisa  per  Nettuno  col  suo  conve- 
niente emblema  del  tridente ,  in  alto  di  seguire  una  ninfa  dal  Pas- 

i  Passeri,  Picturae  etroscor.  ia  Vasculis,  voi.  i,  tab.  xi,  xu,  p.  .5. 


l4c  DEI    VASI    FITTILI 

seri  dichiarala  baccante  ,  ma  dal  nome  amimane  scopresl  per  Ami- 
mone  ,  che  elFettivamente  fu  amata  da  Nettuno.  11  Genietto  sedente 
è  pui'  dicliiarato  dalla  parola  scrittavi  epiì2  per  un'Amore.  Dall'altra 
estremità  della  composizione  è  manifestata  Venere  dalla  iscrizione 
A*P0iiTE  ,  che  il  eh.  Laborde  dice  esser  posta  qui,  o  perchè  è  la  figlia 
del  mare  ',  o  perchè  viene  a  godere  della  vittoria  del  Gglio  sopra  un 
degli  Dei  più  possenti.  Aggiunge  poi  che  il  presente  soggetto  legasi 
molto  bene  col  precedente  sotto  un  doppio  rapporto.  Nettuno  era 
padre  di  Teseo,  ed  era  nel  tempo  stesso  il  nume  sotto  la  cui  pro- 
tezione  erano  stati  posti  i  cavalli,  per  cui  si  diceva  Ippeo  '. 

Ma  si  potrebbero,  a  parer  mio,  recare  altre  sorgenti  di  analogia 
tra  la  presenza  non  tanto  di  Nettuno  quanto  di  Venere  in  questa 
pittura  ,  e  la  guerra  tra  i  Lapiti  e  i  centauri  eh'  è  dipinta  nel  rango 
superiore  del  vaso  stesso.  Parlo  a  quelli  che  mi  concedono  esser  la 
superior  pittura  un'  allegorica  l'appresentanza  allusiva  all'  autunno  , 
e  più  precisamente  diremo  al  tempo  in  cui  facevansi  pie  commemo- 
razioni delle  anime.  Noi  possiamo  riconoscere  Nettuno  come  un  nume 
che  gli  astrologi  antichi  fecero  padre  di  Orione  ,  il  quale  ugual- 
mente che  il  Dio  delle  acque  iniluiva  sul  mare,  annunziando  or  le 
calme  or  le  tempeste  ,  di  che  si  consulti  a  piacere  Germanico  Ce- 
sare ^,  come  altri  pratici  di  tale  scienza  4,  A  noi  e'  interessa  il  sapere 
che  la  costellazione  d'  Orione  si  leva  immediatamente  dopo  del  Toro, 
e  frattanto  nell' additarlo  come  astro  di  Nettuno,  perla  sua  influenza 
sulle  acque  ^,  veniva  ad  essere  un  paranatellone  del  Toro  di  primave- 
ra ,  talché  sulle  sfere  antiche  celesti  1'  astro  maggiore  di  tal  costel- 
lazione si  trova  circondato  dalla  Venere -siria  come  osserva  un  astro- 
nomo e  mitologico  moderno  ^,  dai  Pesci  e  dalla  Balena ,  costellazioni 
tutte  che  spesso  han  luogo  sotto  favolosi  aspetti ,  ove  si  deve  ac- 
cennare il  tempo  di  primavera.  Ora  io  toino  all'  oggetto  per  cui   fu- 

1  Fulgent.  MythoJ,  1.  il.  4  Hygin  l'b.   ii,  e.   35. 

2  Laborde  ,    Collect.    de  Vas.  grecs  5  Theon,  pag.    i8a. 

du  Gorapt.  de  Lamberg.  1.  cit.  6  Lenoir    Nouvelle  explication  des 

3  In  Orione.  JeroglypheSj  tom.  u,  p    84. 


TAVT.     XCIV,    XCV    E    XCVI.  14' 

rono  scelti  alcuni  tempi  determinati  per  solennizzare  i  misteri ,  e  ri- 
corro allo  stesso  Giuliano  che  ne  svela  il  segreto.  All'  ecpiinozio  di 
primavera,  egli  dice  ,  non  facevasi  che  una  leggera  coniinemorazione 
dei  misteri,  perchè  allora  v'  era  men  da  temere ,  poiché  il  Dio  della 
luce  ,  che  per  esso  altro  non  era  che  il  sole ,  presente  nelle  nostre 
regioni,  attraeva  a  se  le  anime,  e  se  ne  mostrava  il  salvatore  '.  Ec- 
co dunque  i  centauri  a  rammentare  il  tempo  dei  grandi  misteri,  men- 
tre i  piccoli  son  richiamati  alla  mente  con  la  presenza  di  Nettuno 
e  di  Venere  in  questa  nostra  pittura. 

Rapporto  all'  altro  soggetto  che  ci  resta  ad  esaminare ,  prende 
a  dire  il  culto  Laborde  che  rappresenta  una  purificazione  o  lustra- 
zione. Vide  ivi  una  sacerdotessa  versar  1'  acqua  lustrale  in  presenza 
di  un  gran  sacerdote  e  d  vm  daduco  .  e  trovò  il  soggetto  presente 
collimante  col  principale  ,  mentre  dopo  il  combattimento  tra  i  La- 
piti  e  i  centauri ,  doveansi  purificare  le  stanze  dov'  era  accaduto  ^  ; 
ed  in  vero  sappiamo  che  ogni  omicidio  purificavasi  con  acqua  ^.  Non 
saprei  per  altro  concedere  di  buon  grado  che  la  donna  da  lui  chia- 
mata sacerdotessa  non  debbasi  dir  piuttosto  una  baccante  ,  o  nin- 
fa inserviente  ai  bacchici  riti  ,  mentre  ha  nelle  mani  patentemente 
un  tirso  ,  come  1'  uomo  calvo  tiene  in  mano  una  face ,  che  si  spes- 
so è  introdotta  nelle  bacchiche  e  misteriose  rappresentanze.  Direi 
piuttosto  che  in  quest'  ultima  pittura  si  mostrasse  1'  atto  dell'  uGcio 
pio  verso  1  anima  del  defonto  presso  al  quale  era  il  vaso ,  come  le 
altre  immagini  già  esaminate  ne  rammentano  il  tempo  stabilito  dal 
misterioso  culto  degli  iniziati  per  il  più  favorevole  alle  inferie  dei 
morti. 

TAVOLE    XCV  E  XCVI.  •      ;    =' ■     ' 


Pongo  insieme  queste  due  tavole  perchè  le  credo  vertenti  su  d'un 
medesimo  soggetto.  La  prima  ci  vien  data  dal  Millin  per  1'  apoteosi 
d'  Ercole ,  ove  1*  eroe  tebano  s'  attiene   al  lembo  della  sua  quadriga 

I   fulian.  Orat    v,  p.  325.  3  Tertull.  de  Baptison,  cap,  5. 

a  Homer  Odys  1.  .\xu,  v.  ^8ì. 


1^1  DEI    VASI    FITTILI 

per  non  cadere  nella  impetuosa  corsa  dei  cavalli ,  ed  ha  in  braccio 
la  clava,  colla  quale  ha  compiute  le  gesta  memorande  che  gli  han 
meritato  d'  essere  ammesso  fra  i  numi.  La  sua  testa  è  già  ornata  di 
corona  e  di  benda,  ma  non  ha  la  pelle  di  Leone  come  in  molti  al- 
tri monumenti  dell'arte;  poiché  il  decorar  l'eroe  di  si  onorevole 
spoglia  non  è  antichissima  immagine.  La  giovine  aligera  quantunque 
in  mille  altri  monumenti  di  tal  fatta  si  tenga  per  una  Vittoria,  pur 
qui  s'  ha  ragione  di  crederla  Iride,  come  per  giuste  non  men  che  dot- 
te testimonianze  prova  il  prelodato  ÌNIillin  '. 

Mercurio  coronato  di  mirto,  col  petaso  dietro  le  spalle,  alzando  il 
caduceo,  come  segno  di  jna  missione,  corre  avanti  ai  cavalli  che  deb- 
bon  trasportare  il  nuovo  nume  all'  Olimpo.  Qui  dunque  figui'asi  Er- 
cole nel  suo  trionfale  viaggio  condotto  per  comando  degli  Dei  mini- 
stri del  supremo  volere  di  Giove. 

Ma  il  Millin  aggiunge  il  supposto  che  abbiasi  voluto  con  tale  apo- 
teosi rapi  resentare  la  felicità  che  attende  1'  iniziato  ,  il  quale  me- 
diante la  sua  costanza  e  la  sua  virtù  trionfa  delle  proprie  passioni , 
nella  guisa  medesima  che  l'Alcide  vinse  i  mostri  e  die  compimento 
alle  sue   immortali  fatiche  ^. 

Difatti  noi  troviamo  questo  medesimo  soggetto  ripetuto  molto 
nelle  picture  de' vasi.  Lo  attesti  la  tavola  seguente  num.  XCVI,  trat- 
ta dall'opera  dell' llancarville,  dove  si  vede  altresì  l'apoteosi  d'Er- 
cole con  pochissima  variazione  dell'antecedente.  Qui  apprendiamo  che 
Iride  poteasi  rappresentare  anche  senz'  ali  :  licenza  che  rende  oltre- 
modo arduo  r  indovinare  i  soggetti  di  queste  pitture.  Difatti  nell'ul- 
tima edizione  che  fu  data  a  Parigi  della  prima  raccolta  hamiltoniana 
di  tali  pitture,  è  stata  presa  quella  giovine  per  una  Pi'oserplna  rapita 
da  Plutone  ,  a  sostenere  il  qual  supposto  fu  detto  altresì  eh'  egli 
tiene  lo  scettro  del  regno  stlgio.  IMa  chi  scrisse  ciò  non  aveva  os  - 
servato  che  non  è  quella  una  forma  conveniente  agli  scettri  antichi; 


1   Peiniures  de  Vases  antiq.  appelés  a  Ibid.   p.   3a, 

eirusq.  voi,  u,  pi.  xvui,  p.  3o. 


TAvv.  xcv,  xcvi  E  xcvn.  143 

eà  io  sospetto  che  il  disegnatore  arbitrasse  nelV  ornare  soverchia- 
mente la  clava  d  Ercole  ,  riducendola  in  forma  di  moderno  scettro 
dei  regi.  Dalle  scarse  variazioni  che  osservansi  nelle  due  pitture, 
certo  rilevasi  che  provengono  entrambe  da  una  scuola  medesima,  quan- 
tunque non  copiale  1'  una  dall'  altra. 

TAVOLA   xcvn. 

La  spiegazione  eh'  io  delti  alla  pittura  della  tav.  LXXII  serve  a 
spiegare  completamente  la  presente  che  per  altro  è  più  semplice,  men- 
tre non  v'  è  che  un  Bacco  ed  un  Satiro,  senza  il  Mercurio  condut- 
tore dell  anima  ,  rappresentata  qui  in  '^((uel  satiro  s\  labbulfato  e  par- 
tecipe della  natura  bruta  e  selvaggia  che  mostra  nella  coda  e  orecchie 
di  cavallo  ,  mentre  si  fa  seguace  di  Bacco  ad  oggetto  di  migliorar 
condizione  di  vita,  figurando  cosi  di  passare  alla  civiltà  dalla  vita  sel- 
vaggia per  opera  de'  misteri  ,  onde  vivere  lietamente  e  comoda- 
mente nel  mondo  ,  e  quindi  sperare  una  vita  anche  migliore  nell'  altra; 
di  che  c'istruisce  Cicerone  assai  chiaramente  '. 

Lo  stile  arcaico  di  questa  pittura,  quand  anche  sia  d'  imitazione 
e  non  originalmente  antico,  mostra  che  vi  si  tratta  di  antiche  reli- 
giose e  inalterabili  dottrine;  e  la  trascurata  maniera  colla  quale  sene 
vede  r  esecuzione,  ci  &  conoscere  che  non  per  ornato  ma  piuttosto 
per  atto  di  opinione  religiosa  esegui  vansi  ed  orna vansi  tali  stoviglie. 
La  pittura  pubblicata  in  prima  or-igine  dall'  llancarville  fu  creduta  una 
scena  teatrale  dipinta  in  barbara  maniera  =. 

TAVOLA   XCVm  E  XCIX. 

Unitamente  con  questa  pittura  del  Museo  Borbonico  e  sua  spie 
gazione  abbiamo  da  chi  1'  ha  interpetrata  la  di  lui  opinione  suU'  uso 
dei  vasi  Gitili   dipinti    che  debbesi  valutar    molto ,    specialmente  in 

I   Cic.  ad  Attic.  de  legib.  l.n.c.  x!v.  roxnaines  tirées  du  cabinet  de  M. 

%  Hancarviilc  ,  Antiq.  etiirs.  greq.  et  Hamilloa  tona,  li,  pi.  XT. 


l44  "OEI    VASI    FITTILI 

quest'  opera  che  riunisce  il  parere  di  molli  Eruditi  a  questo  propo- 
sito ;  ed  io  ne   dò  qui  copiato  1'  intero  suo  concetto. 

«  Il  vaso  che  qui  diamo  ,  dice  1'  archeologo  Quaranta,  presenta  diie 
serie  di  figure  ,  una  al  di  sopra  de'  manichi  posti  alla  sua  jiancia  , 
r  altra  al  di  sotto.  A  spiegar  la  prima  ricorderemo,  che  spenta  Mar- 
pesia  regina  delle  Amanzoni,  presero  di  quelle  il  governo  le  sue  fi- 
glie Antiope  .  ed  Otrere  celeberrima  per  la  scienza  dell'  armi  ,  ed 
assai  più  per  la  castità  sua.  E  perù  dovendo  Ercole  recare  ad  Eu- 
risteo  il  balteo  di  quest'  ultima,  approdò  col  fiore  della  gioventù 
greca  ai  lidi  di  quelle  eroine.  Ma  quivi  trovata  non  avendo  Otrere, 
partita  per  una  bellica  spedizione,  sedusse  Antiope,  che  conservava 
gelosamente  il  balteo  desiderato,  ed  ottennelo.  Ecco  in  breve  1'  av- 
ventura, rappresentata  in  questo  bellissimo  vaso.  Vedi  Antiope  ar- 
mata di  doppia  lancia,  che  mostra  il  sospirato  balteo  ad  Ercole  nu- 
do e  sedente  sopra  un  masso  ,  su  cui  è  distesa  la  sua  clamide.  Egli 
attentamente  contempla  1'  oggetto  della  sua  conquista,  mostratogli 
dalla  gueriiera.  Ha  la  clava,  ed  il  turcasso,  il  quale  obbliga  la  fan- 
tasia dello  spettatore  ad  immaginar  1  arco  appoggiato  alla  parte  della 
pietra  rimasta  invisibile.  E  malagevole  dar  nome  ai  due  guerrieri  che 
gli  son  vicini  ,  armati  di  lance  e  scudi ,  in  piedi  1'  uno  ,  seduto  l'  al- 
tro ,  ed  il  primo  cinto  la  fronte  di  un  diadema  ,  il  secondo  con  un  pileo 
in  testa.  Tra  i  giovani  che  furono  compagni  ad  Ercole  in  questa  im- 
presa ,  sappiamo ,  che  si  annoveravano  Stendo  ,  Deileonte,  Autolieo, 
e  Elogio  .  figli  di  Deimaco  da  Tricca.  Taluni  parlano  anche  di  Te- 
seo ,  ma  nissuna  conghiettura  intorno  a  questi  personaggi  ardirei 
proporre  ,  attesa  la  grande  incertezza  che  regna  in  si  fatti  racconti, 
singolarmente  per  essersi  perdute  le  opere  di  Ferecide  Lesbio,  El- 
lanico  ,  Timagneto  ,  Eforo  ,  e  gli  epici  versi  di  Onata  ,  e  \  yiniazoiii- 
de  di  Posside  «. 

et  Dietro  ad  Antiope  veggonsi  le  tre  altre  Amazoni  incise  nel- 
r  alto  della  tavola.  Una  di  queste  è  accovacciata  ,  e  mentre  pi'ova 
r  arco  in  cui  ha  incoccato  il  dardo ,  accenna  alla  compagna  seduta 
a  terra ,  che  ha  in  mano  la  scure.  La  terza  che  sta  in  mezzo  ad  esse 


TAVV.    XCVIII    E    XCIX.  ì^5 

in  piedi  ,  è  in  atto  di  camminare  ,  e  pare  che  prenda  parte  a  quel 
che  si  passa  tra  le  compagne.  Stringe  due  lance  ed  è  armala  non 
della  pelta ,  ma  dello  scudo  rotondo  ». 

«  Sotto  questa  rappresentazione  ne  reggiamo  dipinta  nella  tavo- 
la XCIX  un'  altra  anche  bellissima  ed  è  una  festa  bacchica  chiamala 
Como  Dionisiaco  Aiovutou  Kw/xoc,  Kujìo;  Euiou  3sou.  Una  schiera  di  uomini 
e  donne,  travestili  chi  da  Bacco,  e  chi  da  Satiro,  chi  da  Sileno,  e 
chi  da  pazza  baccante ,  andava  correndo  pe'  villaggi  e  per  le  città, 
e  diffondeva  per  tutto  la  piena  della  gioia  che  sentiva  nel  cuore. 
Motti  lascivi,  frizzi  spiacevoli,  oscene  canzoni,  esagerate  danze,  alle 
voci  ed  acute,  e  suoni  di  strumenti  con  esse,  annunziavano  l'alle- 
gria con  che  il  nume  di  Nisa  animava  i  furibondi  liasoli.  Colui,  che 
qui  guida  la  turba  ebrifeslanle  ,  ha  la  fronte  cinta  d' ellera  ,  e  gli  at- 
tributi di  Bacco  ,  il  Citntafo  ed  il  tirso.  La  baccante  che  lo  segue 
stringe  nelle  mani  il  procoo  ed  il  tirso ,  ed  ha  sulla  veste  la  pelle  di 
pantera  delta  rap^a^is-  Seguono  costei  un  satiro  che  suona  la  tibia  , 
un'  altra  baccante  ed  un  altro  satiro  armati  di  tirso.  Viene  appres- 
so una  donna  con  in  mano  una  ferula  mancante  di  una  foglia  cadu- 
ta forse  neir  orgiasmo  :  essa  parla  col  satiro,  che  le  presenta  l'an- 
fora. Dietro  a  costui  veggonsi  un'  altra  donna  con  vaga  corona  in 
mano,  lui  satiro  armato  di  tirso,  ed  una  seconda  donna  tenente  in 
mano  un  otre ,  lutti  tre  rivolli  al  vecchio  satiro,  che  chiude  il  qua- 
dro ,  e  che  sta  in  atto  di  volere  agitare  la  ferula  ,  ed  il  piede  alza 
con  una  mossa  assai  forzata.  La  morbidezza  dei  panneggiamenti ,  la 
distribuzione  dei  personaggi ,  le  loro  mosse  naturali  ed  animale  ,  lo 
spirito  di  tutla  la  pittura  fanno  questo  monumento  assai  caro  agli 
artisti;  ma  i  tre  vasi  tenuti  in  mano  dalle  tre  figure  descritte  lo  ren- 
dono preziosissimo  anche  agli  archeologi.  Questi  vasi  son  dipinti  , 
ed  appartengono  appunto  alla  classe  di  quelli  che  si  trovano  oggidì 
ne'  sepolcri.  E  chiaro  dunque  che  siccome  al  defunto  erano  serviti 
in  vita  pe' riti  bacchici ,  cosi  avevano  ricevuto  una  specie  di  conse- 
grazione ,  e  da  questo  uso  ed  anche  dal  liquore  contenutovi ,  e  dalle 
bacchiche  Ggure  che  vi  erano  efligiale  :  il  perchè  si  chiudevano  nei 
Kos.   T.  I.  19» 


1^6  DEI    VASI    FITTILI 

sepolcri  a  speranza  del  bene  che  nell*  altra  vita  1'  anima  del  defunto 
poteva  ottenere  da  Bacco.  E  per  verità  egli  era  V  invigilatore  della 
palingenesia  degli  esseri  ,  il  riconduttore  delle  anime  al  cielo,  il  loro 
iniziatore  e  purificatore  ,  quegli  insomma  cui  Chirone  stesso  aveva 
insegnato  i  misteri  '.  Anzi  quelì  yf mente  degli  Egizii  in  cui  si  perso- 
nificò il  regno  della  morte  ,  ([ueìì  y4me?iie  il  quale  altro  non  era .  che 
Osiride  ,  per  queste  attribuzioni  appunto  fu  chiamato  Dionisio  da 
Erodoto  ^  ». 

«  Chi  poi  domandasse  perché  un  fatto  delle  Amazoni  sia  qui  uni- 
Io  con  una  Ijacchica  rappresentanza,  non  sarebbe  didìcile  la  risposta. 
Quando  la  dionisiaca  religione  fu  generalmente  diffusa ,  i  Gi-eci  a  ren- 
dere splendida  la  storia  di  Bacco,  ed  a  significar  quanto  fosse  grande 
la  sua  forza  ,  favoleggiarono  che  domasse  i  nemici  più  formidabili. 
E  dissero  che  aveva  disfatti  i  Titani ,  e  meritatosi  il  titolo  di  ammaz- 
zagiganti  ^,  e  vinta  la  rabbia  di  Cerbero  neir  inlerno  ,  ed  ucciso  il 
terribile  serpente  Ladone,  per  cogliere  i  pomi  nell'orto  delle  Espe- 
ridi. E  perchè  le  Amazoni  ex'ano  state  in  voce  di  ferocissime,  quindi 
si  pretese  ancora  che  quelle  avesse  disfatte ,  come  rileviamo  da  Pau- 
sania  4,  da  Plutarco  ^  e  da  Tacito  6,  in  cui  leggo  :  Liheriiin  Patrem 
hello  xHCtoreni ,  snpplicihus  Aniazonwn ,  quae  avani  insederant,  igno- 
visse  »  7. 

TAVOLA    C. 

Se  stiamo  alle  parole  di  Erodoto  noi  terremo  per  fermo  che  il 
culto  dionisiaco  sia  stato  trasportato  dall'  Egitto  in  Grecia  per  opera 
di  MeLunpo  ^ ,  il  quale  a  seconda  dei  calcoli  i  più  comuni  si  fissa 
intorno  all'  anno  i45o  avanti  l'era  nostra.  Poniamo  che  uno  o  due 
secoli  siano  scorsi  dalla  introduzione  del  culto  in  Grecia  alle  forme 
dategli  fino  a  rappresentarne  i  simboli  nei  vasi  da  porsi  nei  sepolcri, 

1  Vedi  Pausania   Aicad.  54,  4»  ^  l^'^'  ^'" 

2  li,  49'   59.  7  Quaranta  R.  Mus.  Borb.,  voi.  vi, 

3  r(7a»T0>iTwp.  tav.   V,   vi,    p.   6. 

4  VII,  a,  p.  5a5.  8  Herodot.  lib.  11,  cap.   170. 

5  Qu.  Gr.  p.  541.  l 


TAV.     C.  t/fj 

e  qninfli  anche  a  Irasporlarne  il  cullo  dalla  Grecia  in  Italia  ,  ove 
in  [)i  incipio  eiano  i  baccanali  appena  pralicali,  quando  l'acola  delle 
loto  maggior  fiequen/.a  .  e  1  eslese  all'  iniziazione  degli  uomini.  Ol- 
tre di  die  da  Capua  ne  dovette  passar  la  dillusione  in  Eliuria.  e  di 
là  per  tutta  l'Italia  ed  in  Roma;  e  di  quest' ultimo  lor  periodo  credo 
coevi  i  vasi  dipinti  che  trovansi  nei  sepolcri,  e  Torse  d'  un  tempo 
notabilmente  avanzato;  ma  non  ostante  eseguili  con  uno  siile  che  imi- 
tasse i  primi  e  i  più  rozzi  abbozzi  dell  invenzione  del  disegno,  e  di 
tal  falla  reputo  la  pittura  della  lav.  XC\U.  Ma  giunti  i  bei  tempi 
dell'  arie  al  fiorir  di  Pericle  e  di  Alessandro  ,  il  buon  gusto  più  non 
seppe  tollerar  1'  arcaismo  di  quello  stile,  col  quale  si  dipingevano  i 
vasi  a  figure  nere  sul  fondo  giallastro ,  e  rovesciatone  il  metodo  si 
videro  dipinte  nei  vasi  con  figure  giallastre  in  fondo  nero,  ed  in  ot- 
timo stile  complicatissimi  baccanali ,  come  nelle  tavole  XC\  III ,  XCIX  , 
olire  le  ingegnosissime  allegorie  mitologiche  ed  astronomiche,  di  che 
è  pieno  d'esempi  il  volume  presente.  Ma  finalmente  le  ribalderie 
commesse  nelle  segrete  adunanze  bacchiche  avendo  costretti  i  ma- 
gistrati a  proibir  quelle  pratiche  fino  dall'  anno  187  avanti  1'  era 
volgare  ,  credo  che  dall  ora  in  poi  le  pittine  de  vasi  cadute  in  di- 
sprezzo pe'  soggetti  contenutivi  andassero  in  decadenza  ,  e  a  poco 
a  poco  se  ne  perdesse  inclusive  la  cognizione  del  contenuto ,  e  tor- 
nossi  a  dipingervi  colla  medesima  semplicità  che  in  antico. 

Qui  mostro  due  vasi  volterrani  inediti,  l'  ineleganza  de'  quali  s\ 
per  la  forma,  si  per  gli  ornamenti  e  s\  ancora  per  le  rappresentanze, 
mostrano  appunto  la  decadenza  del  gusto  nell  arte.  Nel  superiore 
v'  è  una  donna  ripetuta  da  ambedue  i  lati ,  e  la  credo  rappresen- 
tativa d'  una  baccante.  Il  vaso  del  rango  inferiore  eh'  è  del  gusto 
medesimo  porta  dipinto  un  Pigmeo  ,  che  tale  io  lo  dico  perchè  in 
molti  altri  vasi  di  ^  olterra  ,  dove  si  vede  un  armato  coi  caratteri 
.stessi  di  questo  ,  ha  davanti  a  se  una  grue  che  qui  manca. 

FINE     DEL     TOMO     PRIMO. 


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PITTURE 

DI 

VASI  FITTILI 

ESIBITK    DAL    OAV. 

PER    SERVIRE     DI    STUDIO 

ALLA  MITOLOGIA   ED   ALLA   STORIA 

DEGLI     ANTICHI    POPOLI 

TOMO  II. 


POLIGRAFIA    FIESOLANA 

DAI    TORCHI    dell'  AUTORE 
MDCCCXXXIII. 


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DI  ALCUNI 

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7  A  SÌ FÌTTÌ'l'i 


TAVOLA    CI. 


N. 


el  porre  alla  prima  tavola  di  questo  Volume  II  il  vaso  che  vi 
si   vede,  intendo  di  far  conoscere  con  esso  la  forma  più  comune  di 
questi  antichi  fittili  dipinti  che  trovansi  nei  sepolcri.  Ella  èpoicomu- 
nissima  una  tal  forma  tra  quelle  di  Nola,  un  tempo  famosa  città  della 
Magna -Grecia  nella  Campania;  e  di  Nola  è  anche  questo;  ed  ha  il 
pregio  d'essere  stato  altra  volta  dato  in  luce  dal  celebre  archeologo 
Mazzocchi  '.  I  vasi  di  questa  fnrm.i.   che  finora  si  nominavano  con  ap- 
pellazione generica  diote  '  ora  si  vuol  dar  loro  Io  special  nome  di 
chous  ^.  ....  .        ;  . 

Pare  che  quella  città  di  greca  origine  4  avesse  una  particolar  premu- 
ra neir  adempimento  del  superstizioso  lito  di  seppellire  coi  cadaveri  i 

1    Commentariuin   in  regii  Hercula-  des  Vases  grecs,  et  sur  leurs  Jif- 

nensis  musaei  tabulas  heracleenses  férents  usages  pi.  iv,  n.  a^  p.   i5. 

pars  I,  num.  ii,   pag.    i38.  4  Raoul-Rochette  ,  Histoire  critique 

a  Ivi  Je  l'etablissement  des  colonies  gre- 

3    Athen.  XI ,   49^5   1^.    "P-    f^.'nofl<'>,  ques  Ioni- m,  liviv,  chxiv,  p.  ii8. 

Recherches  sur  les  véritables  noins 


A  HEI     VASI     FITTILI 

vasi  «lininli:  liovandoii  nel  paese  non  equivoci  i.egni  d  una  fabbnca 
ivi  stabilita  di  vasi  d  una  perfezione  fin  ora  giudicala  superiore  alle 
altre  ,  si  nella  leggerezza  della  terra,  si  nelle  forme  de' vasi,  si  nella 
l(ir  vernice,  eh  è  lucidissiina  e  moratissima,  e  sì  ancora  nella  perfe- 
zione delle  pitture  che  visi  contengono,  e  nella  nobiltà  dei  soggetti 
che  vi  si  ravvisano.  Secondo  il  modo  mio  di  vedere,  circa  quella  ma 
nifattura,  penso  che  anche  da  celesta  città  si  partissero  artefici  per 
andare  sparsamente  per  1  Italia  e  per  la  Sicilia,  ove  tale  superstizio- 
ne eia  più  radicata  ,  ed  ivi  eseguissero  questa  sorta  di  vasi  alla  ma- 
niera loro  consueta  ,  giacche  si  trovano  in  varie  parli  d  Italia  vasi 
che  han  le  medesime  qualità  di  quei  fabbricati  a  Nola  ,  nessuna 
eccettuata. 

Il  Ma/,/,occhi  primo  a  produrre  al  pubblico  questo  vasetto,  come 
dicemmo,  nulla  di-se  della  sua  rappresentanza  ,  se  non  che  esservi 
dipinta  una  donna  con  ali  alle  spalle,  e  con  alcuni  oggetti  da  essa 
tenuti  tra  le  di  lei  mani,  lasciando  agli  eruditi  la  cura  d'interpetrarli  , 
giacché  solo  egli  occupossi  delle  iscrizioni  ,  delle  quali  parleremo  in 
ultimo,  lo  credo  esser  la  donna  alala  una  ^'ittona  .  ne  il  Lanzi,  al- 
r  occasione  di  ragionar  di  questa  pittura,  opinò  in  altro  modo,  an 
corchè  dubitativamente  .  avendo  egli  scritto  al  propo^ito  di  questa 
donna  «   o   Vittona  o  altra  che  sia  '  ». 

(di  oggetti  che  ha  tra  le  mani  si  giudicano  due  rami  di  piante 
ve;:;etabili  ,  ma  più  particolarmente  si  posson  dire  tra  le  lor  parti 
primarie,  viticci,  e  latinamente  ctn{>i  rida  ">,  rami  cioè,  da  quali  spun- 
tar sogliono  certi  filetti  avvolti  a  spira  per  mezzo  de  quali  attaccasi 
la  pianta  ai  circostanti  corpi  che  trova  ,  ad  oggetto  di  sostenersi  , 
cosicché  mancando  questi,  i  viticci  si  avvolgono  a  loro  stessi  in  fi- 
gura spirale.  Di  questa  figura  medesima  servironsi  gli  antichi  artisti 
che  rappresentar  vollero  il  mare  ,  di  che  ho  dato  un  chiaro  esem- 
pio nel  principio  di  quest'opera  ',  ed  a  migliore  intelligenza  del  qual 

I    Lanzi,  de' vasi   antichi   dipinti  voi-  i    Targioni,  Isliiuzicni  boianichp  ec. 

gannente  cliiamati  etruschi  disserl.  lom.  i,  e.   vii,    §  vm. 

MI,  §   V,  p.    i63.  3   Ved.  loiii.  j,  lav.   in,   p.  y. 


TAV.    <:i 


concetto  posso  ritare  un  moderno  dottissimo  scritto,  dove  si  mostra 
che  la  voce  greca  ?><?  clix  corrisponde  con  esattezza  ad  esprimere  la 
particolarità  di  avvolgersi  spiralmente,  per  cui  Nettuno  Eliconio  rosi 
nominavasi  ,  a  cagione  della  natura  volubile  delle  onde  marine ,-  e 
dichiara  questa  parte  d'  alcune  piante  detta  viticcio  un  geroglifico 
dell'arte,  onde  rammentare  il  mare  '.  Aggiunge  peraltro  che  Nettuno 
si  dee  considerare  come  abitatore  del  centro  della  teiTa ,  da  dove 
dicevasi  che  motivasse  i  terremoti  e  sotto  un  tale  aspetto  veneravasi 
a  Delfo  e  nel  monte  Parnaso,  dov'  era  consultato,  come  antico  pos- 
sessore dell'oracolo,  che  aveva  in  comune  con  Gea  ^  la  Terra.  Di- 
mostra in  oltre  con  documenti,  che  troppo  lungo  sarebbe  il  rammentar- 
li, l'identità  della  Vittoria  con  Nettuno  sposo  di  Gea,  come  intender  si 
debba  una  Dea  d'  un  senso  più  elevalo  e  più  generale,  e  distinta  dalle 
Vittorie  accidentali,  ch'è  quanto  dire  una  Divinità  stabile  e  fissa,  con 
centrata  in  se  stessa  e  partecipante  della  natura  e  qualità  di  Minerva  ^: 
deità  che  spesso  in  Grecia  si  trovano  unite .  portando  altri  esempi 
(li  Atene  Nice  ,  ossia  Minerva  Vittoria,  adorata  nell  Acropoli  d'Ate- 
ne ;  e  coir  aiuto  della  oculare  ispezione  ed  interpetrazione  d  altre 
pitture  di  vasi,  dimostra  una  conferma  che  la  religione  attica  si  ag- 
girava su  due  principali  miti,  vale  a  dire  le  due  dispute  di  Minerva. 
I'  una  con  Nettuno,  l'altra  con  Vulcano  marito  di  Gea  4.  A  confer- 
ma di  ciò  ne  adduce  in  esempio  il  l>el  vaso  di  S.  Ec.  il  principe  di 
Canino  .  che  noi  riportammo  in  quest'  opera  ^.  dove  si  vede  Vulca- 
no perquotendo  la  terra  con  la  lancia  ad  oggetto  di  farne  sortire 
Eriltonio  ,  e  Nettuno  che  fece  sortire  dalla  terra  il  primo  cavallo 
con  un  colpo  del  suo  tridente.  Da  tale  unione  prende  ad  argomentare 
il  dotto  scrittore,  che  in  Attica  il  nìe<lesimo  nume  centrale  si  chia- 
masse in  estate  per  causa  del  suo  calore  Vulcano ,    e    nell'  inverno 


i  Hefycl).  in  vor.r)(;  pt  Ftvtrifil.  tragn.  t  P.ius    1     x,  e.    5. 

ap.  Panofka  ,  Annali  dell'istituto  di  3   Panofka   cit    p.   i35. 

rorri»pondpn7.T     archeologica    \<)1.  f\   Ved.    ioni,    i,   paj;.    i  i  .^. 

IV  ,    sur  let   piantes   a   hélice    pa-  5   Ved,   tom.   i,  tavy.   lxxiii.   iaxiv. 


gina    i3o- 


DEI    VASI    FITTILI 


Nettuno  per  motivo  delle  inondazioni  e  delie  piogge  abbondanti,  che 
in  quel  paese  caratterizzano  esse  sole  il  tempo  della  cattiva  stagione  '. 
Che  diremo  della  nostra  giovine  alata  ?  I  rami  a  spirale  che  tiene  in 
mano,  e  le  ali  che  porta  alle  spalle    ce  la  fan  dichiarare  la  Vittoria  di 
Nettuno;  nel  tempo  eh  essa  medesima  è  simbolo  atto  a  rappresentare 
l'ingresso  del  sole  nei  segni  dell  inverno,  come  un  trionfo  di  quella  sta- 
gione ,  per  cui  vien  figurata  una  Vittoria,  e  intanto  a  tenore  della  mag 
gior  parte  dei   vasi  bacchici ,  rammentando  il  tempo  autunnale  che  dà 
principio  ali  inverno,  ed  il  nume  che  allora  domina,  vale  a  dir  Bacco  ri- 
cevitore delle  anime  ;  tutto  ciò  porta  a  credere  che  il  vaso  possa  esser 
fatto  come  tanti  e  tant  altri  ne  riscontrammo,  all'  oggetto  d^onorare 
il  defonto  presso  il  quale  questo   vaso  fu  seppellito. 

Ad  un  altra  importante  osservazione  mi  conduce  T  esame  di  que- 
sto vasetto.    L'  erudito  Sig.   Panofka    avea  già  data   ne  giorni  addie- 
tro   una  lodevole    interpetrazione  al  bel  vaso  Volcente    rappresen- 
tativo della  nascita  d'  Erittonio,  ed  io  riportando  quella  pittura  tra 
le  tavole  di  quest'  opera  ^,  ne  detti  qualche  cenno.  In  seguito  perai 
tro  sembra  che  il  prelodato  archeologo  abbia  con  più   minuto  esa- 
me percorse  le  notizie  dell'  Attica  ,    giacché  negli  ultimi  fogli  degli 
Annali  dell'  istituto  di  corrispondenza  archeologica  è  tornato  nuova- 
mente a  trattare  di  quella  celebre  pittura,  in  un  modo  assai  più  sod- 
disfacente che  per  lo  innanzi,  dando  piena  contezza  dei  più  minuti 
oggetti  che  in  quella  pittura  contengonsi.    In    particolar  modo    egli 
ha  maravigliosamente  spiegato  il  senso  dei  giovanetti  alati  ivi  dipin- 
ti per  i  Geni  de'fiumi  ateniesi  Ilisso,  e  Cefiso  che  nella  prima  illu- 
strazione del  vaso  parca  che  restassero  inesplicati  com'io  dichiarai. 
Da  ciò  vorrei  dedurne  la  conferma  ^    che  la  scuola  di  pittura    de- 
stinata all'  arte  speciale  di  dipingere  questi  vasi  ,  ebbe  origine  cer- 
tamente nell  Attica,  se  attici  sono  la  più  parte  dei  migliori  soggetti 
di   tali   stoviglie  .    e  giungo  a  credere  che  gli  artisti  di   là    partiti  si 
sparsero  nelle  diverse  terre,  ove  la  superstizione  dei   vasi  dipinti  |)er 

j    Panofka  I.  cit.   p.    1 36.  2  Tom.   1,  lavv-  Lxxni,  lxxiv. 


TAVV.     CI    E    CU.  7 

mettersi  nei  sepolcri  era  più  volentieri  abbracciata,  e  credo  inclusive 
che  di  temno  in  tempo  dall'Attica  successivamente  partissero  altri  pit- 
tori per  tener  luogo  de'  primi:  premessa  la  supposizione,  che  i  nativi 
dei  paesi  ove  quegli  artisti  portavansi  non  si  occupassero  in  quel- 
r  arte.  In  fatti  come  mai  potremo  supporre  in  un  pittore  nato  ed  istruì 
to  in  Vulci  tanta  cognizione  delle  più  minute  circostanze  dell'At- 
tica e  de' suoi  fiumicelli  da  poterne  eseguire  una  s\  esatta  pittura? 
Che  se  noi  pensiamo  che  un  artista  Ateniese  siasi  portato  a  Vulci 
per  trovar  guadagno  nella  sua  professione  di  pittor  di  vasi,  ed  ivi 
abbia  dipinto  quel  della  nascita  d'  Erittonio ,  cesserà  nel  momen 
to  ogni  meraviglia  di  trovarlo  si  eruditamente  composto  ,  e  si 
analogo  alle  località  dell'Attica-  E  tanto  più  noi  potremo  supporre 
una  stretta  relazione  ed  uniformità  di  occupazioni  tra  gh  Attici  d' 
Atene  ed  i  Calcidesi  di  Nola,  se  consideriamo  ch'essi  provennero  da 
un  medesimo  ceppo  '.  .  •  , 

L'oggetto  che  ebbe  in  animo  il  Lanzi  air  occasione  di  rammen 
tare  questo  vasetto,  fu  principalmente  quello  di  prendere  in  esame 
non  tanto  il  significato  delle  due  paiole  greche  ^aaoì  jnikun  ,  chenul- 
Taltro  per  lui  significano  sennonché  Nicone  bello  '  :  plauso  che  non  per 
anche  sappiamo  a  chi  si  debba  creder  diretto,  quanto  la  paleografia 
del  carattere  che  paragonato  da  lui  con  altri  .  e  confrontato  pure 
con  altre  pitture  di  vasi  quella  del  presente,  ne  congettura,  che  que- 
sto vasetto  sia  stato  eseguito  circa  l'anno  200  di  Roma ,  ossia  554 
avanti  1  era  volgare.  L'esposto  del  Mazzocchi  circa  1'  iscrizione  vien 
rigettato  da' moderni  eruditi. 

TAVOLA   ni. 

Se  richiamansi  a  memoria  i  soggetti  delle  pitture  dichiarati  nel- 
l'antecedente volume  di  quest'Opera,  si  tioverà  che  molti  consistono 
ui  combattimenti  ed  in  gare,  non  senza  notabili  segni  de'  convenuti 
premi  a' vittoriosi  di  ([iie  contraiti.  Questi  soggetti  replicatamente 
I   Raoul •RoclieUe  1.   cit.   p.    119.  2  Lauzi   cit. 


8  DEI    VASI    F1TTU.I 

dipinti  ne  vasi  che  poiievansi  ne'  sepolcri  si  trovano  rappresentati 
anche  nelle  pareti  delle  tombe,  ove  que'vasi  medesimi  furon  sepol- 
ti. Sembra  dunque  assai  chiaro  che  un  qualche  misterioso  enigma 
tico  signiOciito  ivi  stasse  a  porre  in  accordo  que' soggetti  col  destino 
delle  anime  ,  giacché  a  vero  dire  molte  pitture  spettano  anche  ai 
misteri,  ove  s'istruivano  gl'iniziati  circa  un  tal  destino;  che  pro- 
mettevasi  felice  dopo  i  contrasti  della  vita  .  come  a'  combattenti  dopo 
la  loro  fatica  promettevasi  un  premio  alla  vittoria.  E  in  ciò  pren- 
devasi  per  modello  il  sole  che  personificato  in  Ercole  percorre  nei 
dodici  segni  del  zodiaco,  e  par  che  combatta  e  superi  vittoriosamen- 
te que' mostri  o  animali  che   vi  sono  efllgiati. 

La  pittura  di  questa  seconda  tavola  non  dissomiglia  da  quelle 
del  genere  anzidetto,  rappresentandovisi  Teseo,  che  si  decantò  imi- 
tatore d  Ercole,  mentre  si  rese  celebre  per  segnalate  imprese ,  che 
pure  la  favola  ridusse  in  parte  a  simboleggiare  il  passaggio  del  sole 
in  alcuni  segni  del  zodiaco.  Spiacemi  che  per  farmi  bene  intendere 
nell'interpetrazione  di  questa  pittura  io  non  possa  evitare  una  lunga 
dicerìa  che  non  solo  il  fatto  ivi  espresso,  ma  non  poche  altre  cir- 
costanze che  l'accompagnano,  debba  narrare;  e  poiché  il  Millin  ed  il 
Lanzi,  che  illustrarono  questo  vaso  dipinto,  ebber'  occasione  ugual- 
mente di  narrare  la  favola,  così  non  farò  che  trascriverla  come  il 
Millin  la  distese,  o  di  poco  abbreviata. 

Egeo  sdegnato  della  gloria  che  Androgeo  figlio  di  Minosse  acquistò 
alle  feste  dei  panatenei,  ove  aveva  ottenuto  il  premio  in  ogni  con- 
trasto, lo  fece  assassinare.  Minosse  volle  vendetta  pel  figlio  ',e  portò 
nell  Attica  il  ferro  ed  il  fuoeo.  Gli  Dei  d'accordo  con  lui  per  puni- 
re (juesta  uccisione,  desolarono  il  paese  colla  peste,  la  sterilità  e  la 
siccità  de  fiumi.  Gli  Ateniesi  oppiessi  da  tali  Hagelli  consultarono 
1  oracolo  d  Apollo,  e  n'  ebbero  in  risposta  che  il  cielo  non  sarebbe 
pacificato  ,  se  non  quando  Minosse  fosse  stato  sodisfallo.  In  conse- 
guenza di  ciò   mandarono  ambasciatori  supplici   a  Creta  per  doman- 

1    Appolloilor.   lib.    Ili,    i5,  7.  Diod.   Sic.    it,  60. 


TAV.     CU.  9 

dar  la  pace  a  Minosse  ;  ed  egli  accordolla  ma  vi  aggiunse  la  condizio- 
ne che  ogni  nove  anni  gli  destinassero  sette  giovani  e  sette  ragazze. 
Questa  gioventù  esser  dovea  dedicata  al  servizio  del  tempio,  e  cos'i 
riguardavasi  come  perduta.  Ma  la  favola  aggiunge  che  i  giovani  ate- 
niesi olFerti  a  Minosse  dovevan  esser  divorati  dal  Minotauro.  Egeo 
aveva  già  due  volte  sodisfatto  alle  condizioni  del  trattato,  ma  giun- 
to il  tempo  del  terzo  tributo,  mormorò  la  plebe  che  dal  re  costrin- 
gevasi  ad  esporre  i  figli  alla  sorte,  mentre  egli  eh  era  la  causa  di 
questa  sciagura,  era  il  solo  altresì  a  farsene  esente.  Teseo  sensibile 
a  questo  rimprovero  si  olTri  egli  stesso,  senza  neppur  volersi  espor 
re  alla  sorte,  colla  fiducia  per  .litro  di  uccidere  il  Minotauro  e  li- 
berarne la  patria.  Tentò,  ma  in  vano  Egeo  di  ritenere  il  figlio,  che 
volle  ad  ogni  patto  esser  confuso  con  gli  altri  giovani  dalla  sorte 
destinati  al  sagrifizio  crudele. 

Teseo  scese  pertanto  dal  Pritaneo  colla  destinata  gioventù  ed 
andò  nel  tempio  d'  Apollo  delfinio  o  delfico  ad  olfrirvi  per  essi  il 
ramo  d  olivo  sacro,  com'  era  1  uso  dei  supplicanti,  e  dopo  aver  fatta 
la  sua  preghiera  s'imbarcò,  avendo  altresì  sacrificata  a  Venere  una 
capra  per  ordine  dell'  oracolo,  in  ricompensa  di  che  n'ebbe  il  di  lei 
patrocinio,  perchè  ispirò  alla  figlia  di  Minosse,  voglio  dire  di  Arian- 
na, il  desiderio  di  salvarlo,  e  a  compier  ciò  gli  dette  un  gomitolo 
di  filo,  ed  istruillo  come  per  mezzo  di  tal  soccorso,  egli  poteva  dar 
morte  al  Minotauro  e  sortire  dal  laberinto. 

Come  poi  Teseo  uccidesse  il  mostruoso  Minotauro  e  come  fosse 
dalla  gioventù  ateniese  assistito ,  più  che  dagli  antichi  scrittori  lo 
.ipprendiamo  dalla  pittura  stessa  del  vaso,  che  merita  considerazione 
perchè  antichissimo,  come  noteremo,  e  perche  ha  il  pregio  di  veni- 
re da  .\grigento,  cioè  da  un  luogo  dove  secondo  la  storia  regnò  giA 
Gocalo,  quel  re  che  a  Dedalo  perseguitato  da  Minosse,  dette  rico- 
vero, e  per  salvarlo  fece  uccidere  in  sua  casa  Minosse  stesso  ve- 
nutovi a  ricuperarlo  ';  tantoché  si  dee  credere  che  qui  vi  dovean 
esser  nominatissimi  e  Dedalo  .  e  Minosse  ed  il  laberinto  non  che  lo 
1    Erodoto  ed  altri   a^jp.    Lanzi   dei   vasi  antichi  dipinti  p.    i66. 

Fas.   T.   IT.  1 


IO  I>i;i     VASI     FITTILI 

stesso  -Miuolaiiro  .  e  la  sua  favola.  Diremo  non  ostante  alcuna  cosa 
che  più  si  fa  rimarchevole.  L  atto  genutlesso  ilei  Minotauro  indica 
manifestamente  il  soccombere  alla  superiorità  dell'  avversario  eh  r- 
Teseo  ,  contro  il  quale  quel  mostro  preparavasi  a  gettar  pietre  che 
impugna  e  vorrebbe  scagliarle.  Egli  è  tale  quale  si  descrive  da  Eu- 
ripide, cioè  misto  di  doppia  natura,  di  toro  e  d  uomo  '. 

Teseo  è  vestito  d'una  breve  tunica  di  colore  atro -purpureo  , 
ed  ha  sul  petto  una  pelle  che  gli  serve  d'  egida  o  riparo  contro  le 
corna  taurine  del  mostro  .  Ha  in  oltre  il  balteo  per  contenerne  il 
fodero  della  spada  che  ha  in  mano.  Il  suo  elmo  eh'  è  in  terra  serve 
attamente  ad  empire  un  vuoto  nel  campo  che  sarebbe  disgustoso, 
mentre  ogni  restante  dello  spazio  è  ingegnosamente  occupato.  L'eroe 
vedesi  decorato  di  prolissa  capelliera,  la  quale  suol  caratterizzare  le 
opere  del  più  antico  stile,  e  le  loro  imitazioni.  I  di  lui  assistenti  non 
sono  pettinati  diversamente.  Nota  il  Millin  anche  quella  corona  por- 
tata in  testa  da  tutti  i  cinque  personaggi  della  composizione  ,  ed 
opina  che  possa  essere  stata  data  a  questi  giovani  per  indicare,  che 
prima  della  partenza  loro  esser  dovevano  iniziati  nei  misteri  o  per 
annunziare  che  questi  sono  vittime  consacrate  agli  Dei  ^.  Il  costume 
delle  giovani ,  come  riflette  il  già  lodalo  Millin  ,  è  interessante  ad 
osservarsi ,  perchè  ci  fa  vedere  1'  antica  forma  della  tunica  e  del  pe- 
plo .  avanti  che  avessero  ricevuto  le  belle  pieghe  leggieri  ed  ondeg- 
ganti  che  danno  tanta  nobiltà  ,  grazia  e  bellezza  a'  panneggiamenti 
de'Gi'eci.  Le  armature  furono  probabilmente  somministrate  a  quei 
giovani  dalla  figlia  di  Minosse  Arianna  .  di  che  dan  qualche  cenno 
gli  antichi  scritti  '.  I  seguaci  di  Teseo  dovrebbero  esser  quattor- 
dici non  escluso  lui  stesso  ,  ma  1'  artista  ne  compendiò  il  numero 
per  mancanza  di  spazio,  potendosi  com'è  stato  sempre  consueto  rap- 
presentare un  numero  di  persone  per  mezzo  di  due,  o  tre  e  qualche 
volta  un  solo. 

1    Eurip.  in  Fragment.Thesei  Fram-  Milgairement    appeliés    etrusque» 

menti   v.  27  e   seg.    p.  iii.  voi.  ii,   pag.  gì. 

a   Millin  peiatures  de  Vases  antiques  3   Fiutare,  in  Thes. 


H, 


TAV.     CU. 


Ma  è  tempo  ormai  di  consideiare  astrattamente  la   nostra  pittura 
sotto  il  rapporto  della  finzione  allegorica,   ch'io  credo  esservi   siala 
nascosta  ,   giacché  Teseo  .  quantunque  personaggio    della  Grecia  ,  è 
stato  per  altro  figurato  anche  favolosamente  un  eroe  astrifero,  a  cui 
si  attrihuirono  gesta  che  non  ehbero  luogo  se  non  in  testa  dei  poe- 
ti astronomi  che  inventar   le  solevano.    Egli   è  stato  encomiato  per 
mezzo  di  finte  leggende  sacre,  sempre  emulo,   e  talvolta  compagno 
di    Ercole  di    lui  cugino ,    e  tenuto  per  un  eroe  tutelare  di  Atene, 
ov'  ebbe  culto  ed  altari  ,  ed  in  di  lui  onore  furono  inventate  finzioni 
conosciute  col  nome  di  poemi  ciclici.   Noi  lo  riguarderemo  pertanto 
come  rappre,sentato  nella  costellazione  dell'Ingenicolo  '  situato  nella 
parte  autunnale   del    planisfero,  e  presso  la  corona  boreale,   o  Proser- 
pina   che  fu  immaginata    tra   le   amanti   di  Teseo  ,    e   della   qual   deità 
si  celebi'avano  i  misteri  in  Atene ,    ove   come    dicemmo  si    resero  a 
Teseo  divini  onori.  Posto   ora  da  parte  ogni  altro  rapporto  delle  va- 
rie finzioni  sulla  vita  di  Teseo  e  gli   andamenti  degli  astri,  ci  occu- 
peremo soltanto  nel  dare  uno  sguardo  a  quanto  concerne  la  finzio- 
ne del  Minotauro  ucciso  da  lui  ,  con  alcune   delle  principali  circo- 
stanze che  l'accompagnano.  Il  Minotauro  che  Teseo  andò  a  combat- 
tere è  Orione  figlio  del  Toro  celeste  ^,  di  cui  è  principal  paranatellone 
il  Serpentario  rappresentato  in  Teseo.  Nel  cielo  il  Toro  figura  di  perse- 
guitare le  sette  Pleiadi  e  le  sette  ladi  che  gli  stanno  attorno  ^,  come  i 
sette  giovani  e  le  sette  donzelle  che  accompagnano   Teseo  nella  sua 
partenza  da  Atene,  son  perseguitate  dal  Minotauro  di  Creta,  a  cui  si 
dicevano  destinati  per  pasto.  Si  noli  che  il  segno  del  Toro  è  con- 
sacrato a  Venere  ivi  essendo  il  di    lei  domicilio ,    ed  ha  poco  al  di 
sopra  il  segno  della  Capra  celeste  :    di    che   si   fece   la    finzione   che 
Teseo  sacrificasse  a  Venere  una  capra.  La  costellazione  della  Coro 
na  che  dicesi  d^Arianiia  è  poco  distante  da  quella  del  Serpentario  . 
per  cui  si   finse   che  Arianna  si  facesse   amante  di  Teseo   figurato  in 
cielo  dal  Serpentario.  In  questa  guisa  figurasi  che  il  sole  arrivato  al  se- 

1   Bayer.  Uranomeir.  tab.    vii,  Iler-  2  Theon.  p,    ia4- 

cules  higenicuius.  3   Ibid-  p.   173. 


I  2  DEI     VASI     FITTILI 

t»no  equinoziale  di  primavera,  occupato  dal  Toro  al  mattiilino  spun- 
tar delle  Pleiadi  e  della  Capra,  ed  al  nascere  dilla  sera  del  Serpen- 
tario Teseo  che  precede  la  corona  d'  Arianna  ,  prolunga  da  quel- 
i'  istante  1'  estensione  de  giorni  sopra  le  notti  ,  e  contribuisce  alla 
felicità  della  natura.  Sei  mesi  dopo  una  tal  combinazione  la  favola 
fìnge  Teseo  uscito  vittoriosamente  dal  laberinto ,  per  allusione  al 
passaggio  del  sole  per  i  segni  del  zodiaco,  poiché  laberinto  era  detto 
secondo  Plinio  il  palazzo  del  sole  ,  e  verso  quel  tempo  si  nasconde 
Orione,  per  cui  si  finge  morto  il  Minotauro  per  opera  di  Teseo,  che 
dopo  tale  impresa  narra  la  favola  che  fuggi  con  Arianna  ,  perchè  in 
autunno  domina  la  costellazione  della  Corona.  È  dunque  il  com- 
plesso della  composizione  un  trionfo  del  sole  autunnale  finto  nella 
favola  di  Teseo.  F.  che  sia  pura  finzione  quanto  qui  narrasi  di  que- 
sto eroe  ben  si  comprende  per  le  maniere  sì  varie ,  nelle  quali  si 
narran  le  avventure  di  Teseo  col  Minotauro,  di  che  avrò  occasione 
di  ragionare  nelle  tavole  seguenti. 

TAVOLA    CUI. 

Ecco  qui  la  forma  del  vaso,  il  qual  va  ornato  da  una  delle  due  parti 
della  pittura,  che  vedemmo  nella  tavola  antecedente  di  num.  CU.  Il 
Lanzi  che  il  primo  trattò  di  questo  celebre  monumento  ;  mancò  di 
mostrarne  la  forma  ,  non  prevedendo  che  un  giorno  sarebbersene  ti- 
rate conseguenze  non  lievi  a  conoscer  1'  uso  e  la  natura  di  tali 
stoviglie.  Ora  che  i  moderni  archeologi,  per  analogia  di  forme,  dan 
no  a'  vasi  fittili  antichi  quel  nome  che  credono  esser  loro  conve- 
niente ,  rintracciato  dalle  descrizioni  che  di  tali  recipienti  ci  fanno 
vari  scrittori  dell'antichità,  si  può  con  quelle  regole  di  paragone,  dare 
il  questo  vaso  il  nome  generico  d'  anfora  ,  e  forse  anche  speciale 
di  panatenaica  '  .  o  piuttosto  isonica  secondo  quel  che  ne  diremo 
in  seguito. 

I    Gerliard  ,  Monum    medili   pubbl.  centi   tav.   xxvi,  num,  5. 

dall'isl.  di   corrip.   arch.  vasi  Voi- 


TAV.     CUI.  IO 


La  forma  Ji  (jueslo  vaso  .  attesa  la  mancania  della  convonieule 
sveltezza,  potrehbesi  citar  per  iiulizio  che  il  momunento  è  de'  più 
antichi  di  questo  genere.  La  vernice  non  allatto  nera,  ma  tendente 
al  piombino  cupo  è  pure  un  segno  d'  antichità.  Gli  ornati ,  per  la 
semplicità  loro  non  fan  dubitare  d'  essere  del  prisco  fare  di  quei 
pittori  che  inventarono  questo  genere  d'arte;  ma  frattanto  è  nota- 
bile che  i  medesimi  ornamenti  si  vedono  anche  in  alcune  anfore 
di  gusto  egiziano,  sebben  trovate  tra  i  vasi  volcenti  ':  somiglianza 
della  quale  io  non  saprei  dar  conto  e  lagione  ,  se  non  che  sup- 
ponendo i  pittori  di  questi  vasi  essere  in  origine  derivati  da  una 
medesima  scuola,  e  forse  ateniese,  e  di  là  sparsi  nelle  diverse  con- 
trade, e  massimamente  in  Grecia,  in  Sicilia,  nella  Magna-Grecia,  e 
neir  Etruria  ,  dove  frequentemente  questi  vasi  dipinti  si  trovano  in 
abhondaiT/a  Ma  «e  chi  leg^e,  osserva  meco  le  pitture  di  qucblo  vaso 
agrigentino,  in  confronto  con  quelle  trovale mplle  it-rre  toscane  de^Vol- 
cenli,  vi  ravviserà  una  somiglianza,  anzi  eguaglianza  da  sorprendere:  par- 
lo ora  specialmente  di  certe  maniere  di  trattar  le  membra  del  corpo:  gli 
occhi  per  via  d'  esempio  eseguiti  in  circolo  con  una  lineetta  in  luogo 
di  lacrimatorio,  ed  un  altra  diametralmente  opposta,  fan  chiaro  vedere 
esser  questa  una  maniera  di  convenzione,  eseguita  o  almen  praticata 
in  origine  da  una  sola  scuola  ;  imperciocché  non  essendo  quella  forma 
dell'  occhio  una  esatta  imitazione  della  natura,  non  è  possibile  che 
più  scuole  ignote  1'  una  all'altra  abbiano  inventata  nel  tempo  stesso 
una  maniera  medesima  convenzionale  in  quella  foi'ma  sempre  dap- 
pertutto costante  dell'  occhio  umano. 

In  ogni  restante  pare  a  me  che  l'arcaica  maniera  del  disegno  sia  nel 
modo  che  vedesi,  perchè  1' arte  non  era  gran  fatto  avanzata  nel  tempo 
che  fu  eseguita  quella  pittura.  Infatti  non  v' è  nessuna  caricatura  di 
forme,  e  piuttosto  vi  appai'isce  una  gran  diligenza  nella  esecuzione  di 
quel  pochissimo  che  sapevasi,  e  intanto  vi  si  vedono  i  germi  di  quei 
difetti  che  gl'imitatori  dell'  antico  stile  hanno  poi  magnificalo  fino 
alla  caricatura.  Il  naso  ,  per  esempio  ,  soverchiamente  grande  in 
i   Gerhard  eli.  num.    io,    ii. 


1^  DEI    VASI    FITTILI 

proporzione  Jel  volto  ,  specialmente  nelle  facce  virili ,  cos'i  lunghe 
oltremodo  1'  estremità  delle  mani  e  de'  piedi  :  quasi  nessuna  cogni- 
zioni; dell'anatomia  nel  torso:  fianchi  assai  grandi;  gli  alti  insigni- 
ficanti :  i  piedi  per  lo  più  spianati  a  terra  :  mancanza  di  pieghe 
negli  abiti.  Ma  frattanto  quel  che  v'è  fatto,  mostra  una  buona  di- 
sposizione al  progresso  nel  ben  eseguii-e.  DI  fatti  semprechè  non  siasi 
qui  usato  questo  stile  per  affettare  un""  antica  maniera,  come  altro- 
ve ho  fatto  rilevare  ',  è  da  pi-esumere,  che  se  nel  tempo  in  cui  si 
dipinse  questo  vaso  1'  arte  avesse  già  adottato  di  aggiungere  ai  corpi 
umani  una  bella  indicazione  d  esteina  anatomia  ,  come  in  vasi  di 
stile  perfezionato  vedemmo  in  pratica  ' ,  certamente  che  ancor  qui 
se  ne  sarebbe  veduto  migliore  indizio,  poiché  in  ogni  restante  dal- 
l' artista  si  pose  molta  cura  in  far  bene. 

Circa  le  vesti  delle  fanciulle  dissi  2Ìà  rp^alrht^  ooca  nf>ll'  antprp 
dente  inteipeiia/.ione  ,  d  ora  potrei  aggiungere  peso  alla  generale 
osservazione  della  uniformità  molto  stretta  delle  pitture  di  vasi,  an- 
corché sparse  in  vari  paesi  di  Grecia,  di  Sicilia,  della  bassa  Italia  e 
dell'Etruria;  riflettendo  che  vedonsi  le  medesime  stoffe  de'loro  abi- 
ti, quasiché  da  una  stessa  pezza  di  drappo  si  fossero  estratte  le  tu- 
niche delle  donne  agrigentine  ,  come  quelle  di  Chiusi,  di  che  detti 
esempio  altrove  ^.  Ed  in  vero,  se  per  caso  fosser  vedute  le  due  pit- 
ture di  si  lontani  paesi,  non  sapendone  la  provenienza,  direbbesi  che 
un  pittore  stesso  le  fece  ambedue ,  tanto  sono  uguali  nel  costume 
de' capelli,  negli  ornamenti,  nonché  nell'adattamento  dei  loro  abiti, 
e  inclusive  nell'  ornato  principale  che  decora  la  superior  parte  del 
vaso,  e  quasi  anche  nella  grandezza  delle  figure,  ma  più  ancora  nella 
disposizione  loro  in  un  campo  giallastro  riquadrato  sul  corpo  del  vaso. 

TAVOLA  CIV. 

Esaminata  la  parte  principale  della  pittura  che  orna  il  vaso  della 

1  Ved.il  tom.  i,  lav.  xcvii,  pag.  i43.  3  Elrus.  Mus.  Chus.  t.  u,  tav.  cxix. 

2  Ivi   tav.   n,  Lxni. 


r\\.  civ.  i-i 

(avola  antecederne  resta  ora  che  ne  consideriamo  la    parte  avversa 
non  meno  interessante  della  già  descritta.  Noi  la  vedemmo  nel  mez/.o 
del  vaso  co'  suoi  respeltivi  colori  ,  ma  ora  meglio  in  questa  tavola 
n'esamineremo  i  contorni  riportati  qui  con  molta  esaltezza,  perchè 
tratti  dai  fedelissimi  lucidi  che  ne  furono    inviali  al   celebre    Lanzi, 
quando  fu  pregato  dal]  erudito  Nicolas  a  volere  illustrar  questo  vaso. 
Il  Millin  cosi  la  descrive.  «  Vi  si  vede  una  bilancia  fatta  appresso  a  poco 
come  le  nostre  ,    e  le  cui  lance  vengono  sostenute  da  quattro  cor- 
de.   Il  punto    d'  appoggio   non  v'  è  indicato.   Ogni  lance  contiene  un 
corpo   presso   a   poco  ovale   molto   grosso  :    un  uomo  barbato    posto 
fra  i  due  recipienti  sta   ponendo  un  secondo  corpo  simile  al  primo 
in  quello  che  si   vede  alla  dritta  di  chi  osserva.   Due  altre  persone 
imberbi  e  sedenti  alla  dritta  d'  ogni  lance  pare  che  invigilino  per- 
chè il  peso  sia  regolare.  »  Il  Lanzi  descrive  tuttociò  con  qualche  di- 
versità, e  per  quanto  sembrami  ,  più  felicemente.   Egli  crede  che  sia 
questo  un  iifiìzio  destinato  a  preparar  sacca  di   frumento,  o  d' orzo, 
o  d'aridi  d  altra  specie;  ed   in   fatti   pare  anche  a  me  che  1'  uomo 
l)arbato  versi  aridi  da  un  recipiente  che  ha  in  braccio  in  altro  re- 
cipiente eh'  è  posto  in  bilancia  coir  altro  opposto.   Frattanto  i  due 
interpetri  son  concordi  nel  convenire  della  difficoltà  di  ravvisare  il 
motivo  di  tal  pittura    all'  occasione    d' aver    nella    opposta  parte   le 
sesta  di  Teseo.  Il  Millin  si  astiene  del  tutto  dal  pronunziare  un  suo 
pensamento ,  ma  giudica  e  critica  non  senza    ragione  1'  altrui  ;  spe- 
cialmente quel  del  Lanzi  che  pende  a  credere  esservi  rappresentata 
un' apoteca  o  traffico  di  venditori  di  civaie,    ma    non  pretende   di 
legar  l'un  soggetto  coll'altro. 

Io  tengo  per  principio  che  queste  pitture,  ancorché  variatissime, 
abbiano  poi  un  unico  scopo  ,  quello  cioè  di  contenere  nel  signifi- 
cato loro  qualche  moralità,  o  dottrina  relativa  all'anima,  ed  ecco  in 
qual  modo  spiegherei  questa  duplice  pittura.  Che  Teseo  penetrasse 
nel  laberinto  di  Creta  pei  soccorsi  d'Arianna  ,  e  che  ivi  uccidesse  il 
Minotauro  mostruosamente  partecipe  della  natura  di  toro  e  d'uomo  , 
a  cui  si  destinassero  in  pasto  i  sette    giovani    e    le   sette    fanciulle 


|6  DEI    VASI    FITTILI 

tributate  a  Minosse  dagli  Ateniesi,  è  patenlemente  una  favola,  si  pei 
noi  che  pel  pittore  che  se  ne  occupò  nel  dipingere  questo  vaso.  Avrà 
egli  saputo  che  voci  assai  diverse  correvano  di  tale  avvenimento  : 
avrà  pur  saputo;  come  noi  parimente  sappiamo  avere  scritto  Filoco- 
ro che  i  Cretesi  non  convenivano  delle  circostanze  or  narrate  di 
questo  fatto  ,  benché  ammettessero  Teseo  vincitore  del  Minotauro 
nel  modo  seguente:  Minosse  in  onore  di  Androgeo  faceva  un  com- 
battimento di  giuochi  gimnici.  Ne'  primi  tornei  fu  vincitore  Tauro,  il 
quale  dicesi  che  in  quel  tempo  avea  la  prima  autorità  presso  Mi- 
nosse il  sovrano  di  Creta,  ed  era  uomo  di  non  punto  maniere  pia- 
cevoli ,  ma  trattava  i  figli  degli  Ateniesi  con  superbia  e  severità 
Giunto  Teseo  a  Creta ,  e  chiedendo  di  cimentarsi  al  contrasto  di 
que'  giuochi,  Minosse  gliel  concesse:  ed  essendo  usanza  in  Creta  che 
anche  le  donne  vi  fosser  presenti ,  Arianna  che  v'  era  spettatrice  , 
restò  attonita  all'aspetto  di  Teseo,  di  cui  ammirava  la  maestria  nel 
combattere ,  colla  quale  vinse  gli  avversari  tutti,  che  a  lui  si  fecer 
davanti  ed  inclusive  il  brutale  Tauro  .  Per  questa  vittoria  Minosse 
restituì  a  Teseo  i  fanciulli,  e  liberò  Atene  dal  tributo. 

Il  pittore  prese  a  buon  dritto  la  narrativa  più  pittoresca  pel  suo 
tema,  e  quel  ministro  da  Teseo  superato,  dipinse  colle  sembianze  di 
toro ,  traendo  ciò  dalla  favola  ;  e  ne  ottenne  in  sostanza  1'  esempio 
d'una  virili  eroica  operata  da  Teseo  a  prò  della  patria.  Ma  poiché 
ne"*  misteri  s'inculcava  1  esercizio  delle  opere  virtuose  nei  contrasti 
della  vita,  per  averne  dipoi  un  premio  in  una  vita  futura  ,  cosi  il 
pittore  considerata  1'  anterior  parte  come  una  vittoria  riportata  nel 
contrasto  dei  giuochi  gimnici,  volle  con  facilitarne  1'  intendimento  . 
rappresentarvi  la  misura  deir  orzo  che  si  assegnava  in  premio  ai  vin- 
citori di  tali  giuochi ,  alludendo  ciò ,  com'  io  dico ,  al  pi  ernie  di 
una  futura  vita  beata,  promessa  a  ohi  virtuosamente  nella  vita  pre 
sente  operasse.  Che  una  determinata  misura  d'  orzo  fosse  data  nei 
giuochi  gimnici  delle  feste  eleusinie ,  o  forse  anche  negl'ismici  in- 
ventati dallo  stesso  Teseo  .  è  cosa  già  nota  .  e  quindi  si  trova  per- 
fettamente connes'ia   1   anleiior  parte  de-lia   rappresentanza   colla  pò- 


TAV.    CIV.  17 

steriore  in  cfuesto  vaso  dipinto;  mentre  se  in  una  è  rappresentato 
r  esercizio  e  la  vittoria  d' un' eroica  virtù,  nell  altra  si  esprime  il  pre- 
mio che  se  ne  dee  conseguire. 

Ora  noteremo  il  costume  del  vestiario  sì  dell'  una  che  dell'altra 
pittura.  Nella  rappresentanza  ov'  è  Teseo  si  vedon  chiome  prolisse 
a  tenore  della  più  antica  maniera  italiana,  e  nell'  altra  i  capelli  son 
tenuti  nascosti  sotto  ai  berretti,  e  così  è  mostrata  una  tal  dilFerenza 
di  costume  tra  1  ceto  delle  persone  qualificate  ed  ingenue  e  quello 
degli  operai  ma  non  servi.  Teseo  è  vestito  militarmente.  La  sua  tu- 
nica è  breve,  non  giungendo  al  ginocchio .  e  fascia  strettamente  il 
corpo  quasi  fosse  una  corazza  di  quoio.  Non  diversamente  vediamo 
coperti  gli  antichi  eroi  d' Italia,  come  anche  i  numi  nei  più  vetusti 
monumenti  dell'arte  '.  Gli  operai  della  posterior  parte  della  pittura 
hanno  tunica  sì  lunga  da  dirsi  talare  ,  e  tal  fu  1'  uso  di  coloro  tra 
il  popolo  ch'esercitò  arti,  quasi  che  sedentarie,  ove  la  tunica  non 
abbisogna  d'esser  cinta.  Oltre  l'esser  talare,  questa  tunica  è  eso- 
mide  ,  cioè  terminata  alle  spalle  e  senza  continuazione  di  maniche. 
Difatti  in  tutti  coloro  che  vivono  di  fatica  è  quasi  inutile  di  giu- 
stificare tal  uso.  con  autorità  degli  antichi,  le  quali  pur  non  mancano. 

Poco  dirò  dell'  epigrafe  :  tema  tuttora  in  questione  e  non  riso- 
luto ch'io  sappia,  sebbene  molto  v' è  stato  scritto.  Nel  primo  qua- 
dro alla  tavola  CU  si  legge  il  nome  del  vasaio  taaeiaes  Talide  che 
fece  il  vaso  EnoiESEN:  epigrafe  ripetuta  due  volte.  L'altra  è  KAiT.APxor 
KAAOs,  che  vai  bel  Clitarco.  Come  poi  vi  sia  due  volte  ripetuto  il  no- 
me del  vasaio,  e  non  già  quello  del  pittore,  come  ora  si  vuole,  non 
saprei  dirlo,  ne  si  pretenda  ,  come  altre  volte,  che  un  antiquario  sappia 
tutto,  anche  quel  che  forse  non  può  sapersi.  11  Lanzi  scrisse  più  pagine  su 
questa  epigrafe  ripetuta,  ma  sulla  fiducia,  or  non  ammessa,  che  quel- 
lo fosse  il  nome  del  pittore  .  e  il  Millin  .  lo  segue.  Sull'altra  epigra- 
fe i  prelodati  archeologi  non  scrissero  cos-t  che  sia  degna  di  farne 
conto.   La  forma  delle  lettere  concorre  collo  siile  della  pittura  per 

1   Monnm.  Pirn».   ser.  vi.  (av    A  e  ser.  ui.   pag.    190,   a68. 

ras.   7.   fi.  5 


IO  DEI    VASI    FITTILI 

attestare  la  remola  anticliità  del  Vaso  che  il  Lanzi  con  belli  argo- 
uienti  vuol  provare  che  tocca  verosimilmente  il  primo  secol  di  Roma. 

TAVOLA    CV. 

La  massima  sproporzione  della  grandezza  tra  vaso  e  vaso  mi 
porge  uno  dei  vari  motivi  da  sospettare,  che  non  per  uso  alcu- 
no ,  ma  soltanto  per  superstiziosa  decorazione  siano  state  eseguite 
la  più  gran  parte  di  queste  sepolcrali  stoviglie.  Noi  avremo  luogo  di 
esaminare  i  vasi  di  Canosa  che  si  annoverano  tra  i  maggiori  fin  qui 
trovati,  menti-e  il  presente  lo  ravviso  da  numerarsi  tra  i  più  pic- 
coli ,  giacché  le  figure  qui  delineate  sono  di  grandezza  uguale  al- 
1^  originale  che  ci  vien  mostrato  dal  eh.  Millingen  tra  i  vasi  di  Sir 
John  Coghill  Bart  '.  Fu  trovato  questo  bel  vasetto  nella  Terra  di 
Lavoro  :  circostanza  che  ci  porge  motivo  di  belle  riflessioni  circa 
I  uniformità  di  questi  monumenti  anche  nella  considerabile  varietà 
de'  paesi  ove  si  trovano  :  osservazione  che  io  ripeterò  a  fronte  della 
tavola  susseguente  .  Le  figure  son  dipinte  in  color  nero  su  fondo 
giallastro.  Sotto  al  campo  delle  figure  che  giunge  alla  metà  del  cor- 
po, il  vaso  è  di  color  nero,  come  altre  parti  di  esso.  In  somma  tutto 
il  vasetto  è  simile  nella  forma  e  nello  stile  della  pittura  a  quel  della 
tav.   IV  del  primo  volume  di  quest'  opera. 

L'  interpetrazione  che  ne  dà  il  suo  illustratore,  dà  luogo  in  par- 
te, per  quanto  sembrami,  ad  altra  opinione.  Egli  vede  qui  un  com- 
battimento di  due  guerrieri  armati  di  lance  scudi  ed  elmi  .  e  cre- 
de che  siano  due  donne  quelle  due  persone  che  stanno  presso  ai 
guerrieri  con  bastone  in  mano.  Quel  eh'  io  ne  pensi  lo  dirò  nello 
spiegar  la  tavola  seguente. 

TAVOLA    evi. 

L   estrema  piccolezza  del   vaso  (pii   esposto  .    come  dell    ;;ntece- 
1    PI.   xxxv,   n.  i 


TAV.    evi.  ÌC) 

dente,  le  cui  pitture  sono  della  grandezza  medesima  dell  origiiìale 
respettivo  antico  ,  d«ì  non  poco  imbarazzo  a  stabilire  1'  uso  positivo 
di  tali  monumenti  ,  giacché  se  ne  trovano  sotterrati  di  quelli  che 
han  r  altezza  qual  più  qual  meno  di  tre  piedi  ',  come  dun(|ue  po- 
trebbesi  assegnare  a  tutti  una  parità  d' uso  in  tanta  disparità  di 
grandezza  ?  Rifletto  altresì  che  il  soggetto  è  precisamente  lo  slesso 
di  quello  del  vasetto  esibito  nella  tavola  antecedente,  né  solo  il  sog- 
getto, ma  lo  stile,  come  anche  la  disposizione  delle  figure,  1'  ag- 
giunta degli  animali,  non  che  la  forma  stessa  del  vaso,  e  la  grandez- 
za delle  figure  ,  come  se  i  due  vasetti  fossero  visciti  da  una  mano 
medesima,  o  almeno  da  una  medesima  fabbrica;  eppure  il  primo 
da  me  esibito ,  com'  io  dissi  già,  è  stato  trovato  nella  Grecia  Italica, 
mentre  il  presente  si  ticie  dagli  .siavi  «l'Atene.  i»sfivazione  che  fece 
anche  il  Millingen,  ;ilini(hc  pubblicolli  entrambi,  trovandovi  leggeri 
differenze  fra  1'  uno  e  1'  altro,  che  non  meritarono  d'  esser  neppiir 
connotate.  In  fatti  veda  1'  osservatore  che  le  due  persone  assistenti 
alla  zuffa  in  una  delle  pitture  hanno  un  bastone  in  mano  ;  e  nel- 
l'altra ne  mancano.  Egli  altresì  deplora  che  discifrar  non  si  possa- 
no le  iscrizioni  aggiunte  alla  pittura  di  questo  vaso,  ma  la  frequenza 
di  tali  note  non  intelligibili  in  modo  veruno,  fece  in  fine  consolidare 
il  sospetto  che  i  pittori  de'  vasi  di  fondo  giallastro  con  figure  nere, 
volendo  affettare  in  lutto  un  soverchio  arcaismo,  abbiano  posto  dei 
capricciosi  ed  incerti  segni  in  luogo  di  lettere,  perchè  vi  fosse  cre- 
duto un  carattere  ormai  reso  intelligibile  per  soverchia  antichità,  né 
più  si  affannano  gli  archeologi  a  volerne  intendere  il  senso,  che  cre- 
dono per  ciò  non  esservi  mai  stalo.  Queste  uniformità  nelle  antiche 
pitture  trovate  in  paesi  così  diversi,  fan  credere  sempre  più  ch'ema- 
nassero i  loro  autori  da  una  scuola  medesima,  e  questo  vasetto  ate- 
niese giustifica  il  supposto  che  dall'Attica  quella  scuola  ricevesse  la  cuna. 
Le  due  figure  tanto  qui  che  in  altre  pitture,  ove  stanno  assistenti 
ai  combattimenti,  abbiano  o  non  abbiano  in  mano  i  bastoni,  le  credo 
almeno  lui  additamento  del  giudizio  che  al  tende  una  gara  qualunque  di 
I   Monum.  eU'.  set.   v,  p.   487. 


20  DEI    VASI    FITTILI 

comhiittenti  ,  onde  sia  giudicato  qual  esser  debba  l'azione  piii  vir- 
fiiosa  e  [liù  degna  di  j)remio.  Quei  due  individui  a  rigor  di  termine 
si  chiamerebbero  dai  latini  agoTiothetae,  iciuaM  presedevano  ai  certa- 
mi ed  ai  giuochi  di  gara,  menh  e  all'arbitrio  loro  si  rimetteva  il  j|iudiziò 
della  vincita  e  del  merito  da  premiarsi ,  per  cui  dicevansi  ancora 
babeutae.  e  curatores  muneris:  ed  in  tal  esercizio  avevano  in  mano 
un  bastone,  e  vestivan  di  porpora  '.  Ma  i  pittori  de'vasi  che  non 
voleano  rigorosamente  lappresentare  1  esecuzione  d'  alcun  giuoco  spe- 
ciale ,  e  molto  meno  le  circostanze  dalle  quali  simili  contrasti  veni- 
vano accompagnati;  ma  solo  procuravano  di  tracciare  nelle  pitture 
de'vasi  da  sep^olti  un  geroglilico,  il  quale  in  qualunque  modo  ese- 
guito rammentasse  ali  uomo  i  contrasti  di  questa  vita,  ed  un  premio 
e  riposo  neil  akia.  .^e  u'cra  degno;  ed  ecco  il  perchè  in  mille  guise 
rappresentavansi  dei  contrasti  e  dei  giudici.  Di  ciò  non  mi  si  doman- 
deranno le  prove,  dopo  ch'ione  ho  scritto  forse  troppo  nell'opeia  dei 
Monumenti  etruschi  ^;  ma  in  quella  vece  ne  aumenterò  gli  esempi,  ad 
oggetto  di  rinforzarne  sempre  più  l' argomento.  Se  osserviamo  la 
rappresentanza  della  tav.  CU  di  quest'oliera  vi  si  troverà  il  contra- 
sto fra  Teseo  ed  il  Minotauro,  ed  ivi  si  vedranno  ali  estremità  due 
giovani  immobili  secondo  il  solito  con  asta  posata  al  suolo. 

TAVOLA    CVII. 

Qui  pure  tu  vedi  un  combattimento  non  altrimenti  composto 
che  gli  antecedenti.  Che  se  non  sappiamo  chi  sieno  i  due  guerrieri 
a  contrasto  .  perchè  indistinti  e  con  visiera  calata  ,  questo  almeno 
si  fa  palese  che  vi  si  agita  una  pugna,  e  dal  vedere  che  a'due  Iati 
son  due  uomini  con  bastone  in  mano;  ancorché  bizzarramente  ve- 
stiti, s' intende  che  sieno  i  consueti  giudici,  per  decretare  il  premio 
a  chi  1'  ha  meritato,  per  mezzo  della  vittoria  ottenuta  in  quei  con- 
trasto. Resta  ora  da  sapersi  chi  sia  colui  che  si  vede  steso  al  suolo 

t    PitibC.  Lexicon  nt'tiquit     romansr.  a   Ser.  y,  Uv.  lxv  •  su*   «pìe^iizioa*. 

Ili    v«rb.    Agodolhfta,   el   alib. 


TAV.    CVII   E   CVIII.  nt 

fra  i  due  combaltrnti;  relalivamenle  al  qual  roncello.  attesa  la  su- 
ina eh'  io  nutro  per  la  eslesa  erudi/.ione  ed  ingei^rio-a  |.ei  spicacia 
nella  iuleipelrazione  d  aniiclii  (ll|)irili  che  omiai  (ulti  san  rico  esce 
re  nel  eh.  Sig.  Gerhard  anli(|iiaiio  della  R.  corte  di  Berlino,  io  slimo 
a  pro|iosilo  di  riportarne  intiero  il  di  lui  parere  die  Icgg  arno  nel 
suo  dottissimo  rapporlo  volcetile.  «  Tiovansi  ancoi'a.  egli  dice,  voprat- 
tuttosunobdi  anfore  d'arcaica  maniera  molli  coinballinienli,  i  (piali  a 
prima  vista  sembrano  assolutamente  d'eroico  argomento,  partecipandovi 
talvolta  Mi.ierva.  e  Mercurio .  e  altre  volle  olierendo  il  quadro  d'un 
duello  presso  un  tei'zo  guerriero  trucidalo;  nondimeno  la  mancan- 
ta  di  quegli  accessorii  che  eran  pur  necessari  anche  ai  deci,  per 
comprendere  Ira  lanie  eroiche  conlese,  quello  che  l'artista  voile  rap- 
presentare ,  e  la  presenta  invece  di  figure  avvilup|ale  nel  manto 
presso  colali  azion',  sebbene  sanguinose,  ali' uso  degli  esercizi  pale- 
strici,  fanno  ravvisarvi  l'argomento  vago  di  combattimenti  in  gene- 
re ,  piuttosto  che  fatti  d  Aiace,  Enea  o  altri  celebri  eioi  della  fa- 
vola '   »>. 

Il  vaso  dove  si  contiene  questa  pittura  è  inedito,  trovato  nelle 
vicinanze  di  Vulci,  di,iinto  da  una  sola  parte,  eh' è  T  opposta  al  ma- 
nubrio, e  d  una  forma  che  ora  chiamerebbesi  olpe  '.  Presentemente 
questo  vaso  fa  parte  della  collezione  di  vasi  della  R.  Galleria  di  Fi- 
renze. Le  fìguie  qui  delineate  sono  della  grandezza  medesima  del- 
l'originale .  Ho  voluto  notare  anche  la  cifra  che  si  vede  sotto  al 
piede,  perciè  un  giorno  se  ne  possa,  colla  moltiplicità  degli  esempi, 
intendere  il  signiGcato. 

TAVOLA  CVm. 

Una  pittura,  che  senza  tema  d'errare,  può  scriversi  tra  le  opere 
dei  più  bei  tempi  dell  arte  greca,  recar  ci  «lebbe  dei  significanti  lu- 

1    Gfrhard,  R.'>ppor«o  iniorno  i  vasi  t   Gerhard  ,   Mnnum.   inediti   piibb' 
tolc<*nli.  Sii  n»'gli  Aiin.ili  dell'ist.  dali'ist.  di  corrisp.  ar<h    per  ranno 

di  coiTÌjpon<leiiia  arch.  ,  ^ol    ni,  i8St,   ut.  xxvn. 

p.   S6    «on    18  Ji 


22  DEI    VASI    FITTILI 

mi  circa  la  mitologia  che  nelle  pitture  de  vasi  trattavasi.  La  pre- 
sente difatti  ha  impegnata  per  la  sua  bellezza  e  singolarità  della  rap- 
presentanza, l'attenzione  di  più  eruditi.  Il  Millin  dalle  opere  del  quale 
io  la  traggo,  ne  scrisse  in  questi  termini,  con  qualciie  abbreviazione. 

Era  una  bella  allegoria  poter  dire  che  Ercole  a  fin  di  salire  al 
cielo  ebbe  bisogno  di  farsi  espiare  degli  omicidi  anche  i  più  legitti- 
mi eh'  avea  commessi.  Ma  ciò  dicevasi  per  dare  un  risalto  ed  una 
importanza  maggiore  ai  misteri,  a'quali  era  fama  eh' Ercole  si  fosse 
fatto  iniziare  .  Avanti  di  penetrar  giù  nell'  Èrebo  ad  incatenare  il 
Cerbero  ,  andò  in  fatti  da  Eumolpo  che  1'  iniziò  ne'  misteri  di  Cerere: 
favore  eh'  era  negato  agli  stranieri,  dacché  Testio  figlio  di  Pelio  ne 
fece  eccezione .  Ma  bisognava  esjiiar  Krcole  rialla  uccisione  da  lui 
commessa  del  centauro  Folo  ;  e  difatti  Eumolpo  operò  iwia  tal  ceri- 
monia ,  e  quindi  iniziò  quell  Eroe   ' . 

In  questa  rappresentanza  ^  il  Millin  vede  l'espiazione  d'Ercole, 
ma  non  per  mezzo  d'  Eumolpo  ,  mentre  in  di  lui  vece  vi  si  Irova 
una  donna  come  in  tante  altre  pitture  ,  ove  le  donne  presentano  , 
coni'  egli  giudica  ,  ai  neofiti  una  tazza  ,  una  benda  o  altro  oggetto 
che  sia  relativo  alle  iniziazioni.  Da  ciò  ne  fa  conseguire  che  sia  la 
donna  di  questa  pittura  una  di  quelle  consacrate  specialmente  ai 
misteri  Eleusini,  oppurlaDea  Cerere,  e  giustifica  la  di  lui  siqipo- 
sizione  dall'aria  maestosa  e  grave  di  lei  e  dall^asta  pura  alla  quale  s'ap- 
poggia. Ercole  ha  qui  iin  ramo  che  il  Millin  crede  mirto  che  prati - 
cavasi  nelle  iniziazioni,  mostrandosene  coronati  i  neofiti  e  gl'iniziati  ^. 

Ripresa  in  esame  questa  pittura  medesima  dal  Zannoni  vi  portò 
le  seguenti  riflessioni  :  Qui  vedesi  Erco'e  ed  una  femmina  avanti  a 
lui.  L'eroe  tien  la  destra  sulla  clava  puntata  in  terra,  e  la  leonina 
sul  braccio  sinistro,  la  cui  mano  stringe  un  ramo.  La  femmina  è 
ornata  di  corona,  pendenti  e  collana,  e  tiene  per  un  de  capi  una  vitta 

1  Apollodor  1.  Il,  pag.    i45,  di  larghezza. 

2  11  vaso  che  ha  questa  piuura,  ap-  3  Millin  Peintures  de  vases  antiques 
parliene  al  sig.  Durand  aito  due  vulgairement  appelé:.  etrusques 
piedi  e  olio  pollici,  e   i6  pollici  lem.  ii,   pi.  lxxi,  p.  ii4- 


TAv.  cvin.  sS 

nella  destra ,  e  1'  asta  pura  o  scettro  nella  sinistra.  Il  Millin  vede  in 
questa  pittura  Ercole  iniziato  nei  misteri  Eleusini  da  una  femmina 
consacrala  a  Cerere,  oppure  da  questa  Dea.  Glie  ne  danno  argomen- 
to il  ramo  d'  Ercole  eh'  ei  dice  di  mirto  ,  pianta  adoperala  nelle  ini- 
ziazioni, eia  villa  tenuta  in  mano  dalla  donna.  Perini  non  osta  clif 
Ercole  fosse  iniziato  da  Eumolpo.  e  che  qui  lo  sia  da  una  femmina,  men- 
tre in  tali  pitture  s'hanno  altri  simili  esempi.  Non  rifiuta  ilZannoni  una 
tale  opinione  ,  ma  fa  riflettere  che  1'  antichità  scritta,  assegna  ai  soli 
uomini  r  ulììcio  d''iniziare  nei  misteri  Eleusini;  e  frattanto  prevede  che 
se  meglio  si  studieramio  le  pitture  de'vasi  ,  ne  aiipariran  forse  assai 
meno  delle  pertinenti  a'misterl.  Ma  che  che  di  ciò  avvenga,  egli  accerta 
che  il  ramo  tenuto  da  Ercole  in  questa  pittura  non  può  alludo- 
punto  ai  misleri ,  e  che  la  vitta  è  per  lo  meno  un  equivoco  argo- 
mento. Il  ramo  ,  egli  dice  ,  non  è  di  mirto  ,  ma  si  d'  alloro  con  le 
sue  bacche  ;  e  se  anche  fosse  di  mirto  ,  non  avrebbe  per  questo 
maggior  probabilità  1'  opinione  del  Millin.  Odasi  ciò  che  scrivon  gli 
antichi  sul  mirto,  rispetto  ai  misleri.  Nelle  Rane  di  Aristofane  dice 
Ercole  a  Bacco  ,  che  sceso  nell'  inferno  vedrà  le  anime  degl'iniziati 
agitare  le  sacre  orgie  fra  i  mirteti  pupptvuvas  »,  ed  il  suo  scoliaste, 
chiosando  il  verso  33a  della  stessa  commedia,  soggiunge,  che  della  co- 
rona di  mirto  coronavansi  gl'iniziati  ^.  Ma  siccome  secondo  ilZan- 
noni non  è  di  mirto  in  questa  pittura  il  ramo  d'  Ercole,  ma  sibbe- 
ne  di  lauro  ,  cosi  certamente  secondo  lui  dinota  vittoria.  Lo  tiene 
AppoUo  colla  destra  in  pittura  d'  Ercolano  ^,  stringelo  pure  colla  de- 
stra Paolo  Emilio  nel  suo  trionfo  4,  e  lo  stringono  Augusto  ed  altri 
trionfatori  in  medaglie  romane  5,     .  ,      ,  i 

Conferma  quindi  che  la  vitta  non  può  reputarsi  esclusivamente 
argomento  d  iniziazione,  ma  è  segno  eziandio  di  vittoria,  e  ne  porta 
gli  esempi,  ch'io  non  riporto  perche  la  massima  non  è  contradetla. 

I   Arisiophsn.   in  Ran.  v.    1 56.  4   P'ut.   in   vii.  eiusd.   p    2^3. 

1  Ved.  Sainte  CroixOeuv- des  myst.  5   Vpd.  Rasche  Lex.   num.  tom.   ii  , 

tom.  1,  p.  ■284.  part.  11,  col.    iSij. 
3  Tom.  V.  ia>.  xi.vu. 


?4  DEr    VASI    FITTILI 

La  vitta  dunque  che  dalla  ferninln;i  si  oUre  ad  Ercole  avente  in 
mano  il  ramo  del  trionfale  alloro,  a  lui  si  presenta  siccome  a  quel 
lo  che  vinse  in  ognuna  delle  molle  e  perigliose  fatiche  .  alle  qnali 
fu  esposto  da  Euristeo  sostenuto  dalla  prepotente  Giunone.  L  asta 
che  esa  femmina  impigna  con  la  manca,  fa  agevolmente  riconoscer- 
la per  questa  Dea.  E  vero  che  avversa  ad  Ercole  fu  (iiunone;  ma 
è  vero  altresì  che  in  line  ebhe  per  lui  mente  benigna.  NanaApol- 
lodoro  che  l'eroe  salì  dal  rogo  ali  Olimpo,  e  che  fatto  quivi  par- 
tecipe della  immortalità,  e  riconciliato  colla  regina  degli  Dei  sposò 
Ebe  sua  figlia.  Or  sebhen  veda  il  Zannoni  che  notizia  tale  alla  rap- 
presentanza non  quadra;  ma  ravvisandoci  in  essa  chiaramente  Giuno- 
ne, e  conoscendosi  pure  il  motivo  ond  ella  è  con  Ercole,  sembra- 
gli necessario  arguire,  che  alcun  poeta  facesse  avvenuta  la  riconci- 
liazione appena  eh  ebbe  Ercole  compiute  le  sue  fatiche  '. 

TAVOLA  CIX. 

Di  questa  rappresentanza  N.  a  non  è  facile  di  svolgere  il  significato  . 
ma  pure  da  certi  segni  che  qua  e  là  manifestansi  di  non  dubbio  si 
gnilicalo  ,  possiamo  trarne  conseguenze  ancorché  dubbie  sopra  ogni 
restanle.  La  i>rima  figuia  a  sinistra  di  chi  riguarda,  porta  la  clava 
e  l'arco:  armatura  eh  è  propria  d'Ercole,  e  non  d'altri  soggetti 
mitologici  ,  ed  Ercole  perciò  il  diremo  ,  quantunque  mancante  del 
leonino  suo  vello.  Ha  barba,  ma  cortissima  in  paragone  d^  altre  bar 
baie  figure  di  questa  piltiu'a  medesima.  Io  la  reputo  per  questo  un 
indizio  della  stato  in  cui  si  trovò  l'eroe  quando  ricevette  la  sua 
apoteosi,  mentre  si  dice  nelle  sue  favole  ch'egli  ringiovinì  sposando  Ebe, 
e  fu  dai  medesimi  suoi  adoratori  sottinteso  pel  sole  ,  e  per  1'  anno 
che  rinnovansi  e  lingioviniscono  a  ciascuna  rivoluzione  annuale  "". 
Or  questo  ripetuto  stalo  di  gioventù  a  novello  vigore    ,  non  par  da 

I    Zunnoni  ap    Inihirami,  LfUere   di  Ttipogoi.  pag,    l65. 

elnisii)  eni'IÌ7.inn>-    [)ag.    ì  ò  3   Nonn,   Dionys   I    XL,   v.    ^oo. 

a     lobaii    Diac.    Scliol.    ad    IlcsioJ. 


TAV.     CIX.  23 

indicarsi  meglio  che  per  mezzo  d' un  robusto  giovine,  che  non  [.er 
anche  ha  prolissa  barba  nel  mento,  la  quale  suol'  essere  indizio  d'a- 
vanzata età  nelle  figure  dipinte  ne'  vasi  .  Sappiamo  altresì  che  nel- 
1' esser  Ercole  ammesso  nel  numero  de' numi  per  opera  della  sua  apo- 
teosi, riconciliossi  allora  conia  sdegnata  Giunone  ';  del  «piai  soggetto 
abbiamo  varie  repliche  negli  antichi  monumenti  dell'  arte  ^.  Qui  pure 
crederei  che  un  tale  avvenimento  vi  fosse  accennato,  e  che  Giuno- 
ne sia  la  donna  che  v edesi  dopo  Ercole. 

Noi  vediamo  in  mano  di  questa  donna  un  frondoso  virgulto  .  e 
intanto  ci  rammentiamo  che  nell'  antecedente  raj)presenlanza  l'u  detto, 
che  Giunone  tenea  nelle  mani  una  vitta  per  coronarne  il  riconcilia- 
tosi Eroe,  vittorioso  in  ogni  sua  più  diflicile  impresa.  11  Zannoni  fa  più 
chiaro  quest  atto,  mediante  1  esempio  della  rappresentanza  d'  un  di- 
sco dottamente  da  lui  spiegato  per  Ercole  coronato  da  Giunone  in 
segno  di  ^  ittoria  '.  Qui  dunque  dir  si  potrebbe  che  Giunone  ha  in 
mano  un  ramo  di  frondi  per  tesserne  una  corona,  colla  quale  recar  com- 
pensazione onorevole  alle  vittoiie  da  Ercole  ripoitate  nelle  sue  imprese. 
Di  fatti  uno  specchio  mistico  di  simil  soggetto  vedesi  nell'  opera  che  ha 
per  titolo  .Museo  Chirrheriano  4,  dove  Giove  siede  in  un  soglio,  ed  a  lato 
vi  stanno  Ercole  colla  clava  e  la  pelle  di  leone  sul  braccio  sinistro,  e  Giu- 
none che  ha  in  mano  un  frondoso  ramo,  che  il  Lanzi  giudica  d^olivo  '•'. 

Così  noterò  che  in  altro  mistico  specchio  è  rappresentato  Ercole 
col  Cerbero  da  una  parte,  e  sta  nel  mezzo  Giunone  che  posa  con  una 
mano  una  corona  sul  capo  d  Ercole,  tenendone  somigliante  nell''  altra  •". 
Qui  l'illustratore  del  monumento  ne  sviluppa  il  significato,  col  dire  che 
si  corona  Ercole  perchè  ha  già  compiute  le  ammirande  sue  geste  -, 
delle  quali  quella  del  Cerbero  fu  appunto  1'  estrema  ^.  Oltre  di  che 
riflette  1'  illustratore  che  non  poteva  Ercole  recarsi  nell'  inferno  se 

1  Ved.  la  spieg.  della  tav.   anieced.  5  Lanzi,  Saggio  Ji  ling.  elr.  toiu    ii. 

2  Ved.  Zannoni  ap   Ingliirami,  Let-  p.   iqB.   tav.  vi,  num.  3. 

lere  di  eirusc.  erudizione  p.    i6.  6  Ved.   Inghirami   leuere  di  etrusca 

Lanzi  saggio  ec.  tom.  ii,  p.  ipq,  erudizione  tav.   i. 

3  Zannoni   1.  cil.  7   Zannoni  ap.  Inghirami  cit.  pag.  -j, 

4  Mus.  Kircher.  lab.    xm.  8   Apollod- Bibl.  1.  n,  cap.  v.  p.  798. 

Fas.  r.  II.  .  4 


l6  DEI    VASI    FITTILI 

iniiiia  non  s  iniziava  nei  misteri  Eleusini  ',  e  in  essi  ex-a  costume  il 
coronarsi  col  mirto  ^.  Ma  per  qual  fine  Giunone  reca  due  serti  ad 
Ercole?  Rispondo  col  supposto  che  se  appella  una  di  esse  alla  glo- 
ria che  l'Eroe  s  acquistò  colle  moltiplicate  vittorie,  I'  altra  può  al- 
ludere alla  di  lui  ammissione  ai   misteri. 

Ora  torno  alla  illustrazione  del  Zannoni  per  ispiegar  più  cose  , 
e  vi  leggo  aver  egli  tratto  da  Aristofane,  che  sceso  Bacco  all'  inferno 
dovea  vedere,  secondo  Ercole  gli  predisse,  le  anime  degl  iniziali  agi- 
tare le  sacre  orgie  fra  i  mirteti  ^.  Se  pertanto  esaminiamo  il  i-ango 
superiore  N.  i,  della  nostra  pittura  che  nel  vaso  occupa  la  sua  spal- 
la ,  vi  troveremo  appunto  un  ballo  di  satiri  con  alcune  piante  framezzo 
a  loro  ,  ed  ecco  a  mio  parere  i  mirteti  de'  quali  parla  Aristofane.  Se 
torniamo  alla  pittura  inferiore  ch'è  nel  corpo  del  vaso,  noi  troveremo 
che  la  donna,  già  supposta  Giunone,  ha  in  mano  un  di  que'  virgulti 
frondosi ,  che  nel  rango  superiore  giudicammo  di  mirto  ,  e  forse 
con  esso  virgulto  preparasi  la  corona  ad  Ercole.  Credo  pure  un  mir- 
to quello  eh'  è  davanti  a  Giunone,  quasi  che  fosse  con  esso  indicato 
il  limite  dove  soggiornano  i  numi  che  trovano  le  anime  dopo  essere 
scese  all'  inferno  ,  per  transitar  di  là  fino  alla  viva  luce  dell'  Olimpo 
ti  a  essi    4  . 

Il  primo  di  loro  che  incontra  Giunone  è  Nettuno,  il  quale  non  può 
equivocarsi,  atteso  il  tridente.  E  poiché  nel  famoso  bassorilievo  Ga- 
binio,  che  orna  un  ara  antichissima  colle  principali  Deità  del  paga- 
nesimo, si  vede  Nettuno  tra  Giunone  e  Cerere,  e  quest  ultima  ha  un 
ramoscello  di  liori  in  mano  ',  così  chiamerò  Cerere  questa  che  ve- 
desi  qui  dopo  il  dio  del  mare  ,  perchè  ha  pure  un  fiore  nella  man 
destra.  Se  poi  quell  uomo  barbato  che  viene  in  seguito  sia  Giove  o 
Bacco  o  Vulcano,  o  altra  divinità  dell'Olimpo  non  può  dirsi,  mancan- 
done i  consueti  segni  lor  attribuiti.  Ben  si  può  dir  Marte  quei  che  ne 

i   Zannoni  lib.  cit.   pag.  9.  4  Monum.  etr.  ser.   i,  pag.   246. 

2   Ivi    pag.    i5  5    Visconti,   Monumetiti   G;ibini   lav 
i   Arisioph.   in  Kan.  v.  i  56,  ap;  Zan-  aggiunta  A. 

noni   cit.    pag.    14. 


TAVV.    CIX    E    ex.  1-J 

teglie,  perchè  armato  secondo  il  Consuelo.  Nello  scudo  ha  una  Diana 
che  spetta  alP  autunno  ',  dove  anche  Maiale  predominava  ■^.  Diremo 
pure  con  ([ualche  franchezza  esser  Venere  la  donna  che  segue,  per- 
chè sovente  si  accompagna  con  Marte,  come  si  trova  uguairnenle  nel 
citato  bassorilievo  dell'  ara.  Così  potremo  anche  azzardare  il  suppo- 
sto che  il  ramo  frondoso  nelle  di  lei  mani  sia  di  quel  mirlo  che  a 
lei  fu  sacro  .  come  ognun  sa.  Gli  accessoii.  e  in  special  modo  gli 
abbigliamenti  di  queste  figure,  sono  di  una  singolarità  inesplicabile. 
\J  inverecondia,  della  quale  fassi  pompa  nel  rango  della  superior 
pittui'a  N.  1.  è  assai  frequente  nei  baccanali,  e  specialmente  in  quei 
delle  pitture  degli  scavi  di  N  ulci  ,  a'  quali  appartenne  questo  bel 
vaso  inedito  di  finissima  vernice  a  figure  nere  su  fondo  giallastro  , 
già  in  possesso  del  culto  sig.  Dottor  Guarducci  in  Firenze  che  me 
ne  ha  cortesemente  permessa  la  pubblicazione. 

/,.:  TAVOLA  ex. 

Il  vaso  a  tre  manichi,  le  cui  pitture  in  parte  vedonsi  nella  ta- 
vola antecedente  e  nella  presente,  è  qui  portato  in  figura,  ed  ha  tre 
ordini  di  pitture,  due  delle  quali,  cioè  sul  corpo  e  sulla  spalla,  noi 
le  vedemmo  copiate  avanti  di  questa  eh'  è  tratta  dal  collo  del  va  - 
so  stesso.  Vi  si  osservano  quattro  figiu'e  delle  quali  resta  incerto  in- 
clusive il  sesso  ,  né  par  necessaria  una  tal  distinzione,  se  veramen- 
te son  ,  come  io  le  reputo  ,  protome  di  anime  giunte  al  godimen- 
to del  bene  su  negli  Elisi .  E  così  a  vero  dire  io  le  giudico  .  non 
per  altro  che  per  la  lor  somiglianza  ad  altrettali  figuie  dipinte  fr.n 
un  arboscello  e  1  altro  nelle  tombe  di  Tarquinia .  ove  pure  s' inter- 
petrano  per  figure  dei  gaudenti  nei  deliziosi  boschetti  degli  Elisi  ^. 

Concorrerebbe  dunque  tutto  I  dipinto  a  rappresentarci  l  apoteosi 
d'  Ercole,   la  di  lui  ammissione  fra  i  numi,  il  di  lui   passaggio  pel  Tar- 

1  Ved.  Monum.    etr.  ser.  i,  p.  544.  yi?-  "i.  249,  279. 

601,  n,  53o,   ni,   212.  3   Monum    eir.  ser,  iv,   lav.  xx,  pa- 

t.   Ivi,  ser.  1,   p.   5o6,   11,   54?,    51^),  gìaa    119. 


a8 


DEI    VASI    FITTILI 


tino,  (love  gl'iniziati  in  guisa  eli  satiri  tripudiano  tra  le  allegrie  delle 
ovi^ie,  e  finalmente  la  placida  abitazione  delle  anime  beate  nel  cielo 

TAVOLA    CXI. 

ApoUodoro  ci  narra  che  Teseo  uccise  il  barbaro  Sinide  figlio  di 
J'olipemone,  di  Silea  ninfa  di  Corinto  '  ,  e  in  ciò  la  nosti'a  pittura 
perfettamente  concorda  collo  scrittore  che  ho  citato  ,  poiché  vi  si 
vede  il  giovine  Teseo  nel  consueto  suo  costume  di  viandante,  con 
breve  clamide  e  cappello  gettato  dietro  le  spalle,  come  già  Io  ve- 
demmo alla  tav.  XLIX  .  e  inclusive  colla  corona  in  testa  in  ambe- 
due le  pitture.  L'atto  poi  dell'eroe  di  stringere  l'avversario  pel 
crine,  e  dirigere  verso  di  lui  snudata  la  spada,  fa  chiaro  vedere  come 
qui  sia  Teseo  che  uccide  Sinide^  giusta  le  parole  di  ApoUodoro.  Ma 
la  maniera  di  ucciderlo  si  mostra  dallo  scrittore  in  un  modo  assai 
diverso  che  dal  pittore.  Ci  narra  quello  che  Sinide  nominavasi  Pi- 
tiocampte,  che  volea  dire  curvatore  di  pini  .  Egli  abitava  l'ismo  di 
Corinto  ,  e  forzava  i  passeggieri  a  tener  fermi  i  pini  ch'egli  avea  cur- 
vati, ma  r  albero  nelle  mani  loro  drizzavasi  mal  grado  i  loro  sforzi 
per  ritenerlo  curvo  ,  ed  essi  erano  scagliati  via  dalla  forza  del 
pino  ,  e  COSI  miseramente  perivano  .  Fin  qui  lo  scrittore  ^  si  trova 
esattamente  seguito  dal  pittore,  che  ha  rappiesentato  Sinide  in  atto 
di  prendere  in  mano  un  ramo  d'albero  e  piegarlo.  Non  cos\  nel  re- 
stante .  poiché  Teseo  fa  perir  Sinide  per  mezzo  della  sua  spada,  ed 
é  in  tale  uccisione  coadiuvato  da   un  altro  straniero,  forse  Pirotoo- 

Non  erano  dunque  gli  artisti  astretti  a  rappresentare  il  fatto  co- 
m'era dagli  sciittori  narrato,  ma  lasciavasi  ad  arbitrio  loro  il  com- 
porne  le  circostanze.  In  che  dunque  consisteva  la  favola?  io  do- 
mando. Essa,  per  quanto  sembrami  dovea  racchiudere  un  sentimento 
arcano,  e  relativo  alla  religione,  in  qualunque  modo  gli  artisti  o  i 
poeti  ne  tessessero  la  narrazione;  e  n'è  prova  non  lieve  il  ravvisare 
iiiiora  in  quest'  opera  due  rappresentanze  del  soggetto  medesimo 
I    A]iollodor.  lib   ni,  cap.  xvi.  §  3.  2   Ibid. 


TAVV.     C\l    E    CMt.  'H.) 

r  una  alla  tav.  XLIX  ,  1'  altra  nella  pi-esente,  le  quali  poi  ancorché 
discoidi  colla  narrazione  di  Apollodoro  nelle  particolarità  del  fatto, 
pure  tutte  simultaneamente  concorrono  a  mostrarci  Teseo  qual  eroe 
solare,  forse  rappresentato  a  significar  la  luce,  che  nei  misteri  pro- 
mettevasi  alle  anime  che  dovevano  esser  liberate  dalle  tenebre  del 
Tartaro,  dove  precipitavano  alla  separazione  del  corpo,  e  voleano 
accennare  il  godimento  del  bene  in  una  vita  futura  ,  dopo  il  diale 
solFerto  nella  presente  '.  Non  vo' trascurare  l'osservazione,  che  v' è 
praticata  la  consueta  formula  di  rappresentare  un  soccombente  nella 
persona  di  Sinide  coll'averlo  posto  genuUesso  con  un  ginocchio,  co- 
me altre   volte  ho  notato  '. 

Il  Winkelmann  che  riportò  questo  vaso  tra  i  suoi  monumenti  ine- 
diti ^  ,  è  di  parere  che  1'  eroe  dopo  aver  fatto  provare  a  Sinide  il 
tormento  eh'  ei  dava  altrui,  lo  finisce  di  uccidere  con  la  spada  ,  men- 
tre Piritoo  gli  da  un  culpo   col  dardo  tenuto  con  ambe  le  mani. 

L'  autore  stesso  dà  conto  della  corona  che  a  Teseo  circonda 
la  chioma,  e  la  giudica  d'  ulivo,  in  allusione  ad  Atene  sua  patria  , 
ove  Pallade  fu  creduta  la  produttrice  della  prima  pianta  di  si  util  frutto. 

Questa  pittura  monocramata  si  trova  ripetuta  nell'  opera  del  Ma- 
gnan,  La  ville  de  Rome,  tom.  IV,  pi.  XCIX,  dove  per  interpetrazio- 
ne  si  vede  scritto  che  Teseo  fa  morir  Sinide  nella  maniera  che 
questo  furfante  fece  morire  molte  persone. 

TAVOLA  CXII. 

Non  sempre  chi  legge  debb"*  essere  istruito  da  quel  eh'  io  dico . 
per  venire  in  cognizione  di  quel  che  rappresentano  le  pitture  dei 
vasi  fittili,  sulle  quali  si  applica,  ma  è  dovere  eh'' egli  ne  ascolti  an- 
che 1  altrui  giudizio  ;  quindi  è  che  ad  intelligenza  della  duplicata 
pittura  di  questo  vaso   io  trascrivo  qui  parola  a  parola  quanto  ne  ha 


I  Ved.  MoDuiu.  elr.  ser.  ii,  p.  ii8.  pag.  628,693. 

a  Ivi  ser    1,    pag.  493,  5gS,  ser.  11,  3  Tav    xcviii,  pag.   i3a. 


3o  DEI     VASI    FITTII.I 

scritto  il  celebre  archeologo  Quaranta,  come  leggeri  nell'  opera   im- 
porlantissima  del  Museo  Borbonico. 

"  Nella  pittura  che  forma  la  faccia  più  nobile  di  cruesto  vaso  . 
che  qui  pubblichiamo  per  la  prima  volta,  si  tratta  di  premiare  il 
valore  militare  coronando  tre  guerrieri  vittoriosi .  Però  ad  uno  di 
essi  che  siede  avvicinasi  ima  donna  .  e  graziosamente  gli  presenta 
la  gloriosa  ghirlanda.  De' due  compagni,  in  mezzo  ai  quali  ritto  egli 
trovasi  .  il  primo  ha  già  ricevuto  la  sua  .  ed  il  secondo  attendela 
dall'  altra  donna  che  gli  si  trova  dietro  le  spalle.  Le  figure  si  ag- 
gruppano con  molta  verità  e  naturalezza  ,  ed  hanno  atteggiamenti 
nobili  espressivi  e  semplici.  Ma  piace  più  di  ogni  altra  cosa  il  ve- 
der nella  donna  che  porge  il  serto  al  guerriero  seduto,  la  Bellez- 
za che  di  sua  mano  dà  il  guiderdone  alla  Virtù.  Questo  è  lo  spet- 
tacolo che  rende  preziosissima  la  nostra  pittura  ad  ogni  anima  ben 
iftta  ,  e  non  abbisogna  di  elogi.  Laonde  senza  dirne  parola  .  qual- 
che cosa  noteremo  sul  vestito  de' guerrieri.  Salvo  uno  che  ha  le  ocree 
(x-jr,ij.t'jz;')  alle  gambe  .  gli  altri  van  tutti  scalzi .  portano  una  sola  tu  - 
nica.  sulla  quale  è  attaccata  con  laminette  sottili  di  metallo  una  coraz- 
za della  stessa  materia  detta  thorax  omphalotos,  Q'^piE  of^ya^wTo;,  perchè 
le  sue  parti  erano  a  guisa  di  umbilichi.  Meritano  anche  osserva- 
zione le  creste  e  le  penne  che  veggonsi  nei  loro  cimieri.  Siffatti  or- 
namenti ,  che  oggidì  abbelliscono  anche  le  nostre  celate  ,  sono  di 
origine  antichissima.  Narra  Erodoto,  che  gli  Etiopi  solevano  mettersi 
in  capo  la  pelle  tratta  dalla  testa  e  dal  collo  del  cavallo  ':  alla  quale 
rimaste  pendenti  le  orecchie  ed  i  crini,  e  quelle  e  questi  rende- 
vano più  formidabile  1' aspetto  del  combattente '.  Ercole  in  vece  non 
di  siffatta  pelle,  ma  di  leonine  spoglie  coprivasi  il  capo,  e  tale  già  il 
vedemmo  dipinto  in  alcuni  Greci  vasi.ILicii  poi  furono  i  primi  ad  ab- 
bellire il  cimiero  colle  penne  variamente  colorate  e  da  costoro  ne  impa- 
rarono l^uso  i  Greci ,  ma  con  questa  dillierenza.  che  i  Licii  le  mette- 
vano nel  vertice  del  cono,  ed  essi  nei  due  lati  della  celata  medesima. 

1    Erodoto  lib.   VII,  e.  70.  lib.   vi,  e   ai. 

a   Polibio,   parlando  degli   astati  ec. 


TAV,     CXII.  31 

siccome  nel  nostro  monumento  ed  in  altri  ancora  osserviamo.  Alla 
foggia  di  questi  ultimi  po|)oli  era  il  cimiero  die  i  popoli    dell  O 
ceano  mandarono  in  dono  ad  Annibale,    se   vuoisi  credere  alla  testi- 
monianza di  Silio  '.» 

«  La  tenia  che  si  vede  sospesa  dal  muro  è  una  larga  fascia,  alle 
cui  estremità  uscivano  tanti  piccoli  nastri  chiamati  lemnlsci  che  ser- 
vivano per  fermar  la  corona  intorno  al  capo  ed  annodarla.  Erano  di 
lana  e  lisce  dapprima,  ma  nei  tempi  sopravvenuti  furono  adorne  e 
coU^  oro  e  coli  argento,  intessutovi  o  appostovi  in  laminette,  e  spesso 
vi  si  scriveva  il  nome  del  vincitore,  o  di  colui  al  quale  si  dedicavano  ^.  » 

«  Nel  rovescio  del  vaso  comparisce  una  donna  seduta,  la  quale 
ha  nella  sinistra  un  desco  e  certe  bende  ,  e  nella  destra  un  tam- 
burino. Esso  ,  giusta  quol  rho  ricavasi  da  Euripide  ^,  era  composto, 
come  lo  è  oggidì  presso  di  noi  ,  d  un  cerchio  e  <li  una  pelle  tira- 
tavi sopra,  ed  è  adorno  di  nastri,  secondo  l'uso  che  abbiamo  tut- 
tora, e  forse  questi  erano  attaccati  in  quei  tagli  del  cerchio  dove 
si  mettevano  alcune  piccole  e  sottili  lamine  di  rame  fatte  passare 
per  un  lil  di  ferro  fermato  a  traverso  de  tagli  sopradetti,  affinchè 
alla  percossa  della  pelle  si  unisse  anche  il  loro  suono.  Lno  di  sif- 
fatti tai^burini  può  osservarsi  in  Leonardo  Agostini  ,  ed  un  altro 
ne'  bassirìllevi  pubblicati  dal  Rossi  ».  Un  desco  con  frutta  ,  o  altro 
che  sia,  vedesi  pure  in  mano  all^  altra  donna  in  piedi  che  nella  drit- 
ta stringe  due  rami  di  mirto.  La  terza  donna  in  fine  è  avvolta  nel 
suo  manto  e  stringe  un  tix'so  che  appoggia  a  terra  .  Tutti  questi 
oggetti  sono  simboli  de'  riti  bacchici  cioè  di  sagriiìzio  e  d'  iniziazio- 
ne. Dove  non  ci  sorprenderà  di  veder  comparire  le  femmine  quan 
do  ci  ricorderemo  di  quella  sacerdotessa  della  Campania  Annia  Pa- 
cuUa,  la  quale  fu  la  prima  a  comunicare  ai  maschi  le  telele  dioni- 
siache, facendovi  iniziar  suo  figlio,  mentre  nei  tempi  addietro  il  solo 
bel  sesso  poteva  esserne  a  parte  ". 

Questa  è  precisamente  la  illustrazione  che  della  tav.  presente  CXII 

t    Silio  lib.  Il,   V.  393.  3  Bacch.v    i'j4-   5i3. 

a  Prudenzio ^e  Cor.hymn.  7.  v,  aS.  4  ^'  47' 


DEI     VASI    FITTILI 


Ja  il  eh.   Quaranta,  nell'Opera  intitolata  Museo   Borbonico  tla  dove 
io  1  ho  copiata  '. 

T  A  V  0  L  A   CXIII. 

Il  vasetto  che  le  due  presenti  figure  tiene  dipinte  nel  corpo,  è  della 
forma  stessa  di  quella  che  hall  primo  vaso  di  questo  volume,  ove  è  una 
sola  figura  da  una  parte,  mentre  qui  ne  ha  una  per  parte.  L  allezzu 
del  vaso  non  eccede  che  d  otto  linee  e  sei  pollici,  fabbricato  a  Nola 
anche  questo  come  il  primo  indicato,  ed  ora  conservasi  nella  colle- 
zione della  manifattura  di  porcellana  di  Seves.  E  qui  voglio  tratte- 
nermi un  momento  a  riflettere  che  simili  vasi  di  questa  forma  an- 
corché si  trovino  fuori  di  Nola  e  sebbene  idii,  puie  hanno  quasi  le  me- 
desime qualità  ,  spesso  scritti  e  tutti  di  Ijella  vernice  ,  di  corretto 
disegno  ,  d'  una  figura  fra  un  manico  e  1'  altro ,  e  spesso  figurati 
nella  sola  parte  anteriore,  lo  ne  traggo  il  disegno  dall  opera  del  Mil- 
lin  su  i  vasi  dipinti  ^,  ove  leggo  la  descrizione  dei  due  combattenti  ,  su 
di  che  nulla  dice  di  più  di  quel  che  si  vede.  Aggiunge  poi  che  que'prodi 
par  diesi  battano  1' un  contro  T  altro,  ma  è  impossibile  di  determi- 
nare, nel  gran  numero  di  coloro  de'  quali  i  poeti  hanno  f^tta  men- 
zione ,  qual  sia  quegli   che  vi  si  volle  rappresentare. 

Al  di  sopra  d'  uno  de'guerrieri  si  legge  timaxsenis,  accompagnato 
dalla  consueta  voce  kaaos,  mentre  presso  l'altro  non  si  legge  che  ìIkaaos. 
Io  mi  affretto  a  produrre  in  quest'opera  i  vasi  con  leggende,  onde  per 
mezzo  del  confronto  di  molti,  possa  chi  vi  studia  trarrne  qualche  lu- 
minosa conseguenza  ,  giacché  per  ora  non  si  hanno  che  vaghe  sup- 
posizioni,  e  mal  connesse  fra  loro.  Il  Millin  in  proposito  di  questa 
epigrafe  scrive  esser  probabile  che  Timachsene  sia  il  nome  del  pit- 
tore ,  e  giudica  tale  anche  1  altro  CUtarcos  Calos  che  vedesi  alla 
pittura  della    tav.   CIV    di    quest'opera,    e    in   tal    caso  Taleide  di 


1    Quaranta,  Mus.  Borbonico  lom.  VI,  2   MìIIId,  peintures  de  vases  aiitiques 

tav.  XXXIX,  pag.    i,  ec.  tom.  ii,  pi.  xiv,  pag.   25 


TAVV.     CMII     K    CXIV. 


.■>ò 


quel   vaso  medesimo  come  leggesi  alla  tav.  CHI,  sarebbe  verisimiliinfii- 
le  nome  del   figlilo  ,  com   io  dissi  '. 

Ma   il   Millin  fece  altre  osservazioni  sulle  lellere  colle  quali  è  com- 
posta  la    parola   timaxsems  ,   e    sembragli   essere   stala    scritta  prima 
della  invenzione  della  lettera  ì.  o  almeno  prima  che  1   uso  ne  fosse 
introdotto  nella   Megna- Grecia.   E  noto  che   prima  della   invenzione 
di  questa  lettera  do|)pia  s  impiegavano  le  due  x  2  jn  sua  vece;  e  nep- 
pure scrivevasi  .  o  almeno  generalmente,  dell   h  per  e  lungo.  Ci  avver- 
te peraltro    lo  scritlor  prelodalo  .    che   non  son  costanti  questi  usi  . 
mentre   la  maniera  di  ai:"iun<!ere  I   x   alla  s  trovasi  usata  in  iscrizioni 
romane  anche  a' tempi    degl  imperatori ,  tantoché  da   simili  maniere 
di    paleografia  nOM  sempre  argomenlarne  potremo  1  antichità  del  vaso, 
dove  si  trovano  usate.  In  fine  vuole  il  Millin  che  seco  si  ritletta  alla 
epigrafe  Timachsenis,  eh'  è    stata  ivi  dipinta  nel   tempo  stesso  che   il 
vaso  fu  fallo  ',  il  che  fa  sospettare  che  quel  vaso  non  fosse  destinato 
a  darsi  in  premio  di  vittoria  in  occasione  di  gara. 

Non  ostante  io  crederei  che  «jui  fosse  rappresentala  una  gara  del 
gimnasio  o  de' pubblici  giuochi,  e  lo  deduco  dal  costume  dell  ab- 
bigliamento che  principalmente  ,  anzi  unicamente  tende  a  salvare 
il  pudoie  della  persona  ,  come  vedesi  praticato  in  alcuni  giuochi  del 
quinquerzio  da  me  esibiti  nel  museo  chiusino  '  ;  o  forse  vi  si  rap- 
presenta la  corsa  armata,  ove  in  sostanza  non  si  usava  usbergo  ve  - 
runo  ,  ma  sibbene  l'elmo  e  lo  scudo  a  propria  difesa  ;  di  che  ho  pure 
trattato  altrove  '•. 

TAVOLA  CXIV. 

Il  mio  sospetto  che  nell  antecedente  rappresentanza  vi  si  debba 
intendere  azione  gimnica  piuttosto  che  guerresca  .  pare  a  me  che  si 
confermi  sempre  più  col  soccorso  della  osservazione  che  può  farsi  nella 


1    Ved.  Tona,  n,   pag.    17. 

a   Milìin  cii.  pag.    aS. 

3  Tom    II,  lav   cxsiv.cxxxii. 

Fas.   T.  II. 


4   IVIonum.  Piruschi.   ser.  v,  p.   i5o. 
i5i,  ò^i. 


34  PKI    VASI    FITTILI 

piuma  'li  questa  tavola  .  dove  un  giovine  del  pari  coperto  mode- 
stamente nei  lombi,  ma  con  aria  d  adolescente,  non  giunto  ancora  a 
virile  corporatura  con  capelli  sugli  omeri  come  dalla  fresca  gioventu 
soltanto  era  usato  ,  da  una  Dea  che  può  fingere  la  Vittoria  .  pare 
che  riceva  le  armature  che  avevano  i  giovanetti  per  gareggiare  al- 
la corsa,  vale  a  dire  l'elmo,  l^ìsta  e  lo  scudo,  di  che  scrissi  anche 
altrove  col  soccorso  di  quanto  narrano  Pausania  ed  altri  scrittori  '.  Che 
se  ad  azione  guerriera  quel  giovine  si  preparasse  ,  certamente  che 
usbergo  o  clamide  almeno,  e  qualche  sorta  di  calzatura  coprirebbe 
la  sua  nudità. 

Ma  poiché  l'esecuzione  di  queste  pitture  par  che  si  lasciasse  a  totale 
arbitrio  del  pittore,  senza  esigere  ch'ei  rappresentasse  cosa  di  fatto,  cosi 
non  dobbiamo  esser  presi  da  meraviglia,  se  ad  ogni  passo  incontria- 
mo cose  che  non  si  spiegano  con  le  notizie  trovate  negli  antichi 
scrittori,  o  non  possono  essere  veramente  accadute,  specialmente 
ove  si  trova  ,  come  in  questa  ,  1   intervento  delle  divinità. 

Questa   pittura    che.  fin   ora   non   ebbe   interpetrazione   veruna  .  fu 
pubblicata  la  prima   volta  nell'Opera  dei    vasi  dell'Hamilton  al  lom 
1.   tav.   CXII.  della  prima   raccolta. 

TAVOLA  CXV. 

ce  Rappresenta  questa  pittura,  son  parole  del  primo  suo  esposi- 
tore ^.  un  gruppo  lobo  probabilmente  da  una  composizione  più  este 
sa  .  rappresentante  il  combattimento  dei  Centauri  e  dei  Lapiti:  sog- 
getto assai  favorito  dai  greci  artisti.  11  Centauro  è  armato  d'un  ramo 
d'  albero  :  una  enorme  pelle  di  leopardo  o  pantera,  gettato  sul  suo 
braccio  sinistro,  gli  serve  di  scudo  h  due  guerrieri  gli  fanno  oppo- 
srzione  ,  un  di  loro  sembra  vicino  a  soccombere  sotto  la  violenza 
de  suoi  colpi  :    sono  armali  di  lance  ^   e    d'  elmi  :  un  di  loro  ha  lo 


)   Mommi,   etr.  ser  v,    p-  342,   ^6'y-  grecs,  pag.   35- 

2   Millingen   Peini.    aniiq.    de    vases  3   Winkelmann  Monum.  ineil.  p    »o 


TAVV.    CXV    E    CXVI.  35 

scudo,  r  altro  difendesi  col  proprio  manto  '  o  chloena.  ».  Lo  scrit- 
tole non  dice  di  più,  ma  con  la  incisione  fa  vedere  che  questa  rap- 
presentanza è  dipinta  alla  maniera  arcaica  ^,  vale  a  dire  a  figure  nere 
sul  campo  giallastro,  su  di  che  sarà  tirata  qualche  conseguenza  nel- 
1   alliccio  .seguente. 

TAVOLA    CXVL 

«  Questa  pittura  è  molto  interessante,  continua  T  espositore  ci- 
tato dal  quale  1'  ho  tolta  ,  inquantochè  è  presa  certamente  dal  mede  - 
simo  originale  dell'  entecedente  già  osservata.  V  è  peraltro  la  dille  - 
renza  in  qualche  accessorio  :  in  luogo  d'  un  elmo  l^  artista  ha  posto 
sul  campo  d'  un  dei  guerrieri  il  cappello  tessalo.  Non  sappiamo  a 
quale  avvenimento  particolare  della  guerra  fra  i  Centauri  e  i  Lapili 
queste  pitture  abbiano  rapporto.  Son  elleno  probabilmente  copie 
d'  un  gruppo  tolto  da  una  composizione  più  estesa  ,  di  cui  questa 
guerra  formava  il  soggetto.  Le  iscrizioni  situate  al  disopra  dei  guer- 
rieri sono  una  impostura  moderna,  ed  aggiuntavi  con  animo  di  ele- 
vare a  maggior   pi  c^'^o  il   vaso  che  ha  la  esposta  pittura  '  ». 

E  qui  r  interpetre  già  lodato  ci  fa  veder  la  pittura  che  si  ravvisa 
nello  stile  di  perfezione  4,  cioè  con  figure  giallastre  sul  fondo  nero. 
Chi  ha  sott'  occhio  le  due  qui  espresse  tavole,  osservi  di  grazia  qua- 
r  esatta  similitudine  passa  tra  T  una  e  1'  altra  pittura,  e  poi  giudi 
chi  se  non  sembrano  eseguite  da  una  mano  medesima  !  Io  credo  che 
i  pittori  de""  vasi  di  stile  perfezionato  avessero  1'  arte  di  eseguire  le 
lor  pitture  in  vario  stile  o  arcaico  o  moderno  a  seconda  delle  richieste  . 
Senza  poi  supporre  una  composizione  originale  più  estesa,  dalla 
quale  sia  stato  cavato  il  gruppo  qui  espresso ,  direi  piuttosto  che  il 
pittore    de'  nostri  due    vasi    abbia  rappresentato  un  centauro  in  atto 

1   Millingen,  1.   cit.  pi.  xxxv-  za  archeolog.  voi  in,  Roma  i83t, 

2i   Gerhard,   Rapporto   volcenie,  §  i,  pag.    \i. 

Manifatture  ed  arte.  Sta  negli   an-  3   Millinyen   cit.    pi.   .xl,   p.  38. 

nali   dell'istituto  di  corrispondeii-  4   Gerhard  I.  cit. 


oG  DEI    VASI    FITTILI 

(li   vincere   nel  combattimento,  per  allusione  al  Centauro  celeste,  clit- 
prevale  in  autunno,  salendo  fpiasi  col  sole,  di  cui  allora  si    fa     pa 
ranalellone  .  come  altrove  dicemmo  '.  Noi  vediamo  difalti  nelle  due 
pitture  che   il  Centauro  sta    in  atto  di  salire  una  piccola  eminenza  . 
mentre  11  suo  competitore  piega  le  ginocchia,  come  se  fosse  per  so- 
vpichio  salire   snossato  di  forze;  ed  è  questa,  secondo  le  mie  conget 
Iure,  un*  allusione  al   sole  che  perde  la   sua    forza  all'  entrar  dell  au 
tuiino,  quando  le  notti  si  fan  più  lunghe  dei  giorni    ed  alloia  trionfa 
la  costellazione  del  Centauro  che   si  dice  autunnale   -.    Questa  rap- 
presentanza avrà    dunque,   rispetto  alla   religione  del  gentilesimo,  un 
oggetto   medesimo  coi  baccanali  ;  e    perciò  non    di  rado  si    trovano 
Cf'Htauri  nelle  rappresentanze  dei   vasi   dipinti. 

TAVOLA    CWII. 

K  diflicile  che   a  coloro  i  quali  studiano   sulle  pitture  dei  vasi  fit- 
tili   venga  fatto  d'  imbattersi  in  questa  che  trovasi  stampata  con  altre 
opere  ^   di    vario  genere,  ed   è  perciò   eh  io    ne  riporto  intiero   il  di 
segno  e  la   spiegazione. 

«  Non  v'ha  dubbio,  dice  il  eh.  suo  illustratore,  che  il  va^o  qui 
esposto  non  debbasi  chiamar  greco,  perchè  fu  trovato  a  Girgenti.  e 
ornato  di  greche  iscrizioni  ;  ina  le  figure  sono  in  quell  antico  stile  che 
presentano  molti  vasi  della  Campania.  11  disegno  a  colori  della  grandezza 
del  vaso  .  e  che  mi  serve  d'  originale  fu  accuratissimamente  fatto 
e.seguire  in  Napoli  dall'erudito  sig.  Cristoforo  Wiesiolowski.  noto  ama- 
tore e  possessore  d  antiche  rarità  in  Varsavia,  sull'originale  che  il 
si".  Conte  VValincki  poHacco  acquistò  insieme  con  una  trentina 
d  altri  vasi  dal  principe  Pietrapersìa  siciliano.  Trasportati  tutti  a  Var- 
savia  furono   proposti  in  compra  al  re  di  PoUonia  Stanislao  Augusto, 

1  Ved.  tom.   i,  p.  4^-  ziooe    di    opuscoli    e    notizie    dt 

2  l\i.  srienze  lettere  ed  arti    pubblicati 
.'M^iair.pi  ,  Osservazioni    intorno    ai  dal  <-av.  Francesco  Insliirsmi  tom. 

inodorili     si»tt-tni      sull'   antichità  ni,    pag.    òyi. 

l'tiu^che.     Sta   nella   nuova    colle- 


TAV.    CXYII.  5y 

ma  non  riuscito  1'  afiTaie  ,  passarono  in  parte  a  Pietroburgo  ,  dove 
furono  venduti  al  principe  Bedborodko;  dopo  la  morte  di  lui  furono 
dispersi  in  mano  di  vari  amatori.  Questo  che  illustro  mi  dicono  es- 
sere al  presente  presso  di  S.  E.  il  sig.  barone  Morenehim.  già  segreta- 
JÌo  di  S.   A.  I.   R.   il  gran  duca  Costantino  ». 

«  La  forma  dunque  di  questo  vaso  è  di  cratere:  specie  di  vaso  de- 
stinato a  contenere  il  vino  in  maggior  copia,  donde  poi  lo  attinge- 
vano con  i  calici  minori  nei  conviti  :   nel  qual  senso  dice  Virgilio: 

Cratei'es  magìios  statunnt .  et  iùna  coronaiit. 

Un  combattente  barbato  ,  coronato  d'  ellera ,  con  lungo  tirso  nella 
destra,  e  con  la  sinistra  da  cui  pende  una  soprapposta  pelle  di  ti- 
gre o  di  pantera,  tiene  un  ramo,  ailerrando  la  lancia  di  un  altro 
combattente  pure  barbato  e  vinto  da  lui .  che  in  atto  di  cadere  si 
sostiene  sopra  un  ginocchio,  appoggiandosi  allo  scudo  sempre  imbrac- 
ciato nella  sinistra,  mentre  con  la  destra  si  sforza  dì  ritenere  la  lancia 
e  non  cederla  al  vincitore.  Il  tirso  e  la  pelle  di  tigre  mi  scuoprono 
Bacco  o  almeno  un  baccante.  Sembra  certo  che  debbavisi  ricono- 
scere qualche  fatto  di  Bacco;  ma  quale?   » 

«  Tornando  Bacco  dall' Indie  trovò  il  suo  educatore  Niso  renitente 
a  restituirgli  il  regno  di  Tebe  .  che  partendo  gli  avea  lasciato  in 
deposito.  Ma  narra  Igino  che  per  una  certa  reverenza  si  asten- 
ne Bacco  dal  fargli  forza  ;  onde  aspettando  le  feste  trieteridi  vesti 
i  suoi  soldati  da  donne  baccanti,  che  inaspettatamente  lo  arrestarono 
in  mezzo  alla  festa.  Volendoci  tenere  ad  Igino,  questa  pittura  non 
può  adattarsi  a  quel  fatto  ,  se  non  vogliamo  supporre  che  fossevi 
anche  un'altra  tradizione  la  qual  facesse  arrestare  Niso  da  Bacco  islesso 
o  da  altro  de  suoi  soldati.  Certo  che  il  vestiario  s'  aildice  a  Bacco 
indiano  per  la   veste   dipinta   e  pe   calzari.    Il  vinto  sembra  Tebano  ». 

«  Forse  evvi  espresso  il  fatto  di  Licurgo  re  di  Tracia  ,  vinto  A.i 
Bacco.  Il  ramo  che  tiene  nella  sinistra  o  è  la  ferula  ,  specie  di  can- 
na indiana  detta  pure  canna  d  India,  o  il  ramoscello  dell  erba  vicia 


38 


DEI    VASI    IITTILI 


che  i  grammatici  chiamano  hevham  victorialan ,  e  che  nella  palesila 
il  vinto  (lava  al  vincitore  <\\cq\\ì\o  lierham  do  ;  donde  ne  venne  l'uso 
della  palma  in  mano  della  Vittoria  e  de' vincitori  :  uso  greco  passato 
a' Romani ,  come  afferma  T.  Livio,  all'anno  di  Roma  cccclxi  ,  e  vi- 
desene  il  primo  esempio  dopo  la  conquista  del  Sannio  '  «. 

«  Ma  non  è  improbabile  che  la  pittura  sia  semplicemente  allego- 
rica, figurando  in  Bacco  vincitore  1'  esistenza  d'  una  forza  superiore 
a  cui  tutto  cede.  Al  medesimo  intento  miravano  i  leoni  che  sbra- 
nano i  caprioli  o  altri  animali  che  spesso  vedonsi  scolpiti  ne'  sarco- 
fagi ;  Amore  fanciullo  che  frena  tigri,  leoni  e  delfini,  espresso  pui e 
nei  monumenti  sepolcrali.  Anche  nelle  urne  etrusche  un  militare  cjua 
si  nudo  armato  d'  una  specie  di  aratro,  (Pausania  dice  esser  Echetlo) 
atterra  due  soldati  armati;  soggetti  espressi  ne'monumenti  sepolcra- 
li per  indicare  che  tutto  è  domato  e  vinto  dalla  forza  e  dal  tempo. 
A  questo  medesimo  scopo  si  adattavano  molte  favole  esprimenti  vin- 
citore e  vinto  ne'' vasi,  nelle  urne  e    ne'  sarcofagi  ». 

«  La  barba  che  hanno  ambedue  le  figure  può  far  dedurre  1'  anti- 
chità ,  specialmente  venendo  dalla  Sicilia  dove  1'  uso  di  radersi  in 
cominciò    assai    per    tempo  ,    di    là  essendo    andati  a  Roma  i  primi 


M.  Millin  nella  sua  Galleria  Mi- 
tologica (  toni.  1,  pag,  54,  n.  236, 
tav.  Lxxxviii  )  riporta  la  faccia 
anteriore  di  questo  vaso  cavato  da 
Hill.  (Bilerbuch.  83  )  e  cosi  la 
spiega,  ce  Desiade  re  deli'lnille  do- 
po tnolti  combattimenti  per  terra 
e  per  mare,  in  fine  rimase  ucciso 
d.i  Bacco  .  Desiade  è  coperto  di 
Tin.T  corazza  greca  di  cui  ben  di 
siinguonsi  tutte  le  parli  .  Il  suo 
cimiero  ba  i  guardagote;  e  Desia- 
de cade  a  terra  sopra  il  suo  scu- 
do. Bacco  ha  parato  colla  pelle  di 
pantera  che  tiene  sulla  sinistra  il 
colpo  di  lancia  tiratogli  da  Desiade, 
e  r  uccide  con  un  colpo  di  tirso. 
Tiene   in   mano   il   tronco  di     vite 


da   lui  conquistato,  in  segno  del- 
la  vittoria  ». 

In  questa  spiegazione  ci  senibr.! 
d'  incontrare  alcune  difBcoltà.  1 
Desiade  indiano  avrebbe  dovuto 
essere  armato  non  alla  greca  ma 
all'  indiana  come  Io  è  Bacco  vin- 
citore dell'  Indie.  2  11  vinto  non 
si  può  dire  ucciso  ;  non  rappre- 
sentandosi morto.  3  11  ramo  non 
è  di  vite  per  quanto  mostrano  le 
foglie;  oltre  di  che  lo  stesso  ramo 
si  vede  in  mano  d'altre  figure  in 
altri  vasi  che  non  hanno  diretta 
relazione  a  Bacco  vincitore  del- 
l' Indie  ,  ed  anche  in  quei  vasi 
non  dà  1'  idi»a  né  di  tronco  né  di 
tralcio   di  vite. 


TAV.     CXVII.  3c) 

barbieri  ;  se  pure  non  vogliasi  dire  che  il  pittore  non  seguitasse  il 
costume  del  tempo  suo  .  ma  piuttosto  il  costume  mitico  o  favoloso, 
espresso  ne'  vari  soggetti,  secondo  la  verità  de' riti  e  delle  tradizioni 
religiose,  come  a  me  sembra  molto  più  verisimile  doversi  pensare  di 
tutto  il  costume  espresso  in  gran  parte  delle  sculture  e  pitture  an- 
tiche ,  specialmente  de'  vasi  e  dell'  urne  ». 

«  Le  pitture  dell'altra  parte  rappresentano  un  uomo  barbato  esso 
))ure  .  con  capelli  lunglii  e  disciolti;  in  capo  una  specie  di  celata  fatta 
di  pelle  di  tigre  .  con  lunghe  orecchie  ali  uso  di  Sileno .  coperto 
fino  alle  parti  pudende  d'  una  specie  di  camiciuola  rigata;  nel  resto 
nudo.  Con  le  braccia  nude  stese  verso  terra  sostiene  probabilmente 
la  corazza  ed  i  gambieri ,  spoglie  del  vinto,  e  li  presenta  alla  sacer- 
dotessa di  Bacco  ,  che  pare  spargervi  sopra  la  libazione  in  ringra- 
ziamento della   vittoria  ». 

«  Dopo  la  vittoria  ed  i  giuochi  si  facevano  sacrifizi  o  libazioni  "  ludi, 
libationes  epidaeque  liulorum  »  scrive  Cicerone  de  Havuspicum  re- 
sponsis  cap.  io.  Bacco  dopo  la  vittoria  dell  Indie  fu  il  primo  che 
facesse  libazione  a  Giove  olìerendogli  cinnamomo  ed  incenso  ,  come 
dice  Ovidio  nel  Ub.  u\  dei  Fasti  f.  733.  Onde  anche  per  memoria 
di  questo  forse  si  praticarono   ne'  giuochi  bacchici  le  libazioni  u. 

Adattando  pertanto  la  data  interpetrazione  alla  maniera  mia  di  spie- 
gare questi  soggetti  e  referirli  ali  uso  nel  quale  trovansi  adoprati 
ne' sepolcri ,  direi  che  nell' anlerior  parte  Bacco  prevale  contro  il 
suo  avversario,  che  vedesi  perciò  piegato  e  soccombente,  come  si 
vede  il  Lapita  piegar  davanti  al  Centauro  ',  e  forse  per  la  medesima 
ragione  che  lega  Bacco  al  vino  e  all'  autunno,  in  cui  comincia  iì 
tempo  dell  inverno,  o  sia  delle  tenebre  eh' è  la  regione  de' morti. 
Nella  parte  avversa  un  guerriero  munito  di  bacchiche  insegne  nel 
costume  del  vestiario,  deposti  li  schinieri  è  per  posare  l'usbergo 
figurando  che  dopo  i  contrasti  di  questa  vita  e  giunto  agli  Elisi  , 
luogo  di  pace  e  di  beatitudine,  e  deposte  le  guerriere  spoglie  e  me- 
diante il  di  hii  attaccamento  al  culto  di  Bacco,  riceve  il  nettare 
1   Ved.  Tav.  cxv,  cwi.  .    , 


4<^  l>tl     N  ASI    FITTILI 

(liviiiizzanle  prepiuatogli  da  una  donna,  o  vittoria  celeste,  come  ve- 
desi  nella  pittura  in  atto  di  versate  il  divino  liquore  dal  vaso  nella 
lazza.  In  questa  guisa  intendesi  come  la  duplice  pittura  di  questu 
vaso  è  una  continuata  allegoria  relativa  ali  estinto  presso,  al  quale 
il   vaso  fu  posto. 

TAVOLA    CXVIII. 

«  Tre  rhyton  riuniti  qui  si  danno  di  terracotta  con  pitture  somi- 
glianti tra  loro  in  quanto  alla  forma  ,  benché  assai  inferiori  sieno 
i  due  ultimi  al  primo  per  ragion  d'importanza.  Pnò  a  ciò  ag- 
giungersi che  tutti  e  tre  hanno  la  stessa  patria  ,  cioè  quella  pro- 
vincia del  nostro  regno,  che  vien  detta  da  noi  teìTa  di  Bari.  Ed 
al  primo  accresce  pur  pregio  1'  esser  pervenuto  nelle  mani  del 
chiarissimo  prof.  Domenico  Cotugno  ,  onore  presso  di  noi  degli 
anatomici  e  medici  studii  ,  cui  separar  non  sapea  da  più  ameni  e 
leggiadri  ;  e  ne  fu  quindi  da  esso  fatto  dono  al  x'eai  Museo.  Non 
può  dunque  la  descrizione  di  questo  bel  monumento  andar  sepa- 
rata dalle  laudi  di  quell'  egregio  nostro  concittadino .  il  cui  deside- 
rio e  la  ir  "noria  son  caldi  ancora  presso  i  numerosi  ammiratori  del- 
le  virtù  sue  ». 

«  Diremo  in  generale  che  questi  tre  vasi  da  bere  denominammo 
rìiyloìi  con  voce  ricevuta  presso  gli  antichi  Greci,  e  tr-itta  appunto, 
se  vuoisi  prestar  fede  a  Doroteo  di  Sidone  citeto  da  Ateneo  ,  dallo 
scon-ere  del  vino  ,  il  quale  facevasi  sovente  uscire  da  un  forame 
che  formavasi  nella  estremità  loro  '  ;  e  di  tal  forma  sovente  com- 
pariscono i  rìiyton  negli  antichi  monumenti  ^.  Ma  a  poco  a  poco 
divenne  costume  il  formarli  altrimenti  ,  cioè  senza  alcun  forame  al- 
la estremità,  e  servirsene  come  di  bicchieri.  Ed  allora  queste  estre- 
mità  cominciarono  studiosamente  ad  ornarsi  in  particolaie  colla  el- 

I    a'io   tj-:?  piasw;,  Aihen.  Di[inos.lib.  HpI    tomo   v  ,  delle   pitliirf   Krcola- 

XI.   r^i».   <)n  npsi,    e     molti    altri   simili    inouu- 

a    \  eJi     per    esempio    la     tav.     \i.\i.  menti. 


TAv.  cxviri.  /|  I 

fjgie  <li  un  qualche  animale,  dal  quale  poi  1' intero  vaso  denomina - 
vasi.  Cosi  troviamo  rammentalo  un  rhyton  presso  Epinico  '  col  nome 
di  elefante,  ed  altri  molti  se  ne  conservano  ne'  musei  terminati  col- 
le elligie  di  diversi  animali ,  ed  anche  ornati  di  importanti  e  helle 
dipinture  ^  ». 

"  A  questo  numero  appartengono  i  tre  rhyton  del  real  Museo,  che- 
qui pubblichiamo,   i  quali  son  tutti  terminati   colla  testa  di  un  qua 
drupede.  Il  rhyton  che  vedesi  nelle  mani  di  Tarante  in  talune  me- 
daglie tarantine    termina    ancor   esso  nella  testa   di    cavallo  ,  ma  ne 
ha  ancora  espressi  i  piedi   anteriori  ». 

«  Passando  ora  alla  spiegazione  delle  figure,  di  cui  è  ornato  il  pri- 
mo di  questi  monumenti,  diremo  come  agevol  cosa  ci  sembra  il  ri- 
conoscervi un  bacchico  sacrifizio.  Poiché  non  solamente  le  tre  fi- 
gure espresse  in  questa  pittura  hanno  tutte  corona  di  edera  .  ma 
anche  le  ofierte  che  sembrano  fare  alPara,  segnala  vicino  ad  una 
di  esse  ,  possono  riputarsi  tutte  a  Bacco  convenienti  .  E  per  nulla 
dire  del  vaso  che  è  nelle  mani  di  una  di  tali  figure,  che  certamen- 
te ad  un  sacrifizio  bacchico  non  può  credersi  poco  acconcio,  il  po- 
mo che  ha  un'  altra  figura  nelle  sue  mani  ,  è  ancor  esso  bacchico 
attributo,  considerandosi  Bacco  inventore,  come  di  tutte  le  altre  frut- 
ta ,  così  particolarmente  de'  pomi  ^.  Ed  il  lepre ,  che  un  genio 
alato,  quello  forse  delle  iniziazioni,  reca  all'uopo  sull'ara,  era  ap- 
punto vittima  solita  ad  offrirsi  al  nume  donatore  della  letizia  '♦  ». 

I   App.  Ateneo  J.  e.  (  Idillio   II.  v.  120). 

7.  Vedi   quei  che  cita  il    Miiliu    nei  4  ^'t'oB''*'  1' epigiamma  So  di  A^a- 

snoi  monumenii  inediti  tom.  i,  pa-  tia   negli  Analectn   del   Dtunck  , 

g«na    171.  tom.  in,   p.  54,  e  ciò  che  scri- 

3  Così  io  dice  Neotlolemo  di  Paro  vono  gli  accademici  Ercolanesi  nel 
appo  Ateneo  Dipnns.  lib  ni,  cap.  voi.  7,  delle  lucerne  pag.  106.  Più 
23,  e  perciò  Teocrito  citato  dallo  Aggiungasi  l'aiitorilh  di  quel  te- 
stesso  Ateneo  dice  pure  i  pomi  irasiico  sul  mese  di  ottobre  che 
propri i    di   Bacco,    f/à)a  it&jvCuoio  viene  attribuito  ad   Ausonio:   ' 

*   Dal  prensum  ìeporem  ,   cumque  ipso  palmite  foetus 
Octoher  ,  pinguis  fiat  libi  rur's  aues. 
Jnni   Brnmios  spumare  lacus  ,  et  miista    sonare 
Api'aret,   f^ino   vas   cnlei   ecce  novo- 

ras.   T.  II.  G 


42  REI    VASI    FITTILI 

cf  Più  curiosa  ed  importante  indagine  sarebbe  l' Interpeti'azione  del- 
ie copiose  greche  iscrizioni  che  il  vaso  presenta,  per  indi  trarre  al- 
cun lume  novello  sulla  intelligenza  delle  figure.  Io  però  confesso 
che  non  ho  potalo  finora  dedurne  alcun  senso  chiaro  e  soddisfacen- 
te ,  se  non  ricorrendo  a  correzioni  ed  a  conghietture  :  nella  quale 
feconda  ma  incerta  sorgente  di  spiegazioni ,  poiché  né  il  piano  del- 
la presente  opera  il  consente  .  né  sono  io  stesso  proclive  a  spendere 
il  tempo  in  simili  incertezze,  consentii'anno  i  miei  lettori  che  io  per 
ora  mi  resti  interamente  dall'  entrare.  Ciò  che  ho  procurato  di  fa- 
re, é  stata  l' esattezza  nell'  esprimer  la  vera  forma  de'  caratteri  del 
vaso,  perchè  possa  ognuno  che  vago  ne  sia.  occuparsi  a  rintrac- 
ciarne la  spiegazione.  ,\nn  oso  però  alTermare  ,  che  a  queste  epigrafi 
non  abbia  recata  alcun  onta  1'  uso  assurdo ,  ma  generale  altra  vol- 
ta, di  restaurare  i  vasi  dipinti  ,  facendo  cosi  sotto  i  moderni  imbratti 
sparir  sovente  le  preziose   vestigia  dell'  antico  ». 

Il  rhyton  n."  i  oifre  nella  figura  in  esso  dipinta  una  ripetizio- 
ne assai  comune  di  quelle  pitture  di  altri  vasi .  che  intender  si  so- 
gliono per  allusive  al  culto  de' defunti  ,  particolarmente  degl'ini- 
ziati ,  ed  alle  ofi'erte  che  facevansi  in  loro  onore ,  traile  quali  e  le 
corone  .  e  le  canestre  ,  e  gli  specchi  sono  frequentemente  etfigiati. 
L'ultimo  àe' lie  rhyton  é  y:;«/'o,  senza  figure  di  sorte  alcuna  ». 

Alla  descrizione  dottissima  che  dei  tre  rhyton  qui  espressi  del  Mu- 
seo Borbonico  pubblicò  il  Ch.  sig.  Marchese  Avellino  '.  io  non  saprei 
che  aggiungere,  qualora  non  si  volesse  far  caso  della  seguente  ri- 
tlessione.  Ci  avverte  il  dotto  espositore  che  irhjton  eran  forati  nel- 
la estremità  loro  per  versar  il  contenuto  liquore.  E  difatti  i  monu- 
menti antichi  ce  li  mostrano  usati  in  quella  guisa  nelle  mani  dei 
cosi  detti  camilli ,  sempre  versando  liquore  per  la  bocca  degli  animali, 
dei  quali  son  composti  que'  vasi.  L' apertura  dunque  ,  che  resta 
superiormente  e  molto  spaziosa,  par  che  si  usasse  talvolta  a  con- 
tener frutta  ed  eduli  prodotti.  Di  ciò  posso  citar  l'esempio  per  ta- 
cei- ili  molli  .iltii,  lU'ir  idolo  panteo  del  Museo  Roiiiano  alla  la\ .  \\\U 
i    Musco    noibonico    voi.    v,  lav.  xx. 


TAvv.  cxvm  E  cxix.  l^h 

sezione  II  del  Causeo  pubblicato  molti  anni  indietro.  Non  si  conosce  pe- 
raltro per  nessun  esempio  che  tal  costume  fosse  cangialo,  né  il  pre- 
lodato archeologo  cita  a  suo  prò  nessuna  testimonianza  meno  che 
quella  dei  vasi  medesimi  da  esso  illustrati,  ove  non  vede  i  forami  ne- 
cessari ali  uso  che  gli  antichi  ne  fecero.  .Ma  una  tal  pruova  non  è 
per  me  di  gran  peso,  da  che  son  d  opinione  che  i  vasi  dipinti  posti  nei 
sepolcri  non  eran  d'  uso  men  che  funebre,  e  foise  di  sola  apparenza  , 
tantoché  credo  ancor  questi  eseguiti  per  fasto  di  superstizione  reli- 
giosa; e  in  questo  caso  non  facea  bisogno  che  fossero  nell'estremità 
loro   forati. 

TAVOLA  CXIX. 

E  chiaro  che  qui  si  rappresenta  Deianira  violentala  dal  centau- 
ro Nesso,  ed  eccone  la  narrazione  della  favola.  Ercole  venuto  a  Ca- 
lidonia  domandò  in  matrimonio  ed  ottenne  quella  principessa  . 
Partitosi  di  là  seco  lei  giunge  al  fiume  Eveno,  dove  il  Centauro  Nesso 
passava  i  viandanti  dall'una  ali  altra  parte  del  fiume,  con  esigerne 
la  convenuta  mercede  :  diritto  che  gli  Dei  gli  concessero  in  ricom- 
pensa della  di  lui  equità.  Ercole  traversò  da  se  stesso  il  fiume,  dando 
al  Centauro  Deianira.  perchè  sul  suo  dorso  la  tragittasse  alla  riva  op- 
posta. Ma  lo  sfrenato  Nesso  ardi  nel  tragitto  portar  la  mano  teme- 
raria sopra  di  lei.  La  donna  invocò  il  soccorso  di  Ercole,  il  quale 
scaricò  un  dardo  ,  suH'  impudico  mostro,  quando  era  per  sortir  dal- 
1   acqua  e  1  uccise.  Cosi   narra  l'antico  scrittore  AppoUodoro  '. 

Qui  dunque  si  vede  lo  sfrenato  Centauro  in  atto  di  prepararsi  a 
violentare  Deianira,  mentre  la  trasporta  sugli  omeri  di  là  dal  fiume. 
Non  è  la  prima  volta  che  questo  fatto  s'  incontra  fra  le  pitture  dei 
vasi  che  hopi-ese  in  esame  ^.  Ivi  tentai  di  provare  come  in  simili  pit- 
ture, che  rappresentano  questa  favola,  si  asconde  altresì  l'allegorico 
senso  de' segni  ove  ha  termine  l'anno.  Ora  tni  limiterò  a  ripetere 
soltanto  aver  fissato  gli  antichi  talvolta  che  T  anno  solare  terminasse 
1   Lib    n,  cap.  VII,  §  6.  ■  a  Monum.  etrus.  ser.   v,   pag.  3o6. 


^  DEI    VASI    FITTILI 

in  autunno  ,  tempo  in  cui  si  compie  la  maturitii  della  grand  opera 
(Iella  vegetazione  annuale  ,  dopo  di  che  tutto  s'  altera  e  si  degrada. 
Stabiliron  dunque  a  tal'  epoca  il  principio  dell'  anno  lunare  colla  pri 
ma  neomenia,  nella  quale  videro  splendere  la  luna  nell  equinozio 
autunnale  '.  Qui  fa  d  uopo  notare  che  gli  antichi  planisferi  celesti 
fissano  la  stazione  del  Centauro  presso  il  segno  della  Bilancia,  tanto 
che  si  può  dire  segnato  nel  cielo,  come  in  questa  e  nelle  varie  altre 
pitture  qui  mostrate  ^,  1  incontro  del  sole  col  Centauro  della  sta- 
gione autunnale  ^. 

Come  poi  l'epigrafi  qui  segnate  siano  si  scorrette  che  appena  crede- 
lesti  di  trovarvi  qualche  indizio  de'  nomi  Deianira  e  Nesso  ,  non  so 
capirlo.  Apollodoro  scrive  :  AiixvEipa  ove  nel  vaso  è  segnato  liatvavia^ 
e  NsTio!  ove  nel  vaso  è  scritto  Nsmos  .  Lo  stile  del  disegno  sembra 
della  massima  vetustà  .  Vogliamo  dunque  supporre  che  vin  pittore 
de  buoni  tempi  dell  arte  abbia  finta  quellarcaica  maniera  ,  ed  abbia 
in  tal  guisa  affettato  un  modo  strano  di  dire  che  a'  suoi  tempi  non 
fosse  più  in  uso  ?  Questa  pittura  eh'  era  in  una  tazza.  1'  ho  tratta  dal- 
l' opera  della  prima  raccolta  amiltoniana  i. 

TAVOLA  CXX. 

Poiché  molto  raro  è  il  trovare  nelle  pitture  de'  vasi  fittili  rap- 
presentanze storiche,  o  che  alla  storia  più  che  alla  favola  sieno  attinenti, 
cosi  quest'ima  eh'  io  ravviso  di  tal  genere  la  riporto  colla  illustra- 
zione del  suo  espositore  a  migliore  istruzione  di  chi  si  degna  di 
applicarsi  a    leggere    queste  mie  carte. 

«  Pausania  ^  riportandoci  la  prima  origine  della  città  di  Boea  , 
esistente  sulla  estrema  punta  del  golfo  Boeatico,  spiega  mirabilmeiite 
la  storia  che  in  questo  vaso  e  rappresentata.  Dice  egli  adunque  che  Boea 

1  Julian.  Orai,  tv,  p.   i55.  mero  7.    <3. 

a  Ved.   tavv.   xxiii,,   xci,  xcii,  xeni,  4  D'Hancarville,  Anti<j.  etr.  grecques 

xcv,   xcvi.  et  romaines,   voi.  iv,   pi.   xxxi. 

3   Moiuui).  eir.  ser.   vi,   tav.   V,  nu-  5  Lacon,  cap    22. 


TAVV.    CXX    E    CXXI.  4^ 

uno  de'  figli  d'Ercole  ne  fu  il  fondalore  ,  deducendo  come  una  colonia 
dai  popoli  di  tre  città,  vale  a  dire  di  Eziade  ,  d'Afrodisia,  e  di 
Sida ,  le  quali  era  fama  che  fossero  state  edificale  da  Enea,  qua  tra- 
sportato da  una  tempesta  nel  venir  che  faceva  in  Italia  ». 

«  I  profugi  da  quelle  città  consultarono  i  numi  per  sapere  con  cer- 
tezza dove  mai  dovessero  fermarsi,  quando  ebbero  in  risposta  che 
Diana  avrebbe  loro  indicato  con  precisione  il  luogo  della  futura  loro 
dimora.  Mentre  essi  adunque  nell'  aperta  campagna  stavano  aspet- 
tando il  visibile  segno  promessogli ,  traversò  un  lepre  eh'  eglino  ap- 
presero come  il  foriero  e  nunzio  del  volere  di  quella  divinità  ,  e 
perciò  si  dettero  a  seguitarlo.  Dopo  un  qualche  tratto  l'animale  im- 
battutosi in  un  mirto  vi  si  fermò,  senza  mostrar  timore  di  chi  se  gli 
fece  vicino,  e  contro  il  suo  naturale  non  sfuggì  d  essere  cai-ezzato 
dagli  uomini.  Paghi  di  un  tal  segno  coloro,  e  senza  esitar  punto, 
lietamente  in  quel  medesimo  luogo  fabbricarono  tosto  la  nuova  cit- 
tà ,  riguardando  come  sacro  il  cespuglio  dove  s'  era  trattenuto  il 
lepre  ,  ed  onorando  Diana  sotto  il  titolo  di  conservatrice  •  ». 

Chiunque  osservi  questa  pittura  vi  ravviserà  sicuramente  che 
r  artista  ebbe  in  mira  di  rappresentarvi  il  narrato  avvenimento ,  e 
daremo  lode  all'  erudito  interpetre  che  ve  lo  seppe  ravvisare  , 
leggendosi  nei  termini  riferiti  pubblicato  nell'  opera  intitolata  :  Pit- 
ture de' vasi  antichi  posseduti  dal  cav.  Hamilton,  tomo  IV,  edizione 
fiorentina  del   i8o5. 

TAVOLA  CXXI, 

Si  vede  nel  poema  d'  Esiodo  come  i  venti  eran  divisi  in  due  classi 
spettanti  ai  due  opposti  principii  che  si  combattono  nella  natura,  gli  uni 
provenienti  dal  punto  equinoziale  di  primavera  e  sono  i  benefici,  gli  al- 
tri da  quel  d'autunno  e  sono  i  dannosi  come  credevano  ^.  Gli  Arcadi  o- 
noravano  in  Borea  un  benefico  niune  lor  protettore  ,  mentre  a   farne  la 

I   Fontana,  Pitture  di  vasi  antichi  ec.  2   Fiutare.  De  Isid.   pag.   368,   36o- 

Iota.  IV,  tav.  XI,  p.   16'.  Hesiod.  Teogon.  v.  820. 


46  DEI     VASI    HTTIH 

commemorazione  si  contentavano  fli  narrare  i  ili  lui  trasporti  amo- 
rosi per  la  ninfa  Orizia  '.  Io  non  passerò  più  oltre  con  moliijilici  prove 
a  far  chiaro  clie  il  soggetto  di  questa  pittura  non  è  di  natura  dif- 
ferente dall  esposte  finora  ,  quantunque  non  vi  si  rappresenti  che  un 
semplice  favoloso  ed  insignificante,  non  che  inverisimile  avvenimento. 

Il  Millin  che  dette  alla  luce  questa  pittura,  vi  ravvisò  1  impetuo 
so  Borea  in  atto  di  rapire  la  giovanetta  figlia  d'  Eretico  re  d  Atene 
Orizia .  mentre  sollazzavasi  a  cogliere  i  fiori  nelle  amene  sponde  del 
fiume  Ilisso.  Egli  aveala  già  domandata  in  consorte  ad  Eretico,  ma 
non  avendone  ottenuto  che  un  freddo  e  costante  rifiuto  ,  finalmente 
rapilla,  e  seco  la  condusse  nel  paese  deT.iconi  '  in  Tracia,  sulle  rupi 
Sarpedonie,  dove  la  fece  sua  sposa,  e  n'ebbe  Calai  e  Zeto  ,  e  quin- 
di Cleopatra  •^. 

E  consueto  che  i  venti  si  rappresentino  alati  per  far  intendere  il 
primario  loro  carattere  di  velocità  e  leggerezza,  di  che  sono  molli  esem- 
pi ;  e  il  costume  dell'abbigliamento  di  questo  Borea  è  in  tutto  simile 
a  que  venti  che  si  vedono  in  Grecia  nella  torre  di  questo  nome  ^. 
La  fronte  del  dio  è  cinta  di  un  nastro,  ad  aggetto  di  annunziar  con  esso 
la  di  lui  divinità. 

Dalla  descrizione  che  fa  il  Millin  della  breve  favola,  dicendo  che 
Orizia  slava  sul  margine  del  fiume  Ilisso,  cogliendo  fiori:  circostanza  non 
rammentata  per  quanto  io  sappia  ,  da'  mitologi  antichi,  parmi  di  po- 
terne argomentare  eh  ei  voglia  render  conto  in  quell'atto,  del  ramo 
che  la  vergine  tiene  in  mano ,  ma  io  credo  piuttosto  che  sia  quel 
vegetabile  che  mediante  la  voluta  dei  suoi  ramoscielli  indichi  le 
onde,  ed  il  fiume  che  le  produce  nell'acque  che  vi  scorrono,  e  cos\ 
chi  dipinse  il  soggetto  dette  conto  della  località  dell'  avvenimento, 
eh'  è  presso  a  un  fiume  ,  e  in  questa  guisa  rese  più  intelligibile  la 
qualità  della   favola;  sopra  di  che  non   mi  estendo,  avendone  io  già 


1  Pausan.  H'^Iiacor.  i,   p.    ì66.  hi,  xiv,   a. 

2  Paus.in.  cit.   XIX,   Apollon.   F^oJ  i,  \   INIillin,    Peint.   de    vases  iiniiques 
211,  OviJ.    Meiain.   vi,   710.  vulgair    npnelós   eirusques     toiu. 

3  Apollon.   Roti.   1,   a  12.   ApoiloJor,  n,  p.    11. 


TAVV.    OXXl    E    CXXII.  4? 

(letto  abbastanza  nello  spiegare  alcune  tavole  indietro  '.  Dell'altra 
donna  dieti'O  a  Borea  non  si  fa  parola,  mentre  forse  v'  è  messa  dal 
pittore  per  simetria  della  composizione,  quando  non  vogliasi  cre- 
dere essere  stato  supposto  un  dovere  di  saviezza  l'aver  data  una 
compagna  alla  giovanotta  Orizia,  perchè  non  era  decenza  che  andas- 
se sola  sul  margine  del  fiume. 

TAVOLA  CXXU. 

A  quanto  esposero  eruditamente  due  rispettabili  archeologi  cir- 
ca le  fontane  dipinte  ne'  vasi ,  e  qui  riportate  alla  tav.  XLIII ,  e 
XLIV  2  poco  si  può  aggiungere  a  miglior  commento  della  presente, 
ove  si  ravvisa  il  soggetto  medesimo .  Sicchù  soltanto  a  fine  di 
ampliarne  la  cognizione  dirò  che  il  ramo  frondoso  della  tav.  XLIV 
essendo  in  tutto  simile  a  tale  addizione  in  gran  parte  di  vasi  dipin- 
ti .  ed  ormai  tenuto  per  simbolo  di  mistero ,  come  io  pure  ne  ho 
parlato  altrove  ■*,  dirò  che  altresì  spetti  ai  misteri  la  rappresentanza 
di  quella  tav.  XLIV,  sebbene  il  Visconti  si  mostri  d'  opinione  di- 
versa ,  mentre  per  altro  omette  di  darci  conto  di  esso  ramo  4  in  ogni 
altra  guisa. 

Forse  anche  1  altro  archeologo  avrà  plausibili  motivi  di  omet- 
tere che  gli  antichi  Ateniesi  avevano  una  festa  lugubre  ,  che  nomi- 
navano Idroforia,  la  quale  consisteva  nel  portar  dell'acqua,  edera 
istituita  secondo  narrano  Esichio  ,  e  Snida  ''  in  riguardo  di  coloro 
eh'  erano  mancati  nel  diluvio  ,  come  alferma  Apollonio  da  essi  cita- 
to. Sappiamo  di  più  che  il  tempo  di  questo  lugubre  uflicio  corri- 
spondeva dal  greco  al  romano  calendario  alla  fine  del  mese  di  feb- 
braio ^,  cioè  nel   tempo  del  novilunio  allit  o  di  Antesterione  ,   ed   al- 


1  Ved.   ioni.  TI  ,  tav.  ci,   pag.    5.  di  qucsi'  opera. 

2  Ved.     Gerhard     alla     spiegazione  5   In   verb.   Idroplioria. 

della   tav.  XLiii   di   quest'opera.  6  Scalig   de  emendai,   temp     lib.  lu  , 

3  Monum.  etr.  ser.  v,  p-  <>oi.  pag.   255. 
i    Ved.  la  spiegaz.    della    tav.   51.1v 


48  DEI    VASI    FITTILI 

loia  offri vansi  anche  in  Roma  '  sacrifizi  ai  defoati;  e  tutto  il  mese 
dedicato  alle  lustrazioni  dei  Mani  prendeva  il  nome  a  fehruando  . 
cioè  dal  pregare.  Or  questi  vasi  colle  donne  idrofore  trovati  nei  se- 
polcri non  possiamo  noi  crederli  rappresentativi  di  tali  funebri  feste? 
Un  altro  sacro  rito  elibe  l' Attica ,  per  allusione  al  quale  possono 
essere  state  dipinte  queste  rappresentanze.  Nei  piccoli  misteri  co- 
minciavansi  le  cerimonie  per  mezzo  di  abluzioni  ,  di  lustrazioni  ed 
altre  di  tale  specie,  delle  quali  era  incaricato  principalmente  un 
sacerdote  chiamato  Idrano ,  come  lo  indica  1'  etimologia  del  suo 
nome.  Queste  cerimonie  praticavansi  alle  sponde  deir  Ilisso  ,  che 
è  un  fiume  le  di  cui  acque  servivano  a  purificare  1'  iniziati  ^. 
Supponeasi  frattanto  che  varie  ninfe  avessero  abitate  le  sponde  di 
quel  rio  dove  Orizia  fu  rapita  da  Barca  ,  luogo  deliziosissimo ,  co- 
me da  Platone  descrivonsi  nel  suo  più  bel  dialogo  intitolato  il  Fedro 
Gli  Ateniesi  stabilirono  in  s\  ameno  luogo  il  teatro  della  prima  ini 
ziazione,  dove  tutto  dovea  sedurre  per  soverchio  piacere ,  come  of- 
frivano le  deliziose  sponde  dell' Ilisso  .  non  lungi  da  una  fontana 
ch'era  detta  Calliroe  ,  circa  tre  stadi  lontana  dalla  lor  città.  Ivi  per- 
tanto essi  eressero  un  tempio,  che  in  prima  origine  era  fuor  di  dub- 
liio  d'  ordine  dorico  ,  quale  appunto  parmi  di  vedere  qui  accennato 
in  quella  colonna  che  sostiene  il  palco  sulla  fontana  ;  sebbene  in 
seguito  fu  i-estaurato  e  ridotto  ad  ordine  ionico  .  qual  noi  lo  ve  - 
demmo  alla  tav.  XLIII  di  quest  opera  ,  e  qual  si  vede  in  Grecia  tut- 
t  ora,  sebben  ridotto  a  deplorabili  rovine  ^  .  Or  le  donne  che  qui 
si  vedono  occupate  a  portar  acqua  che  si  trae  dal  portico  di  un  tein 
pio  non  potrebbero  stare  almeno  a  rammentar  la  fontana  Calliroe . 
il  tempio  edificatovi  e  le  cerimonie  praticatevi  dei  piccoli  misteri  . 
come  in  tante  altre  j)itture  di  vasi  è  pur  chiaro  che  cerimonie  t.tli 
vi  si  rammentano  ? 


1  KslenJ     vetus,  ap.  Ri)3-n.  =iiitiquit  chis   sur   les    inislercs   Ju    f'.ii;siii- 
Rom  sme  tom.  i.sect.  v.art.  ii.  p.  'JgS. 

2  Piilyaen.,  Strat..   Iib.  v,  cip     17.  3  Snurt.   Ant'q.    l'Atenes,  I    1,  e.  it. 
pHCT.  499i  ^p-  Saiue  Croix  Retli'T 


TAVOLA    CXXIII. 

Una  delle  ragioni  che  mi  lece  sospettare  di  significazione  miste- 
riosa la  rappresentanza  descritta,  è  il  vedere  nel  vaso  medesimo  un 
soggetto  del  tutto  bacchico,  mentre  gl'iniziati  ai  misteri  si  pone- 
vano sotto  la  tutela  di  Bacco.  La  pittura  attuale  viene  sulla  spai  • 
la  del  vaso  ,  nel  cui  corpo  è  dipinto  quanto  vedesi  nella  ta- 
vola antecedente  ;  e  che  fosse  un  vaso  del  tutto  uguale  a  quei  che 
s'  usavano  a  portar  acqua  ,  lo  mostrano  le  forme  di  quei  che  si 
vedono  in  capo  alle  donne  che  prendono  acqua  dalla  fontana  ;  sebbe- 
ne peraltro  in  essi  non  si  ravvisa  traccia  che  mostri  essere  stati  dipinti. 
Questo  vaso  inedito  è  stato  trovato  negli  scavi  del  territorio  di  V  ul- 
ci,  ed  appartiene  al  sig.   Dottor  Guarducci  di  Firenze. 

Qui  difatti  ,  come  pur  dissi  altre  volte,  non  vedo  che  iniziali  in 
forma  di  satiri  ,  vale  a  dire  di  seguaci  del  nume  e  delle  di  lui  dot- 
trine, viver  contenti  attorno  al  nume  stesso,  o  al  di  lui  sacerdote  . 
che  lor  presenta  il  nettare  divino  .  per  cui  quasi  ebri  di  gioia  si 
tnostrano  in  atteggiamenti  festevoli,  che  talvolta  eccedono  in  lu- 
brici, come  accennai  relativamente  alla  pittura  d  altro  vaso  della 
tav.  GIX,  n.  i,  dov'è  l'apoteosi  d'Ercole,  mentre  promettevasi  ujj 
destino  medesimo  a  coloro  che  s  iniziavano. 

TAVOLA  CXXIV. 

Baccanale  composto  di  quattro  satiri,  dice  1  interpetie.  che  1  ha 
pubblicato  ',  due  dt''  (jnal;  del  tutto  nudi,  lenendo  un  gran  vaso 
potorio  in  guisa  di  corno,  eh'  era  il  rrto?i  o  bicchiere  degli  antichi. 
Tutti  questi  personaggi  portano  una  barba  posticcia,  e  sembrano  ma- 
scherati.  Del  resto  la  composizione  di  questo   vaso  rassomiglia  a  molti 


1    Laborde,  Colleclion  des  vas.  grecs  il,   iiiuii     i  i 

de  M.   le  comte  de  Lamberg  tom. 

ras.    7.    rf. 


5o  DEI    VASI    FITTILI 

ahri   del  genere  stesso;  e  lo  stile  del  disegno  par  che  appartenga  ad 
un'epoca  piuttosto  d   imitazione  che  primitiva. 

Qui  voglio  aggiungere  1  osservazione,  come  il  presente  baccana- 
le si  assomiglia  grandemente  all'antecedente,  mentre  nell  uno  co- 
me neir  altro  è  un  venerando  barbato  in  abito  talare  con  un  rj- 
ton  in  mano,  e  frattanto  i  baccanti  vedonsi  tripudiare  attorno  di  lui. 
Non  credo  poi  che  gli  antichi  devoti  del  dio  Bacco  siensi  travestiti 
mai  nel  modo  che  li  vediamo  qui  rappresentati,  ma  suppongo  essere 
slata  questa  una  maniera  di  convenzione  fra  i  pittori  dei  vasi,  me- 
diante la  quale  si  dovesse  intendere  che  gl^ iniziati  ai  misteri  dove- 
vano godere  piaceri  d'ogni  genere  attorno  al  nume  da  lor  venerato 
nei  campi  Elisi.  La  pittura  qui  riportata  è  stata  da  me  copiata  da 
quelle  dei  vasi  pubblicati  dal  eh.  Laborde. 

TAVOLA    CXXV. 

È  difficile  che  dopo  la  deplorata  perdita  di  antiche  tragedie  non 
ci  resti  ignorato  qualche  avvenimento  dei  tanti  che  nei  vasi  fittili 
SI  trovan  dipinti,  ed  io  ripongo  nel  numero  di  questi  quel  che  è  fi- 
gurato nella  qui  esposta  rappresentanza.  Sicuramente  qui  si  volle 
far  vedere  un  fatto  greco,  resultando  ciò  dai  tre  nomi  che  in  qual- 
che modo  si  leggono  presso  le  figure ,  ed  io  vi  leggerei  Telamonio 
Aiace  rispetto  alla  figura  armata  che  trionfa  nel  mezzo  della  com- 
posizione .  e  Teucro  nella  persona  del  vecchio  eh''  è  presso  al  guer- 
riero .  Costui  era  fratellastro  di  Aiace  ,  e  forse  alcun  poeta  narrò 
eh'  egli  si  trovava  in  casa  di  Telamone  lor  |)adie ,  quando  Aiace 
parli  per  1  assedio  di  Troia.  Qui  difatti  par  che  Aiace  militarmen- 
te vestito  prenda  congedo  e  dalla  donna  e  dal  fratello,  i  cui  nomi 
respettivi  ^i^-  tevkpos  stan  presso  alle  lor  teste,  ma  il  patronimico 
teaamoN(o;  ,  che  va  unito  al  nome  d^  Aiace,  sta  invece  su  d  un  per- 
sonaggio che  per  ogni  riguardo  si  debbe  avere  per  un  servo  o 
scudiere,  che  avendo  sulle  spalle  il  bagaglio  ed  il  cappello  da  viag- 
gio   precede  il  suo  signore  .    Forse    in    una  qualche  tragedia    delle 


TAVV.     CXXV    E    CXXVI.  0  1 


perdute  si  finse  una  tal  partenza  ;  di  che  vedano  gli  eruditi  , 
al  qual  uopo  io  traggo  questo  soggetto  dai  bei  rami  della  raccolta 
de'  monumenti  più  interessanti  del  K.  Museo  Borbonico,  e  di  varie 
collezioni  private:  libro  lodevolmente  pubblicato  dal  cultissinio  sig. 
Ralfaele  Gargiulo  impiegato  nel  detto  R.   Museo. 

Assai  men  chiara  è  la  pittura  della  parte  avversa  del  vaso,  che 
unitamente  alla  di  lui  forma  si  dà  in  piccola  dimensione ,  colla  no- 
tizia che  questa  lancella  fu  trovata  a  Nola,  edora  conservasi  presso 
il  primo  di  lei  espositore  col  titolo  seguente:  Aiace  nel  mentre  che 
si  licenzia  dalla  sua  famiglia  per  andare  alla  guerra  di  Troia.  N.  ic3. 

,,.     .  TAVOLA    CXXVI. 

Chi  brama  conoscere  1'  opinione  che  il  dottissimo  Laborde  '  ha 
concepita  di  certi  soggetti  dipinti  ne'  vasi  .  che  non  si  prestano  ad 
una  interpetrazione  di  rappresentanza  mitologica  ,  e  molto  meno 
storica  o  domestica,  legga  questa  breve  descrizione  di  lui  mede- 
simo in  riguardo  alla  tav.  CXXVI,  eh'  egli  pure  ha  pubblicata  per 
vignetta  alla  sua  grand^  opera  su  i   vasi  dipinti. 

«  Vaso  mistico  rimarchevole  per  l'eleganza  del  disegno,  quanto 
per  la  natura  stessa  della  rappresentanza.  Un  genio  femminile  alato 
assiso  sopra  d'un  fusto  di  colonna  tiene  due  oggetti,  un  dei  quali 
è  un  vaso  con  suo  coperchio,  e  1'  altro ,  che  non  si  mostra  d'  una 
forma  bastantemente  determinata,  sembra  essere  un  timpano'.  Da- 
vanti a  questo  genio  mistico  son  situate  1*  una  dietro  1'  altra  tre 
donne  in  varie  mosse,  ma  colla  testa  voltata  dalla  parte  medesima. 
per  mostrare  che  l'attenzione  lorodirigesi  verso  il  medesimo  punto, 
e  tutte  portano  «legli  oggetti  materialmente  mistici  :  vale  a  dire  ha 
la  prima  una  coiona  e  una  situla  ,  ha  la  seconda  una  tenia  ed  un 
vaso  simile  a  quello  del  genio  alato,  la  terza  porta  un  ramo  di 
mirto,  ed  il  mistico  piatto  sul  quale  son  situate  le  mele  granate  al- 

I    CoUeclion   de  vases    grecs  de   M.  VigneUe  lom.   ii,    explication  des 

le  corate  de  Lanìberg  toni.  I,  N,  i.  Vigneites  tom.   i,  N.    i. 


52  DEI    VASI    FITTILI 

Iemale  con  piccoli  rami  dello  stesso  arbusto  .  Tutti  questi  mistici 
oggetti,  egualmente  che  tutti  i  personaggi  stessi  son  dipinti  a  color  bian- 
co ;  il  che  non  può  avere  in  questa  curiosa  composizione  che  una 
intenzione  simbolica  ». 

TAVOLA    GXXVH. 


Che  mai  giudicheremo  l'ispetto  alle  due  pitture  di  un  vasetto  qui 
liportato.  se  non  precisamente  quello  che  propose  a  pensare  il  dotto 
sig.  Laborde  ?  Qui  pure  nel  piano  inferiore  è  una  donna,  la  quale 
stando  assisa  ritiene  in  mano  una  cassetta  o  piatto  ,  su  cui  forse 
è  una  focaccia  .  o  torta  mistica  ,  e  a  lei  davanti  è  un  Amore ,  che 
((Ili  mancando  delle  ali,  si  fa  noto  alla  femminile  capelliera,  e 
dopo  è  una  donna,  che  non  avendo  alcun  simbolo,  non  lascia  in 
modo  alcuno  indovinare  il  soggetto  di  sua  rappresentanza,  men  che 
notandola  col  titolo  generico  di  simbolica  e  misteriosa.  Lo  stesso 
diremo  delle  ligure  muliebri  superiori  che  stan  dipinte  nel  collo 
del  vaso,  mentre  le  antecedenti  descritte  ne  occupano  il  corpo,  e 
COSI  questo  recipiente  che  direbbesi  un'  olpe  è  dipinto  nella  parte 
anteriore  soltanto.  Quest  olpe  inedita  è  trovata  negli  scavi  di  Orbetello 
antica  Subcosa .  di  che  avrò  occasione  di  trattare  altrove. 


TAVOLA    CXXVm. 

Per  quanto  sembri  che  in  questa  composizione  siavi  un  com- 
battimento di  giovani  guerrieri  che  fi'a  loro  contrastano  ,  pure  a 
ben  considerarne  il  costume  vi  si  trovano  i  segni  che  qui  sieno  rap- 
presentate le  Amazzoni ,  virilmente  coperte  d'armi  guerriere,  in  con- 
trasto coi  Greci.  D'esse  ho  sovente  i-agionato  in  quest' opera,  por- 
tandone altri  esempi  '.  Il  Millin  che  riporta  questa  composizione 
è    di    opinione  ,    che    fra    i    tanti    avvenimenti    favoleggiati   circa  le 

i   Ved.  tavv    xiv,  xxix,xxx,  xcvm. 


TAVV.      CXXVIII,    CXXIX    E    CIXX.  53 

Amazzoni  vi  si  debba  riconoscere  preferibilmente  l' eroina  loro  An- 
tiope, la  quale  dopo  aver  perdute  le  di  lei  compagne  in  gran  parte,  si 
getta  spontaneamente  tra  la  folla  dei  suoi  nemici  ;  e  in  questo  caso 
r  eroe  del  soggetto  sarebbe  Teseo  '  .  Questa  pittura  ci  fa  vedere 
con  qiial  giustezza,  ed  intelligenza  gli  antichi  ponevano  con  bella  com- 
posizione di  contrasto  dei  guerrieri  caduti  a  terra  fra  i  combat- 
tenti in  una  bellica  zulfa  ;  di  che  ho  pur  detto  qualclie  cosa 
nelle  pagine  indietro  *  .  La  forma  del  vaso  contornato  da  questa 
pittura  è  precisamente  la  stessa  di  quello  eh'  è  alla  prima  tavola 
di  questo  secondo  volume  al  num.  CI.  Le  figure  sono  di  color  nero 
in  fondo  giallastro  ,  ma  lo  stile  è  alterato  dal  disegnatore  che  la  copiò. 

TAVOLA    CXXIX. 

Due  Greci  a  contrasto  guerriero  con  due  giovani  Amazzoni  for- 
mano il  soggetto  di  questa  pittura,  ove  il  cavallo  ,  e  le  carni  delle 
donne  rilevano  in  color  bianco,  e  tutto  il  dipinto  nel  consueto  co- 
lore di  terra  cotta  campeggia  in  vernice  nera.  Vorrei  che  si  pones- 
se mente  alla  bella  distribuzione  delle  parti,  le  quali  sì  graziosamente 
riempiono  il  campo,  non  senza  un  certo  aggruppamento  e  soprappo- 
sizione di  disegno ,  che  raramente  s'  incontra  in  queste  pitture  di 
vasi  fittili  .  L'  elmetto  del  Greco  soccombente  sta  in  terra  ad  og- 
getto, cred'  io,  di  togliere  il  soverchio  ed  odioso  vuoto  che  restereb- 
be mancandovi.  Il  D'  Hancarville  produsse  questa  pittura  nella  pri  - 
ma  raccolta  Hamiltoniana  ^,  e  non  so  che  altri  1'  abbia  riprodotto. 

TAVOLA    CXXX. 

Il  cratere  di  questa  tav.  CXXX.  è  d'  una  rozzezza  notabile  per 
ogni  senso.    Sopraccaricato  di  ornamenti  senza  £»usto,  ha  nel    mezzo 

I   Millin  Peinlures  de    vases    aniiq.  a  Ved.  la  spiegazione  della  tav.  cvii. 

voulgairement  appelés    etrusques  3   Voi.   n,  tav.   lxv. 

tom.  11,   pi.   XIX,  pag    33. 


54  DEI     VASI     FITTILI 

di  essi  da  una  parte  la  figura  ammantata,  e  dall^  altra  la  nuda 
che  qui  si  vedono.  Credo  che  un  di  loro  significhi  un  di  quei  gio- 
vani che  nella  palestra  esercitavansi  nudi  a  vari  giuochi  di  destrezza 
e  di  forza;  ed  il  presente  ha  in  mano  li  alteri,  de  quali  ho  ragionato 
alcune  tavole  indietro  '.  L'uomo  ammantato  sarà  pertanto  il  rabdo- 
foro.  che  assiste  in  qualità   d' istruttore  ali  esercizio  gimnastico    del 

giovine    anzidetto.    .[;       :,.  i,\]      ■'   .         lii         ;;     t;  .      ;  !  ;    ;      '.'        :"J"    : 

Io  qui  voglio  notare  che  questo  medesimo  soggetto  si  trova  rap- 
presentato nelle  pitture  delle  tombe  chiusine  ',  e  che  si  luna  pit- 
tura che  r  altra  mostrano  un  gusto  già  voltato  alla  decadenza 
dell'  arte  ,  sebbene  il  vaso  spetti  ai  monumenti  di  Volterra ,  dov'  e 
finora  inedito. 

TAVOLA    CXXXI. 

Se  osserviamo  1'  atto  del  Satiro  ,  il  quale  con  una  mano  spinge 
r  acqua  d'  un  cratere  verso  una  donna,  s'intende  che  qui  si  tratta 
di  una  lustiazione  bacchica  o  mistica  In  fatti  sappiamo  che  queste 
cerimonie  di  purificazione  erano  ordinate  dai  libri  di  Orfeo  e  di 
Museo  ^,  che  de'  misteri  erano  fautori,  e  secondo  Platone  esse  pur- 
gavano e  liberavano  dai  delitti  in  tempo  della  vita  ed  anche  dopo 
la  morte,  e  perciò  erano  dette  teletee  4.  Qui  osserveremo  inoltre 
due  cose ,  cioè  che  le  due  persone  sono  nude  ed  ornatissime .  La 
nudità  loro  è  la  maniera  pittorica  d  esprimere  la  purità  e  mondez- 
za dell''  anima  spogliata  da  qualunque  imperfezione  peccaminosa , 
e  frattanto  gli  ornati  accennano  come  un"  anima  pura  acquista  bel- 
lezza per  gli  ornamenti  della  virtù.  Non  dee  dunque  sorprendere  , 
come  un  barbato  Satiro  sia  quivi  ornato  di  monili,  ed  inclusive 
di  pettinatura  che   solo  a  bella  femmina  par  che  si  addicano. 

1  Ved.  tom.  i,  tav.  lsxx,  e  seg.  mysteres    du    paganisme  tom.     r. 

2  Etr.   Museo  Chiusino   tav.  csxiv,  pag.   4o7- 

pag.   129  e  seg.  4  P'a'-   ^^  Republ.  lib.  11,   tom.  11, 

3  Saint  Croix    Reclierches    sur    les  Op    pag.   364,  365. 


TAVV.    CXXXI,    CXXXII    E    CXXXIII.  3:> 

Clii  nou  vedesse  la  pillura  anteiiore  del  vaso  che  ora  abbiamo 
osservata,  come  potrebbe  mai  spiegare  1'  altra  dell'opposta  parte,  ove 
manca  il  cratere,  principale  caialteristica  per  farne  indovinare  d 
soggetto?  Da  ciò  si  apprende  quanto  sia  difficile  penetrare  il  signi- 
ficalo di  non  poche  di  cpieste  pitture,  ove  1' arlellce  sottrasse  alcuni 
simboli  elle  non  abbisognavano  agi  iniziali  per  intenderne  il  siguiO- 
cato .  Questo  inedito  vaso  trovalo  in  Volterra  è  nella  il.  Galleria 
di    FirCiiZe.  't;.,.;'.,i;         :      '     >'ì    i    :r>S>..  |    <''    '■■•■-'    '■'• 

TAVOLA    CXXXII.  '    •         ' 

Vedendo  qui  due  triclini  o  leltisterni  ,  ove  glacevansi  a  mensa 
gli  antichi  ,  ed  osservando  frattanto  che  non  hanno  i  commensali  se 
non  tazza  per  bere  ,  senza  che  materia  edule  comparisca  nelle  lor 
mense ,  mi  cade  in  pensiero  che  vi  si  rappresentino  quei  godi  - 
menti  promessi  alle  anime  nel  soggiorno  di  beatitudine  ,  ove  il  net- 
tare esser  dovea  ,  secondo  le  promesse  ,  1  ordinario  lor  cibo  ,  |;er 
cui  cred'  io  solo  tazze  vedonsi  nelle  lor  mani .  Mi  confermai  nella 
indicata  0[)inione,  dacché  vidi  questo  medesimo  soggetto  replicatamen- 
te  dipinto  nelle  tombe  di  Chiusi  '.  Questa  pittura  il  cui  soggetto  è 
replicatissimo  nei  vasi  dipinti ,  fu  pubblicato  dal  D  Rancar  ville  '■'. 

TAVOLA   CXXXm.  -  <-^    ' 

Qui  pure  trovo  a  banchettare  alcuni  recombenti,  che  per  altro  han- 
no in  mano  soltanto  vasi  da  bere;  né  altra  cosa  vedesi  apposta  sulle  lor 
mense.  Qui  dunque  si  volle  con  deliberata  intenzione  mostrare,  che 
il  nutrimento  loro  consiste  in  semplice  nettare,  eh'  é  liquor  di  vita 
pei  numi  abitatori  del  cielo.  Sicché  la  presente  composizione  conva- 
lida intanto  quel  che  s  é  detto  dell  antecedente  ,  di  che  altre  volle 


1   Elr.  Museo  Chiusino  tom  ii,  tavv.  a   Ani.  eirusq.  greques  ec    tom.   n, 

evi,  cxxiii,  CLXxxiu  e  sue  spieg.  lab.  lxxiv- 


56  DEI    VASI    FITTILI 

ho  mollo  ragionato  '.  Questa  pittura  è  tratta  dalla  collezione  Hamil- 
toniana  che  pubblicò  il  D'  Hancarville  ^. 

TAVOLA    CXXXIV. 

Come  potremo  noi  spiegare  la  figura  che  qui  vediamo .  senza  at- 
tribuirle un  qualche  significato  simbolico  ?  E  tanto  meno  saremo 
nel  caso  di  potervici  meditare,  inquantochè  rai-amente  chi  fa  colle- 
zione di  tali  pitture,  ammette  in  esse  delle  rappresentanze  si  sem- 
plici, slimando  che  ove  non  è  dichiarata  mitologia,  oppure  alcun 
religioso  rito  che  ci  sia  noto,  non  possa  destare  interesse  agli  am- 
miratori di  questo  genere  di  monumenti.  Ma  pur  talvolta  ve  se 
ne  incontrano  ,  come  n'  ho  esempio  dalla  presente  ,  che  traggo  dalla 
prima  raccolta  Hamiltoniana  ^. 

TAVOLA    CXXXV. 

La  pittura  di  questo  vaso  contiene  tre  diversi  avvenimenti  in  due 
spartiti.  In  un  di  essi,  ove  è  doppia  la  rappresentanza,  si  vede  Sisifo 
condannato  nell'  inferno  a  rotolare  una  grandissima  pietra  in  alto , 
benché  quella  precipiti  continuamente  al  basso.  A  tal  supplizio 
il  condusse  il  delitto  d'aver  manifestato  al  fiume  Asopo  dov' era  la 
di  lui  figlia  Egina  che  Giove  aveala  involata  segretamente.  Cosi 
ApoUodoro  4.  Ma  Ferecide  citato  dallo  scoliaste  d'  Omero  ^  aggiun- 
se che  Sisifo  prima  di  morire  suggerì  a  Merope  sua  moglie  di  non 
celebrare  in  di  lui  onore  quelle  cerimonie  che  soglionsi  fare  ai  de- 
fonti. Disceso  quindi  ali  inferno.  Plutone  lo  rimandò  sulla  terra  tra 
i  vivi  a  reclamare  gli  onori  a  lui  dovuti,  e  frattanto  vi  si  tratten- 
ne fino  ali  età  decrepita.   Ecco  per  tanto  una  favola  ,  die  nasconde 

1  Monum.  etr.  ser.  i,  p.    i66.  ques  et  rotnaines  tirées  du   c.ibi- 

2  Ani.    etriH^.    greques   et    roniaines  net   de   M.  Hamilton  t.  ii,  pi.  lvii. 
ec.  lom     li,  pi.   XLviii.  4  Lib.   i,  cap.   ix,  §   3. 

3  D' Hancarville,   Ani.  eirusq     gre-  5    ilìad.   lib.  vi,  v.   a53. 


TAv.  cxxxv.  5y 

in  se  la  dottrina  del  passaggio  dal  baratro  infernale  ad  una  vita 
migliore.  Se  noi  consideriamo  in  tale  aspetto  anche  1'  altra  pittura 
della  parte  avversa  del  vaso,  troveremo  nel  trionfo  di  Ercole  sul 
Cerbero  un  altro  passaggio  dal  tenebroso  inferno  alla  luce  diurna. 

La  pittura  di  questa  parte  rammenta  in  oltre  le  Danaidi.  Co- 
storo in  numero  di  cinquanta  figlie  di  Danao  ebbero  il  comando 
dal  genitore  di  uccidere  i  loro  sposi  ',  perche  a  lui  fu  predetto 
che  in  uno  degeneri  trovato  avrebbe  il  proprio  uccisore  '.  A  que- 
st'atto crudele  non  arrise  il  cielo,  e  quindi  estinti,  fu  immaginato  dai 
mitologi  che  nell  inferno  fossero  condannate  a  riemjìire  eternamente  dei 
vasi  forati  che  perdevano  quanto  ricevevan  d'umore  ^.  Qui  vediamo  di- 
fatti rappresentato  un  gran  vaso  pinvo  di  fondo,  e  le  Danaidi  occupate  a 
gettarvi  dell'acqua.  Ma  veramente  le  Danaidi  e  non  altro  sogget- 
to è  qui  espresso?  Io  non  so  trovar  questa  favola  che  tra  i  meno 
antichi  scrittori  ,  mentre  a  vetuste  rappresentanze  mi  richiama  l' ar- 
caica maniera  del  dipinto.  Osserva  il  Vi  conti  che  allorquando  Po- 
lignoto  dipinse  un  simile  soggetto  ,  non  volle  esprimere  in  esso  le 
crudeli  nipoti  di  Belo,  ma  intese  di  accennare  soltanto  la  infelicità 
eterna  di  coloro,  che  avean  trascurato  iniziarsi  agli  arcani  misteri 
della  religione  %  e  lo  desume  da  Pausania  ,  il  quale  narra  che  l' i  - 
scrizione  sulla  pittura  di  Polignoto  portava  esser  quelle  persone 
non  iniziate.  Si  volle  dunque  in  questa  pittura  conservar  la  memo- 
ria, che  agl'iniziati  era  concesso  lo  sperare  che  dal  Tartai'o  sareb- 
bero usciti  per  passare  alla  beatitudine  degli  Elisi.  Di  fatti  Ercole 
prima  di  scendere  all'  inferno  si  fece  iniziare  da  Orfeo  ^  per  trarne 
fuori  il  can  Cerbero,  e  seco  lui  condurlo  incatenato  alla  luce  del 
giorno  ^:  tratto  allegorico  il  tpiale  secondo  l'eruditissimo  Saint  Croix, 
indica  probabilmente  la  cognizione  che  i   misteri  danno    dell'  infer- 


I    Àpoilodr.  Bibl.  lib.  n,   e.  i,  §  5.  4   Visconti   Mus.  P.  Clem.   voi.  iv  , 
a   Lempriere,  A  Classica)   Dictionary  pag.    aSi. 

of    proper    names    mentioned    in  5  Diod.  Sic.  lib.  iv,  §  25. 

ancieni  auclhon.  6  Ivi,   S   a6. 
3   Lucian.   Dial.   mori,   iv 

P'as.   T.  II.  8 


58  DEI    VASI    FITTILI 

no.  e  di  ciò  che  vi  accade  '.  Isocrate  racconta  che  Orfeo  ritraeva  i 
morti  2  dalP  inferno  ,  e  non  vuol  forse  dir  questo,  che  ammettendo 
gli  uomini  ai  misteri,  lor  assicurava  una  felicità  durabile,  e  libera- 
vali  dal  pericolo  di  una  eterna  sciagura?  Di  fatti  gì'  iniziati  ,  come 
autorevoli  scrittori  ci  dicono  ,  passavano  i  loro  giorni  lietamente  , 
e  morivano  colla  speranza   d' un  felice  avvenii-e  ^. 

Che  le  figurette  alate  attorno  al  nominalo  vaso,  in  atto  di  por- 
tar acqua  piuttosto  che  Danaidi  siano  in  generale  ombre  o  larve,  o 
voslianio  dire  le  anime  deci  iniziati,  come  ho  accennato,  lo  alferma 
un  esempio  ch'io  posso  recare,  ove  indubitatamente  rappresentasi  due 
volte  r  ombra  di  Patroclo  in  una  forma  precisamente  come  hanno 
queste,  e  con  aggiunta  delle  ali  4. 

Scendendo   adesso    alla    considerazione    dell  arte    del  disegno  in 
(luesto   vaso,  pare  a  me  che  si  mostri  d'un' antichità  molto  remota 
e  genuina.  Io  non  vedo  qui  le  consuete  caricature  delle  dita  allun 
gate,  né  d'  altre  membra  sproporzionate  .  né  vedo  movimenti  fuori 
della  natura.  Parmi  di  conscervi  un  arte  ove  molto  si  studia  e  diligen- 
temente per  condurre  il  tutto    alla  possibile  perfezione  ,   ma  1'  arte 
non  è   ancora  giunta  al   tempo    della  pratica   nelle  forme  più  rego- 
lari,  talché  ora  è   troppo  grande  la  testa,  or  troppo  breve  la  gam- 
ba ,  or  troppo  carnosa  la  coscia ,  or    troppo    incerto    il  segno    che 
indica  l'anatomia  del  corpo.   V'è  di  più  che  il   vaso  un  tempo  co- 
lorito in  nero  con  i  campi  di  naturai  colore  della  terra  cotta,  su  cui 
son  le  figure  pur  nere  un   tempo ,  all'  arcaica    maniera,  non  mostra 
or  più  1  antico  morato ,  ma  quel  colore  s' è  converso  in  rossastro, 
tal  che  pare  esservi  stata    una  vernice   nera  non  per  anche  perfe- 
zionata per    mantenersi ,  e  per  ciò    divenuta    giallastra.  Questo  bel 

i    Saint    Croix.  Recherches    sur  les  totn    ii ,  Oppr    p    y6i.    A   Arisi, 

uiyst.  du  pagaaisme  tom.  i,  e.  v,  Eleus.    p.  a.'ic).    Criiiagoras    Kpi- 

pag.    4  IO.  grani   in   Anlhol.   gr.   pag.  56. 

2  Isocral   land.  Busir.  p.  36;,  Oper.               /^  Ved-  la   spiegazione  della  tav.  vi, 
ed  \Vilh.  Lange.  e  Galleria  omerica  tom.   ii,  lavv. 

3  Isocr.   Paneg.,   pag.    Sg,  Cicer.  de  ccx,  ccxi. 
leg.  lib.  ti,  §    i/\.  Piut.   Amator.  , 


TAVV.     CXWV    E    CXXXVl.  5t) 

vaso  inedito  conservasi  nella    preziosa  raccolta  di   vasi  di    S.    E.    il 
sig.   Principe  di  Canino,  derivato  dal  territorio  volcente. 

TAVOLA   CXXXVl. 

Quando  il  sole  ha  passato  la  linea  equinoziale ,  ed  il  primo  dei 
segni  superiori,  sale  verso  le  regioni  boreali ,  il  cui  dominio  è  alfetto 
alla  luce,  prevalendo  la  lunghezza  de'  giorni  sulla  brevità  delle  notti. 
Allora  quell'  astro  si  trova  unito  al  gran  Cane  Sirio ,  ed  al  Cane 
minore  Procione  ,  assorti  enlramlji  nei  laggi  solari.  Hanno  i  mitologi 
immaginato  di  alludere  a  quel  tempo  1'  undecima  impresa  d  Ercole. 
Inventaron  pertanto  un  Cane  di  terribile  aspetto.  L'unione  del  Sirio 
all'  Idra  celeste  situatagli  accanto,  e  che  levasi  do|io  il  C;ine  minore, 
ed  in  sieme  col  Cane  maggiore  somministrò  !e  forme  del  cane  ter- 
ribile figlio  di  Echidna,  ossia  di  una  Vipera  '.  Qui  tu  lo  vedi  nella 
guisa  medesima  rappresentato  con  due  teste  che  indicano  i  due  Cani 
celesti ,  e  con  la  coda  convertita  in  un  serpe  che  indica  1  Idra.  In 
altri  monumenti  quel  mostro  ha  tre  leste  ^,  ma  qui  si  volle  segui- 
re una  più  semplice  allegoria  ,  e  cosi  notiamo  il  Cerbero  nella  più 
gran  parte  delle  rappresentanze  di  lai  genere  dipinte  ne^  vasi  che 
si  trovano  in  Etruria  ^ .  La  favola  immagina  che  Ercole  disceso 
all'inferno  per  opera  di  Minerva  e  di  Mercurio  ad  oggetto  di  li- 
berarne Teseo,  tornò  dopo  avere  incatenato  il  Cerbero  che  dall  o- 
scurità  del  regno  di  Plutone  lo  condusse  alla  luce  4.  Qui  vediamo 
espresso  lo  slesso  avvenimento. 

Questa  pittura  inedita  1'  ho  copiala  con  grand'  esattezza  da  un 
vaso  di  S.  E.  il  sig.  Principe  di  Canino  ,  che  avea  per  marca  il 
num.  i/Sg,  ed  è  questa  la  parte  opposta  alla  pittura  antecedente- 
mente descritta  nel   vaso  stesso. 


I    Dupuìs,  Origine  de  tous  le  cultes,  2   Visconti    Mus.   P.    Clement,    voi. 
lem.    n,   pan.   i    Heracleide ,   ou  ii,  tav.   i. 

poeme  sacre  sur  le  calendrier,  pa  3  VeJ.   tom-   i,   tav.   xl. 

•     gè  297.  .  4  Diodor.  Sic.  xl,  p.  271. 


6o 

TAVOLA    CXXXVU. 

A  proposito  di  questa  pittura,  il  eh.  Millingen  che  l'ha  pub- 
blicata, rammenta  una  scena  ci'  Eschilo  accaduta  in  Argo  presso  la 
tomba  d^\gamennone,  ove  si  trova  che  Oreste  vi  giunge  con  Pilade, 
taglia  la  sua  capegliera,  e  la  depone  sulla  tomba  del  genitore.  In  quel 
mentre  scorge  ch'Elettra  è  inviata  da  Clitemnestra  a  recarvi  libazioni 
ed  olleite  ad  oggetto  di  placai-e  i  Mani  dell  estinto  marito,  ma  Oreste 
che»  non  vuol  palesarsi  nascondesi  a  lei.  Elettra  giunta  al  sepolcro 
è  vivamente  soi'presa  di  trovarvi  i  capelli  che  riconosce  per  quei 
del  fratello,  del  quale  nulla  sapeva  che  fosse  in  Argo.  D'  altronde 
Oreste  non  potendosi  più  contenere  manifestasi  alla  sorella  ,  e  seco 
lei  concerta  sulle  misure  da  prendersi,  onde  punir  Clitemnestra  e 
r  usurpatore  del  trono  del  padre. 

La  pittura  di  questa  tavola  mostrasi  al  eh.  interpetre  presa 
dalla  indicata  tragedia  d'  Eschilo  sopra  Elettra,  e  rammenta  l'istante 
della  riconoscenza  scambievole  dei  due  fratelli  .  Elettra  dopo  aver 
compita  la  sua  cerimonia  è  assisa  sulla  tomba  del  padre,  e  vi  ha 
deposto  il  vaso  che  riteneva  la  libazione:  i  di  lei  capelli  son  ta- 
gliati, coni'  era  costume  dei  più  prossimi  parenti  del  morto,  aven- 
doli offerti  in  sacrifizio,  il  suo  contegno  indica  il  dilore  .  Oreste  e 
dalla  parte  opposta  del  monumento,  e  s'  indirizza  ad  Elettra  ,  che 
([ui  è  supposto  non  averlo  per  anche  veduto. 

Alcune  iscrizioni  indicano  i  nomi  dei  due  mentovati  personaggi. 
Non  si  trovan  peraltro  in  questa  pittura  i  capelli  che  nella  trage- 
dia d'  Eschilo  dan  luogo  alla  riconoscenza  dei  fratelli.  La  donna 
eh'  è  accosto  ad  Elettra  porta  un  canestro  con  offerte  in  onore  dei 
Mani,  e  l' interpetre  dottamente  la  nomina  Crisiotemi  sorella  d'Elet- 
tra, quando  non  sia  per  indicare  il  coro  delle  donne  argive  che 
accompagnavano  Elettra. 

Dietro  ad  Oreste  è  il  fedele  suo  compagno  Pilade.    ed    il    gio- 
vane assiso  sul  secondo  piano  è  giudicato  un  dei  seguaci  o  lo  scu- 


TAvv.  cxxxvii  E  cxxxvm.  61 

diere  di  Oreste.  L'eroe  va  munito  di  un  cappello  che  spiega  esser 
egli  venuto  là  dopo  un  viaggio.    Il  monumento    sepolcrale    è  com- 
posto di  una  colonna  dorica,  sul  fusto  della  quale  si  legge  il  nome 
d'Agamennone,  e  porta  nella  sommità  un  elmo,  come  era  solito  di 
ornare  le  tombe  degli  eroi.  L'urna  che  racchiude  il  corpo  dell'e- 
stinto serve  di  piedestallo  alla  colonna.    Lo    scudo  e   la    spada  che 
vedonsi  nel  campo  della  pittura  suppongonsi  appesi  alla  parete,  che 
chiude  attorno  il  sepolcro;    cosi    Pausania    descrive   diverse    tombe 
che  aveano   un  simile  X'ecinto,  e  fra  gli  altri  quel  d'Ino  '.  11  vaso  eh' e 
sul  sepolcro  è  della  forma  stessa  e  della  medesima  specie  di  questo, 
da  cui  si  cava  la  qui  esposta  pittura,  ed  è  una  prova  che  quest'ul- 
timo era  destinato  all'uso  medesimo,  mentre  il  soggetto  è  perfet- 
tamente analogo  ad  un  simil  destino  ,    e    secondo  Polluce  ',    i  vasi 
usati  in  tali  funebri  occasioni  erano  di  terracotta  «.  Questo  è  quan- 
to su  tal  pittura  ragiona  il  eh.    Millingen  ^,   tolto  di  alcune    poche 
notizie  che  per  maggiore  erudizione  dottamente  aggiunge  nelle  note, 
e  che  io  tralascio  perchè  potrà  vederle  ognuno  nel  suo  originale. 

TAVOLA    cxxxvm. 

Presenta  questa  tavola  CXXXVIII  la  pittura  che  nel  vaso  è 
opposta  all'antecedente,  e  direbbesi  nel  suo  rovescio.  Qui,  dice  il 
suo  espositore  ,  un  giovine  con  la  testa  cinta  da  un  nastro,  riposa 
nel  suo  vestiario,  da  una  mano  tiene  un  lungo  bastone,  e  dall  altra 
prende  quella  d'  una  donna  che  a  lui  sta  davanti.  Questa  donna  è 
vestita  d'  una  lunga  tunica  dorica  e  d'  un  peplo,  e  porta  una  corona 
radiata  in  singoiar  modo  composta.  Nella  parte  della  composizione 
a  diritta  un'  altra  femmina  in  piedi  presenta  una  casetta ,    simile    a 

quelle,  in  cui  si  ripongono  i  doni  delle  nozze. 

j 


1  Pausati.  1.  I,  cap.  /[1.  vases  grecs.tirées  de  diverses  col- 

2  Lib.  vili,  e.   7.  lections,  avec  des  explicalions,  pi. 

3  Peiniures  antìques  et  ioediies  de  xiv,  pag.  26. 


6a  DEI     VASI    FITTILI 

L'  Oggetto  di  questa  composiz.ione ,  prosegue  1'  interpelre  ,  sem- 
bra esser  proprio  d  un  matrimonio  :  le  iscrizioni  delle  due  figure 
portano  i  nomi  di  Egisto  e  Clitemnestra ,  ma  il  costume  delle  due 
figure  sopra  tutto  quello  del  giovine,  è  infinitamente  al  di  sotto  delle 
persone  accennate  dalle  iscrizioni:  una  simile  trascuratezza  di  con- 
venienza. SI  contraria  allo  spirito  dell'  arte  antica,  non  può  dipendere, 
secondo  T  iiiterpetre,  che  dalla  ignoranza  o  dal  capriccio  dell'artista, 
il  quale  volendo  che  questa  pittura  si  liferisse  a  quella  dell'  oppo- 
sta parte  del  vaso,  ha  aggiunto  in  questa  guisa  alla  rappresentanza 
d  una  scena  ordinaria  dei  nomi  si  distinti  ».  E  qui  cita  dottamen- 
te in  nota  Cicerone  ad  Attico ,  dove  dice  :  Odi  falsas  iscriptiones 
statuarwn  nlienarwn  ' ,  e  Pausania  che  pur  nota  iscrizioni  false  alle 
statue  ^  ,  e  le  osservazioni  dottissime  che  nel  suo  museo  Pio  de- 
mentino scrisse  il   Visconti  '. 

In  tale  incertezza  è  lecito  il  darsi  a  supporre  cosa  che  almen 
possa  cenvenire  più  dappresso  al  soggetto  descritto  .  La  scena  che 
finsero  i  poeti  dopo  il  riconoscimento  fra  Elettra  ed  Oreste,  fu  l'im- 
mediata uccisione  di  Egisto.  o  per  opera  di  Pilade ,  o  altrimenti  che 
fosse.  Sia  dunque  il  nome  di  Egisto  o  rettamente  notato  dove  si 
legge  ,  o  scambiato  per  quel  di  Agamennone  ,  sempre  è  da  potersi 
tenere  per  lui  Lemure  d  un  dei  due  mentovati  soggetti,  e  noi  mo- 
strammo altrove  4,  come  anche  in  quest'opera  ^,  che  queste  nude  figure 
sedenti  sulla  propria  veste  son  considerate  in  queste  pitture  anche 
anime,  che  bau  depositate  le  corporali  spoglie,  o  son  per  vestirle  ^. 
Non  così  delle  donne  che  non  compariscono  per  decenza  mai  nude, 
jna  sempre  in  qualità  di  ninfe  o  sacerdotesse.  Potremo  dunque  sup- 
porre nella  donna  una  protome  della  estinta  Clitemnestra  ,  come 
lo    indica  1'  epigrafe    ivi    segnata  kavtemnestpa    in   atto  d'  incontrai'e 

0  1*  ucciso    AinsTOS  ,    come    vi    si    legge  ,    o    V  ucciso    Agamenno- 
ne come  è  supposto.   Di  ciò  non  mancano  esempi  nel  sesto  libro  del- 

1  Cic.   Ad   Aucic.  lib.   VI,  I,  4   Mimum.  etrus.  ser.  v,  pag.   233. 

2  Pusan.  lib.  li.   e    g.  5  Tom.   i,   lavv.  xix,  xx,  xxi,   xxii. 

3  Tom.  II,   p,  92  6'  Ved.   Tom    ì,   p.   27. 


TAVV.     CXX.XVIII    E    CXXXIX.  63 

l'Eneide  di  Virgilio,  e  siccome  quel  canto  si  crede  allusivo  lutto 
alle  dottrine  de'  misteri  ,  cos'i  potettero  i  medesimi  aver  parte  an 
che  in  questa  pittura  ,  ove  si  tratti  di  anime  trapassate  ,  e  quindi 
ci  resta  oscuro  ogni  altro  accessorio  della  composizione  eh'  io  cre- 
do tutta  mistica,  e  perciò  inesplicapile  coi  soli  dati  che  ci  lasciarono 
i  poeti  relativamente  alle  avventure  di   Clitemnestra  e  d   Egisto. 

TAVOLA  CXXXIX. 

Il  soggetto  di  questa  pittura  pare  al  Millingen  clie  l'ha  illustralo 
essere  il  medesimo  dell'anlecedenle  tav.  CXXXVII.  «  11  monunienlo, 
egli  dice  ,  è  qui  d'una  forma  diversa,  per  aver  la  sembianza  d'  un 
edicola.  Una  base  prolungala  forma  un  grado  che  serve  di  sedile  a  co- 
loro che  vengono  a  piangere  i  parenti  o  gli  amici  ,  e  ad  onorar  la 
loro  memoria  con  sacrifizi.  Davanti  è  una  specie  di  cippo  destinato 
a  contenere  una  iscrizione,  o  a  ricevei  e  le  olferte  portate  alla  tomba. 

Elettra  ,  prosegue  1'  inlerpetre  ,  è  qui  rappresentata  sedente  , 
lenendo  il  vaso  che  ha  servito  per  la  libazione  ,  e  sta  in  allo  di 
dolore  colla  testa  velata.  Avvolto  al  di  lei  braccio  sta  il  fazzo- 
letto pronto  ad  asciugare  le  di  lei  lacrime.  La  figura  a  destra  che 
porla  un  pileo  sugli  omeri  è  creduto  Oreste  in  colloquio  con  Elet- 
tra ,  mentre  1'  altro   giovine   può  esser  T'ilade  il  suo  fedele  amico  «. 

Qui  pare  a  me  che  siavi  l'occasione  opportuna  di  riflettere  sulla 
forma  totale  della  composizione  ,  che  si  fortemente  conformasi  a 
quella  della  tav.  XII  del  primo  volume,  nonché  alle  pitture  delle  ta- 
vole XIX,  XX,  XXI,  XXII  e  XXXII  del  volume  slesso;  e  mosti-ai  che 
a  diversi  riguardi  quelle  composizioni  erano  da  considerai-si  spellanti 
ai  misteri,  e  vi  si  contenevano  occulte  dottrine  relative  alle  anime. 
Difatti  la  maniera  simmetrica  e  quasi  direbbesi  non  naturale,  come  si 
presentano  i  due  giovani  alla  dolente  Elettra,  fa  vedere  che  in  quella 
composizione  si  nasconde  qualch'  altro  significato  ;  il  loro  vestiario 
non  è  analogo  a'  due  viaggiatori  ;  la  tomba  non  è  della  costruzione 
che  vedemmo  nella  tav.  CXXXVII.    Sian  dunque  i  giovani  Oreste  e 


64  DEI    VASI     FITTILI 

Pilade  .  ina  qui  si  debbon  tenere  per  aUusivi  ad  altri  soggetti:  sia 
pui-e  Elettra  che  in  mezzo  al  tempietto  deplora  la  perdita  del  geni- 
nitore,  ma  qui  Agamennone  sarà  un  Lare  nella  cui  edicola  è  salutato 
dai  giovani  astanti.  Dal  finqui  detto  sempre  più  ne  desumo  che  questi 
vasi  sian  di  mistica  pertinenza. 

TAVOLA    CXL. 

È  chiaro  il  soggetto  di  questa  pittura  pubblicata  già  dall'erudito  sig. 
Garaiulo  ,  senza  1' as^iunta  dell'illustrazione  '•  Vi  si  vede  la  tom- 
ba  d'  Agamennone  quasi  nella  stessa  foggia  costruita  come  si  vede 
alla  tav.  CXXXVIL  Anche  qui  nel  fusto  della  colonna  è  scritto  il  nome 
dell'estinto  e  inumato  aTamep-vov^  e  nel  di  lei  sommoscapo  termina 
con  un  acrotere  ^,  solito  vedersi  nelle  più  antiche  sepolcrali  pietre 
di  memoria.  La  donna  velata  in  testa,  inatto  di  legar  bende  sacre 
alla  colonna  sepolcrale  per  onorare  il  defunto,  può  esser  Clitemne- 
stra,  ed  Elettra  colei  che  porta  le  sacre  bende,  unitamente  alle 
otlerte  che  ha  in  un  canestro.  Il  piccol  vaso  eh'  è  nell'  ultimo  dei 
gradi  a  pie  della  colonna,  mostra  per  la  sua  piccolezza  d'  aver  con- 
tenuto prezioso  liquido.  Vi  sono  pur  le  corone,  ed  i  x^ami  per  tes- 
serle in  onore  dell  estinto ,  com'  era  costume. 

Col  soggetto  indicato  ben  si  accorda  1'  altro  eh'  è  nella  parte 
opposta  del  vaso.  Ivi  son  dipinti  due  giovani  con  bastone  in  mano, 
col  cappello  viatorio  dieti-o  le  spalle ,  e  con  breve  manto,  qual  si 
conviene  a  due  viandanti  ,  sicché  nulla  manca  per  credergli  Oreste 
e  Pilade  che  vanno  in  Argo,  dove  meditano  di  compiere  la  vendet- 
ta dell'  estinto  Agamennone  ,  sull'  usurpatore  Egisto  ;  di  che  non 
occorrono  testimonianze,  dopo  quanto  ne  ho  detto  nelle  interpetra- 
zioni  antecedenti.  Dirò  in  fine  che  il  vaso  è  stato  trovato  in  Basi- 
silicata,  e  contiene  l'applauso  di  bella  e  bello  nella  consueta  maniera. 

I   Gargiulo,  Raccolta  de  Monumenti  vale,  tav.    io6. 

più  interessanti  del  R-  Mus.  Ber-  2   Monum,  etr.  ser.  vi,  tav.  G. 

bonico  e  di   varie  collezioni  pri- 


65 

TAVOLA      CXLI. 

A  me  {)arc;  ottimamente  inteipelrata  dall' li alinscki  '  .  la  (avola 
presente  .  ove  ravvisa  Elcllra  incaricala  da  Clilemnestra  di  pla- 
rar  l'ondira  di  Agamennone,  da  lei  veduto  non  senza  notabile  spa- 
\eiil()  in  sogno.  Riconosce  allamonte  il  giovine  per  Oresle,  che 
avendo  abbandonata  la  l'ocide  ,  dov'era  stalo  educalo  in  casa  di 
Slrofio  suo  zio,  vien  per  comando  di  Apollo  a  vendicate  suo  pa- 
dre. Ej^li  è  difatti  rapprc.-enlalo  qvii  come  nella  liagcdia  d  Escbi- 
lo  intitolata  Choepìiorcs  presso  la  tomba  ,  dove  tra  una  lolla  di 
donne  riconosce  Elettra,  a  cui  si  palesa,  e  quindi  concertano  in- 
sieme i   mez,zi   di   far   vendetta  del  parricida. 

TAVOLA    CXLIL 

In  proposito  di  questa  rappresentanza  potrebbesi  dire  quanlo 
notò  iMtalinscki  relativamente  all'antecedente  cioè:  «Gli  antichi  opi- 
navano che  le  anime  de'  morti  fossero  a  portata  di  quanto  succede 
in  questo  mondo,  e  gradissero  che  ne  fosse  compianta  la  perdi- 
ta .  e  si  pregassero  per  loro  gli  Dei  sovrani  del  regno  dell'ombre, 
e  che  si  raccomandasse  alla  terra  di  non  calcare  con  soverchia 
diuezza  le  loro  ossa  ;  ci'edevano  all'  incontro  che  lo  scordarsene  e 
r  esserne  indillerenti  eccitasse  il  loro  risentimento  ,  e  la  lor  ven- 
detta. All'  elfetto  di  sottrarsene  ricorrevano  all'espiazioni  ,  ed  al- 
le propiziazioni  ;  versavano  su  i  loro  sepolcri  il  latte ,  il  sangue  . 
ed  il  vino;  vi  depositavano  delle  ghirlande  ,  dei  bendoni.  delle  vio- 
le ,  delle  rose  e  finalmente  dei  ramoscelli  di  lauro  e  di  mirto  2  ■ 
Non  altrimenti  si  vede  qui  agire  Elettra  per  ordine  della  Madre, 
onde  placare    1'  ombra    d'  Agamennone    che  le    si    mostrava    infesta 


1    Pitturede'vasi  antichi  tom.  11, tav.  XV.  iinscki,  pitture  de'vasi  aniiclii,  tom. 

a    Meurs   de  funer.  e.   xxix.  Hp.    It?»  Ji>    tav.    xv,   p.  aa. 

Fas    T.   II.  Q 


SG  DEI    VASI    FITTILI 

nei  sogni.  Dicemmo  poi  superiormente  come  Oreste  si  palesò  ad 
Elettra,  mentre  era  inlenta  a  porgere  oHerte  alla  tomba  del  geni- 
tore, come  si  vede  qui  con  ogni  chiarezza.  La  benda  nera  legata 
alla  colonna  è  manifesto  segno  ciie  qui  è  un  sepolcro.  La  pittura 
e  tolta  da  quelle  pubblicate  dal  D  Hancarville     '. 

TAVOLA    CXLIU. 

L'  espositore  di  questa  bella  pittura  monocromata  dichiara  che 
non  può  dispensarsi  dal  ravvisare  in  essa  il  reciproco  riconoscimen- 
to d  Oreste  ed  Elettra  presso  la  tomba  di  Agamennone,  come  appunto 
si  trova  descritta  in  ima  bella  scena  dell  Elettra  di  Sofocle  '  men- 
tre la  forma  del  vaso  è  decisamente  ossuaria.  ^  i  si  vede  Oreste , 
che  avanzatosi  verso  la  sorella  decisivamente  procura  d'  ingan- 
narla in  proposito  della  sorte  del  fratello  ,  per  investigarne 
i  di  lei  sentimenti  a  di  lui  riguardo.  Noi  portiamo  ,  le  dice  , 
in  quest'  urna  i  miseri  avanzi  dell'  estinto  Oreste  ^  .  La  somiglian- 
za tra  la  pittura  e  la  poesia  di  Sofocle  è  tale,  che  sembra  quella  una 
fedel  copia  di  questa,  e  perciò  il  vaso  dove  si  vede  può  credersi  posterio- 
le  a  Sofocle  .  qualora  non  si  pensi  che  1  immagine  di  tale  scena 
sia  più  antica  di  Sofocle  stesso.  Dietro  ad  Oreste  è  Pilade  1'  inseparabile 
amico  di  quell'  eroe.  Il  velo  che  ha  in  capo  Elettra  esprime  in  un 
tempo  dolore  e  modestia.  Il  dotto  espositore  ,  dal  quale  traggo  la 
presente  copia  ^  termina  coli*  avvertenza  che  il  vaso  è  stato  trova- 
to ad  Avella. 

TAVOLA    CXLIV. 

Narra  Massimo  Tirio  "'  che  le  cerimonie  sacre   istituite  in  onore 

1    Antlquité  elrusquesgrecq.  et  rom.  Compie    de    Lamberg  expliquée 

loin    IV,   pi.   83.  et  publieé  per   Alexandre  de  La- 

•2  Scphocl.   in   F.lectr.   ad.    i,  se  iii.  borde   toni   i.   pi.  viii. 

3  Id.    V.  5    Nella  nota  al  vers.  3o  dell'  Egloga 

4  Golleciion  des  vases  giecs.de  M.  le  viii  di   Virgilio. 


TAVV.    CXLIV    E    CXLV.  67 

di  Bacco,  tutte  Insieme  formavano  ciò  che  nei  inisleri  si  contiene,  ed 
altro  non  etano  che  la  rapjnescntanz.a  dei  diversi  piaceri  j^o<liiti  da 
questo  Illune  nel  lem  !0  che  soi^ji^iorna va  Ira  i^li  nomiiii.  (Jiicsia  la\ola 
rappresenta  le  no/.ze  di  Bacco  e  d  Arianna  :  il  laiiuo  versa  del  vino 
nella  lazza  che  tien  Bacco  in  mano  per  fare  la  lihazione,  solilo  reli- 
J5Ì0S0  rito  eli  era  sempre  premesso  ad  ogni  atto  di  qualche  iinpor- 
lan/.a.  L  '  Imeneo  coronalo  di  mirlo  sacro  a  Venere  presenta  una 
meta  cotogna,  che  era  simbolo  della  vita  coniugale;  e  finalinenle 
Aiianna  pare  attenta  a  ciò  che  dice  Imeneo  ,  ovvero  si  dispone  a 
cantare,  llacconta  Servio  che  Imeneo  cantò  con  tanta  forza  nelle 
nozze  di  Bacco  e  d'Arianna,  che  vi  perdette  la  voce,  e  per  con- 
solarlo fu  dato  al  matrimonio  il  nome  d   Imeneo. 

II  disegno  e  la  composizione  di  questo  vaso  sono  eccellenti  , 
ed  è  probabile  che  sia  copialo  da  un  quadro  di  qualche  pittore 
dei  più  celebri  della  Grecia  :  fu  trovato  nei  sepolcri  vicini  all'  an- 
tichissima ('apua,  come  ce  ne  avverte  il  dotto  suo  interpetre  '. 

TAVOLA   CXLV. 

11  concettosissimo  Christie  dichiara  nella  sua  opera  su  i  vasi  anti- 
chi essere  stato  Bacco  variabile  in  mille  aspetti  ,  e  lo  mostra  in 
diversi  monumenti  sotto  la  forma  di  un  vaso  scendere  ai  regni 
acherontici,  o  sia  nell'emisfero  inferiore,  e  di  là  tornare  alla  luce,  e 
così  compire  una  celeste  rivoluzione,  al  cui  ultimo  suo  cangiamento 
egli  crede  allusiva  la  pittura  di  questo  vaso,  dove  il  potere  gene- 
rativo ,  espresso  dal  satiro  per  le  sue  orecchie  e  corni  priapeidi  . 
emerge,  dalle  rive  di  Stige  ,  portando  su  dall'  inferno  quell'ianfora 
nella  quale  suggerisce  l' interpetre  che  si  reputi  converso  Bacco  ^. 


1    Italinscki,  Pitture  di   vasi    antichi  i   Christie  ,  Disquisitions  upon   the 

e«.  tom.  1.  tav.  xxxiv.  painted  greck  vases,  pi.  vni.  p.  55. 


68 

TAVOLA    CXLVI. 

Un  satiro  ed  una  ninfa  baccante  che  insieme  amoreggiano  che 
altro  mai  possono  significare,  se  non  che  i  preliminari  della  gene- 
razione alla  ffiiale  faceasi  dal  gentilesimo  preseder  Bacco  ?  In  qual 
modo  poi  questo  nume  presedesse  alla  vita  ed  alla  morte  degli 
uomini ,  come  anche  alla  vita  nuova  che  nei  misteri  promettevasl 
alle  anime  dopo  la  separazione  di  «pielle  da  loro  corpi ,  è  cosa  da 
me  già  detta  e  trattata  si  estesamente  altrove  .  da  rendersi  inutile 
trovarne  qui  la  ripetizione  '.  Noi  dunque  terremo  si  questa  rappresen 
tanza  che  1'  antecedente  come  una  memoria  del  dio  de  misteri ,  o 
Bacco  infero,  datore  di  vita  e  di  morte  ,  e  perciò  il  custode  delle 
anime  che  dalla  vita  passavano  ali  abbandono  del  corpo,  quando  mori- 
va ^,  per  cui  probabilmente  i  vasi  che  ponevansi  nei  sepolcri  erano 
SI  frequentemente  dipinti  con  siHatte  bacchiche  rappresentanze. 
Termino  dunque  con  l'avvertenza  che  il  vasetto  qui  esposto  si  tro- 
va tuttora  inedito  nella  R.  Galleria  di  Firenze,  provenuto  dai  do- 
viziosissimi scavi  del  territorio  Vulcente. 

TAVOLE    CXLVII,  CXLVIU,  CXLIX  E  CL. 

Le  tavole  CXXVI .  CXXVII ,  CXLIV  ,  CXLV  ,  e  CXLVI  possono 
pienamente  concorrere  a  mostrarci  il   significato  di  queste  che   van 
sotto  i  numeri  GX.LVÌI,  GN^LViII,  G'^l^iX  e  GL,  me;itre  ognun   vede 
come    diversi  cori    de'  seguaci  di    Bacco  sotto  le  speciose  forme  di 
satiri  e  ninfe,  ne    formino    la  pittoresca    immagine,  come   dicemmo 
delle  antecedenti  or  notate.   Io   trassi   le  presenti    dalla  prima   rac  - 
colta  Ilainiltoniana   ^  ,  la  quale  fu  pubblicata  ad  oggetto  di   sommi- 
nisliMre   v  ighe  iilee   agli  artisti  che   potev.uio   studiarvi,  egualmente 

1    M'ìiiucn.   etrus.   ser.  ii  ,    pag.  5*^0  3   Autiq^uités   etrus'pies   gri-eques    et 

?q.   e  pag.  ']\i.  rosn.  tom.  iii,  pl.XL   lxviii,  xcvii  «  e. 

1   Ivi   S  •!•  V,   pag.   1-j  1. 


TAVV.     CVLVII.    CXLVIII,    CXLIX,    CL    E    CLI.  69 

che  gli  archeologi  potevano  meditarvi  ed  apprendere  ,  e  col  paragone  di 
molte  insieme  adunate,  stabilire  sempre  più  solidamente  la  lanlo 
vasta,  ma  pur  tutt'  ora  arcana  dottrina  dei  baccanali;  né  il  imo 
scopo  è  diverso  nel  sempre  più  dillondere  e  propagare  per  le 
mani  degli  eruditi  con  questa  mia  collezione  tali  arcane  pitture. 

TAVOLA  GLI. 

In  \m  idria  splendidamente  ornala  di  figure,  illustrate  con  scel- 
ta erudizione  dal  celebre  archeologo  Raoul- Hochette  ',  si  vede  il  me- 
desimo soggetto  che  trovammo  nelle  sette  tavole,  da  CXXXVJI  a  CXLIII. 
non  senza  peraltro  notabili  variazioni.   Mentre  altrove  non  si    con- 
tano   più  che    cinque    figure  ,    qui  se   ne   vedono  otto  ,  che  pur  si 
giudicano    attamente  dal  loro  interpetre  tutte  interessate    nel    me- 
desimo soggetto.    V'  è    anche   qui    ia  tomba    segnata    da    una    co- 
lonna ionica,    cinta    da    una  sacra  benda,  e  inalzata  sn   di  alquanti 
gradini,  in  ognun  de  quali  son  depositati  dei  vasetti  che  mostrano 
ali  interpetre,   come  ad  ogni  altro  attento  osservatore,  esser  questi 
vasi    d'  uso  unicamente  funebre.    Che  la  donna  ivi  assisa    sia  "come 
nelle  altre  accennate  pitture  Elettra,  non  v'  è  nessun  dub])io.  come 
pure    Oreste  il  giovine  con  lancia    in  mano,    in    alto  di    olìrire    ai 
Mani  del  genitore  le  consuete  libazioni  ;  ma  a  dillerenza  degli  altri 
osservati    soggetti  noi   troviamo  qui  Mercurio  col  cappello  in  testa 
ed  appoggiato  al  caduceo  in  alto  di  coronar  la  tomba  dell'  estinto 
Agamennone  .  come  soleasi ,  e  da  Eschilo  dichiarato  nume   tutelare 
di  Oreste  :   quel  nume  che  Apollo  dagli  per  guida  e  per  compagno 
nella  sua  pericolosa  impresa  *.   Una  tal  circostanza  fa  palese  che    d 
pittore  del  vaso  esegui    quest'  opera    posleriorniente  alia  pubblica- 
zione della  tragedia  intitolata    1'  Eumenidi    d  Eschilo.    InfiUli  .  dice 
r  interpetre.  la  figura  di  questo   va  o  assisa  sopra  una  specie  di  sacco, 
vestita    d'   una  tunica  a  mezze  maniche  .    e    con  berretto    nautico  , 

I    Monumens   innclits  d' antiquilé   fi-  pi.  xxxiv,   pac     ''^Cj. 

gurée  grecque ,   elruaque   el   rom.  a    Arseli     Eumeni J.   gJ. 


yO  DEI    VASI     IITTILI 

non  pare  c!ie  si  j.ossu  S'.iiegare  ,  se  non  per  mezzo  <]  una  ciico- 
slauzii  che  porj,e  a  tal  uopo  1  autore  delle  Coefore,  chv  (n  [ÌM-'n.lo 
stesso.  Questi  racconia  che  Oreste  s  inlroilusse  Ira  i  suoi  'le- 
iiiici  Iravestito  da  volgare  viandante  con  riìvidi  par.iii.  portando 
sugli  omeri  il  propiio  bagaglio,  con  liasloncello  in  mano,  ed  aifet- 
tando  il  linguaggio  popolare  della  Focide  ;  al  quale  elì'ello  crede 
r  interpetre  che  1  uomo  assiso  delibasi  consideiare  cOTiie  una  per- 
sona caratteristica  di  Oreste  medesimo  nel  modo  che  mostraci  an- 
teriormente alla  sua  manifestazione  ad  Elettra  ;  di  che  peraltro  io 
non  saprei  dar  piena  conferma  ,  giacché  almen  la  barba  non  polca 
convenire  al  giovine  figlio  dell^  estinto  Agamennone.  Ma  forse  il 
pittore  ve  1  introdusse  ad  oggetto  d'  empir  lo  spazio  che  nel  vaso 
era  destinalo  ad  ornarsi  di  figure  ,  giacché  il  soggetto  medesimo 
ne  ha  minor  numero  in  altri   vasi   di   campo  più  stretto. 

Presso  Mercurio  essendovi  un  personaggio  barbato,  che  ha  il  basto- 
ne, attributo  consueto  d'uomini  provetti,  siamo  autorizzati  a  dichia- 
rarlo il  vecciiio  e  fedele  pedagogo  di  Oreste ,  il  quale  dirige  in 
altre  due  greche  tragedie,  come  nota  f  interpetre,  la  condotta  dei 
vendicatori  d'  Asaiuennone  '.  Anche  Pilade  si  riconoce  a  dei  non 
equivoci  segni  in  quel  giovine  sedente  presso  d'  Oreste  ,  e  medesi- 
mamente panneggiato,  ed  armato  come  lui  d'una  lancia,  tenendo 
in  mano  il  suo  pileo  ,  come  vedemmo  altrove  '.  La  donna  in  fine 
della  rappresentanza,  in  atto  di  sostenere  colla  sinistra  un  vaso  un- 
guentario, è  dichiarata  dall' interpetre  per  Crisotemi,  in  atto  d' adem- 
pire il  pio  dovere  di  spargere  unguenti  sulla  tomba  dell'  estinto 
genitore.  In  fine  è  giudicato  espressivo  del  coro  introdotto  nelle 
tragedie  quell'  uomo  nudo  ,  il  (juale  si  vede  all'  opposta  estremità 
della  rappresentanza ,  e  questa  figura  mancando  in  ogni  altra  meno 
estesa  pittura  di  tal  soggetto,  ci  fa  conoscere  come  i  pittori  de'va- 
si  empissero  il  campo  destinalo  all'  ornamento  con  più  o  meno  fi 
gare,  a  tenore  del  campo  medesimo,  sempre  per  altro  conservando 

1    Sophocl.  FJect.   V.    i5  ,  sq.  Euri-  2  Ved.   tav.  cxitxi.x.. 

pide,  Electr.  v.  ì\qo. 


TAVV.     CLI    E    OLII.  7I 

la  couvenieiiLe  relazione  Ira  le  figure  ed  il  soggetto  ivi  tiattaio. 
traenilone  la  noti/.ia  o  da  ({ualche  celebre  tragedia,  o  da  altro  ac- 
creditato scritto  poetico  de' tempi  antichi.  Osserva  di  più  I  esposi- 
tore tli  (jiiesta  pittura,  che  la  disposizione  medesima  delle  principali 
ligure,  i  loro  atti  e  le  loro  (isonomie ,  par  che  siano  imitazioni  tra- 
sportate direttamente  dalla  composizione  poetica  alla  pittorica  dei 
vasi  o  d'altri  monumenti  dell'arte,  e  ne  adduce  in  esempio  ura 
composizione  simile  a  questa  ,  seblien  ridotta  a  soli  quattro  dei 
principali  personaggi .  che  noi  vedremo  nella   tavola  CLIII. 

Il  vaso  dov'  è  dipinta  la  rappresentanza  qui  esposta,  ha  sulla  spalla 
un  altr'  ordine  di  figure,  che  vedremo  nella   tavola  seguente. 

T  A  \  O  L  A  CUI. 

La  spalla  superiore  del  vaso  che  si  mostra  in  forma  d'  idria 
sotto  le  figure  di  questa  tavola  ,  è  dipinta  col  soggetto  che  qui 
medesimamente  si  ripi-oduce.  Or  perchè  due  celebri  penne  si 
occuparono  ad  illustrarlo,  così  vi  porterò  quanto  nell  ultima  esposi- 
zione si   trova    senza  bisogno  d  ulteriori  dichiarazioni. 

ce  II  rango  superiore  dipinto  nel  vaso  ,  dice  il  prof,  archeologo 
Raoul -Rochelte  '  .  presenta  la  scena  d' vin  sacrifizio,  che  si  vede 
nel  modo  medesimo  sopr'  altri  vasi  ,  un  de'  quali  appartenendo  al 
museo  di  Napoli  è  descritto  da  M.  Panofka,  i ,  Soj.  Lo  slesso  eru- 
dito scrittore  si  occupò  anche  (  pag.  aSj-S  )  del  vaso  qui  pubblicato. 
Ma  io  (  prosegue  il  eh.  Raoul -Rochette  )  non  son  d  accordo  seco 
lui  su  tutte  le  parti  della  sua  spiegazione.  Mi  resta  dillicile  di 
riconoscere  una  semplice  pi-efica  nella  donna  vestita  di  lunga  tu- 
nica, e  d  un  peplo  che  le  cuopre  la  lesta,  con  braccialetti  ai  polsi, 
soprattutto  perchè  simili  ornamenti  non  sembrano  convenienju 
a  tali  personaggi  .  quindi  ancora  perchè  non  \ edesi  qui  verun 
indizio    di    sacrilìzio    funebre  ,    onde    vi  si    possa    creder    presente 


i    L.  eli-  p.    1 59  noi.  3. 


\ 


72  DEI  VASI    FITTILI 

una  prefica.  Oltrediché  in  qual  modo  Artemide ,  eh'  è  sicuramente 
quella  donna.  la  quale  tien  1  ultimo  luogo  a  destra  del  riguardante 
presso  al  cane  atti'ibuto  carati eiistico  di  Diana  ,  potrebbe  essere 
introdotta  in  una  rappresentanza  di  genere  ferale?  L'  iico  non  è 
neppur  esso  una  vitliina  di  uso  esclusivamente  fuiiebre  come  lo  pro- 
va fra   "li  altri  il  ])el   va^o  di  Pelo'.;e  ed  Oenomao   '  ». 

Rigettato  in  tal  guisa  1'  altrui  parere,  propone  il  prelodato 
Raoul -Rochette  che  vi  si  ravvisi  Frisso  nell' atto  d' immolare  l'arie- 
te del  toson  d'oro.  In  questa  supposizione,  il  personaggio  situalo 
verso  l'altare  collo  scettro  in  mano  sarebbe  Aete  sovrano  e  pon- 
tefice nel  tempo  medesimo;  di  che  non  mancano  in  altre  pittin-c 
di  vasi  gli  esempi.  La  donna  che  segue  la  vittima  saiebbe  Calcio- 
pe.  la  quale  caratterizzata  q-.iasi  coi  tratti  medesimi  si  vede  in  un 
vaso  del  Museo  di  Carlo  X  ,  iiubbllc.ilo  dal  eh.  sig.  Millingen  ^  . 
il  qual  vaso  ha  rapporto  colla  fivola  stessa.  Il  giovanetto  ministro  del 
sacrifizio  che  viene  in  seguito  porta  il  preferlcolo  e  la  tazza  per 
r  acqua  lustrale.  La  presenza  d  Artemide  vestita  sul  costume  asia- 
tico spiegasi  pure  naturalmente  in  siiuil  soggetto  per  1  accaduto  in 
vicinanza  della  Tauride  ^  . 

Il  vaso  che  le  due  pitture  delle  tavole  GLI,  e  CLII  contiene,  è 
lutt' ora  nel  Museo  Borbonico  di  Napoli,  e  fu  pubblicato  per  la 
prima  volta  tra  i  monumenti  inediti  dottamente  illustrati  dal  eh. 
sig.  professore  Raoul -Rocchette  ^  . 

TAVOLA    CLIIJ. 

Ancor  qui  è  rappresentata  Elettra  seduta  a  pie  della  tomba  del 
suo  genitore  Agamennone,  come  dice  parimente  il  suo  illustratore  ^.  La 
di  lei  positura  esprime  il  dolore  dal  quale  eli'  è    penetrata.   Presso 

I    Monum.  etr.  ser.  v,  tav  xv.  3   Raoul-Rorhette,  I.  cit.  p.    iBg. 

a   Peintures  aniiques    et  ioediies   de  4    '^    '^'^'  p'-  >^xxiv. 

Vases  grecs,  pi.   vii.  5   Millingen,    Peinmres  antique»  de 

Vases  giecs.    pi.   xlv,   pa^.   .\o. 


TAVV.     CLIII    E    CLIV.  y^ 

di  essa  vedesi  un  gran  vaso  che  serviva  per  le  libazioni .  secondo 
il  Millingen  ,  ma  secondo  me  par  che  sia  recipienle  funebre  da 
rammentar  le  ceneri  o  del  padre  o  del  fratello  ciedulo  eslinlo  , 
come  vedemmo  alle  tavole  CXXXIX  e  CXLQI,  e  forse  anclic  ((nel- 
lo della  tav.  CXXXVII  :  ma  ogni  disputa  sopra  simili  accessorii  sa- 
rebbe senza  verun  fondamento.  Davanti  ad  Elettra  è  Oreste  tenen- 
do da  una  mano  un  vaso  libatorio  e  dall  altra  una  lancia.  E  munito 
di  pileo,  e  per  veste  non  ha  che  una  clamide.  La  figura  che  porla 
il  petaso  è,  secondo  1' interpetre,  il  ritratto  di  l'ilade  ,  ed  il  caduceo 
per  conseguenza  è  simbolo  in  esso  di  messaggero  o  d'  araldo.  Ma 
se  ascoltiamo  un  più  recente  investigatore  di  tal  soggetto  ',  ci  dirà 
che  sì  questo  ,  come  1'  altro  giovine  con  petaso  e  caduceo  eh'  è 
nella  tav.  GLI  è  protome  di  Mercurio ,  e  ne  dà  plausibili  ragioni  . 
trovando  inclusive  Pilade  in  altra  figura  sedente  dietro  ad  Oreste 
nella  indicata  GLI  tavola.  Vede  in  fine  il  Millingen  in  quella  figura  che 
termina  la  comnosizione  una  donna  seguace  o  ancella  di  Elettra , 
tenendo  in  mano  un  vaso  di  profumi.  E  questa  pure  dir  si  potreb- 
be piuttosto  la  sorella  Grisotemi ,  anche  secondo  il  eh.  Raoul-Ro- 
cliette .  che  tanto  disse  spiegando  una  simile  figura  alla  tav.  GLI. 

TAVOLA    GLIV. 

Leggo  neir  opera  novellamente  pubblicata  dal  eh.  Raoul-Ro- 
chette  di  monumenti  antichi  inediti  ^,  che  fra  le  diverse  pitture 
di  vasi  ov'  è  rappresentata  una  donna  piangente  assisa  appiè  d'  una 
stele  sepolcrale  ,  coi  medesimi  accessorii  finora  da  noi  trovati  nelle 
antecedenti  pitture,  la  più  i-imarchevole  di  tutte  è  in  un  vaso  del  sig. 
Garelli  che  rappresenta  anch'  essa  una  femmina  ,  probabilmente  Elet- 
tra, sedente  nel  modo  medesimo  che  vedemmo  le  altre  delle  tavole 
GXXXVII,  GXXXIX,  GLI,  e  GLUl,  in  una  camera  sepolcrale,  con  vasi 
d'  ogni  maniera  ;  e  qui  lo  scrittor  prelodato  cita  le  tavole  di  corredo  ai 

I   Vedi  la  spiegazione    della    tavola  a   PI.  ixxi.   A. 

antecedente. 

ras.   T    II.  IO 


74  DEI    VASI    FITTILI 

miei  Monumenti  etruschi  '  ov  io  pubblicai  per  la  prima  volta  quel  mo- 
numento. Ma  poiché  non  fa  collezione  con  altre  pitture  di  vasi , 
l'osì  lui  costretto  a  riprodurla  qui  come  suo  miglior  luogo.  11  sig. 
Haoul-Rochette  rammenta  questo  soggetto  in  proposito  dei  vasetti 
che  vi  si  vedono  attorno  :  e  dice  che  sono  di  quei  medesimi  il  più 
comunemente  deposti  in  terra  col  cadavere  che  accompagnano,  spe- 
cialmente nella  necropoli  di  Nola  ,  e  lo  stess  uso  era  stato  praticato 
j)resso  gli  Etruschi  ,  volendone  giudicare  da  que'  vasi  d^  argilla 
nera  con  hgure  impresse  in  basso  rilievo ,  che  scuopronsi  giornalmen- 
te nelle  tombe  di  Chiusi ,  e  ne  cita  Dorow  ^  ,  con  altri  ^  alle  quali 
notizie  peraltro  j^recedeltero  quelle  che  ne  detti  io  medesimo  nel 
pubblicare  i   Monumenti  etruschi  ^. 

T  A  \  O  L  A    CLV. 

In  questa  CLV    tavola    pongo    una    pittura    d"  un  vaso   che    da\ 
eh.   sig.   INIillingen  si  spiega  nel  modo  seguente. 

"  Nel  centro  di  questa  composizione  é  un  cippo,  o  stele  elevato 
>0[)ra  d'un  largo  imbasamento.  Questa  era  la  forma  che  davasi  per 
ordinario  ^  ,  ai  monumenti  funebri.  Due  giovanetti  stannosi  attor- 
no a  questo  monumenlo  ;  un  di  loro  vi  fa  una  libazione  con  una 
patera  ,  1  altro  tiene  una  corona  di  foglie  che  probabilmente  vuol 
depositare  nel  sepolcro.  Due  bende  sono  legate  attorno  al  cippo ,  e 
•lavanti  ali  iiiibasaniento  è  un  vaso  con  due  coppe  o  patere  che 
contenevano  vino  o  latte.  Era  per  tanto  un  dovere  prescritto  dal- 
la religione  di  otirire  in  certi  tempi  dell' anno  dei  sacrifizi  sulle  tom- 
be dei  parenti  e  degli  amici .  stabiliti  ad  oggetto  di  pacificarne  i 
mani  »• 

«  Lno  di   questi  giovani  è  probabilmente  Oreste   il   di  cui  arri- 

i    Ser.   VI,    lav.    1.5.  luvenal.   sat.   vi,   345. 

2  Notizie  iiiiorno  alcuni    vasi   etru-  f\   Ser.    vi,  lav.  G5  ,  pag.  4^-49-  ^O" 
schi   ec.    Pesaro    i8.!8  ,    tav.    vili  ,  lif;rafia   Fiesolana    iSaS. 

flg.   6,   7.   IX,   3,   4.  5  Millingeu   PeiiUiues  aiiiiq.  et  ined, 

3  Miiller   Die   Etrusken,  iv,  ?,    >,  4-  de   Vases  grecs     pai;.   34-   noi    :>.' 


TWflLE    (XV    E    CLVI  '/■'> 

\o  alla  tomba  d'  Agamennone  ,  i  sacriiizi  che  vi  oiFre  e  la  sua  ri  - 
conoscenza  con  Elettra  di  lui  sorella  ,  formano  una  delle  princijiali 
circoslanze  nelle  celebri  trairedie  che  lian  iier  0""etto  il  liloriif)  <Ii 
Oreste  e  la  punizione  degli  uccisori  di  suo  padre.  L'  eseiujiKj  (U 
Oreste  era  una  gran  lezione  di  morale,  tendente  a  risvegliar  sen- 
timenti di  pietà  .  e  rammentare  i  religiosi  doveri  verso  i  Mani  dei 
parenti  già  estinti.  Quindi  ne  avviene  che  <[uesto  soggetto  è  spes- 
sissimo rappresentalo  sui  monumenti  dell  arte  .  e  specialmente  sui 
vasi  '  ,  destinati  ad  esser  situati  nelle  totnbe  ^  ". 

K  assai  diflicile,  per  qiuuito  a  me  sembra,  di  trovare  in  (jnesta 
pittura  delle  caratteristiche  di  Oreste  esclusive  d  altro  qualunijiie 
siasi  soggetto.  Gli  antecedenti  giovani  hanno  in  vero  ciascuno  cpialche 
segno  che  ad  Oreste  si  può  competere,  se  crediamo  dover  secon- 
dare le  antiche  tragedie.  Direi  piuttosto  che  questa  pittura,  come 
dottamente  suggerisce  il  Millingen  ,  rammenti  i  doveri  degli  amili 
e  congiunti  che  la  religione  inculcava  di  compiere  in  certi  tempi  del- 
l' anno  inverso  i  Mani  dei  morti ,  al  cui  dovere  fossero  invitate  le 
pie  persone,  coli  esempio  di  Oreste  che  si  trova  in  altri  vasi  dipin- 
ti ,  piuttosto  che  nel  presente.  Difatti  anche  la  parte  avversa  del 
vaso  ha  due  efebi  attorno  ad  una  semjdice  stele  sepolcrale;  ove  non 
si  ravvisa  neppure  segno  di  Oreste  ,  più  che  di  due  devoti  in  allo 
di  rendere  ossequio  ai  Mani  de'  loro  amici  o  congiunti. 

TAVOLA  CLVI. 

Per  le  stesse  ragioni  potrebbesi  giudicare  rappresentativa  d'Ore- 
ste e  d'Eletti'a,  la  pittura  che  il  Millin  pone  alla  tav.  LI  dei  suoi 
vasi  antichi  ^  ,  mentre    come    riflette  il  eh.    sig.  Raoul -Rochette  4 


1   Ved.le    tavv.  da    cxxxvn   a  cxltii,  vulgairemeni    appelés     etrusques 

e  da   cxLix  a  clii.  tome  second. 

a  Millingen  Peinlures  aniiq.  de  Va-  4   Monumens    inediis   premiere  par- 

ses  grecs,  pi.   xxvi,  p.   27-28  tié   p.    iSg,  noi.   4- 


.3  Millin  Peinlures  de  Vases  aniiques 


y6  DEI    VASI    FITTILI 

olire  questa  i  medesimi  accessoni.  che  vedonsi  nelle  altre  rappre- 
sentanti l'incontro  d'Oreste  con  Elettra  al  sepolcro  del  lor  geni- 
tore ;  che  se  noi  giudicammo  i  due  nominati  personaggi  nella  pit- 
tura della  lav.  CXLII  .  perchè  vorremo  escludere  la  presente?  Né 
(juanto  scrive  il  Millin  in  proposito  di  questa  rappresentanza  può 
fare  ostacolo  a  tale  divisamenlo.  poiché  egli  pure  vi  riconosce  una 
cerimonia  funebre  .  qualora  riflettasi  che  tal  cerimonia  eseguita  da 
l'-lelli'a  per  onorar  1  estinto  genitore  le  da  motivo  di  riconoscere 
il   fratello   venuto  a  quel  sepolcio  per  l'oggetto  medesimo. 

fi  Millin  che  pubblicò  questa  pittura,  ci  rammenta  che  appartenne 
,1(1   un    Naso  spettante  ali  Imperatiice  Giuseppina.  '. 

T  A  ^  OLA    CLVIJ. 

A  spiegare  il  soggetto  di  ({uesla  pittura  non  saprei  sodisfar 
meglio  r  osservatore  che  importando  quasi  per  intiero  quanto  si 
legge  nell  opera  eruditissima  intitolata  Monumens  inedits  d'  cinti  qui - 
té  figure  e  giTcqae,  étrusque  et  fornai  ?ie ''. 

"Il  figlio  d  Agamennone  compiva  il  suo  ventesim'anno  ^.  quando 
per  comando  de'  numi  restituissi  alla  patria  per  oggetto,  col  vendicar 
la  morte  del  padre  .  di  tornare  in  possesso  d'  una  eredità  che  poi  si  tra- 
.nlbrmo  in  delitti,  e  sciagure.  La  sua  prima  cura  per  comando  dei 
Numi,  giungendo  in  Argo, doveva  esser  quella  di  onorar  la  memoria  del 
padre  con  religioso  cidto,  sulla  di  lui  medesima  tomba.  Egli  taglia  i  pro- 
pi  i  capelli  .  gÌM  consacrali  ad  Inaco .  e  poi  lasciati  crescere  per 
Mileiiipiie  (jiiesto  jiio  ma  tristo  dovere  .  dipoi  sparge  sul  sepolcro 
fiiiiebri  lilja/.ioni  ;  e  dopo  avere  incominciato  iufpiesta  guisa  l'espia- 
zione del  dehtlo  ,  ne  concerta  con  l'ilade  la  vendetta.  In  questa 
guisK  espone   Sofocle  la  condotta  d'Oreste  al  suo  ritorno  in  Argo  i, 


1  Millinlcii.    toni.  II. p.  y4»  "o'-  '•  3   Euripid.    Iphigfii.   in   Aulid.   6>i 

2  linoni  l\of  lirilc   L'it   l^retniire  par-  612. 

tie   Cvcle    lit-roupie,    pag     i56,  pi.  4   Sopliocl.    Kiecl.    3o  si|. 
X  \  X 1     A . 


TAV.     CLVII.  7;» 

ed  in  qiiesl  ultima  situazione  cel  mostra  il  liei  vaso  greco  della 
fabbrica  d  Alene  .  uno  de  più  notabili  che  esistinodi  tal  manifattura 
SI  preziosa  e  si  rara  ». 

«  Questo  vaso  a  figure  rosse  sul  fondo  bianco  (  prosegue  in  nota 
l'autore)  come  son  la  piti  gran  parte  dei  vasi  propriamente  Ateniesi. 
fa  parte  della  collezione  del  sig.  conte  di  Pourtalès-Gorgier  a  Pa- 
rigi. E  stato  già  pubblicato  da  M.  Maisonneuve  '.  »  Tornando  al  te- 
sto così  vi  si  legge.  «  Oreste  è  seduto  sulla  base  quadrata  che 
sostiene  una  stele  ionica,  su  cui  vedesi  un  largo  ramo  di  palma  .  in 
una  guisa  presso  che  simile  all'  altro  vaso  dov'  è  dipinta  pa- 
rimente la  tomba  di  Agamennone  '.  »  Ma  in  nota  si  trova  que- 
sta importante  osservazione.  «  N  '  è  nel  disegno  di  questo  vaso 
qualche  imperfezione  che  scuopre  non  esser  una  pittura  terminata: 
di  modo  che  se  ne  rende  assai  dillicile  la  spiegazione.  La  figura  as- 
sisa mostrando  una  femminile  protuberanza  del  petto  ,  a  que- 
sto segno  ,  come  anche  a  dei  leggieri  tratti  della  veste  che  sembra 
femminile .  potrebb'  essere  riconosciuta  piuttosto  per  una  donna  ,  e 
particolarmente  per  Elettra  ,  in  vece  del  fratello  Oreste ,  se  il 
delineamento  di  questa  figura  poteva  esser  considerata  come  defi- 
nitivamente terminata,  e  se  P  indicazione  del  petaso  attaccato  die- 
tro la   testa  non  fosse  un  attributo  del  tutto  pioprio  d  Oreste  ^  ». 

Senza  dunque  proseguir  la  nota  del  prelodato  scrittore,  mi  fermo 
ad  esaminare  coll'osservatore  il  contorno  di  questa  pittura,  e  vi  trovo  , 
che  non  solamente  la  figura  sedente  al  sepolcro  d'  Agamennone  si 
per  la  protuberanza  del  petto,  e  si  per  la  veste  portata  lino  ai  piedi. 
può  considerarsi  una  donna  .  ma  inclusive  muover  potremo  dillicolti 
sul  credulo  petaso  che  1'  illustratore  e  non  gi'i  noi  vediamo  sulle 
spalle  della  medesima  figura.  I  capelli  è  vero  non  sono  di  quell'ac- 
conciatura che  si  convengono  ad  ornata  fanciulla,  ma  se  torniamo 
qualche  pagina  indietro,  troveremo  già  convenuto  che  Elettra  avesse 

1    Inlrodut.   a    1'  etud   des   vases,   pi.  3    UmouI  Rocliette    cit.     pi.   xxxi.    A. 

XXX.  pag.    i56. 

a    Ved     tav     cxL 


j8  DEI     VASI    FITTILI 

i  capelli  tagliati ,  coni'  era  costume  di  usare  in  simili  circostanze  «li 
lutto  dui  più  prossimi  parenti  del  morto  '.  Questa  osservazione  ci 
guida  ad  un'  altra  non  meno  importante  notizia  ,  che  si  trae  dal 
ravvisare  nella  tav.  CXXXN  li  la  ligura  medesima  presa  in  esame  in 
questa  pittura  :  sono  ambedue  sedenti  sulla  base  che  sostiene  la 
colonna  della  tomba:  entrambe  hanno  lunga  femminil  veste,  ancorché 
lor  si  vedano  corti  i  capelli,  ed  inclusive  in  ambedue  si  vede  l'atto 
medesimo  di  tenere  il  ginocchio  elevato  e  serrato  colle  mani  signi- 
ficativo di  dolore  ''.  come  eruditamente  ha  provato  lo  stesso  esposi- 
tore ;  i  loro  capelli  son  corti  ,  ed  il  petto  è  in  ambedue  rilevato 
come  alle  femmine  si  conviene.  Che  la  figura  sedente  or  descritta  e 
rappresentata  alla  tav.  CXXWII  sia  Elettra  non  si  potrà  porre  in 
dubbio,  attesoché  presso  di  lei  si  legge  il  suo  nome  eaektpa  ;  come 
dunque  la  figura  di  questa  presente  tavola  ch^  é  similissima  a  quella 
si  potrà  neppur  sospettare  che  sia  ritratto  di  Oreste?  In  conseguen- 
za di  tale  osservazione  diremo  altresì  che  la  figura  petasata  ciie  gli 
sta  davanti  non  sia  Pilade,  come  suggerisce  il  eh.  Raoul -Rochette . 
ma  bensì  Oreste,  mentre  nella  pittura  della  tav.  CXXXVII  quell'eroe 
col  suo  nome  OPESTHS  é  nella  situazione  medesima  che  qui  lo  vediamo. 
Il  cappello  viatorio  conviene  ottimamente  ali  occultato  figlio  di  Aga- 
mennone come  fintosi  uno  straniero  venuto  a  recar  la  novella  che  Ore  - 
ste  era  morto  5.  L'altra  donna  ch^  è  a  sinistra  del  riguardante  è  in- 
terpetrata  per  Crisiotemi  come  la  siniil  figura  spiegasi  nella  tavo- 
la CXXXVII. 

TAVOLA   CLVIII. 

La  pittura  della  qui  incisa  tavola  C>LVIII  é  stata  da  me  già  pub- 
blicata nel!  Opera  intitolata  Etrusco  Museo  Chiusino  ^;  ma  si  per  l'im- 
portanza dei  paragoni  che  posson  farsi  con  essa  alla  mano .  e  si  per 


1  Ved.   p.ig.   60,  toni.   11.  3   \eà.   la  spieg.   della    tnv.    cLi. 

2  Raoul  Rochette  cil.   pag.  iSy.  4  l'*^    cxcviti. 


TAVOLA    CLVIII  79 

alcuni  sbagli  che  nel  Iruscriveie  la  spit'gaz,ione  corsero  trascurala- 
niente  in  quell  Opera  ,  cosi  credo  bene  di  riprodurla  qui  con  le 
necessarie  correzioni  ,  e  con  certe  avvertenze  che  non  inieian  per- 
messe in  queir  opera  ,  ove  fu  raccomandala  tutta  la  possibile  con- 
cisione. Qui  si  tratta  per  tanto  di  una  lazza  dipinta  al  difuori  e 
dentro,  e  poiché  tali  pitture  aver  sogliono  qualche  analogia  di  rap- 
presentanza fra  loro,  quando  sono  in  uno  stesso  vaso .  cosi  1'  una  di 
esse  pitture  potrà,  se  attamente  spiegata,  recar  lume  alla  spiega- 
zione dell'  altia. 

Noi  potremo  primieramente  considerar  la  colonna  come  una  slelf 
di  sepolcro  .  perchè  ormai  per  tali  reputammo  le  altre  colonne  da 
noi  vedute  alle  antecedenti  tavole  XXI,  XXD,  LUI,  CXXX^  II,  C\L, 
CXLI ,  CXLII  ,  GLI ,  CLin ,  CLIV  ,  CLV  CLM  ,  e  CLVD  ,  né 
senza  esempio  dir  la  potremo  tomba  di  Agamennone,  giacché 
simili  monumenti  alle  tav.  CXXXN  II  e  CXL  portano  scritto  il  no- 
me AfAMENiìN.  Per  la  slessa  ragione  diremo  Elettra  la  donna  se- 
dente ,  eh'  è  accanto  alla  colonna  con  un  di  que'  vasi  unguentari 
detti  alabastri  che  usavansi  ad  onorar  con  profumi  le  tombe  de- 
gli estinti  qualificali  '  .  La  donna  medesima  sedente  presso  la  tom- 
ba d'  Agamennone  si  ritrova  moltissime  volte  nei  monumenti  dipinti, 
aquila  vediamo  alle  tavole  CXXXVIl ,  CXXXIX .  GLI,  GLIII , 
CLIV,  e (XVII,  e  poiché  una  di  esse  ha  seco  il  nome  eacktpa  2  ^ 
cosi  non  potremo  dubitare  delle  altre  che  si  vedono  introdotte  nel 
soggetto  medesimo.  L  uomo  eh  è  dalla  banda  opposta  della  colonna 
è  altresi  decisivamente  riconoscibile  dopo  1  esame  già  portato  sulle 
tavole  antecedenti  che  rappi-esenlano  i  due  fratelli  Elettra  ed  Ore- 
ste presso  al  sepolcro  del  padre.  E  siccome  un  di  questi  eh'  é  alla 
già  notata  GXXXMI  tavola  ha  presso  di  se  scritto  il  nome  oi'Eìthe, 
cosi  rendesi  del  tutto  inutile  ogni  dubbio  che  muover  si  volesse 
circa  la  vera  significazione  di  questo  giovane.  Ma  qui  trovo  espressa 
una  circostanza  che  mancando  nelle  altre  pitture  già  esposte  .  rende  la 

1    Aaacreon.   od.    iv.        ••■:    m     i     '  2    N  eJ.  In   t.iv     rxxxvii.     •ìJ'j'ji!.''    n'i 


8o  DEI    VASI    FITTILI 

presente  più  interessante.  Questa  è  la  simulazione  colla  quale  Ore- 
ste, secondo  Sofocle  '  ,  si  presenta  alla  sorella  nascondemlo  il  pro- 
prio nome ,  e  tìngendosi  uno  straniero  espressamente  portatosi  a 
Sparta  per  arrecarvi  la  nuova  della  morte  d'Oreste.  Bello  è  dun- 
que il  vedere  che  il  pittore  non  potendo  con  parole  menifestare 
r  arte  d'  Oreste  di  celarsi  alla  sorella ,  mostra  un  tale  inganno  col- 
1  azione  in  lui  di  nascondere  il  viso  col  manto  ,  per  non  esser  rico- 
nosciuto ^  .  L^  uomo  dietro  di  lei  con  barba  al  mento,  e  con  ba- 
stone in  mano  ,  mostrando  avanzata  età,  si  può  credere  Strofio  il 
vecchio  e  fedel  aio  di  Oreste  che  nella  tragedia  dell' Elettra  di  Sofo- 
cle   si  fa  conoscere  a  lei'  per  opera  d'  Oreste. 

TAVOLA    CLIX. 

Nell'altra  parte  della  tazza  ch^  esaminammo  nella  tavola  ante- 
cedente ,  v'  è  pur  dipinto  a  mio  parere  Oreste  ed  Elettra  in  collo- 
quio scambievole  ,  e  le  due  croci  ,  se  mal  non  mi  appongo  ,  sono 
indizio  di  due  finestre ,  onde  mostrare  che  la  scena  succede  in 
luogo  murato,  vale  a  dire  nell'  interno  d  una  casa  ;  e  forse  voUesi 
dal  pittore  dipinger  qui  la  scena  dell'  Elettra  di  Sofocle  ,  ove  si 
legge  eh'  ella  unitamente  col  fratello  Oi'este  ,  dopo  uccisa  la 
madre  Clitemnestra,  concertarono  col  vecchio  Strofio  il  miglior  mo- 
do da  tenersi  per  sorprender  Egisto,  stando  essi  già  nella  reggia 
ad  attenderlo  e  sempre  nascosti  ,  sotto  le  mentite  spoglie  di 
messaggi  di  Strofio  venuti  a  portar  la  nuova  della  morte  di  Oreste. 
Noi  troviamo  qui  due  volte  rappresentato  Oreste  sotto  le 
finte  spoglie  di  un  volgare  viandante,  con  bastoncello  in  mano  ed 
in  ruvidi  panni  avvolto  ,  come  lo  descrive  Eschilo    nelle  Coefore. 


I    In  Electr.  ad  i,  se.  in,  et   v.  2   Vfd.   la    lav.    cxLtii  e   sua    spieg. 


r.i 


■  TA\  UL  A  CLX. 

La  ta/./,a  di  l'ondo  nero  con  lii^iiie  tinte  in  i^iallastro.  \r  cui  e- 
sterioii  pareti  fra  i  manichi  lian  le  pitture  che  vedemmo  nelle  ante- 
cedenti due  tavole,  mostra  nell'  interno  soltanto  un  circolo,  in  n)e/- 
zo  al  quale  è  la  figura  qui  copiata  di  un  uomo  sedente  privo  in 
tutto  di  caratteristiche  ,   onde    poterne    ravvisare    la  signilicazione. 

L'  esser  nudo  dai  lombi  in  su  .  e  coperto  di  gran  pallio  nel  re- 
stante della  persona  in  basso,  dimostra  essere  un  nume  o  lui  eroe. 
Che  se  peraltro  trar  ne  dovessimo  argomento  di  cognizione  flal 
veder  quest'uomo  dipinto  in  una  tazza .  dov^  è  rappresentato  alcuno 
dei  fatti  d  Oreste ,  certo  che  lo  potremmo  dire  o  costui  die  ha 
recuperata  la  sede  paterna,  dopo  la  morte  d  Egisto  .  oppure  lo 
stesso  Egisto  s\  caro  a  Giove .  come  si  legge  nel  primo  libro  dell  O- 
dissea  ,  ossivvero  Agamennone  vendicato  dal  liglio  ,  mentre  un  dio 
non  potrebbesi  dire  pel  ruvido  bastone  che  ha  in  mano. 

Qui  dunque  han  termine  le  mie  riflessioni  sul  significato  della 
pittura  di  questa  tazza.  Il  monumento  essendo  stato  trovato  a  Chiu- 
si, mi  dà  occasione  di  riflettere  anche  sull'  arte  colla  quale  e  ese- 
guito. Io  credo  che  in  quel  paese  (in  da'  tempi  antichissimi  si  fa- 
cessero de'  vasi  di  terra  nera  ,  i  quali  non  essendo  suscettibili  di 
esser  dipinti,  fossero  ornati  con  bassirilievi  d'ogni  specie;  e  di  que- 
sti si  vedono  le  ligure  sì  nelle  mie  opere  de  Monumenti  etruschi  '. 
che  in  quella  intitolata  Etrusco  Museo  Chiusino '.  e  nelle  Lettere  d'e- 
trusca  erudizione  ^.  Diffuso  in  seguito  dai  Greci  1  uso  per  tutra 
Italia  di  porre  nei  sepolcri  i  vasi  dipinti  .  anche  la  ricca  Chiusi 
ebbe  i  suoi .  eh  io  credo  fabbricati  come  altrove  dai  Greci  stessi  , 
portatisi  là,  come  in  altri  Inogi  d  Italia,  per  esercitarvi  la  lor  professione; 
diche   abbiamo  pro\esi  nello  stile  ,  e    si  nelle  epigrafiche  si  tiovano 


I   Ser.  vt,  lav.  G5.  3  Tavv    x,  xi. 

a  Tavv.  VII,  xii- 

ras.  T.  ir. 


iJi  DEI    VASI    FITTILI 

in  simili  vasi  pure  scavati  a  Chiusi  '.   Ma  poiché  anche  quella  cittì 
ebbe  artisti,  come  rilevasi   dagli  abbondami  monumenti  d' aite  <l'ogni 
maniera   trovati  nei  di    lei    contorni   ^.  da  ciò  apparisce  che  pi  est  o 
applicai-onsi  essi  medesimi  a  far  vasi  di  argilla  e  dipingerli  sul  sistema  usa- 
to dai  Greci.  Noi  abbiamo  duncpie  a  parer  mio  tre  qualità  di  vasi  httdi  se- 
polcrali: in  primo  luogo  etruschi  di  terra  nera,  e  pur  tinti  esteriormente 
di  color  nero  con  bassi  rilievi,  come  si  trovano  frequentemente  a  Chiusi: 
secondariamente  greci  dipinti,  eh  io  credo  fatti  dai  Greci  stessi,  come 
lo  mostrano    1'  epigrafi  che   vi  s' incontrano    sempre  greche    né  mai 
etrusche   '' ,   e   come  si  deduce   altresì  da  certe  maniere  di  compor- 
re che  si   manifestano  di  una  medesima  scuola.    Per    esempio  i   sog- 
getti ora  scorsi  di  Oreste  in  colloquio  con   Elettra  .    ove   quest'  ul- 
tima specialmente,  quando  è  sedente  a  pie  della  tomba  del  padre  , 
mostrasi   costantemente  nella  positura  medesima,  non   che   nel  me- 
desimo costume  .  e  dipinta   con  eguale  stile  :  cosi  nudo  sempre  1  O- 
leste  .   tranne  la  clamide  :    similitudini    che   trovate  in  vasi  di   paesi 
diversi    non    potrebbero   combinarsi  .    meno  eh    emanando   tutte  da 
una  medesima    scuola,    e    forse   da   potersi  dire  ateniese,  mentre  il 
vaso  proveniente  da  Atene  eh   io  riportai  alla  tav.  CLVII  è  dipinto 
con   uno  stile  e  con    figure    appena  dissimili  da  quello  della  tavola 
CXXXVII.  che  sicuramente  proviene  dagli  scavi  d  Italia,  poiché  ne 
è   in  possesso   il   museo    R.  Borbonico    di   Napoli.    Se  Elettra   stando 
presso  il   sepolcro  del  padre  la  riguardiamo    costantemente  oppressa 
dal  dolore,  ne   argomenteremo,  come   ottimamente  rileva  il   chiaris- 
simo Raoul -Kochet te  4,  che  1'  atto  uniforme  nelle  due  Elettre  delle 
tavole  C\X\^  II,  e  CL^  II  sia  spettante  in  modo   speciale  alla  mimica 
"reca,  come  l'altro  della  stessa  Elettra   ripetuto  nelle  tavole  CXXXIX, 
CXLIIl  .  CLI ,  CLIII  e  CLIV  ,  sia   comune  nella  mimica   della   Grecia 
propria,  comedi    tutta  l'Italia  ove  fu  anche  la  Magna -Giaccia. 

la  ultimo  io  noto    que^  vasi  che  credo    essere  stati  dipinti  dagli 

I    V(h1.   lieUeie  di   elrusca  erudizio-  3   Vpd     toui.   i,   tav.   lxxvii,  e  ^fuseo 

ne,  tavole  cit.  Chusino   tavv.  xxxv,  xivii. 

a  Ved.  Mus    Chiusino  cit-  4  ^  ed    la   nota   2   della   pag.   78. 


TAvv.  ci.\   i:   cLxi.  b3 

artish  della  stessa  Chiusi  .  dei  <jiial  j^enere  appunto  è  la  tazza  di 
tfuesle  lie  ultime  tavole.  (Jui  non  ostante  che  il  soggetto  sia  il 
medesimo  degli  antecedenti  .  pni-e  la  maniera  d'  esprimerlo  e  al- 
fatto  diversa  da  quelli  ci)  io  tengo  per  greci.  Lo  stile  della  pittura 
manifestasi  di  un  genere  tozzo  ,  trascurato  ed  inelegante .  come  se 
spettasse  alla  decadenza  dell'  arie  .  e  più  analogo  assai  allo  stile 
usalo  dagli  scultori  nelle  urne  cinerarie  trovate  nei  contorni  di 
Chiusi ,  che  ai  vasi  chiusini  con  greci  caratteri  ,  come  io  mostro 
neil'  opera  presente  ' . 

TAVOLA    CLXL 

Qui  mi  trovo  costretto  a  ripetere  una  pittura,  della  quale  ho  già 
Jato  un  saggio  in  più  ])iccola  dimensione  dell  originale  .  allorché 
pubblicai  le  antiche  opere  <!'  arte  rappresentanti  dei  soggetti  ome- 
rici ^.  Ma  la  bievità  colla  quale  doveansi  trattar  que' soggetti  nello 
spiegarli  ^  non  mi  permetteva  di  molto  diifondermi  in  ogni  partico- 
larità di  quelle  opere.  Ora  tlunf[ue  solTrendolo  il  campo  di  <juesta 
opera  assai  più  amplio,  riepilogherò  in  succinto  quanto  dissi  a  quel 
proposito,  per  intelligenza  del  soggetto  dipintovi,  e  vi  aggiungerò 
quanto  altri  vi  ha  scritto  di  poi  relativamente  a  certi  atti  di  anti- 
ca mimica ,  i  quali  confermeranno  in  parte  quel  che  ho  detto  di 
sopra.  " 

Allorché  il  Millin  pubblicò  questa  pittura  che  si  trova  in  un 
vaso  ora  esistente  nel  museo  Brittanico  ,  vi  aggiunse  nella  illustra- 
zione il  sospetto  che  vi  si  rappresentasse  per  soggetto  Giunone  e 
Minerva  ,  le  quali  vengono  a  rianimare  il  coraggio  dei  Greci  ^.  Gli 
sembrò  per  tanto  ravvisarvi  la  Dea  della  guerra  in  atto  di  parlare 
con  veemenza  ai  due  capi  dell'esercito  greco.  Agamennone  e  Menelao. 
Hiflelteva   peraltro  quel  celebre  interpetre  dell'antichità  figurata,  che 

I  Ve  la  tav.  i.xxvii,  del  tom.  i.  3  Ivi   pag.    i48. 

a  Galleria  omerica    tom.    i,    tavola  4   Oraer.  Iliade,   lib.   v,  v,  ^85. 

LXXVl 


84  DEI     VASI    FITTILI 

dianone  ,  secondo  Omeio  '  prese  la  forma  di  Stenlore  dalla  voce 
di  bronzo,  il  quale  vociferava  quanto  altri  cinquanta  guerrieii  uniti 
insieme  ,  ed  i  Greci  allora  combattevano  ,  e  non  sedevano  a  consi- 
glio come  qui  son  figurati.  Ma  se  pensiamo  che  molti  oggetti  di 
ijnella  mia  collezione  omerica  indubitabilmente  rappresentativi  del- 
1  Iliade  ,  pure  non  si  trovano  in  lutto  perfettamente  coerenti  alla 
maniera  colla  quale  vengono  dal  poeta  descritti  ,  sarà  sempre  più 
giustificato  il  sospetto  che  ancor  cpii  si  rappresenti  T  indicato  sog- 
getto omerico  ,  se  ben  siavi  tra  la  pittura  e  la  poesia  ([ualche  va- 
rietà. Mercurio  per  via  d'esempio  ch'io  giudico  quell'uomo  pileato. 
e  calceato ,  il  quale  sta  di  fronte  alla  donna  che  ancor  io  reputo 
Giunone  ,  può  essere  stato  posto  dall'  artista  unicamente  ad  ogget- 
to di  render  simeti'ica  la  composizione  ,  coni  era  consuetudine  dei 
|)iu  antichi  artisti  de  vasi  dipinti,  cosi  lo  stesso  poeta  aggiunge  agli 
eroi  del  stio  poema  alcuni  epiteli  che  servon  soltanto  a  render  più 
goatia  la  composizione  poetica.  J'iù  verosimilmente  per  altro  si  può 
dire  che  1'  uomo  pileato  sia  un  araldo  de  due  capitani  sedenti  a 
consiglio ,  come  vedemmo  in  altre  rappresentanze  dell'  arte  antica 
in   quella  medesima  collezione  adunate  ^. 

II  eh.  sig.  Canonico  De  Iorio  ,  che  in  un  suo  eruditissimo  libro  prese 
per  argomento  ,  e  trattò  con  profondità  di  sapere  la  mimica  degli 
antichi  ec.  ,  parvegli  ravvisare  in  qiiest  antica  pittura  un  idoneo 
soggetto  per  applicarvi  alcuni  casi  circa  le  dimostrazioni  della  pre- 
(iiHla  inimica  degli  antichi.  Egli  vuole,  prima  che  altra  cosa,  cercarvi 
il  protagonista  del  soggetto  del  quadro  ,  e  ve  lo  ravvisa  in  Mi- 
nerva che  signoreggia  nel  mezzo.  Che  il  soggetto  della  riunio- 
ne sia  un  consiglio  ,  ei  lo  ricava  dalla  stessa  disposizione  delle 
ligure.  Che  poi  vi  si  tratti  d'  alfari  guerrieri  lo  desiune  dalle  ar- 
mature degli  eroi  .  e  della  stessa  Minerva  ,  che  animosamente  bran- 
disce l'asta.  Pervenuto  eglia  tal  cognizione,  cerca  per  opera  della 
mimica    bene    studiata  di  giungere  a  dimostrare  che  vi  si   tratta  di 

I   Oiuei'.    Iliad-   lib.    V.   V.    78S.  2    Galleria  omerica    l;iv.    \x. 


TAV.     CLXI.  85 

una  disparità  di  sentimenti   fra  1'  ala  destra  e  la    sinistra  di  Minerva 
per  le  semienti  raj^ioni. 

«  Volendosi  penetrar  T  idea  dell' antico  artista,  sugli  atteggia- 
menti espressi  in  qualche  suo  gruppo  .  bisogna  .  egli  dice  ,  dar 
principio  tl.dr  esaminare  quali  atteggiamenti  abhia  dati  al  protago- 
nista del  quadro  ,  o  alia  |)ersona  che  ne  forma  la  pimcipale  rigiira. 
Nel  presente  quadro  Minerva  si  vede  in  una  njossa  animatissiina  . 
nel  volger  gli  sguardi  alla  sua  destra  ,  distendendo  ed  al/.ando  il 
braccio  sinistro  con  la  mano  «li  taglio,  e  verso  lo  stesso  lato:  iia 
le  gambe  in  atto  d'  incamminarsi  alla  medesima  volta  ,  che  addila 
con  la  sinistra;  e  la  slessa  lancia  che  brandisce  segue  la  medesima 
direzione.  Il  complesso  di  questi  atteggiamenti  dimostrano  che  la 
Dea  rivolta  a  quelli  che  le  sono  alla  destra  loro  addita  la  necessità 
di  accorrere,  e  con  prontezza,  verso  la  sinistra,  e  vi  s'incammina 
per  dar  loro  1  esempio  della  sollecitudine  colla  quale  bisogna  se- 
guirla. ^  ediamo  ,  egli  prosegue,  quale  ris[!Osta  le  si  dà  da  costoro, 
ai  quali  essa  dirige  questo  mimico  discorso  «. 

«  Il  vecchio  seduto  alla  sua  dritta  ha  la  destra  rovesciata,  ed 
un  poco  sospesa  al  suo  ginocchio.  Questo  atteggiamento  può  coti- 
siderarsi  in  due  aspetti,  o  col  moto,  o  senza,  che  in  questo  se- 
condo caso  può  dinotare  la  sorpresa.  Nella  prima  ipotesi  la  mano 
far  potrebbe  due  movimenti  ,  o  di  alzarsi  o  di  abbassarsi  da  su  in 
giù,  in  significato  o  di  andar  dolcemente,  oppure  di  minaccia.  Po- 
trebbe anche  fare  quel  movimento  che  direbbesi  barcollare  ,  in 
senso  di  dichiarar  dubbia  una  proposizione  qualunque,  ossia  non  fa- 
cile ,  né  sicura  a  decidersi   ». 

«  La  donna  in  piedi  dal  medesimo  lato  del  gii  descritto  vecchio, 
si  vede  anche  in  una  posizione  ferma  e  tranquilla  come  il  prece- 
dente .  meno  che  distende  il  braccio  con  la  sinistra  verticale,  e  di- 
retta a  Minerva.  Anche  questo  atteggiamento  ha  potuto  essere  sta- 
to eseguito  dall'  antico  pittore,  o  con  idea  che  il  braccio  rimanesse 
fermo,  cioè  che  dicesse  alla  dea  attendete,  fermatevi .  oppure  che  la 
donna  movesse  la  sua  palma  da  su  in  giù,  e  quindi  dicesse  a  Minerva 


DEI     VASI    FITTILI 


amiate  dolcemente.  È  vero  clie  quest  ultiiiio  geslo  poirebhe  anclie  di- 
notare la  minaccia,  ma  come  sembra  pi'oliabile  che  il  gesto  sia  direlto  a 
Minerva  .  e  non  già  all'  altra  figura  in  piedi  che  1  è  diiimpetlo  . 
sarebbe  in  questo  caso  una  incoerenza  il  parlare  di  minaccia.  Oltre 
a  che  la  posizione  tranquilla  delle  gambe  e  del  braccio  destro  della 
stessa  figura  escludono  1    idea  di  violenta  posizione  e  quindi  di  un 


animo  agitato   ». 


«  Queste  due  figure  essendo  in  posizioni  piuttosto  tranquille . 
par  che  dicano  ;  si  attenda  :  si  vada  dolcemente:  V  affare  è  dubbio. 
Passando  alle  due  figure  componenti  1'  ala  sinistra  della  dea,  si  vede 
che  il  guerriero  sedente  ha  la  sinistra  piatta  e  portala  non  poco  in 
su.  Una  tal  posizione  supponendola  ferma  dinoterebbe  il  chiedere 
qualche  cosa:  domanderebbe  cioè  all'altro  vecchio  le  ragioni  per  le 
quali  egli  vorrebbe  temporeggiare.  Ma  nell'ipotesi  che  l'artista  aves- 
se avuto  in  pensiero  di  rappresentare  la  palma  piatta  moventesi  da 
su  in  giù  ,  come  ci  sembra  probabile  ,  atteso  il  complesso  della 
rappresentanza  ,  allora  dinoterebbe  1'  aggiunto  molto  :  disapprove- 
rebbe ,  cioè  ,  molto  i  detti   de'  suoi  contradittori  ». 

«  Il  braccio  destro  è  la  mano  di  taglio  dell'  altra  figura  eh  e  in 
piedi  ,  attesta  la  vivacità  dell  intiero  movimento  del  suo  corpo  . 
indica  la  disapprovazione  di  ciò  che  ascolta  ,  e  senza  alcun  dubbio 
è  un  rimprovero  eh  ei  fa  ai  suoi  commilitoni.  Una  tale  idea  vien  con- 
fermata dal  complesso  dei  gesti  ,  che  formano  come  il  contesto 
del  presente  atteggiamento  ,  non  che  della  posizione  animata  dalle 
altre   membra  di  questa  stessa  figura  ». 

«  Dunque  il  tutto  insieme  de  sopraddetti  atteggiamenti  ci  dimostra, 
che  Minerva  propone  qualche  grande  operazione  ad  intraprender- 
si, e  sollecitamente  eseguirsi.  La  sua  ala  destra  non  vi  consente  ,  e 
i)rogelta  almeno  di  prender  tempo,  o  di  sospendere  l'intrapresa.  L'ala 
sinistra  ali  opposto  dice  il  contrario  .  e  con  animosità  e  calore  ;  os- 
sia aderisce  essa  perfettamente  alla  proposta  della  Dea.  Ciò  rilevasi 
dal  gestire  della  sua  sinistra  .  la  quale  allro  non  fa  che  imitare  l'at- 
teggia'.nenlo    della  Minerva    protagonista   del  f[uadro  ;    e    ciò    si     os- 


TAVV.     CLXI    E    CLXII.  87 

serva  parlicolaimente  nell'  animata  mossa  della  figura  in  piedi,  leste 
descritta,  o  che  potrebbe  chiamarsi  una  leplica  di  ([uella  della  sles- 
sa Minerva  '  ». 

r  A  \  O  L  A   CLXII. 

Si  pili)    dichiarare  non    giusta    la  interpelrazione  che  fu  data  a 
questa  pittura  ^,  perché  in  essa  non  fa  di  Trittolemo  un  cenno  se 
non    che  per  puro  azzardo  ,  mentre  quest'   eroe  a  mio  parere  è  il 
princi[)al  soggetto  della  rappresentanza.  Subitochè  l'osservatore  tor- 
na indietro  ad  esaminar  le  la vv.  VII ,  N  111,  XI,  XV,  XXV,  XXXV,  XXXV], 
e  specialmente  le  due   tavole  VII,  e  XXXV,  ove  la    figura    seden- 
te porta  sulla   testa  1'  epigrafe  greca  del  nome  Trittolemo,  non  v'è 
più  dubbio  che  ancor  qui    non    trovi  la   medesima   rappresentanza , 
come   in  caso    uguale    dissi    alla    pag.   aO  del  primo  tomo  di    que- 
st'Opera.   Forse  la  presenza  del   tripode  somministrò  al  primo  espo- 
sitore di   questa  pittura   il  motivo  di   crederla    riferibile  ad  Apollo, 
ma  la  certezza  che  il  personaggio  sedente  sia  Trittolemo  può  ccmdur- 
ci  al  sospetto,  che  quel  tripode  come  indizio  di  vaticino    spetti  al- 
l'eroe diletto  a  Cerere,  precettore  di  agricoltura  e  del    corso  delle 
stelle  nei    periodi  dellanno,  nel  nesso  che   hanno  i  segni    del    cielo 
colle  rivoluzioni  della  terra  ,  nell  influsso  delle   meteore,  nella  vita 
dei  vegetabili  e  degli  animali.  Il  dottissimo  Creuzer  ci  rammenta  per 
tanto  che  v'  era  un  antica  e  generale  credenza  nei  popoli,  la  quale 
si  estende  in    tutte  le  fondazioni  degli   oracoli   che   la  virtù  dei   sa- 
pienti derivasse  dalle   forze  incognite  degli  elementi,  per  cui  tenevan- 
si  gli  uccelli   per  oggetti  capaci   di  predizione  dell'avvenire,    stando 
nell'aria  sublime,   cosi  sortiva  dalle  acque    marine  il  profeta  babi- 
lonico Oannes:  la  terra  stessa  era  da  principio  in  j)Ossesso  dell'  oracolo  di 
Delfo  .  e  cosi   dicasi    dell  etrusco  Tagete,  che   per  esser   figlio    della 
terra,  avea  riportalo  dal  di  lei  seno   il  dono  della  divinazione  o  pro- 

I   De  Iorio.    La   mìmica  degli  anli-  2   Filiurede'vasi  antichi  posseduti  dai 

chi  ec  lav  xvii,  p.   20  e  363  sg.  Cav.   Hamilton  lom.  iv,  tav- viu. 


ao  TAVOLA     CLXIII 

fezia  ,  e  intanto  insegnava,   coinè    Trittolenio  eil  altri    Dt^t   s.iliitai-i. 
1   agricoltura  '. 

TAVOLA  CLMII 

E  gran  tempo  ehe  il  puhhlico  vide  una  stampa  della  pittura  che 
qui  si  riporta  ,  mentre  puhblicolia  già  il  D  Hancarville  fra  le  anti- 
chità etrusche  greche  e  romane,  senza  peraltro  darne  veruna  intei- 
petrazione.  Io  vi  credo  ri[iortata  la  memoria  dell  onore  che  facevasi 
a  Cerere  nelle  sue  feste,  che  Tesmoforie  appellavansi  ^;  e  sappiamo  già 
essere  stata  opinione  degli  antichi  Pagani,  chePlutone  presso Lerna  rapis- 
se Proserpina,  la  quale  volendo  Cerere  sua  madre  i-intracciare  ,  ac- 
cese delle  faci  a  quel  fuoco,  il  quale  sboccava  dalla  cima  dell'  Etna, 
e  con  esse  alla  mano  percoriesse  la  terra  ■*.  Ad  onorare  un  tale  av- 
venimento si  dice  ancora  che  Trittolemo  costituisse  con  somma  ve- 
nerazione a  Cerere  le  feste  Eleusinie  .  ove  in  sostanza  mostravasi 
gratitudine  a  questa  Dea  per  le  leggi  o  regole^  e  per  1'  arte  di  col- 
tivar le  biade  recate  da  essa  agli  uomini.  Dicesi  però  in  una  forma 
più  storica  recataci  da  Erodoto  1  ,  che  questa  solennità  di  Cerere 
fosse  la  prima  volta  portata  dall'Egitto  in  Grecia,  e  certamente  dalle 
Danaidi ,  e  quindi  in  Argo,  dove  dicesi  eh  elleno  approdassero  col 
padre  Danao  ;  cosicché  però  ricuperato  dai  Dorii  il  Peloponneso  , 
questo  medesimo  rito  rimase  finalmente  presso  i  soli  Arcadi  '\  Questo 
piccolo  cenno,  con  quel  più  che  ho  detto  nell'  antecedente  spiegazione . 
non  men  che  nel  guardare  comparativamente  le  tavole  ove  ho  mo- 
strato Trittolemo  e  Cerere  ,  bastano  a  persuaderci  che  qui  si  vede 
il  soggetto  medesimo.  Che  gli  Arcadi  siano  stati  assai  tenaci  in  que- 
sto culto,  par  che  lo  ratifichino  i  frequenti  monumenti  fregiati  del 
mito  di   Trittolemo,  che  si  trovano  in  Italia,  dove  Pelasgo  ed  Evan- 

1   CrPuzPr  simbologia  e  Mitologia  dei  3   Cic.   in   Vf  rrem,   «v. 

popoli    antichi    lom.    mi,   p.    77  4    L,'l>-    "1    e    clxx- 

i   D.   Aiignstin.   De   civit.     Dei     lib.  5  Paciaudi,   de   umbellae  geslatione 

vii,cap.    \\.  coniiiieiitarius   cap.   iv,    p.    2.'{. 


TWOLP.    flAlil    Cl.MV.  i^i-) 

dio  conciassero  dair  ArcjKlia  delle  colonie.  Che  poi  questo  mito  de- 
rivasse d'Kgiiio,  se  ne  vede  in  queste  pitture  ancora  un  piccol  se- 
gno nel  trono  alato  di  Ti  iltoleino.  nella  cui  spalliera  par  che  sia  quel 
medesimo  scettro  che  lennina  in  una  lesta  d  uccello  da  Urapollo 
chiamato  Koucoupha  ,  il  (piale  è  comune  a  tutte  le  divinità  maschili 
del  Panteon  egiziano,  ed  era  il  simbolo  della  beneficenza  degli  Dei  '. 
Ogni  altra  cosa  che  saper  si  volesse  riguardo  a  questa  pittura 
si  potrà  rilevare  dalle  spiegazioni  delle  tavole  antecedenti  che  hanno 
questo  soggetto  medesimo,  e  che  notai  nella  spiegazione  (Itila  lavoL 
CIAU. 

T  A  \  O  L  A    CXXn  . 

Nel  produrre  al  pubblico  mediante  in  rame  quel  disegno  duna 
pittura  monocromata  che  (fui  riproduco,  il  suo  espositore  ^  praticale 
frasi  che  seguono. 

«  Antichissimo  è  l'uso  dei  trofei ,  ed  i  Greci  furono  soliti  d'  inal- 
zarli in  ogni  luogo  dove  eglino  avessero  acquistata  (gualche  vittoria. 
Un  tronco  d  albero  ,  specialmente  d  olivo  o  di  quercia  .  confitto 
in  terra  ,  cui  si  adattavano  le  spoglie  dei  vinti  nemici  ,  era  in  anti- 
chissimi tempi  il  monumento  più  augusto  che  i  popoli  riguardassero 
con  trasporto  di  gioia  ,  e  di  qui  ne  venne  ,  al  dire  dello  Scoliaste 
d'Aristofane^,  che  divenuti  i  trofei  segni  di  gloria,  anco  i  privati 
n'  ebber  dei  proprii  e  si  credette  in  progresso  di  pagare  un  debito  di 
doverosa  riconoscenza  a  quei  che  fosser  morti  in  battaglia  con  eri- 
ger loro ,  là  dove  eran  rimasti  uccisi,  sì  fatte  memorie  «. 

ce  Non  è  agevole    a  dirsi  a  chi  appartener  possa  il  trofeo  rappre- 
sentato in  chiesto  vaso  ,   tanto  più  che  frequentissime  sono  le   pit- 


1   Charapollion  le    Jeune  ,  Pantheon  posseduti  dal  Cav.  Hamilton  tom. 

egyptien  PI.   i.  iv.tav.  xxi. 

a  Tyschbein,  Pitture  di  vasi  antichi  3  in  Plut.  Act.  ii,  sceti.  4- 

p'as.   Tom  II.  1 2 


9^^ 


LIEI    VASI    FITTILI 


Iure  di  tal  sorte  nei^li   amichi  inonumemi  (ìgurali,  ne' quali  un' alala 
Vittoria  ha   tutta  1   azione  principale   »  cosi   il  Fontani  '. 

Questi  monumenti  \ittoriati  che  si  spesso  trovansi  nei  sepolcri, 
ieceio  e  fan  tutt'ora  credere  ad  alcuni  archeologi  che  siano  stati 
oggetti  di  premio  dati  ai  \iiicilori  dei  giuochi  puhl)lici.  ina  siccome 
un  eterno  riposo,  ed  un  viver  giocondo  negli  Elisi,  e  slato  conside- 
rato come  un  premio  a  chi  nei  contrasti  della  umana  vita  ne  ripor- 
tava in  fine  vittoria  virtuosamente  operando  ,  cosi  queste  frequenti 
vittorie,  espresse  nei  vasi  sepolcrali  ,  possono  alludere  all'indicato 
principio,  come  ad  esso  alludono  le  corone  e  vari  altri  segni  ago- 
nistici  mortuali  ^. 

TAVOLA    CLW. 

il  mio  parere  in  più  occasioni  manifestato,  che  i  vasi  dipinti  fossero 
usati  dagli  antichi  per  uu  puro  cerimoniale  intorno  ai  morti ,  dove 
costantemente  si  trovano  e  non  altrove ,  per  quanto  io  1  abbia 
esposto  con  ragioni  che  mi  parvero  convincenti  \  e  che  io  non  ripe- 
terò in  quest'  opera,  se  non  astretto  da  imperiosa  circostanza,  pure 
a  sodisfar  pienamente  chi  mi  onora  di  gettar  qualche  occhiata  su 
queste  mie  produzioni  ,  credo  di  non  doverlo  costringere  a  pre- 
ferire la  mia  qualunque  siasi  opinione,  col  sopprimere  quella  di 
altri  più  di  me  eruditi  in  queste  materie  ,  ancorché  siano  di  sen- 
timento contrario  al  mio  .  lasciando  poi  chi  legge  in  arbitrio  di 
preferire  fra  le  varie  ipotesi  la  più  convincente.  Odasi  dunque  il 
parere  del  eultissimo  non  iiien  che  accreditato  sig.  B.  Quaranta  in 
proposito  di  un  bel  vaso  dipinto  del  Museo  Borbonico  da  esso  il 
lustrato  i. 

c<   La  bacchica   religione,    egli   dice,    naia   tra    l   allegrezza  ed   il 


1    Piuure   di    vasi   cit.  iv,    loo.    187,  v,  Avveri-   vii,   ix, 

a  Eirusco  ÌNIiis.  Chiusino  tavv.  xx\i,  27. 

CX.X.111    e  cLxxMii  4   f^'   Mus.   Borbonico    fase.    3o,  voi. 

3  .Mouuiu    eir.   sur.  li,  p.3i8.  359,  ^"''  '^*-  '^^^'n- 


TW     cr  \v.  t)i 

vino,  ricevuta  con  piacere  da  popoli  e  piomossa  dall  interesse  del 
sacerdo7.io,  prestò  amplissimo  campo  agli  ailisti  da  sfoggiarvi  le  ric- 
chezze del  loro  ingegno.  I  vasi  soprattutto  consecrati  per  se  me- 
desimi al  nume  di  ìVisa  .  erano  scelli  ad  essere  oggetto  di  lappre- 
sentazioni  dionisiache,  e  per  la  poca  spesa  che  costavano,  e  j)e!'- 
chè  destinati  agli  usi  domestici.  j>iù  spesso  ricordavano  i  benefizi 
di  Lieo,  ed  erano  stimolo  all'ilarità.  Di  (pii  la  gran  copia  di  siflat- 
ti  monumenti,  massime  in  creta  colla  «.  Io  dunque  gradirei  sapere 
dal  prelodato  sig.  (Quaranta  in  qual  modo  i  vasi  dipinti  che  si  tro- 
vano unicamente  nei  sepolcri,  eran  poi  slimolo  ali  ilarità  ,  mentre  i 
sepolcri  non  spirano  che  tristezza  ?  Che  i  vasi  di  terra  cotta  (os- 
sero consacrati  soprattutto  al  nume  di  '^i'^a,  è  verità  già  da  n)e  piò 
volte  notata  ',  e  sulla  (piale  son  concorde  col  prelodato  Quaranta. 
Io  peraltro  vi  aggiungo  la  riflessione  taciuta  da  (piell'  archeologo. 
che  Bacco  in  mille  guise  mostrasi  nel  paganesimo,  in  cento  modi 
un  nume  solteraneo  il  dio  de  morti,  e  in  questo  aspetto  sembra  na- 
turale che  i  vasi  posti  dagli  antichi  nei  sepolcri  .  siano  in  gran 
parte  d'pinti  con  soggetti  bacchici.  Dsfatti  il  cultissinio  Lanzi  an- 
corché assai  meno  di  noi  ne  vedesse,  pur  dichinrò  che  di  cento  vasi 
che  tornano  a  luce,  novanta  almeno  spettano  a  Bacco  ^.  Ma  è  tem- 
po che  noi  passiamo  a  sentire  la  sjiiegazione  che  il  già  lodato  Qua- 
ranta dà  alle  figure  che  qui  sono  dipinte. 

«  Nel  vaso  che  delineato  si  vede  in  questa  tavola ,  egli  pro- 
segue ,  vi  è  dipinto  a  rosso  in  campo  nero  un  satiro  a  cavallo 
ad  una  pantera.  Egli  stringe  nella  destra  una  face  ,  e  nella  sinistra 
una  ferula  :  lo  piecede  una  Menade  col  tambuiino  .  lo  segue  un 
altro  satiro  ,  che  tiene  una  specie  di  secchia,  ed  un  ramo,  cui  è 
sospesa  una  benda.  La  lepre  che  corre  nel  campo  seminato  d'erbe 
e  di  fiori  .  se  non  è  messa  pei'  indicare  il  rumoroso  orgiasmo  ,  dal 
(Miale   fu   desta  ,  j)uò   esser  simbolo  della   fecondità   di   cui   Bacco  era 


1  Monum.   ftr.  ser.  v,    Avveri.  n,iv,  volg3rm<'nic     chiamati     Birii'irhi 

2  Laii/i    su    i    vasi     anliilii     dipinti  Dissert.   sfronda  5    I5    P    77- 


g'2  DEI    VAS[    FITTILI 

il  promotore.  Al  di  sopra  svolazza  il  solito  Genio  ermafiodito .  e 
veggonsi  due  teschi  di  capro  che  accennano  i  sacrifizi  fatti  a  Bac- 
co, ed  air  origine  della  tragedia  nata,  secondo  alcuni,  dal  canto 
che  accompagnava  il  sacrifizio  di  quell'  animale  ». 

"  La  scena  dipinta  nel  rovescio  del  vaso  presenta  un  satiro  che 
tiene  pure  la  ferula  ,  ed  inoltre  una  cassetta.  Lo  seguita  una  don- 
na che  porta  una  corona  ed  un  ramo  anche  adorno  di  bende.  A 
terra  osservasi  un  desco  destinato  a  contenere  le  olFerte  dionisiache. 
Tutte  le   figure  son  trattate  con   vivacità  e   franchezza  ". 

T  A  \  O  L  A     CLXVL 


(Questa  pittura,  che  a  parer  mio  non  e  suscettibile  di  una  evi- 
dente interpetrazione,  mancherebbe  certamente  nei  moderni  trattati 
della  nuova  scienza,  che  vi  s'  e  ap|)lioata  ,  in  cui  nuli'  altro  s^  ama 
di  trovarvi,  tranne  quel  eh' è  evidente,  o  condotto  a  plausibilissime 
congetture  che  si  accostino  al  vero  assai  da  vicino.  Pure  il  Millin 
che  il  primo  la  puliblico,  non  volle  defraudare  di  m  graziosa  conijo- 
sizione  chi  ama  di  vedere  questa  sorte  di  prodotti  dell'arte  antica, 
e  nettampoco  volle  che  i  più  fondati  nella  scienza  medesima  d'  in- 
terpellare (jueste  pitture,  o  i  più  di  lui  eruditi  per  pin  lungo  studio. 
o  pel  progresso  dell  arie  archeologica,  fosser  privali  della  cogni- 
zione <lf  rpiesta  pittura,  ove  esercitare^  il  loro  sapere.  Io  che  non  tro- 
vo progressi  assai  vistosi  in  ({ueslo  ramo  di  cognizioni  dal  Millin 
in  poi  ,  reputo  al  pari  di  lui  necessario  che  i  dotti  V  abl>ian  sot- 
t' occhio   tuttavia,    tinche  non   abbia  ricevuta  da  e.ssi    una   spiegazio- 


ne più  sodisfacente  di   quel    clie  ce  ne  lasciò   il  -Millin,  le  cui  parole 
a  questo  proposito   son    fpielie  che   io  trascrivo,  onde  si  misuri  tino 
a  qual  segno  era   gunila   ai  suoi   tempi    la   scienza  archeologica  lela 
tivainente   ai    vasi    dipinti 

«  Questa  pittura  che  un  tempo  appartenne  alla  Duchessa  di  Dalma- 
zia, par  che  abbia  rapporto  a  fjualche  ceremonia  magica,  la  (piale  lorj>e 
avea  liiono    nelle    inizia/ioni  ;   le  apertur(!  che    \ed()nsi    ai    due    lati 


TAV.     CLXM.  y^ 

estremi  della  composizione ,  mostrano  che  l'azione  saccede  in  luo- 
go rinchiuso.  Bacco,  ovvero  un  inizialo  che  lo  r;ippresenta  è  cinto 
da  un  nastro,  ed  assiso  sulla  sua  clamide,  tiene  in  mano  un  gran 
tirso  ugualmente  ornalo  di  nastri:  un  Fauno  gli  presenta  un'anfo- 
ra vinaria,  il  cui  ventre  è  ugualmente  contornalo  d  un  ramo  di  el- 
lera  ,  per  cui  si  dicevano  vasi  ederati.  l  n  di  lui  piede  sollanlo  è 
calzato  ». 

«  La  donna  eh'  è  in  mezzo  è  tra  le  figure  la  più  interessante  •• 
ell'è  nuda,  ed  ha  soltanto  intorno  al  nello  e  ad  una  coscia  un  filo  di 
perle,  o  piuttosto  di  grani  infilati;  un  de' suoi  piedi  ha  dei  perisceUdi, 
ed  alle  braccia  ha  àe  pericarpi  :  ella  è  situata  sotto  una  specie  <li 
criniera  sospesa  al  muro,  e  tiene  su  d'  un  bastoncello  una  sj.ece  di 
piatto  o  vassoio,  su  cui  si  vede  una  corona  dentata  ,  che  sembra 
esser  portato  da  lei  in  equilibrio.  Questo  giochetto  era  fuori  d'  ogni 
dubbio  simbolico,  e  spettava  ad  un  qualche  uso  religio!-o;  maseiubia 
impossibile  di  penetrarne  il  mistero ,  senza  abbandonarci  a  delle  con- 
getture troppo  vaghe.  Si  vede  appeso  al  muro  uno  di  quei  pani 
mistici  che  spesso  incontransi  nelle  pitture  de  vasi  '  ».  Cosi  l'erudi- 
to francese  archeologo. 

A  giustificare  l'avanzata  opinione  relativamente  al  soggetto  magico 
dal  Millin  supposto  in  questa  rappresentanza,  soggiunge  in  noia  the 
nelle  cerimonie  de""  misteri  mescolavansi  alle  istruzioni  filosofiche  le 
rappresentanze  sceniche  di  varie  avventure  dei  numi  e  degli  eroi , 
nelle  (|uali  i  sacerdoti  ed  i  principali  iniziati  ne  figuravano  la  iini- 
tazione  ;  e  mescolavano  altresì  delle  formule  mugiche  agl'incanti, 
alle  iniziazioni  ,  alle  purificazioni  ed  alle  espiazioni  ,  su  di  che  dot- 
tamente suggerisce  che  a  tal  proposito  sia  consultala  1'  Opera  sin- 
i;olare  delTiedeinan  intitolala  Quaejueirit  artium inagicarian  origo,  •^4- 

A  mio  parere  sembra  difettoso  I  accenno  del  MiUin  che  l'ogget- 
to circolare  appeso  alla  parete  sia  un  pane  mistico,  menlre  ha  lulla 
r  apparenza  e  la  figura   d'  una   patera  sacriiiciale;  uè  su   con  quanta 

1   Millin,  Peini.   de  vases  antÌ4    voiil^air.  appel'és  etrus.  lom.  ii,   pi.  i-xiv.  p  97. 


94  l*El    VASI    FITTILI 

liducia  si  possa  ammettere  che  1'  alito  oggetto  sia  vina  criniera,  o 
capelliera  ;  cose  per  altro  sulle  tjuali  non  si  può  muovei'  dispute 
per  la  loro  grande  incertezza. 

TAVOLA    CLXVIl. 

Molto  erudita  reputar  dohliiamo  la  scqjierta  recataci    dal  Sig.  F. 
Q.   Weicker  ',  del  significato  di  una  pittura,  che  da  molti   ;inni   ve- 
devamo impressa  in  una  già  notissima  opeia  di  vasi  ed  assai  ricca  di  pittu- 
re tali,  senza  che  nessuno  fin  ora  ci   avesse  data  notizia  del  significato 
di  essa.  "Il  Sig.  d' Hancarville  la  pubblico  in  una  sua  collezione  di  va- 
si    ^,  dov'è  dipinta  quest'  assai  rara  rappresentazione.  E  ivi  etligiato 
im  naviglio  che  approda  alla  riva  e  due  galeotti  vi  stan  dentro;  il 
primo  de  quali  intende  ad  annodar  l'ancora ,  intantochè  il  secondo 
tiene  ancora   il  remo  nelle  mani.   Al  di   sopra  di  quest'ultimo  librasi 
nelle  ali  un    uccello  che   nel    rostro    tiene  certa   specie  di  pesce  di 
forma   rotonda,  a   cui  stacca   una    foggia  di   coda  lun^a  ritorta   e   in- 
chinata   verso   terra.   Egli  e    dunque    Ulisse  eh  è  per  esser    ferito  a 
morte  dal  pungiglione  della  i-nzzuo  vogliam  dire  pastinaca  ( -.'•^v'"-' ri- 
cordato da  Plinio  ).    Sopra  uno  scoglio  alla    riva    del  mare  è   seduta 
Penelope  mirando  attentamente  allo  sbarco,  come  di   fatti  è  da  cre- 
dere che  si  trovasse  di   sovente  la  donna  fedele   in  attenzione  dello 
sposo  grandemente   amato,  anche  nel  tempo  di   sua  seconda  e  lunga 
assenza,   misurando  col  guardo   tutta  l'ampiezza   della    marina,   sic- 
come   Filottete  facea    sopra   P  isola    sua.    i>a   tradizione  ])iii   coimine 
degli    accidenti   della   line  di     IHisse  si   è.   eh  egli    fosse    inni  to  per  la 
ferita   riportata   dal   pungiglione  della   paslinaca.il   quale,   al   diredi 
Oppiano,  feriva  con  gran  dolore  e  gravissimo  pericolo;  era   fisso  alla 
punta    di    un    dardo  .   e  Telegono    di   lui    figlio    che  noi  riconoblìe 


Du'.leltiiio    dell'Istillilo   ili    i-oiTÌ-  1    rVHancarville  ,    Antiquitf's   etriisrjnps. 

spoiiilenza   arrlicologica  per  l'anno  i;recqnfi';  Aroinaines  liréns  du  Cabinet 

iS53    ^'lln)     \iu,  Agosto    Oflv  'le  .M  H.-iiuilion  ioni,   ii,  p'.  zwii. 
seus   AK  iiitoplf'x.   pag     i()5. 


TANOLt    CLXMI,    CLWlll  ^5 

glie  lo  scagliu  '.  E  probabile  che  silFatla  opinione  fosse  presa  pei 
argomento  dai  tragici  Sofocle  ,  Cheremone  ed  Apollodoro  di  Tarso 
nella  Ocìjrsseus  Akaiithoplex ^  e  nel  Truumatlas .  come  ancora  an- 
teriormente nell  e])ica  Telefonia  di  Eiiyamone.  La  tragedia  di  Sofo- 
cle era  pure  intitolata  Niptra.  e  sotto  questo  nome  lo  imitò  i'acu 
vie.  Eschilo  peraltro  nei  Psychagogi  .  ossia  Evocazione  di  Ulisse  . 
fé  profetizzare  Tiresia  innanzi  ad  Ulisse  stesso,  che  un  avvoltoio 
stercando  per  l'aere,  faria  u  lui  cadere  sul  capo  cpiel  pungiglione 
che  con  tutto  quanto  il  pesce  avrebbe  prima  inghiottito;  lo  Scolia- 
ste che  ne  racconta  le  parole  dell  indovino,  chiama  singolarissima 
questa  predizione  -.  Sesto  Empirico  aggiunge  •*,  che  divise  erano  le  opi- 
nioni intorno  alla  morte  di  Ulisse  ;  imperocché  taluni  lo  facean 
perire  per  mano  del  figlio,  tal'altri  per  via  del  pungello  della  pasti- 
naca sul  capo  cadutogli,  e  perciò  egli  ne  porge  argomento  da  ere 
dare  che  quest'ultima  foggia  di  morte,  non  fosse  ritenuta  solanieiue 
come  predizione  poetica,  ma  che  se  ne  trovasse  ancora  alcuna  rap- 
presentazione. Ed  è  probabile  che  dello  stesso  Eschilo  fosse  ancora 
un  Akanthoplex  in  rapj)Oi  to  con  i  Psychagogi.  conciosiacosachè  egli 
non  accenna  gli  oracoli  se  non  in  rapporto  all^adempimento  avve- 
nutone, o  nella  medesima  tragedia,  o  in  una  trilogia  strettamente 
connessa.  11  vaso  dunque  ci  rajìpresenta  l'avverato  vaticinio  con 
alcune  variazioni  tanto  indillerenti  per  se  stesse,  quanto  necessarie 
per  l^intendimento  e  per  la  composizione  del  subietto  dipinto  ". 

TAVOLA  CLXMIL 

Prosegue  il  eultissimo  non  men  che  diligente  Sig.  F.  Q.  VVelcker 
ad  esaminare  con  giusta  critica  e  con  profondità  di  dottrina  alcune 
delle  pitture  di   vasi,  che  o  non  ebbero    nessuna  interpetrazione  .  o 


I   Lycophr.   795-98.   Nicandr  Ther.  Dict    crei.   vi.  iS. 

8J5.  Gf.  Schoi.  OppiaQ.  Hai.  11,  .'{97.  2   Schei.   Odyss    1.  e. 

Eustaih.  Odyss.  SI,  i33,  p.  1676,  4*-  3   Adv     Gramtn.  1,    12,  p    l'ji' 


i)G  rilìl     VASI     FITTILI 

i    lor  commenti   5on  siiscetli!)ili  d  iiUre  riflessioni,   ch'egli  \i   ai^giun- 
ge   con  molla  sagacità  e  cognizione    <li   soggetto.  Ecco    rjuanlo  egli 
scrive  riguardo  alla  [Mlluia  della  tav.  presente  '.   «Ln   vaso  iiiljhli 
calo  dal  Sig.  Millingen  ^.  e  riprodotto  dal  Sig.  Panofka  ^.  rappresenta 
Teseo   introdotto  da  Antiope,  vestita  da  Amazzone  all'antica  foggia 
scitica,  nei   muri  deli  assediata  città  di  Temiskyra.   Cammina  egli  con 
anziosa  precauzione  ,  alludendo  cosi  all'occulto   tradimento  della  in 
namorata  Antiope.  Egia  dal  quale   Pausania  ''   ci  racconta  cjnesla  slo- 
rìa.  è  lo  stesso  che  Agia  secondo  la  forma  dorica  del  nome  .   cioè   il 
poeta  dei  Nosti.  o  sia  del  ritorno  degli  Atridi  .  poema  epico  del  ci- 
clo di  quei  d  Omero.  Fu  menzionata  la  bella  coppia  fra  varie  altre 
radunate  in    una  Nekvia   del  poema  ,  alla   quale  pure  appartengono 
Filira  e  Nauplio  .  Climene  e  Cefolo  ,  Mera  e  sua  stirpe,  Dule  e  Me- 
gapente, i  quali  si  trovano  ricordati  separatamente.  Anche  il  genere 
particolare  di  quest'intrigo    amoroso,  il    tradimento  della    propria 
città  ordito  da  una  bella  per  eccesso  di  amore  verso  uno  straniero 
e  nemico  ,  paragonar  si  potrebbe  con    tanti    altri  racconti    di  quel 
genere,  tratti  cosi  da'più  antichi  poemi,  come  dai  meno  remoti.  Del 
resto  secondo  altre  tradizioni  Ercole  era  il  tavoreggiato  di  Antiope, 
e  sopra    due    vasi  lo  troviamo  rappresentalo  nell'  atto   che   Antiope 
gli  porge  la  cintura  ^.  Il  pittore  di  Nola  dà  la  preferenza  a  Teseo  , 
sua  città  secondo  l'origine  attica,  e  perciò  come  osserva  l'editore  f", 
riscontriamo    certi  fatti  di    Teseo  spesso  rappresentati    sopra   i   vasi 
di  Nola ,  de'quali  scarseggiano  i   vasi  d'altrove. 

Anche  nella  iscrizione  kaaos  raaaises,  la  quale  il  Sig.  Millingen 
riferisce  al  possessore  del  vaso  ,  sembra  piuttosto  indicato  Teseo. 
Il  Sig.   Panofka  nel  museo  Bartoldiano  pag.    ic8dà  kaaaias  in  luogo 


1  Weicker.   Teseo  ed  Antiope.   Vaso  des  vases  grecs,  pi.  viii,  n.  4- 
figtirato-  Sia   nel  Bulleuino   dell'i-  4   L.  ii,  e.   i 

stitiito  di  corrispondenza  arcLeo-  5   Ved.   tav.  cviii.  Miilia.  Vases  ,  Voi. 
lotjica   per  l'anno    liiòi,  pag.   i5o.  ii,  6i  ,  71.    MilIia.   Galer.     mythol. 

2  Anc    uned.   moiium-   PI.    igi.  cxv     {60.  Mus    Borbon.   tav.    v/  ,  5, 

3  Recherclies  sur  ies  verilables  noms  6  Nota  4- 


TAVV.     CLWIU    E    CLXIX.  C)7 

di  KAAI0EI  probabilmente  percbè  quest'ultima  forma  par  meno  Con- 
veniente alle  leggi  della  lingua  greca.  L'esattezza  solita  del  Sig. 
MiUingeii  non  ci  permette  pen»  la  supposizione  di  un  tanto  errore,  e 
perciò  si  può  credere  che  siavi  omessa  la  sillaba  linale  ,  tale  come 
non  di  rado  lo  vediamo  sopra  i  vasi  e  le  monete,  e  che  sia  da  in- 
tendersi KAAAieESEr^.  Egli  è  noto  che  i  vasi  alle  volte  ci  danno  dei 
soprannomi  poetici  delle  persone  in  luogo  dei  loro  nomi  proprii  ; 
così  p.  e.  trovasi  sopra  uno  Eri  (ile  come  k:t'<.j-a  q  come  ka/./ivcpa:  so- 
pra una  bella  idria  di  Volci  nella  collezione  Campanari  a  Londra 
Argos  come  HANons  (  7:à»w| ,  iravoreT»-,?  );  e  ben  si  addita  qui  per  Te- 
seo con  soprannome  derivante  dalla  bellezza  alla  quale  era  debitore 
d'un  si  maraviglioso  favore.  Nero  è  che  al  solito  in  molte  jiarole 
composte  il  z«>^'  di  rado  si  rifeiisce  alla  bellezza  della  persona  .  co- 
me sarebbe  in  kaX)i'.yàsta  ,  ma  bensì  alla  qualità  speciale  in  oltre  e- 
spressa  comek-/>.>.'zc;uve  ka^X'^^s'yi  parlandosi  di  sacerdoti.-  k'-À/tàvaf^ka/'tivaiia. 
e  kaTmo/uv  (  ufliziale  di  kyzikos  )  di  sovrani.  V.xì.lifópx  (sopra  un  va- 
so del  Campanari  )  dal  ballo,  kai/tyo'sa  dal  vestimento.  ka/.>.t»os(  ka»i>c(i5)ka"/- 
Jiepiio»!?    kaXÀtifi)!)!    kit).).i|£vy:  ,  ka).)ivtxoc  ,     ka^)ifi«;(0;  ,   kaXXixiSrévr.t  ,    kx/ozxt4o?,  (    in 

un  epigramma)  parlando  di  altre  qualità  determinate.  Nondimeno  lo 
stesso  uso  frequentissimo  di  queste  parole  composte  spiega  come  era 
possibile  di  servirsene  anche  per  i  nomi  proprii.  Così  credo  che  so- 
pra un  altro  vaso  nella  pi-ima  collezione  del  Millingen  '  ,  dove 
Teseo  gastiga  Procuste.  l'iscrizione  aakimaxos  kaaos  la  quale  s'adat- 
ta bene  all'  azione  stessa  ,  denoti  proprio  lui  stesso  e  non  quello  a 
cui  fu  dato  il  vaso  ».  Così  il  eh.    Welcker  ,  com' io  dissi  in  principio. 

TAVOLA  CLXIX. 

Il  non  intendere  il  significalo  di  una  qualche  pittura  tra  quelle 
de'  vasi  tittili.  non  dev  essere  una  ragione  suflìcienle  per  trascurar- 
ne la   nubblicazione  e  dilfusione  sotto  sii  occhi  di    multi    eruditi  . 

1  ^ 

1     PI.     IX. 

Fas.   Tom  II.  j3 


C)8  DEI     VASI    FITTILI 

lìoiche  viene  il  giorno  che  un  di  loro  o  per  maggior  profondilii  di 
studio  o  per  semplice  azzardo,  s  imbatte  in  un  passaggio  d'  antico 
scrittore  atto  a  spiegarne  il  senso.  Ne  sian  d  esempio  le  pittu- 
re delle  due  tavole  antecedenti  ,  ove  i  soggetti  o  del  tutto  ignoti  , 
o  non  chiaramente  interpetrati  fìn^ora,  han  poi  ricevuta  o  piena  lu- 
ce o  maggiore  di  prima ,  per  Ojìcra  e  studio  del  eultissimo  Sig. 
Welcker. 

Io  trovo  nella  sceltissima  raccolta  di  monumenti  diversi  pubblicata 
dal  eh.  Sig.  Gargiulo  di  Napoli  ',  un  vasetto  che  ha  due  ligure  nei 
lati  opposti  fra  loro,  e  v'è  di  più  molto  carattere  antico  greco, 
ma  quel  che  significano  i  due  soggetti  ,  e  quel  che  spieghino  le 
loro  epigrafi,  è  finora  un  enigma^  ed  io  tanto  più  volentieri  qui  le 
riproduco,  in  quantochè  con  tal  mezzo  si  ditfonderanno  per  le  mani 
di  molti  eruditi,  e  troverò  fra  questi  1  edipo  glorioso  che  ce  ne 
darà  1'  interpetrazione.  Al  Sig.  Gargiulo  sembra  che  un  di  loro  si 
batta  con  fasta,  l'altro  con  la  fionda,  ma  tace  del  tutto  sulla  straor- 
dinaria armatura  di  quest'ultimo.  In  qualunque  modo  è  da  osser- 
vare che  dei  più  frequenti   soggetti  figurati  nelle  pitture  sepolcrali, 

0  delle  pareti  de  sepolcri,  o  delle  urne  scolpite  che  racchiudevan  le 
ceneri  umane,  o  dei  vasi  che  trovansi  attorno  ai  corpi  inumati,  era- 
no contrasti  e  combatlimenti ,  sopra  di  che  ho  molto  ragionato  in 
altre  mie  opere  sui  Monumenti  etruschi  ^,  sul  Museo  chiusino  ^.  co- 
me |iure   in  alcune  mie   Lettere  d'etrusca  erudizione  K 

TAVOLA  CLXX. 

Non  men  difficile  dell'antecedente  è  l' interpetrazione  di  questa 
pittura  ugualmejite  prodotta  al  pubblico  dal  Sig.  Gaigiulo  colla 
semplice  indicazione    ms.  che   possa  esservi  rappresentato  Orfeo  ,   e 

1  Gargiulo   Raccolta  di   monumenii  a  Ser.    i,   p.   54o.  f>43. 
più    interessanti    del    R.     Museo  3  Tom.    ii,   p.    i3i. 
Borbonico  e    dì     varie    collezioni  4  Pag.    i6o. 
privale,   lav.    io8. 


TAVV.     CLX\    E   CLXXI.  l)(.) 

lale  in  fatti  sembra  essere  la  (Ij^nra  che  nel  mezzo  del  dipinto 
vedasi  assisa  in  atto  di  siioiinre  un  musicale  strumento  ,  ma  qual 
rapporto  abbiano  con  Orfeo  le  molte  altre  fij^ure  che  Io  attorniano- 
non  vi  è  detto.  Se  peraltro  consideriamo  i  vari  oggetti  che  vi  si 
vedono,  consistenti  in  bende,  canestri,  specchi ,  tazze,  ventagli,  co- 
rone, tutte  cose  mistiche,  usale  cioè  nei  misteri,  come  pure  la  gran 
tazza  o  cratere  indicante  lustrazione  e  purgazione  ,  che  ne'  misteri 
medesimi  figurava  fra  le  prime  cerimonie  del  cullo  ,  e  in  fine  i 
giovanetti  alati  in  femminili  sembianze  e  oostiuni  ,  che  spesso  in- 
contransi  nelle  rappresentanze  che  ai  misteri  medesimi  si  attribuiscono, 
potremo  azzardare  il  supposto  che  questa  sia  una  di  esse  rappre- 
sentanze, delle  quali  non  è  facile  dar  conto  con  qualciie  fondamen- 
to, mentre  rapporto  ai  misteri,  come  ognun  sa.  gli  antichi  han  parla 
lo  poco  e  con  riservatezza  grandissima. 

TAVOLA  r.LXXI. 

Più  volte  si  vede  alle  slampe  questa  singolare  pittiua  d'  un 
vaso  fittile  del  museo  Valicano  e  sempre  variamente  spiegata,  il 
Passeri  che  la  produsse  il  primo,  ne  interpetrò  il  senso  .  credendo- 
vi un  Lare  familiare  seduto  con  verga  in  mano  .  ed  elmetto,  eh'  ei 
giudicò  di  pelle  di  cane,  alludendo  ciò  alla  custodia  delle  case  af- 
fidata ai  Lari  familiari  e  domestici  ,  come  ne  custodiscono  i  cani 
r  accesso,  di  che  non  mancano  esempi  '.  Questa  immagine  delle  oc- 
casione air  altra  conseguente  ,  che  la  donna  in  piedi  sembrando  in 
atto  di  accarezzare  il  giovane,  fosse  la  dea  Lara  di  lui  moglie,  ad- 
ducendo  che  tali  unioni  s'immaginarono  frequentemente  dagli  Etru- 
schi fra  i  loro  numi,  onde  ogni  sesso  vantasse  un  pari  numero  di 
deità,  e  qui  pure  cita  Arnobio  ^  in  conferma  del  suo  pensiere. 
Vede  lo  stesso  Passeri  un  genio  alato  ed  una  dea  soprastare  a  quei 
Lari,  quasi  fossero  divinità  loro  tutelari,  di  quelle  che  dicevansi  co- 

I 

i   Pluiarch.  Question.  Hom.  5o.  2  Lib    iv. 


lOO  DEI    TASI    FITTILI 

ruuneiiienle  Geni,  e  Giunoni.  Proseguendo  il  supposto  che  in  quel- 
la pittura  si  rammentasse  un  soggetto  connubiale,  trovò  il  Passeii 
analoga  la  presenza  ivi  espressa  di  Bacco,  dove  si  trattava  di  nozze, 
ed  analogo  a' di  lui  attributi  stimò  il  cerbiatto  che  gli  è  davanti, 
come  animaletto  a  lui  carissimo  ,  poiché  non  per  altro  motivo  Bac- 
co ed  i  seguaci  suoi  vestivano  la  nebride  comunemente.  L'  altro 
giovane  in  piedi  nel  lato  opposto  con  ferula  in  mano  e  con  bacino 
di  frutta,  per  quanto  sia  noto  per  un  satiro,  attesa  la  sua  coda  ca- 
prina ,  pure  il  Passeri  lo  crede  rappresentativo  dello  sposo,  al  quale 
sia  dal  Genio  preparata  una  corona,  e  dalla  dea  un  ventaglio.  A 
sostenere  il  di  lui  supposto  allega  in  esempio  la  pittura  delle  nozze 
Aldobrandine ,  dove  lo  sposo  è  pur  nudo  ,  e  secondo  1  interpelre 
figurato  sotto  T  aspetto  di  un  Bacco  '.  Ma  tali  allusioni  non  futon 
trovate  nelle  pitture  de'  vasi  da  chi  posteriormente  le  ha  esaminate 
con  maggior  attenzione,  quindi  si  dettero  a  prendere  in  nuovo  esa- 
me le   pitture  dei  vasi  ancorché  pubblicati. 

Il  D'  Hancarville  che  la  inseri  nella  sua  grand'  opera  de'  vasi 
.imiltoniani  '.  molto  alterata  anche  nella  esecuzione  dell'  arte  cre- 
dette rappresentato  Telefo  re  di  Misia  ,  figlio  d'  Ercole  e  d'  luge 
figlia  d  Aleo  re  di  Tegea  .  esposto  da  sua  madre  sul  monte  Parte- 
nio  ,  dove  fu  allattato  da  una  cerva.  Divenuto  adulto  andò  nella 
Misia  e  vi  ritrovò  sua  madre  che  avea  sposato  Teulra  le  del  paese. 
Questo  principe  1  adottò  ,  ed  alla  sua  morte  lascìollo  erede  dei 
suoi   slati  -. 

Al  eh.  Millingen  che  la  produsse  di  nuovo  dopo  1'  Hancarville 
e  colla  dovuta  fedeltà  nel  copiarla  ,  parveli  strano  che  a  Telefo 
principe  greco  si  desse  una  tiara  all'  uso  dei  Frigi  e  dei  barbari 
presso  gli  Elleni,  e  trovò  la  nuova  obiezione  che  nell'altra  pittura  non 
una  cerva  ma  un  caprioletto  gli  sembra  espresso;  né  che  l'azione  di 
quest  animale  ha  nessun  rapporto  con  quella  figura  sedente  creduta 


i    Passeri  ,   Picturae  Etruscorum  in  2  Vases  d'Hamiilon  tom.  iv,  pi.  xxiv. 

vascuiis,   tom.   i.   lab.  xvi,  p.   20.  3   Apollodor.  Iib.   111.  cap.   ix. 


TAV.     CLXXI.  lOI 

esser  Telefo .  Stante  1'  esposte  riflessioni  ,  il  Millingen  si  persuade 
che  il  giovine  coperto  il  capo  colla  tiara  e  sedente  sia  Paride  , 
e  la  donna  giudicata  una  divinità,  perchè  rappresentata,  com'  è  con- 
sueto ,  appoggiala  ad  una  colonnetta  e  coi  piedi  incrociati  '  sia 
Venere.  Stabilito  questo  punto  importante  .  dichiara  che  s'  è  con- 
dotti a  pensare  al  monte  Ida,  e  trova  le  due  figure  accessorie  come 
abitanti  naturali  d'  un  luogo  tale.  Quella  eh'  è  in  piedi  davanti  a 
Paride,  colle  corna  sulla  fronte,  appoggiata  ad  un  bastone  pastora- 
le nodoso  in  guisa  di  clava  ,  è  giudicato  il  Dio  Pan  accompagnato 
da  un  capriolo  che  sembra  addomesticato.  Qui  aggiunge  1'  interpe- 
tre  che  questo  animale  dagli  antichi  supposto  esser  sensibile  all'ar- 
monia ,  e  specialmente  al  suono  del  flauto  pastoiale  ^  è  attributo 
convenevole  a  Pan ,  inventore  di  questo  strumento. 

Nel  piano  superiore  giudica  la  donna  con  ventaglio  e  sedente 
essere  Cenone  la  prima  amante  di  Paride  ^,  o  forse  anche  da  tener- 
si per  Elena.  Cosi  esaminata  la  composizione,  egli  crede  che  possa 
rammentare  il  momento  in  cui  ^  enere  viene  a  trovar  Paride  per 
impegnarlo  ad  esserle  favorevole  nel  giudixio  eh'  egli  era  per  pio- 
nunziare.  Elena  in  lontano  indica,  secondo  il  eh.  interpetre  ,  1'  og- 
getto che  la  Dea  promette  al  giovane  Frigio  come  ricompensa  del 
suffragio  che  attende  da  lui.  Chiude  per  altro  con  plausibil  mode- 
stia r  interpetre  questo  suo  scritto  col  dichiarare  che  non  preten- 
de di  garantire  questa  spiegiizione,  ma  soltanto  gli  sembra  che  in 
essa  riuniscansi  maggiori  probabilità  delle  antecedenti  4. 

Trattandosi  dunque  di  congetture  dedotte  dalle  osservazioni  sulla 
pittura  qui  espressa  ,  oserei  d'aggiungere  che  non  trovandosi  nessun 
antico  il  quale  rammenti  il  supposto  colloquio  fra  Venere  e  Paride 
sul  monte  Ida,  crederei  piuttosto  che  il  giovine  mitrato  fosse  An- 


1    Millingen  Peintures  de   vises    gr.  e.    32. 

antiq.  el  inediis,  pag.   8,  not.    3,  3   Ovid.  Heroid.  Oenone  Paridi,  mt- 

et  pag.    i4  et  65-  so    i3  5- 

2   Aelian.  de  Nat.  animai.    lib.  xii,  4  Millingen  cit.   p     64-6É>- 

e.  46,  Plin.  Nat.  Hist.  lib.  vm  , 


I02  DEI     VASI    FITTILI 

chise  visitato  da  Venere  nel  monte  Ida,  di  che  tanto  ha  scritto  Ome 
re  nel  suo  beli  inno  a  Venere.  In  questo  caso  la  donna  sedente  sa- 
rebbe a  mio  credere  non  Elena,  né  Oenone  ,  ma  Pito.  la  persuasione, 
della  qual  figura  accessoria  abbiamo  altri  esempi  '  ,  e  il  giovanetto 
alato  l'Amore  che  uni  Venere  a  suo  dispetto  con  Anchise  per  voler 
di  Giove  ,    come  narra  il  citato  Omero. 

TAVOLA  CLXXII. 

Gli  artisti  mi  sapran  grado  d'  aver  loro  facilitata  per  mezzo  di 
quest'  opera  la  maniera  di  vedere  la  bella  composizione  di  una 
pittura  ,  ove  1'  arte  che  suole  impiegarsi  in  questo  genere  d'  og- 
getti splende  in  un  grado  eminente  .  in  paragone  delle  consuete 
pitture  dei   vasi  fittili. 

«  V'è  Teseo  in  atto  di  combattere  contro  i  Centauri  a  favor  dei 
Lapiti,  come  dice  l'Italinski  nel  darla  a  luce  ^.  Potrebbe  la  clava  ac- 
cennare anche  Ercole ,  ma  non  porta  la  pelle  del  Leone  Nemeo  che 
egli  non  lasciava  giammai.  Non  è  neppure  Ercole  in  casa  di  Folo , 
quando  scacciò  Anchio  ed  Agrio,  i  due  soli  trai  Centauri  che  ar- 
dirono d'  introdurvisi  ,  adescati  dall'  odor  del  vino,  poiché  secondo 
Apollodoro  in  quest'  ultimo  combattimento  .  V  aime  di  quell'  eroe 
furono  tizzoni  ardenti  ^  «. 

Il  prelodato  interpetre  fa  plauso  specialmente  all'  espressione  del 
Centauro  eh'  è  in  atto  di  ritirarsi  ferito  ,  e  ci  fa  noto  che  il  vaso 
dov   è  questa  pittura  fu  trovato  vicino  all'  antica  città  di   Capua  ^. 

TAVOLA  CLXXIIl. 

E  talmente  lodevole  e  chiara  la  descrizione  che  il  dotto  Sici- 
liano   Lofaso    per  mezzo  di    un   giornale    letterario  ci  ha   trasmessa 

I    Inghirami,  Galleria  omerica,  tom.  xin,  p.    20. 

1,  tav.   X.  3  Pag.  120. 

a   Pitture  de' vasi  antichi  tom.  i,  tav.  4  lulinski  tom.  1,  tay.  xiu,  pag.  ao- 


TAVV.      CLXXII    E    CLXXIII. 


jc3 


del   vaso  esposto  in  questa   tavola,  che  non  crediamo  di  nostra  con- 
venienza alterarla  nel  ripeterne  (]ui  1^  edizione. 

«  Comecché  in  tutta  1' antichità  ,  egli  dice  .  chiarissima  fama  suoni 
delle  gesta  del  figliolo  d' Alcmena  ,  e  di  sovente  le  aiiuni  di  (jiiel- 
1  eroe  veggansi  ripetute  in  marnio ,  in  bronzo  ed  in  cento  e  cento 
vasi  dipinti;  a  giudicarne  nondimeno  da^monumenli  che  ci  so;i  ri- 
masti ,  convien  dire  che  le  anliclie  arti  di  rado  si  adoprasscro  a 
figurar  quella  storia  ,  onde  egli  porti  il  soprannome  di  Melanipige. 
Così  stando,  singolare  e  ne^ vasi  fittili  del  lutto  nuovo  ne  par  che  vo- 
glia essere  quanto  ci  si  mostra  in  antico  vaso  istorialo  che  della 
mia  piccola  raccolta  è  ragguardevole  i)arte  '.  Mercurio  barbato  col 
petaso  in  sul  capo  cinto  della  Clena  col  caduceo  alla  destra  .  e  le 
ale  alle  gambe  qual  dio  Agelore  è  guida  ad  Alcide.  Questi  lo  segue 
con  in  mano  la  clava,  coperto  della  pelle  lionina  sua  solila  divi- 
sa, sotto  la  quale  bieve  si  scorge  una  tunica.  Culla  spalla  sinistra 
egli  sorregge  un''asla  in  orizzontai  positura  acconciata,  dall' estremi- 
tà della  quale  pendono  capovolti  due  uomini,  appiccativi  per  la  lega- 
tura dei  piedi.  Egli  tien  dietro  Minerva  sua  diva  pioleggitrice  arma- 
la d'asta  coli  elmo  in  sul  capo,  la  formidabile  egida  alla  mano  si- 
nistra e  il  corpo  coperto  da  tunica  ,  sulle  quali  in  cento  ripiegature 
sta  ravvolto  ampio  manto  pendente.  Le  figure  son  nere  sopra  fondo 
rossiccio,  ma  il  viso  ed  il  braccio  della  Dea  van  coperti  di  biacca  , 
forse  come  talvolta  usavan  gli  antichi  di  significare  la  gentilezza  del- 
ia carnagione  donnesca,  ed  i  lineamenti  si  appalesano,  come  sgraf- 
fiati a  punta  dura.  Dalla  semplice  sposizione  della  dipintura  che  il  va- 
so riveste,  e'si  spicca  cosi  chiaro  quale  il  soggetto  si  fosse  qui  preso 
a  figurare  ,  che  altro  di  vero  non  saprebb  essere,  che  quella  impresa 
del  figliolo  di  Giove,   che  Melampige   lo  fece  cognominare». 

«Racconta  Snida,  come  furon  già  jiella  Lidia  due  mal  vaggi  fra- 
telli Candalo  ed  Atlante,  conosciuti  col  soprannome  di  Passalo  ed 
Alcmone  a  cagion  dell' aiuto  che  l'un  e  l'altro  preslavansi  nelle  loro 
ribalderie,  i  quali  empiendo  il  paese  di  ladroneggi  e  rie  opei  e.  poscia 
I    Fu  trovato  a   Girgenii. 


)c4  UEl     VASI    FITTILI 

il  nome  di  Cercopi  ne  riportarono.  Per  cosi  fatta  maniera  di  vivere 
la  madre  Meninone  temendo  forte  pe'suoi  figlioli  sollecitamente  gli 
avvertiva,  che  per  lor  sicurezza  del  Melampige  si  stessero  in  guar- 
dia. Né  guari  andò,  eh  essendosi  essi  imbattuti  in  Ercole  che  giace- 
vasi  immerso  nel  sonno,  sconsigliatamente  osarono  di  volerlo  legare. 
Ma  che!  destatosi  Ercole  li  sorprese  ed  accomandatili  per  la  legatura 
de'  piedi  a'  due  capi  d  un'  asta  .  reco^seli  sulla  spalla  ,  siccome  dai 
cacciatori  portar  le  lepri  si  costuma.  Or  mentre  i  due  fratelli  in 
quella  burlesca  posizione  si  stavano,  1  un  dessi  costretto  a  riguar- 
dar le  chiajjpe  d'  Alcide  che  per  lo  spesso  vello  nere  apparivano  , 
sciamò:  ecco  il  Melampige  di  cui  dovevamo  guardarci.  Ercole  l'udì 
e  faceto  reputando  un  tal  motto,  l^ira  e  lo  sdegno  depose,  e  ri- 
sone alquanto,  disciolse  i  due  cattivelli,  che  in  cotal  guisa  scam- 
parono la  mala  ventura  '. 

Tale  appunto  si  è  la  dipintura  del  nostro  vaso  ,  colta  dall'  ar 
lista  in  quello  istante  ,  in  che  1  Eroe  volgendosi  indietro  ,  par 
che  di  quel  piacevole  motto  vogliasi  ridere.  Questa  rappre>enta- 
zione  ,  per  quanto  ci  è  noto,  non  vedesi  ripetuta  in  nessun  al- 
tro monumento  ,  se  non  che  in  una  metope  dell'  un  de'  tempi  di 
Selinunte  ,  pubblicata  prima  fra  noi  dall'  erudito  fiorone  Pisani  ,  e 
poscia  da  Angeli  in  Inghilterra.  Ed  avvegnaché  appresso  del  Ti- 
schbein  ^  e  del  dotto  Millingen  ^  osservisi  pure  la  prima  parte  del- 
l'azione,  non  però  dimeno  solo  nel  bassorilievo  selinuntino,  e  nella 
stoviglia  di  che  favelliamo  ci  si  appresenta  1' altra  parte  dell'azione 
medesima ,  e  quasi  dir  si  potrebbe ,  che  tali  siciliani  monumenti 
avesse  già  Suida  presi  sott'  occhio  ,  allorché  di  cosi  latta  istoria 
tenne  argomento.  È  da  osservare  bensì  che  là  dove  nelle  metope 
di  Selinunte  veggonsi  le  sole  figure  d'  Ercole  e  i  due  Cercopi  ,  il 
nostro  fittile  monumento  olfre  oltracciò  la  guerriera  Pallade ,  che 
come    in    tutte    le  imprese  solea  ,    accompagna    1  Anfitrioniade  .    ed 

1  Suida  in  verb.  ke^zuttec,   e  MeXapi-  wxvii. 

ruyoj   Tjzotc  3    Peinlurps     des    vases    grecs  ,     pi, 

2  Vases  de  Hamilton,  toni,   ni,  pi.  wxiii,  pag.    56- 


TAVV.     CLXXIII    F,     r.I.XXIV. 


ic5 


il  Dio  protettore  delle  strade  ,    che    del  suo  favore  al  nostro    eroe 
sovente  fu  largo. 

Né  a  questo  soltanto  si  ristringono  i  pregi  della  nostra  stoviglia, 
che  anzi  riguardandone  attentamente  le  figure,  un  altro  di  maggior 
momento  e  veramente  singolare  se  ne  scorge.  Eransi  già  notati  in 
parecchi  vasi  dipinti  certi  ornamenti  nei  calzari  di  talune  figure  , 
che  ravvolgendosi  all'  infuori  sulla  fronte  delle  gaml)e,  assai  simili 
scorge vansi  alla  foinia  dei  cartocci.  Erasi  egualmente  osservato  che 
siffatti  ornamenti  soltanto  rimiravansi  nelle  figure  di  Mercurio ,  e 
talvolta  di  Perseo,  di  Bacco  e  di  Apolline,  divinità  che  sovente  colle 
ah  alle  piante  si  veggon  rappresentate  ;  il  perchè  sorgea  gravissimo  ar- 
gomento da  credere  ,  che  veramente  in  vece  di  ale  essi  si  stessero, 
molto  più  che  non  mai  si  eran  veduti  alle  ale  accoppiati.  Or  que- 
sto sospetto  vedesi  oggi  rivolto  in  certezza  all'  apparire  del  nostro 
singoiar  monumento  ,  nel  quale  quei  cartocci  essendo  contrad- 
distinti da  linea  non  lascian  luogo  a  dubitare  che  veramente  ali 
si  fossero    '. 

TAVOLA    CLXXIV. 

Ad  elFetto  che  questa  mia  tumultuosa  e  non  ordinata  fai-ragine 
di  disegni  d'  antiche  pitture  ,  e  di  varie  idee  sulle  medesime  .  sia 
utile  agli  eruditi  .  e  serva  agli  studiosi  di  materiale  pei-  orciinarnc 
uno  studio  basato  sulla  osservazione  di  molti  monumenti.,  e  cor- 
redato del  sentimento  di  vari  scrittori  di  queste  materie,  ho  stima- 
to cosa  ben  fatta  di  trascriver  qui  varie  idee  che  un  erudito  Fran- 
cese espone  in  un  giornale  politico  relativamente  ai  vasi  fittili 
dipinti  .  de'  quali  propone  vasi  dare  al  pidiblico  una  ricca  ed  or- 
dinata collezione  che  non  so  per  qual  motivo  non  venne  a  lu- 
ce. Dopo  che    in  questo    suo    ragionamento    egli    ha  esposti  i  vari 

1    Lofaso  Pietra-siiita  nel  Giornale  di  cilia,   toni,   xxviii,  ann     vii,   §  iv. 

Scienze,  lettere  ed  arti   pei    la  Si-  pag.   49'   **"§• 

Fas.    Tom.   II.  i4 


jo6  DEI    VASI    FITTILI 

inconvenienti  che  nascono  dalla  inesatta  applicazione  dei  nomi  alle 
cose  ,  passa  al  particolare  de'  vasi  di  terracotta  dipinti  ove  si  espri- 
me ne'  termini  eh'  io  trascrivo. 

«  La  denominazione  d'  Etrusco  è  stala  applicata  ai  vasi  de' quali 
si  tratta  per  l'elletto  di  varie  cagioni,  delle  quali  qui  non  è  necessario 
dar  conto;  ma  frattanto  si  nota  che  la  più  generale  di  queste  ca- 
gioni fu  la  consuetudine  che  avevano  i  primi  antiquari  di  spie- 
gare per  mezzo  de'  costumi  della  storia  e  della  religione  de'  Romani 
quanto  si  trova  d'antico  in  Italia.  In  questa  guisa  fu  interpetrata 
dal  Passeri  la  prima  collezione  incisa  dei  vasi  pretesi  etruschi.  Il  Passeri 
non  vide  in  generale  in  tutte  quelle  pitture  che  cerimonie  civili  e 
religiose  dei  Romani.  P^gli  credeva  derivati  dall' Etruria  i  vasi  trova- 
ti in  Sicilia  e  nella  Magna  Grecia.  Tutte  le  sue  spiegazioni  sono  ap- 
poggiate a  questa  prevenzione.  Finita  eh'  ebbe  quell'  opera  egli  ne  fu 
in  gran  parte  disingannato,  e  riconobbe  il  proprio  errore.  Cosi  quel 
che  ha  scritto  è  divenuto  del  tutto  inutile  a  coloro  che  si  danno  alle 
ricerche  di   questa  parte  si   curiosa  dell'  arte   pres'^o  i  Greci  ". 

et  L'errore  del  Passeri,  del  Cori,  del  Dempstero,  e  dei  primi  aiiti- 
(juari  si  trova  nonostante  sempre  ineiente  all'opinione  volgare  pel 
nome  improprio  che  1  uso  non  ha  per  anco  cessato  di  assegnare 
.tì  vasi  de'  quali  trattiamo.  Gli  uomini  culti  a  vero  dire  non  vi  re- 
stano più  ingannati  ,  ed  è  inclusive  notabile  che  volendo  evitare 
un  eccesso  ,  1'  opinione  fu  nel  procinto  di  cadere  in  un  eccesso  con- 
trario. Winkelmanu  '^la  giunto  quasi  a  negare  che  alcuno  di  questi 
vasi  fosse  dovuto  all'  Etruria  .  ma  dei  fatti  costanti  .  ed  i  profondi 
studi  dell'  Ab.  Lanzi  sugli  Etruschi  hanno  mostrato  l' esagerazione 
di  questa  pretensione.  E  inclusive  probabile ,  che  una  delle  ragioni 
di  questo  sbaglio  che  or  si  combatte  ,  sarà  stata  la  specie  di  simi- 
litudine che  regna  in  alcuni  punti  fra  i  vasi  greci  e  quei  dell'  E- 
truria.  Il  ristretto  numero  che  se  ne  conosce  di  questi  ultimi  è  d  un 
sol  colore  nero,  senza  ligure  o  con  ligure  nere  assai  grossolane  dipinte 
su  d'  un  fondo  rosso.  La  corrispondenza  di  gusto  dell  Eiruria  con 
quello  del  più  antico  stil  greco:    corrispondenza   sì  ben    provata  su 


TATOLt    CLXXIV.  IO7 

d' altri  punti   fece  naturalmente  credere  che  i  vasi  greci  d' antica  ori- 
gine fossero  opere  elrusclie  ,  e  di   là  derivò  la   confusione  ». 

«  Essa  ebbe  tanta  più  facilità  ad  introdursi  in  questa  parte  d'an- 
tichità, che  la  scoperta  dei  monuinenli  che  la  occasionarono,  è  sem- 
pre sfuggita  agli  sguardi  degli  uomini  culti.  Gli  scavi  che  ci  han  dato 
il  maggior  numero  de' vasi  che  possediamo,  si  fanno,  e  sono  stati  sem- 
pre fatti  specialmente  nei  loro  principii  per  azzardo,  senza  metodo,  e 
senza  che  alcuno  spirito  osservatore  siasi  curato  di  legare  queste  ri- 
cerche alla  storia  de' tempi  e  de' luoghi.  Giammai  il  complesso  dei 
sapienti  è  stato  istruito  in  dettaglio  sulla  specie  particolare  di  scavi 
a'  quali  siamo  debitori  dell'  apparizione  di  tante  opere  antiche,  né 
su  d'  una  moltitudine  di  piccole  circostanze,  ma  di  gran  levatura  che 
avrebbero  arrecate  delle  notizie  preziose  e  necessarie  alla  loro  sto- 
ria. Divenuti  ben  presto  oggetti  di  commercio  e  di  curiosità  ,  i  vasi 
pretesi  etruschi  col  vantaggio  che  hanno  di  essere  di  facile  tra- 
sporto, hanno  circolato  fia  le  mani  di  mercenari  e  d'  amatori,  senza 
che  nessun  indizio  accennasse  il  luogo  preciso  nel  quale  furono 
scoperti.  Nessuno  s'  è  data  frattanto  la  pena  di  ricercar  ciò  che 
non  pareva  di  notabile  conseguenza.il  gran  numero  che  senescuo- 
prono,  rese  a  questo  riguardo  ogni  ricerca  inutile  ed  impossibile  ». 

n  In  questa  guisa  i  vasi  chiamati  etruschi  considerati  particolar- 
mente ,  isolatamente,  e  senza  rapporto  colla  loro  universitalità  .  e 
generalità  del  loro  impiego,  conservarono  nelle  prime  collezioni,  e 
nel  gabinetto  dei  curiosi  ,  il  nome  che  il  pregiudizio  loro  avea  tìn 
dal  principio  assegnato.  Quel  che  contribuì  soprattutto  ad  accreditarlo 
fu  la  felicità  che  qualche  erudito  ebbe  d'  acquistare  questi  vasi  , 
immaginandosi  con  ciò  di  sistemare  con  essi  la  sua  raccolta.  I  veri 
monumenti  dell  arte  degli  Etruschi  son  rari .  e  1'  acquisto  di  essi  è 
diiilcile.  Si  credette  pertanto  di  pi'ocurarsene  compriindo  indistinia- 
mente  dei  vasi  di  terra  cotta  di|>inli  ,  e  ragionarono  su  que' monu- 
menti come  se  fosseio  stati  etruschi.  Furon  dunque  inalzali  su  questa 
base  immaginaria  dei  sistemi  e  delle  classificazioni  .  e  la  raccolta 
di  antichità    del  conte  di  Caylus  non  ha  fondate  le  sue  classazioni 


io3 


BEI    VASI    FITTILI 


in  gran  porte  che  su  lo  sbaglio  cagionato  da  questo  nome  d'etrusco, 
di  cui  egli  ha  sconsigliatamente  qualificale  le  opere  incontestabilmente 
greche  che  vi  sono  ". 

«  Non    vai  forse  la  pena   che  si  facciano  sparir   tali  errori  dalla 
scienza  archeologica?  Se  il  male  è  provenuto  in  gran  parte  da  un  no- 
me abusivo  ,  non    sarebbe  forse  un  estirpare  una  delle  radici    del- 
l' abuso  ,  almeno  per  quei    che  non   possono  penetrare  nel  sostan- 
ziale della  scienza  di  far  prevalere  un  nome  nuovo,  di  cui  ladozio- 
ne  sola  sarebbe  capace  di   disingannare    il  pubblico  della    opinione 
in  cui  è  stato  fin  ad  ora  tenuto?  Ecco   per  tanto  proposta  alla  sansione 
degli  uomini  erudii»  la  proposizione  di  un  nome  nuovo  per  indicare 
in   generale  i  vasi    pretesi  etruschi.    Quantunque  sia  già  stato  ten- 
tato di  nominarli  vasi  greci .  penso  che    non  si  debba  dar  loro  un 
nome  nazionale,  poiché  se  ne   trovano  elTe'tivamente    di  una  simile 
specie  presso    nazioni   (V  nn  ditì'erente    nome.   Bisognerebbe   dunque 
ceiciire   un     nome    nei    prmripali    Imu     i-aratleri.     Ma   coinè    questi 
caratteri    distintivi  che    si  possoii    fondare  sull  antico  lor  uso  .  sa- 
rebbei'o  ,    almen    per  ora,  soggetti  a  questioni  ,    poiché    la    disputa 
delle   varie  destinazioni  di  questi    oggetti    non  e  slata  fin  ora  sodi- 
sfacentemente  schiarita,  sicché  mi  é  parso  che  nei  caratteri  che  possono 
additarli   facesse  d'uopo  ili  sceglier  quelli  che    sono  i  più   esteriori 
e   sensibili.   Ora  i  loro  due  più  rimarchevoli  caratteri  in  questo  ge- 
nere ,   sono  d^  essere  di  terra  cotta  ,  e  d  essere    ornati  di   pitture   e 
di   disegni  •    Perciò    propongo  di    nominarli    colle    due    voci    greche 
zspafios,  terra  cotta,  e  ypaoizo?  dipinti .  o  disegnati:  vasi  ceramografìci  ». 
«Questo  bisogno  dima  parola  che  se  non  definisce  completamente 
la  cosa,  non   contradice  le  nozioni  elementari^  si  fa  soprattutto  sen- 
tire  quando  si   tratta  di    spargere    qualche    lume  sopra  una  materia 
che    non    è   stata  fino    al   di   d'oggi   che   un  soggetto  di  dubbi  e  di 
confusione  ,  e  che  a  dire  il  vero  non  è  stato  per  anco  trattato  a  fon- 
do. Tale   é  la  posizione   in  cui  trovasi  cjuesta  parte  delle  antiche  arfi 
che  comprende  tutti  i  vasi,  ai  quali  propongo  di  assegnare  un  nuovo 
nome.  Ho    parlato    della  collezione  del  Passeri  .  la    cui    spiegazione 


TAVOLA    CLXXIV.  1  OC) 

devesi  considerare  come  se  non  avesse  avuta  mal  esistenza.  Quel 
che  si  trova  nella  raccolta  delCayliis  non  istruisce  niente,  mentre 
oltre  lo  sbaglio  radicale  circa  gli  autori  di  tali  opere  d'arte  antica, 
quell'erudito  antiquario  ebbe  la  disgrazia  di  non  esaminare  in  loro 
stessi  ciascun  dei  pezzi  che  possedeva,  e  senza  corrispondenza  col- 
r  epoche  dell'arte  con  i  paesi  dove  hanno  avuta  esistenza  le  fab- 
briche di  questi  vasi  col  sistema  di  loro  esecuzione  ,  e  con  tutti  gli 
accozzamenti  di  analogia  che  danno  occasione  di  formarsi  su  que- 
sti socselti  delle  idee  generali  ed  elementari  ». 

«  L'antichità  non  ci  ha  l'orse  tramandato  nessun  genere  di  monu- 
menti così  ricco  di  additamenli  sid  suo  gusto,  la  sua  fede,  i  suoi  usi 
e  le  sue  istituzioni,  né  più  gran  numero  di  materiali  ,  ne  più  degni 
d'  esercitare  la  critica  degli  eruditi  e  degli  artisti  quanto  per  mez- 
zo dei  vasi  dipinti.  La  collezione  ,  qualora  si  potesse  aver  comple- 
ta di  tutti  i  vasi  de  quali  si  tratta.  oiTrirebbe  all'arte  ed  alla  scienza  uà 
insieme  inestimabile  di  notizie  e  di  modelli,  tanlomaggiovniente  preziosi, 
quanto  è  più  nitida  la  sua  derivazione  ,  quanto  è  più  originale  il 
suo  gusto  ,  quanto  più  i  tratti  di  molti  de'  lor  disegni  si  accostano 
air  epoca  la  pia  antica  della  Grecia,  e  che  quasi  tutte  queste  opere 
le  più  fragili  di  tutte  ci  sono  ad  ogni  modo  pervenute  intiere,  e  sen- 
za essere  state  alterate  né  per  colpa  del  tempo  .  ne  per  mano  de- 
gli uomini.  Intanto  vediamo  che  la  inlerpeti  azione  loro  fin  qui  non 
ebbe  che  pochissima  consistenza  ed  interesse,  perchè  è  stalo  ten- 
tato (inora  di  spiegar  parzialmente  e  ad  uno  ad  uno  ogni  soggetto. 
Bisogna  dunque  adunar  molto  per  potere  spiegare  almen  qualche 
poco.  Ma  come  riunire  un  si  gran  numero  d'  opere  sparse  in  oggi 
in  tanti  paesi?  Ciò  non  si  può  ottenere  che  per  mezzo  delle  col- 
lezioni incise  ".  ■ 

«Noi  abbiamo  già  avute  dal  Cav.  Hamilton  due  magnifiche  col- 
lezioni di  questo  genere.  La  })rima  fatta  con  un  dispendiosissimo  lus- 
so tipogratico  e  d'incisione  ,  non  ha  potuto  trovar  posto  se  non 
entro  le  biblioteche  dei  ricchi  amatori.  Gli  avvenimenti  politici  han- 
no pei'    quanto  dioesi ,   fatto   perire  i  rami  di  si    grand  opera,  e  non 


1  IO  DEI    TASI    FITTILI 

se  ne  trova  che  raramente  qualche  esemplare  il  quale  non  ha 
prezzo.  È  nolo  che  il  suo  testo  era  stato  affidalo  al  celebre  d'Han- 
carville,  cui  parve  comodo  il  comporlo  con  delle  dissertazioni  estra- 
nee al  soggetto  ,  piuttosto  che  tentarne  le  spiegazioni.  Appena  vi  si 
trovano  interpetrati  cinque  o  sei  vasi,  ed  in  vano  vi  si  desidera  la 
storia  di   questa  parte  dell  arte  ». 

«La  seconda  collezione  dell^Hamilton  pubblicata  dal  Tischbein.  e 
commentata  dal  Sig.  Italynscki  ministro  della  corte  di  Prussia,  fu 
impresa  meglio  condotta  ,  e  più  appropriata  ai  mezzi  di  coloro  che 
potevano  usarne.  Le  spiegazioni  d'  ogni  vaso  in  dettaglio  hanno  una 
giusta  misura  di  descrizione  e  di  erudizione.  Il  seguito  dei  medesi- 
mi avvenimenti  politici  ha  fatto  perire  anche  gli  originali  di  questa 
collezione,  ne  ha  dispersi  i  rami,  e  ne  ha  rese  le  stampe  rare  e  diffi- 
cili a  completarsi  ». 

«  I  materiali  per  nuove  collezioni  sono  assai  abbondanti  per  non 
temere  d'  essere  esauriti  Diciamo  pure  che  le  scoperte,  le  quali  non 
han  cessato  di  comparire  in  questo  genere  d'  oggetti,  darebbero  ma- 
terie a  collezioni  infinite,  se  al  punto  in  cui  si  trovano  attualmen- 
te le  cognizioni  non  si  dovesse  aver  riguardo  alla  scelta  piuttosto 
che  al  numero.  Ma  la  scelta  non  può  effettuarsi  che  per  mezzo  di  un 
sistema  ragionato,  e  questo  non  può  stabilii'si  che  mediante  certe 
nozioni  un  poco  estese  ,  e  più  generalizzate  di  quelle  che  hanno 
servito  fin  qui  a  queste  collezioni  ». 

«  Ora  è  stato  giudicato  che  sarebbesi  comincialo  a  porre  gli  erudi- 
ti nel  caso  d  introdurre  in  questa  parte  i  lumi  di  cui  ella  abbiso- 
gna ,  qualora  si  fosse  riunito  in  un  corpo  di  storia  tutte  le  nozioni 
relative  ai  vasi  pretesi  etruschi,  e  tutte  le  notizie  che  lo  stato  at- 
tuale delle  scoperte  ha  procurato  fin  qui.  La  spiegazione  parzia- 
le in  questo  genere  dipende  da  una  moltitudine  di  documenti  gene- 
rali suir  uso  di  questi  vasi  ,  su  i  luoghi  ove  furono  trovati  .  sulla 
loro  età ,  suH'  epoca  nella  quale  furono  fatti  ,  sulla  fabbricazione 
particolare  di    questa  sorta    di  lavori  ,    e  sul    gusto    e  talento  degli 


TAVOLA    CLXXIV.  1  1  1 

artisti  che  1'  eseguirono,  e  sulla  corrispondenza  di  (mesto  gusto  col- 
le ani  delie  loro  nazioni   ». 

«  Il  .sai;gio  di  tulle  queste  nozioni  riunite  per  la  prima  volta  nella 
spiegazione  di  questa  sorte  di  anliciiità  facendo  sorgere  la  critica 
della  quale  siamo  stati  privi  finora,  non  tarderebbe  senz' alcun  dub- 
bio a  dissipar  le  nubi  che  la  circondano  ». 

«  Attenendosi  nella  scelta  ad  una  collezione  di  vasi  i  cui  trat- 
ti storici  o  mitilogici  possono  accrescere  le  notizie  già  acquisiate 
sulP  antichità,  non  si  dee  trascurar  quelle  che  per  la  perfezione  dei 
disegni,  per  la  rarità  delle  composizioni,  per  la  bellezza  delle  figure  e 
per  le  parlicolarità  delli  stili  d' imitazione  esser  debbono  in  un  tempo 
slesso  istruttivi  per  1'  istoria  dell  arte ,  ed  utili  agli  artisti.  Si  ripeta 
pur  dunque  che  la  spiegazione  di  questa  parte  d'  antichità  non  può  es- 
sere che  r  elfetto  di  paragoni  di  confronti  e  di  analogie.  Più  saranno 
riuniti  de' punti  di  confronto,  più  si  potrà  sperare  di  veder  levare 
il  velo  che  c'invola  tuttavia  il  vero  senso  d'una  moltitudine  di  soa- 
getti.  Un  lai  amatore  che  per  via  d^esempio  possiede  forse  un  vaso  ine- 
splicato .  sul  quale  alcuni  particolari  confrontati  con  particolari  di 
simil  fatta  in  un  altro  vaso,  il  di  cui  soggetto  sia  quasiché  intiera- 
mente noto,  ne  viene  che  1'  un  soggetto  coli'  altro  giovandosi  pos- 
son   venire  ad  essere  ambedue  interpetrati  ». 

ce  Non  saranno  mai  pregati  abbastanza  (  e  questo  è  1  oggetto  del 
presente  articolo)  i  proprietari  di  questi  vasi  di  permetterne  la  copia 
e  la  pubblicazione  ;  1'  una  e  1'  altra  non  potendo  che  accrescere 
il  valore  e  la  fama  di  queste  opere  fra  le  mani  di  quei  che  le 
possiedono  ■  ». 

Ben  s  intende  da  quanto  ho  trascritto,  come  da  quanto  ho  cre- 
dulo inutile  di  trascrivere  nel  compendiare  «quest'articolo,  che  1  au- 
tore aveva  in  animo  di  dare  al  pubblico    una    collezione    nuova  di 


I    Quatréit»<Te   de  Qii'nci   de  l'Insti-  lés-Baiix    aiis    sur    le»   vasps  ce- 
lili  de    Frarice   arlii'.   dans    le   Mo  ranni  gì  afiques,  appciés     jusqu'   à 
niteur  univtTsel,  merrredi    i4  O-  piesent   vases   eirusquei. 
clubre     1807    pag.    Ilio   Anlitjiii- 


I  I  1  UEI     VA>^I     KITIILI 

disegni  de^  vasi  a'  cpiali  proponeva  disostituire  all^ancica  ed  inesatta 
la  nuova  appellazione,  e  non  punto  spregevole  di   vasi   ceì-funogi-afL- 
ci.   S'  io  dunque  mi  determinai  di  eseguire  colla  presente  collezione 
quanto  dal  prelodato  scrittore  erasi  proposto ,   son  lusingalo  eh  ella 
sia  per  ottenere    1'  assenso    degli    eruditi.     È   poi    da  riflettei'e  alla 
necessità  da    lui    mostrala  di  porre  sotto  la  loro  ispezione  via  nu- 
mero di    questi    disegni    che    non    può    dirsi    mai    troppo    esteso  . 
alìine  di  far  paragoni .    e  nel  tempo  stesso  informarli    delle  notizie 
e  spiegazioni,  e  ragionamenti  di  che  gli  archeologi  hanno  arricchite  le 
collezioni  finora  in  questo  genere  di   oggetti   venuti  a  luce;   ma  poi- 
che  da  lui  stesso  apprendiamo  la  dillicolta   che  le  collezioni  amilto 
niane  ed   altre  di  simil  genere  sieno  ormai  pressoché  esaurite,  cosi 
a  comune  istruzione    ho  creduto  far   grata   cosa   a    chi   voglia    darsi 
a  questo  ramo    di    erudita    applicazione  ,    di    replicarne  qui    vai'ie 
lappresentanze ,    aggiunte   alle   inedite  eli   io   traggo  da   vasi  nuova- 
mente   scoperti  .    onde   aver    agio   di    mniliplicar   paragoni  .     Vi    ag- 
giungo altresì  dei  disegni   d'altre  men  rare  collezioni    onde    offri- 
re   all'  esame    de^li    studenti    di    tali  ossei  ti  le  varie  opinioni  fino 
ai    di  nostri    emesse  dai  dotti    suir  uso  di  questi  vasi  ,    sull^  epoca 
nella  quale  furono  fatti  ,    sullo    stato    delle   arti  nel    tempo    e    nel 
luogo  in  cui   le  pitture  di  questi  vasi  furono  eseguite  ,    e  special- 
mente sul  significato  «li  loro  in  gran  parte  astruse  o  arcane  rappre- 
sentanze.  Quest'  ultima  ricerca,    la  più  importante,  ;>  mio  credere  ,  e 
non    per    tanto    la    meno   sviluppata  ,    esige    pei'    quanto    sembrami 
r  osservazione  di   molti  e  molti    monumenti  ,  e  d^  ogni  qualità    del 
genere    stesso,  onde  scambievolmente  si   aiutino  a  recarci  chi  una, 
chi    un'  altra  scintilla  di  quella  luce  che  finora  nella   interpetrazio- 
ne  di  gi'an  parte  di  tali  stoviglie  si  è  con  pochissimo  fi'utto  cercata. 
Le    tavole  che    seguono   ,    presenteranno    al    curioso    spettatore    un 
abbondante  numero  di  pitture  di    vasi    sulle   quali  potrà    esercitare 
ampiamente  e    con  gloria  il  proprio  ingegno  a  spiegarle',  mentre  la 
maggior  parte  di  esse  restano  a  mio  parere  non  perancheintesenella 
significanza  totale  del  soggetto  ivi  rappresentato. 


TAVV.    CLXXIV    E   CLXXV.  Il5 

Chi  saprà  dirmi  per  via  d'  esempio  quel  eh'  esser  possa  il  sog- 
getto della  pittura  che  in  questa  CLXXIV  tavola  abbiamo  sott'  oc- 
chio? I  personaggi  che  vi  sono  introdotti,  del  pari  che  gli  altri 
oggetti  in  guisa  di  geroglifici,  che  sembrano  aflissi  alla  parete,  sono 
alla  mia  capacità  inesplicabili  ;  ma  intanto  vediamo  che  1'  insieme 
della  composizione ,  e  1'  azione  di  ciascuna  figura  ,  come  anche  gli 
oggetti  in  guisa  d^olFerte  da  quelle  figure  tenuti  in  mano,  hanno  gran 
rapporto  con  ciò  che  nelle  tavole  XII ,  XX ,  XXI  ,  XXII ,  XXXII , 
XXXIV,  XLII,  LUI.  LXVI.  LXVII,  LXVIII,  CXXVI,  CXXVII,  CXXXIV. 
CLV  ,  CLXX  si  è  già   veduto. 

TAVOLA    CLXXV. 

Neil'  Opera  su  i  vasi  fittili  del  D'  Hancarville  seconda  impressio- 
ne in  cinque  volumi  in  quarto,  edizione  parigina  con  le  tavole  in- 
cise dal  David,  colle  spiegazioni,  come  ivi  si  legge,  del  D'Hancar- 
ville  medesimo,  e  precisamente  alla  tav.  I  del  tomo  IV  e  alla  pag. 
i6i.  si  tratta  di  questa  pittura  stessa  colla  interpetrazione  di  una 
rappresentanza  di  Amazoni ,  con  le  lor  corazze,  e  vi  si  aggiunge, 
che  il  ramo  d'  olivo  figura  che  vi  s'è  voluta  far  vedere  una  fe- 
sta di  Bacco  celebrata  nell'  Attica,  nel  tempo  della  guerra  che  vi 
portarono  quelle  guerriere.  Io  volentieri  annuirei  a  tale  interpe- 
trazione .  qualora  mi  fosse  dato  conto  della  femmina  non  in  co- 
stume d'  Amazone  eh'  è  dietro  a  loro.  Spesso  vediamo  in  questi 
vasi  dipinti  un  militare  sedente  con  due  personaggi  che  l'  assi- 
stono. Anche  la  gran  corona  di  tenie  eh'  è  affissa  alla  parete  dif- 
ficilmente conciliasi  colla  presenza  delle  Amazoni  in  questa  rap- 
presentanza. 

Nella  grand'opera  del  D'Hancarville  edizione  di  Firenze  del  1808, 
quésta  pittura  occupa  la  tav.  XLIII  del  tomo  IV. 


Vas.   T.   II.  iL 


ii4 

TAVOLA  CLXXVI. 

Del  genere  stesso  inesplicabile  compariscono  ali  occhio  mio  le 
(lue  donne  qui  sedute  che  reggono  in  alto  i  loro  specchi.  Non  è 
frequente  in  queste  pitture  il  veder  donne  seminude  ,  sicché  vi 
dehb'  essere  una  ragione  concludente  perchè  sien  dipinte  in  tal  gui- 
sa. Io  ritrassi  questo  disegno  dalla  tav.  XLVII  del  tomo  IV  della 
grand'  opera  del  D"  Hancarville  su  i  vasi  d'  Hamilton  ,  ove  non  si 
trovano  che  pochissime  spiegazioni.  Ma  1'  hitei'pelre  della  seconda 
edizione  di  quest'  opera  intitolata  Antiquhés  etrusques ,  gi'ecques  et 
fomaines  gravées  par  A.  David,  avec  leurs  explications  par  D^ Han- 
carville, e  precisamente  alla  tav.  XXXI,  e  pag.  172,  dice  che  que- 
ste due  donne  sedute  tengono  in  mano  gì'  indizi  del  sole  e  della 
luna;  e  soggiunge  altresì  che  gli  ornamenti  dei  loro  astucci,  o  sieno 
cornici,  li  distinguono  dagli  specchi ,  sebbene  essi  pure  sien  sacri  a 
que'  medesimi  numi.  Ma  dall  interpetre  ci  è  lasciato  in  tutto  desi- 
derare di  sapere  su  quali  fondamenti  si  stabilisca  il  trattarsi  qui 
dei  due  astri  pi-imari. 

TAVOLA  CLXXVII. 

Potremo  annoverare  anche  questa  pittura  tra  quelle  che  dilli - 
cilniente  ottener  possono  una  sodisfacente  interpetrazione  .  Potre- 
mo peraltro  escluderla  dalle  rappresentanze  di  azioni  domestiche , 
attesoché  non  si  danno  tra  gli  uomini  i  Genii  alati  assistenti  ai  con- 
viti .  e  in  conseguenza  non  sarà  disdicevole  lo  inserirla  tra  le  sim- 
boliche ,  e  in  questo  caso  lice  il  supporre  che  i  due  recombenti 
siano  rappresentativi  di  due  anime  già  pervenute  ai  beati  riposi  tra 
gli  astri.  Mi  fa  pensare  a  ciò  quel  vedere  sì  spesso  ripetuto  un  tal 
soggetto  nei  sepolcri ,  giacché  le  urne  cinerarie  di  Chiusi  '  di  VoU 

I   Museo  chiusino,  tavv.  xxvi,  xuv. 


TAVOLA      CLXXVlI.  113 

terra  '  ,  di  Perugia  ^  hanno  tulle  su  i  lor  coperchi  sifalle  recoiii- 
benti  ligure ,  cos'i  vediamo  dipinti  i  recombenli  nelle  pareli  delle 
camere  sepolcrali  degli  Etruschi  ^;  su  di  che  ho  scritto  altrove  '•  ; 
come  anche  i  vasi  fittili,  che  pur  trovi.imo  nei  sepolcri,  hanno  ri- 
petutamente sillatli  soggetti ,  i  quali  pur  si  vedono  in  copia  nei 
bassi  rilievi  delle  urne  cinerarie  de'  Greci  ^.  Vero  è  che  uno  di  essi 
riportato  fra  i  monumenti  del  Museo  chiusino  *•  ha  tale  iscrizione 
greca  nerpoìeiiinon  da  farcelo  credere  un  modello  dei  funebri  con- 
viti ;  ma  poiché  mi  è  si  nuova  una  tale  iscrizione  da  non  saperne 
qui  notare  altra  simile,  mi  si  permetta  dunque  di  ammettere  come 
geiuiina  la  rappresentanza  di  quel  bassorilievo ,  del  quale  ho  già 
dato  in  altr'opera  simil  soggetto  7,  purché  io  sospenda  la  mia  fidu- 
cia sull^  antichità,  e  veracità  di  quella  per  me  si  nuova  iscrizio- 
ne, finché  io  ne  abbia  incontrate  e  verificale  altre  simili,  qualora 
si    trovino. 

Tornati  al  proposito  della  nostra  pittura  farò  anche  osservare 
che  i  recombenli,  sebbene  sembrino  stare  a  mensa  ,  pure  non  han 
desco  ,  né  cibi  davanti  a  loro  ,  ma  bensì  un  di  essi  ha  una  tazza 
che  sostiene  con  un  sol  dito,  quasi  che  indicasse  la  leggerezza,  e<l 
io  potrei  supporre  (  quando  nulla  ostasse  alla  mia  congettura  )  che 
quell  idea  di  leggerezza  da  ciò  promossa,  potesse  alludere  al  divino, 
e  perciò  spiritosissimo  nettare  che  nutriva  gli  Dei,  secondo  il  pensare 
dei  Gentili,  e  del  quale  nutrimento  pascevansi  anche  le  anime  [passate 
al  godimento  dei  giusti  e  dei  virtuosi^.  Il  candelabro  come  ho  detto 
altre  volte,  essendo  sostegno  di  un  lume,  può  significare  la  splendida  luce 
che  godono  le  anime  dell^  empireo  9;  ed  il  Genio  che  mostra  loro  una 
filsa  di  gioielli,  pare  che  rammenti  le  virtù  delle  quali  voglionsi  or- 
nate quelle  anime,  perchè  sien  giudicate  meritevoli  dei  piaceri  del- 

1   Monum.  eir.  ser.  i,  tavv.  i,  in.  5  Ivi,  ser.  vf,  tav.  B4,  num.  4- 

a  Dempsterus,  de  Etruria  regali, loin.  6  Tav.  di  corredo    A. 

1,  pag.   278,  lab.  XXXVI.  7   Monum.  etr.  ser.   vi,    tavv.  O2  , 

3  Museo  chiusino,    tavv.  cxxiii  ,  e  num.  4.  e  Gì,    num.    i. 
CLXxxin.  8  Ivi,  ser.   v,  pag.    374. 

4  Monum.  etr.  ser.  v,  p,  SjS  e  seg.  9  Ivi,  pag.  ^6i,  56i. 


Il6  DEI    TASI   FITTILI 

1'  altra  vita.  Quanto  ho  notato  finquì  può  servire  a  mostrarci  qua- 
le interpetrazione  si  possa  dare  a  questa  pittura  colla  probabilità 
di  qualche  verosimiglianza  fra  la  pittura  stessa  e  1'  apoteosi  delle 
anime;  tanto  più  che  il  vaso  della  quale  va  ornato,  s^  è  tro- 
vato chiuso  in  un  sepolcro  presso  un  cadavere,  alla  cui  anima  s  è 
forse  inteso  d'  augurare  un  destino  di  beatitudine  ;  ma  non  per 
questo  potremo  dire  di  sapere  il  significato  di  questo  soggetto  al 
segno  di  l'Cndersi  inutile  qualunque  altra  ricerca,  per  vie  diverse 
da  quelle  eh'  io  mi  detti  a  calcare  ,  e  lodo  moltissimo  i  rispettabili 
moderni  archeologi  Gerhard,  Panofka,  Quaranta  e  tant'altri  di  non 
inferior  grido  ,  i  quali  tentaron  di  recarci  le  spiegazioni  di  questi 
soggetti  stessi  per  altre  vie  da  queste  molto  diverse,  e  che  io  non 
manco  all^occasione  di  far  note  a  chi  legge  questi  miei  scritti. 

Chi  avrà  1^  agio  di  vedere  1'  edizione  fiorentina  della  prima 
l'accolta  Hamiltoniana  di  vasi  dipinti  in  foglio,  v'  incontrerà  la  pre- 
sente alla  tav.  XC  del  lora.  IV  ,  mentre  nella  seconda  edizione  in 
rfuarto  stampata  a  Parigi  é  alla  tav.  LUI,  ma  senza  interpetrazione. 

TAVOLA    CLXXVIII. 

L'  esame  di  questa  pittura  non  ci  pone  in  grado  da  poter  giu- 
dicare del  di  lei  positivo  significato  .  La  nudità  delle  figure  ci  fa 
sospettare  che  possa  essere  una  purgazione  ,  e  lo  strigile  .  che  per 
quanto  sembra,  tiene  in  mano  la  figura  di  mezzo,  può  dar  qualche 
peso  alla  congettura;  ma  qual  ne  sia  la  special  ceremonia  ?  Per» 
ohe  due  de'  giovani  coronati  e  non  tre  ?  Era  il  suo  originale  tra 
i  vasi  acquistati  dal  cav.  Hamilton  '  quando  fu  ambasciatore  a  Na- 
))oli.  sicché  dee  provenire  dalla  Magna-grecia  ,  ed  il  rito  che  vi  si 
usa  debb'  esser  greco  per  conseguenza  ;  ma  potremo  noi  lusingarci 
(:lie  ci  sieno  state  comunicate  per  iscritto  dagli  antichi  tutte  le  su- 
ore liturgie  di  quella  superstiziosa  nazione  ? 

I  Tom.  IT,  tav.  c%xi, 


117 

TAVOLA   CLXXIX. 

Maggiori  difTicoIlà  si  affacciano  a  spiegar  la  pittura  di  questa 
CLXXIX  tavola,  ove  si  vede  una  donna  sedente  che  ha  imbarazzate 
le  mani  con  un  ombrello  e  uno  specchio,  davanti  alla  quale  sta  in 
piedi  un  nudo  giovane  che  le  presenta  una  benda  gemmala  ',  e  tie- 
ne un  bastone  con  foglie  alla  man  sinistra,  appoggiatosi  col  braccio 
al  suo  manto.  Che  la  foglia  dipinta  al  disopra  del  capo  della  don- 
na sedente  sia  di  vite,  non  pare  che  se  ne  possa  allegar  molivi  da 
giudicarne  in  contrario  ,  quantunque  dir  si  potrebbe  allenente  al 
fico,  ed  a  vari  altri  vegetabili.  Vi  son  peralli'O  attorno  alla  fo- 
glia le  clavicole,  ossian  viticci,  che  son  propri  non  del  fico,  ma  del- 
la vite  che  attaccasi  per  loro  mezzo  al  pioppo  o  al  palo  che  la  sostie- 
ne ,  e  per  la  lor  natura  di  avvolgersi  spirabnente  somigliando  al- 
l'onde  dell'acqua  che  pur  si  avvolgon  in  loro  slesse  ,  crederei 
che  indicassero  1  umida  natura  ^  ,  alla  quale  presiede  Bacco  dal- 
la vite  simboleggialo  ,  di  che  ho  pure  detto  non  poco  altrove  3, 

L  ombrello  che  ha  in  mano  la  donna  fece  supporre  Cerere  al 
suo  espositore,  che  fu  il  P' Hancarville  .  allorché  la  sua  opera  sui 
vasi  amilloniani  fu  pubblicata  in  minor  sesto  a  Parigi,  mentre  nella 
prima  edizione  d'Italia  vi  si  trova  soltanto  alla  tav.  5i  del  tom.  u, 
il  disegno  qui  ripetuto.  Io  pure  all'occasione  di  trovar  ombrelli  si- 
mili in  queste  pitture,  ra  impegnai  a  provarli  simbolici  delle  ombre, 
e  uno  di  essi  lo  giudicai  pertinente  a  IVoserpina.  deità  speciale  del- 
l'inferno,  che  unitamente  con  Cerere  e  con  Plutone  fornian  la  fa- 
vola tanto  celebrala  del  ratto  di  quella  vergine  diva,  e  che  ne' mi- 
steri ei'a  un'allegoria  continuata  del  giro  delle  anime  4  .  Se  dun» 
que  ci  persuadiamo  di  ciò  che  ho  detto,  verremo  a  supporre  sen za 
grave  difficoltà    che  il  giovine  presentatosi  davanti  alla    donna    se- 

I    Ved.  tom.  i,  pag.  aj.  3  Monum.  eir.  ser.  ii,   pag.  298,  «g. 

a   Ved.  le  spiegazioni  delle  tavv.ci,  e  ger.  v,  p.  \6. 

e  cxxì.  4  Monum.  etr.  ser.  v,  p.  /[/fo,   44'-' 


1  l8  DEI     VASI    FITTILI 

dente  esser  possa  un  anima  d  un  iniziato  che  Lia  1  ombre  attende 
tla  quella  divinità  il  proprio  destino.  La  benda  gemmata  pare  a  me. 
che  indichi  il  merito  che  per  le  praticate  virtù  gli  fa  titolo  a  chie- 
dere la  beatitudine.  Se  poi  osserviamo  anche  d  costume  già  prati- 
cato in  altre  simili  pitture  nella  rappresentanza  degl'  iniziati  o  delle 
anime  loro,  che  notai  nelle  spiegazioni  delle  tavv.  XII,  e  XX  ,  non 
esiteremo  a  supporre  che  si  questa,  che  quelle  figure  di  nudi  gio- 
vani col  manto  avvolto  al  braccio  abbiano  un  significato  medesimo. 
Ma  tutti  i  surriferiti  schiarimenti  son  forse  bastanti  ad  assicurarci 
che  qui  si  tratta  del  soggetto  da  me  suppostovi?  Io  stesso  che  lo 
propongo  non  mi  ci  affido.  Non  è  però  eh  io  non  veda  nel  tralcio 
di  vite,  nell'ombrello,  e  nelle  due  figure  di  questa  pittura  una  rap- 
presentanza spettante  ai  misteri  di  Bacco,  Cerere  e  Proserpina.  ove 
trattavasi  principalmente  del  destino  delle  anime,  di  che  m^  è  sem- 
brato trovare  altre  prove  nelle  pitture  di  questi  medesimi  vasi  di 
che  qui  si  tratta. 

TAVOLA    CLXXX. 

Vedesi  qui  dipinta  Arianna  con  la  E^erula ,  simbolo  di  Bacco. 
Questa  nobile  eroina  è  celebre  per  i  suoi  capelli .  la  cui  bellezza 
indicata  in  questa  figura  fecele  dare  da  Omero  l'epiteto  di  bella  chio- 
ma '.  Arato  disse  altresì  che  il  diadema  da  lei  usato  fu  dipoi  collo- 
cato nel  numero  degli  astri.  Questa  è  la  ragione  perchè  indicata  la 
forma  d'un  astro  presso  il  Genio  femminile  d'Arianna,  che  tiene  un 
vaso  con  delle  chicca  di  sesamo,  ripetuto  anche  sulla  colonna  simbo- 
lica della  sposa  di  Bacco,  di  che  è  pur  simbolo  anche  l'altra  colonna.  La 
di  lei  manifestazione  si  schiarisce  per  mezzo  della  donna  appoggiata 
su  ([uel  simbolo  stesso.  L'oggetto  che  questa  ninfa  ha  in  mano  par 
tutt'altro  che  specchio,  a  motivo  del  circolo  che  vi  si  vede  ti'acciato 
in  mezzo.  Questo  vaso  interessante  s\  pel  soggetto  che  pel  dipinto  fu 

I    lliaJ.  V.   Squ. 


TAVOLE    CLXXX,    CLXXXI,    E    CLXXXII.  II9 

dissotterrato  a  Pesto  presso  il  muro  occidentale  di  questa  si  antica  città. 
Tuttociò  si  legge  nel  toni.  II,  alla  spiegazione  della  tav.  LXX,  e  pag. 
i3i  dell  Opera  del  D  Ilancarville  stampata  in  Parigi  rapporto  alla  pit- 
tura che  qui  ripelo  ,  acciò  si  esamini  se  precisamente  si  può  asserire 
che  la  donna  pomposamente  vestita,  sia  veramente  Arianna,  o  se  seb- 
bene concessa  una  tale  inlerpetrazione ,  potremo  nondimeno  indi- 
care a  quale  avvenimento  dei  finora  noti  di  quell  eroina  fatta  Dea 
si  possa  alludere  ogni  altro  aggiunto  di  questa  pittura.  Le  dirti- 
coltà  di  un  tale  schiarimento  mi  fan  porre  questa  pittura  fra  le  dif- 
ficili ad  essere  sodisfacentemente  spiegate. 

TAVOLE    CLXXXI,    CLXXXIL 

Tra  le  pitture  ambigue  dei  vasi  fittili  che  si  pubblicano  ,  pare 
a  me  che  le  presenti  già  edile  nella  prima  edizione  Hancarvilliana 
tom.  Ili,  tav.  4?!  e  con  inlerpetrazione  nella  seconda  tom.  III.  tav. 
XXXVIII,  sian  men  macolate  da  ipolesi  di  non  poche  altre  che  si 
leggono  in  opere  di  tal  genere  ,  purché  per  altro  si  rilengan  queste 
di  assai  difficile  inlerpetrazione.  Ecco  per  tanto  quel  che  ne  dice 
il  dotto  loro  espositore. 

«  Alene  aveva  un  tempio  di  Giove  Olimpico  incomincialo  da 
Pisistrato,  e  terminato  dall'  imperatore  Adriano.  Il  suo  recinto  era 
secondo  Pausania  ',  quattro  stadi  all' incirca  ,  vale  a  dire  quasi  un 
miglio  d  Italia  ,  ove  non  si  trovava,  a  suo  dire,  nessun  luogo  che 
mancasse  di  statue.  Chiudeva  quivi  un  tempio  sacro  a  Rea,  e  il 
bosco  sacro  nominato  il  bosco  d  Olimpia.  Questa  descrizione  può 
darci  una  idea  del  vasto  circondario  del  tempio  d'  Eleusi .  la  cui 
grandezza  si  vantava  immensa  '.  .  .  ^  i  si  aggiunse  in  oltre  un  edi- 
lìzio paragonabile  a  un  gran  teati'o  ^,  non  inferiore  a  quel  di  Mar- 
cello, né  a  quel  di  Pompeo  35. 

ce  Secondo  Aristide  4,  il  tempio  di  Cerere  conteneva  maggior  mi- 

I  Lìb.  I.  3  Strab.  iìb.  ix. 

a  Vitruv.  lib.  ni.  4  '"  Pareaihes. 


)  20  DEI    VASI    FITTILI 

mero  d' individui  di  quel  che  in  altre  citt:\  potessei'O  trovarsi  in 
occasione  di  feste  solenni.  Decorato  da  Fidia  fu  anche  aumentato, 
considerabihnente  eabbeUito  dall'architetto  Filone  al  tempo  di  De- 
metrio Falereo;  sembra  insomma  che  in  concorso  col  tempio  di  Be- 
lo sia  stato  1  edifizio  più  considerabile  che  abbia  avuta  esistenza, 
hi  quel  santuario  si  univa  la  religione  pei  misteriosi  spettacoli  quan- 
to avea  di  più  terribile  e  di  più  augusto  ;  quel  che  la  storia  e  le 
favole  di  altre  regioni  celebravano  per  mezzo  della  più  sublime 
poesia,  là  vi  divenivano  anche  più  rimarchevoli  nella  rappresentan- 
za che  se  ne  dava  di  quello  che  se  fossero  accaduti  sotto  gli  oc- 
chi medesimi  degli  spettatori.  Ciò  che  si  vedeva  e  senti  vasi,  con- 
tribuiva viepiù  all'  illusione.  Alle  più  dense  tenebre,  alla  oscurità 
più  profonda,  ai  tuoni,  ai  lampi,  alle  apparizioni  funeste,  che  riem- 
pivano 1  anima  e  lo  spirilo  d'ansietà,  di  timore .  di  spavento  ,  e  di 
orrore,  succedeva  una  splendentissima  luce,  quasi  divina,  e  cosi  ad  un 
tratto  dal  «eno  del  terrore  passavasi  a  de^  luoghi  piacevoli,  ove  dei 
simulati  verdeggianti  prati ,  ove  la  dolcezza  della  musica  .  la  grazia 
del  ballo,  e  d'  altri  spettacoli  aggiungevano  alla  maestà  delle  cose 
sacre  quella  santità  di  cui  si  volea  rappresentare  la  storia.  Tuttociu 
fedelmente  tratto  dagli  scrittori  d'Aristide,  da  Temistio,  da  Fleto - 
ne.  da  Stobeo,  i  cui  passaggi  trovansi  registrati  separatamente  nel- 
1  opere  del  Meurzio  voi.  IX,  dimostra  a  qual  punto  di  pompa  e 
magnificenza  furon  portali  gli  spettacoli  mislici  nelle  feste  delle 
iniziazioni  d^  Eleusi  ". 

«  Vi  si  rappresentarono  dice  Proclo  i  lamenti  di  Proserpina  e  di 
Cerere,  si  può  osservare  che  questa  sorte  di  scene,  alcune  delle  quali 
sono  storiche,  ed  altre  spettano  alla  favola,  trovandosi  frequentemen- 
te disegnale  su  i  vasi  del  presente  genere,  esse  schiariscono  quel  che 
dicon  gli  autori,  e  ci  rivelano  varie  cose  che  quegli  scritti  non  ci 
hanno  potuto  insegnare.  Le  pitture  delle  quali  si  tratta  qui  sono  ri- 
marchevoli in  questo  senso  ,  perchè  rappresentano,  come  suppone 
r  espositore,  lai-rivo  di  Cerere  ad  Eleusi  ;  avvenimento  che  dette 
in  seguito  occasione  d'  istituire  i  di  lei  misteri  ». 


TAVOLE    CLXXM     CLXXMI.  1  i  I 

«  fili  olivi  espressi  in  queste  due  pitture  indicano  il  luogo  dell'ac- 
caduto. Fu  l'Attica  .  verso  la  cui  estremità  era  situata  la  città  di 
l'.Ieusi  .  In  mezzo  alla  seconda  si  vede  il  pufeale  in  forma  di  vaso 
rovesciato  ,  die  cingeva  il  pozzo  di  Callicore  ,  intorno  al  quale  le 
ragazze  si  adunavano  |)er  foiiuar  dei  balli  ,  e  cantar  inni  in  onore  di 
Cerere  '.  A  questo  pozzo  la  Dea  si  riposò  tre  volte,  come  lo  dice 
Callimaco  nell'  inno  a  Cerere  ». 

t.  Immersa  costei  nella  più  sensibile  alllizioiie  non  potendo  tro- 
var la  sua  figlia  rapita  da  Plutone,  si  rifugiò  presso  Eleusio  secon- 
do qualcli'iino,  o  secondo  altri  in  casa  di  Celeo.  La  Melicerta.  o 
la  donna  iniziata  che  la  rappresenta,  è  qui  in  un  attitudine  suftìcente 
a  mostrare  una  profonda  tristezza.  Vedesi  un  Genio  accosto  a  lei,  e 
questo  è  spiegato  peri'  Amore  che  riconoscono  alla  cassetta  mistica 
di  Venere  tenuta  per  una  donna  che  g^i  sfa  alcpianfo  indietro,  co- 
me anche  al  suo  arco  ,  stando  in  atto  di  offriilo  alla  Dea.  per  far 
conoscer  la  causa  del  di  lei  abbaltimenlo,  e  domandargliene  perdo- 
no. Presso  Cerere  è  situata  la  vecchia  nominata  Fambea  per  Apol- 
lodoro.  e  Bambo  da  Clemente  Alessandrino,  e  Metanira  da  Nicandro. 
Costei  volle  sollevar  Cerere  da  tanto  abbattimento,  e  gli  offri  una 
composta  bevanda  che  fu  rifiutata;  intanto  il  \  aso  ai  di  lei  piedi 
rovesciato,  mostra  il   rifiuto  della  bevanda    che  vi  si  conteneva  ». 

"  Per  distogliere  la  tristezza  della  Dea  questa  vecchia  sfacciata 
ebbe  ardire  di  mostrarsi  a  lei  in  un  alto  indecente,  mezza  a  nudo; 
che  per  altro  fece  rider  Cerere.  In  memoria  della  bizzarria  di  que- 
st'  atto  si  dice  che  il  pettine,  detto  da  Apuleio  mondo  muliebre,  o 
bigiù  femminile,  fu  posto  fra  gli  oggetti  della  cista  di  Cerere  in  qua- 
lità di  cosa  sacra,  come  nelle  ciste  di  Bacco  fu  posto  il  fallo.  Or 
questo  pettine  si  crede  vederlo  in  un  astuccio  presso  il  vaso  ro- 
vesciato del  nostro  disegno.  Sajipiamo  da  Ateneo  che  gli  abitanti 
di  Siracusa  lo  facevano  di  pasta  di  miele  e  di   sesamo  ^. 


1    Paman.  in  Attic.  a    Ailipn.  Deìmn.   Iib     xiv. 

ras.  r.  II. 


112  LEI     \ASi     FlTriLI 

«  Iliona  moshe  di  ricusi,  e  madre  di  Celeo  che  licevelte  Cerere 
in  casa,  è  i-appresentata  dalla  figura  sedente  immediatamente   vicina 
a  Metanira.  Si  riconosce  Dlocle  in  quel  giovine  parlante  a  Cerere,  il 
(luale  fu  un  dei  due  che  ella  istruì.   In  un  inno  di  cui  Pausania  ci 
ha   conservato  un  frammento;   Omero  lo  chiama  domatore  di  cavalli; 
la  lancia    indica    questa   qualità  ,    in   quantochè    serviva   in    vece    di 
staffa  presso    gli    antichi    per  salire  a  cavallo  '.   Ecco  perchè  si   tro 
\a  sempre  l'asta  nelle  mani  di  Castore  che  presedeva  alPequitazione. 
Le    due    figure    situate    all'  alto    della    composizione    indicano  un^d- 
tio   avvenimento.    Cerere    ivi   mostra    al   giovinetto    Trittolemo  una 
tazza  piena  di  frumento,   insegnandoli   a  farne  uso;  non  meno   che  a 
colti\arlo.   » 

"   Nella  prima  di  (£ueste   ^jitture  Cerere  assisa  presenta  una  corona 
ad  Eumolpo,  il  quale   tiene  un  cinto  eh  è  il  simholo  della  legge  che  la 
Dea  dette    agli     uomini,  dal    che   le  ne   senne  il  nome  di  Tesmofoia 
e   legislatrice.   Dietro  di  lei  una    donna  tiene   una    corona   di   sesamo 
con  un  ramo  di    olivo   per  indizio    del   territorio  di  Atene.   Si   sede 
sotto  Cerei'e  l'indicazione  di   Bacco  pel  globo.  Quel  della  Dea  con- 
siderata come   Diana  si  trova    al  di  sopra  della    misteriosa    cassetta. 
Le  cinture  e  le  tazze  piene  di   frumento  nelle   mani  delle  donne  e 
del  Genio  che   si   \ede  qui,  potrehhero  indicare  la  istituzione  dei   nli 
impiegati  ne' misteri  d  Eleusi  e  conlidati  alla  famiglia  degli  Eumol- 
pidi.  In  quanto   poi  alla  figura  quadrata  posta  quasi  sotto  la  Dea  vieu 
supposta  rappresentativa  della  famosa  pietra  dove   in   principio  si  as- 
.sise  Cerere  ^  ". 

Queste  pitture  sono  molto  importanti,  in  quantochè  ci  mostrano 
secondo  il  parere  dell  interpetre  la  maniera  di  rappresentare  i  fatti 
che  dettero  occasione  a  questo  mistero  sì  celebre,  e  si  occulto,  che 
Pausiana  dice  in  quanto  alle  cose  che  si  conservano  nell  interiore 
del  tempio  esser  proibito  di  rivelare,  e  non  permesso  a  chi  non  sia 
ia'./.i.ito,  neppur  di  prendersi  la  libertà  d  informarsene  per  sempli- 

!    \eiio(>ìion,   la  ei|uiial.   y,  s.    i;  a  Ovid.   Fasi.  iv. 


TAVV.    OLXXXl,    CLXXXII,    CLNXXIII.    fXXXMV,  E  CLXXXV.  ì  23 

ce  curiosità.  Qui  linterpelre  propone  il  giudizioso  (juesilo  come  ciò 
che  era  proibito  il  sapere  si  dipingesse  nei  vasi,  e  crede  insolubile 
la  questione  senza  il  rapporto  che  (piei  pittori  medesimi  che  li  fa- 
cevano fossero  iniz.iali.  Può  anche  darsi  che  la  manieria  oscura  nella 
quale  son  composte  ([ueste  pitture,  sia  slata  sufTicente  per  nascon- 
dere il  segreto  a  quegli  inclusive  che  1  eseguivano  coi  modelli  che 
loro  si  davano.  .  .  Se  dunque  tali  cose  compariscono  sì  fortemente 
imbrogliate  anche  per  chi  eseguivale  in  pittura,  s'erano  una  specie 
d'  enigmi  ,  e  di  misteri  inclusive  per  gli  antichi  ,  non  ci  dobbiamo 
pivi  maravigliare  della  diflìcoltà  che  s'  è  incontrata  fin  ora  a  spie- 
garle. j)0ichè  si  tratta  d'  una  materia  del  tutto  nuova,  mentre  dob- 
biamo a  rigore  considerar  come  nullo  ogni  scritto  fin  ora  in  questa 
materia  pubblicato  '    ». 

TAVOLE    CLXXXIII,    CLXXXIV. 

Le  due  figure  qui  espresse  in  atto  di  ballare,  pare  che  abbiano 
un  significato  medesimo,  giacché  vi  si  uguaglia  ogni  accessorio,  vo- 
glio dire,  che  oltre  la  colonna  vi  è  in  andjedue  le  pareti  un  ogget- 
to circolai'e  qual  più  qual  meno  semplice,  ma  non  facile  a  spiegarsi. 
Forse  avverrà  che  altri  soggetti  di  simile  o  analogo  argomento,  aven- 
do qualche  cosa  di  più  positivo,  daranno  luce  a  questi  due  che  per 
la  mia  parte  restano  ignoti.  Queste  due  pitture  sono  tratte  dal  toni. 
I,  tavv.    LIX,  e  CVII,  della  prima  Raccolta  amiltoniana. 

TAVOLA  CLXXXV. 

1  due  gruppi  fra  loro  simili  composti  da  due  figure  di  vario 
sesso,  ch'io  trovo  dipinti  in  un  vasetto  inedito  del  museo  di  Firen- 
ze, ma  proveniente  dalla  necropoli  di  Volterra  ,  si  posson    classare 


1    Anliquites  etr.   grec.  el  romaines  par  <rHancarviI!i>,    lom     in,   Paris 

gravees  par  David  avecleursexplic.  1^87,  pi   xnxvui,  d,    iji. 


124  DEI    VASI    FITTILI 

(•a  i  so^tsettl  (li  non  chiaro  significato.  Gli  scavi  medesimi  hanno 
(lato  l'altre  pitture  che  sono  alle  tavv.  LXVII,  LXVIII,  e  CXXXl,  in  due 
delle  quali  si  vedon  gruppi  di  figure  quasi  simili  fra  loro  d'un  satiro,  e  di 
una  ninfa,  e  poiché  rapporto  al  significato  di  quella  nuH'altro  si  potette 
stahilii-e  se  non  che  il  sospetto  ch'esser  vi  potesse  rajjnesenlata  una 
qualche  cerimonia  degl'  iniziati  riguardo  alla  loro  purificazione;  cosi 
diremo  di  questa  che  vi  sian  pure  espressi  alcuni  di  quei  bac- 
chici riti  e  misteriosi  che  non  conosciamo  nella  pienezza  di  loro 
andamento.  11  tirso  che  quasi  tutte  le  figure  hanno  in  mano  ugual- 
mente che  le  code  ferine  e  le  orecchie  di  que  satiri  ci  fanno  av- 
vertiti della  bacchica  misticità  di  questo  soggetto;  e  le  prolisse  te- 
nie che  han  fra  mano,  quantunque  possano  aver  significati  diversi  , 
pure  nei  dipinti  de  vasi  littili  sogliono  esser  non  di  rado  argomento 
di   iniziazione  '. 

Lo  stile  di  questo  disegno  ha  un  carattere  che  suol  vedersi 
liclle  opere  della  decadenza  delle  arti;  e  poiché  a  quell'epoca  de- 
cadde anche  lo  zelo  del  gentilesimo,  e  per  conseguenza  venne  me- 
no il  culto  de'  misteri  bacchici  ,  cosi  può  essere  accaduto  che  in 
ultimo  andato  in  disuso  il  misterioso  cerimoniale,  eia  pratica  delle 
sue  liturgie,  si  ponesse  altresì  nei  vasi  dipinti  soltanto  qualche  se- 
gnale che  1  aiiimentasse  come  Bacco  era  il  protettore  dei  morti  ^. 
In  somma  quanto  dissi  riguardo  al  soggetto,  come  anche  allo  stile 
circa  la  pittura  posta  alla  tav.  LXVII,  può  servire  a  dar  lume  anche 
a   questa   perché  provenienti  ambedue  dagli  scavi  medesimi. 

T  A  \  O  L  A  CLXXXM. 

Il  vaso  che  ha  queste  figure,  è  inedito  presso  Mons.  Maggi  vescovo 
d  Arezzo,  ed  è  rosso  con  figure  nere.  È  chiaro  che  le  due  superiori 


1  Ved.  la  spiegazione  della  tav.  cvni.  201,  344»  ser.  n,   274,  7a3,ej€r 

2  Monutn.  etr.  ser.  i,  p.  g5,   aoo  ,  v,  avvertimento  v. 


TAVOLA    CLXXXVI.  1 '20 


figlile  hanno  per  le  lor  code  ferine  un  inconlraslabile  indizio  d'es- 
ser due  saliri  seguaci  di  Bacco,  ed  è  altresì  nolo  clie  i  cultori  di 
tal  nume  erano  propriamente  gì' iniziati  ai  di  lui  misteri',  tantoché 
si  potrebbe  dire  che  ivi  si  rappresentassero  due  iniziati  sotto  le  sem- 
bianze di  satiri;  e  noi  giudicammo  altrettanto  della  pittura  che  \e- 
desi  nella   tav.   antecedente. 

Nella  parte  inferiore  di  questa  incisione,  che  nel  vaso  corrispon- 
de alla  parte  opposta  ali  altra  che  (pii  si  vede  superiormente,  vi  si 
ravvisano  altre  due  ligure  le  quali  indossano  un  manto  precisa- 
mente nella  foggia  medesima  che  son  coperte  replicalamenle  le  fi- 
gure dipinte  nei  sepolcri^,  e  che  da' moderni  archeologi  credonsi 
personaggi  destinati  a  rappresentar  1'  allegrezza  degli  abitatori  nel- 
le diuiore  di  beatitudine  ■*.  Pare  in  soomia  che  nell'  insieme  del  va- 
so vi  sia  scritto  quasi  gerogliGcamente  con  quelle  figure  ,  che  gli 
iniziati   otterranno  dopo  la  morte  una  vita  nuova  e  beata. 

Se  osservo  lo  stile  ,  o  sia  la  maniera  del  dipinto  vi  trovo  una 
cognizione  suilìcenle  nelle  proporzioni  del  corpo  umano,  ma  una 
esagerata  imitazione  dell'antico  e  rozzo  stile  nei  volti,  come  nelle 
estremila  delle  meuibra ,  quasi  che  si  volesse  o  ris|)ettare  il  prisco 
stile  degli  antichi  fondatori  del  culto  bacchico  e  mistico  ]>assato  a 
decorarne  i  vasi  che  ponevansi  nei  sepolcri ,  o  si  voleva  realmente 
far  credere  che  quella  pittura  fosse  d  antica  data.  Tutto  in  som- 
ma concorre  a  farci  credere  che  quelle  stoviglie  non  furon  fatte 
ad  oggetto  di  far  pompa  delle  bellezze  dell'  arte  ,  ma  piuttosto 
per  alimentare  delle  superstiziose  dottrine.  In  altra  occasione  detti 
conto  d'un  vaso  inedito  di  uguale  stile  trovato  come  il  presente  nel 
territorio  d'Arezzo  4. 


1  Monum.  etr.  ser.  n,  p-  6o3.  3  Gerhard,  Dichiararioue  delle  pittu- 

2  Mas.  Chiusiao  tav.  clxtixu,  Mo-  re  della  grotta  Querciola  negli  an- 
numeali  inediti  pubblicati  dall'  i-  nati  dt-ll  isliluto  di  corrispondenza 
stituto  di  corrispondenza  archeo-  archeologica  per  l'anno  i83i,  un», 
logica  per  l'anno  i83o  ,  Editore  m.   p.   35o. 

Th.  Poncfka  in  Parigi,  ut.  xxxin.  4   Monum.  etr    ser.   v,  tav,   ir. 


lub 


•    TAVOLA    CLXXXVll  . 

L'  erudito  interpetre  di  questa  elegante  piuma  gii  puhlicata 
altra  volta  ',  ci  raninienla  che  Isocrate  rinomato  oraloie  ateniese 
volle  esercitare  il  suo  talento  e  facondia  .  onorando  Elena  ti'  un 
suo  panegirico.  In  questo  egli  esalta  le  di  lei  prerogative  a  segno 
che  per  esse  egli  dice  aver  ella  acquistata  non  solo  1'  immortalità, 
ma  una  potenza  divina.  Per  argomento  di  tal  potenza  ne  adduce 
1  fatto    della    apoteosi   ali   onor    della    quale    condusse  i  suoi  fratelli 


Castore  e  Polluce,  ascrivendoli  al  numero  degli  Dei.  Ogni  altra  ri- 
Uessione  del  prelodato  interpetre  pare  a  me  da  tacersi  per  brevità, 
non  prestandosi  a  maggior  lustro  della  pittura.  Crede  peraltro  che 
qui  sia  1  anima  d""  Elena  quella  donna  eh  è  presso  a' Dioscuri  .  e 
perciò  munita  d'  ali.  Io  non  so  quanto  sian  bene  appropriate  le  ali 
ad  Elena  soltanto  per  mostrarne  lapoteosi,  ma  so  che  quella  don- 
na potrebbesi  francamente  riguardare  per  una  ^itloria.  tanto  più 
che  altre  di  tali  Dee  si  vedono  con  bende  simili  a  quelle  che  qui 
ella  sostiene  colla  man  destra.  D'altronde  abbiamo  esempi  che  gli 
antichi  rappresentassero  Elena  munita  d'ali  ^.Questo  vaso  dev  esser 
prodotto  dalle  fabbriche  della  Magna -Grecia. 

T  A  V  OLA    CLXXXVIII. 

Il  vaso  inedito  che  porta  le  due  rappresentanze  qui  espresse  fu 
trovato  negli  scavi  di  Orbetello  ,  dove  si  crede  che  fosse  l'antica 
Subcosa.  Superiormente  ben  si  vede  rappresentata  una  Vittoria  con 
uno  scudo  o  con  timpano  o  cosa  tale,  senza  peraltro  che  se  ne  possa 
ben  comprendere  l'  oggetto  per  cui   vi  fu  dipinta.  E  dunque  lecito 


I    Fontani,    Pitture  de'  vasi     antichi  lav.  xv,  p.   a/J- 

posseduti   dal  cav.  Hamilton  pri-  2    Moti.  eir.  ser.   vi,  tav.  Y,  num.  a. 

ma   edizione  fiorentina    toni,   iv  , 


TAVOLE    CLXXXVIII,     E    CLXXXIX.  l'iy 

il  congetturare    che  la  ^  iltoria    stia  qui  a  rammenlai'e    la  beatitu- 
dine   conseguita   dal    defonlo    a    cui    lu    oll'erto  il    vaso.    Non    cosi 
del    soggetto    rappresentato    nella    inlerior    parte    di    questa    tavo- 
la, di  cui  potremo  dire  clie  il   vaso  presente  essendo   liovalo   in'lo- 
scana    egualmente    che    1   altro    posto    alla    Tav.    CLXXXV  ,    e    in 
ambedue  vedendosi  delle  donne  nude  con   vitte  in  mano  e  iunghis- 
sime,  è  da  credere  che    anche  qui  sia  rappresentato   qualche    sog- 
getto   bacchico  ,    relativo    ai    misteri  ,  e  può    dare  un    aj)poggio    al 
supposto  quel  mistico  vanno,  o  tamburo  che  hanno   in  mano  le   (1- 
giue  dell  una   e  dell'  altra   parte  del   vaso.   Lo  stile  del  dipinto  non 
è  infelice,  ma   \i  si    prendono    licenze     iaammisibili    nella    lor    prò- 
porzione,   mentre  le  donne    mostransi  trop[)0  inferiori  d  altezza  al- 
1   uomo  che  stassi  assiso   in  mezzo  a  loro:  ed  io  giudico  tali  errori 
conformi  ai   vizi  dell'arte  nella  sua  decaderza. 

T  A  VOLA    CLXXXIX. 

L^  arte  in  decadenza  nelle  pitture  de  vasi  lìttili  più  che  altrove  ma 
nifestasi  nell  inedilo  vaso  eh  io  pidiblico  in  questo  numero  CLXXXIX, 
e  con  essa  \a  per  lo  più  congiunta  una  tale  confusione  di  acces- 
sori e  d^  emblemi  da  non  permettere  si  facilmente  di  ravvisare  il 
significato  di  tali  pitture.  Il  vasetto  eh  io  qui  ho  preso  in  esame 
Ila  nel  suo  collo  un  soggetto  che  non  sembra  da  equivocare;  im- 
1  erciocchc  vi  si  vede  chiaramente  Giove  che  nella  sinistra  re^ae  il 
consueto  suo  fulmine,  e  frattanto  stende  la  destra  per  otte;. ere 
nella  sua  patera  d  nettare  che  gli  mesce  la  giovinetta  Lbe  ,  distin- 
ta in  modo  speciale  dalle  sue  ali .  come  si  trova  presso  ad  Erco- 
le mescendo  il  nettare  in  uno  specchio  mistico  inedito  in  casa  dei 
Marchesi  Guadagni  in  Firenze.  A  questo  proposito  rammentar  si 
potrebbe  il  cidlo  che  nella  Subcosa,  dove  fu  ritrovato  il  vaso,  eb- 
be (jiove    col  nome    speciale    di  \  icilino  '.   K  da  sospettare    che   la 

i   Tii.  Livio  decad.  in,  lib.  iv,  e.  53. 


I  ìB  pei  vasi  fittili 

mitologia  dei  Gieci  Jeclinanilo  nella  sua  le;  illazione  o  fervore  di 
cullo,  fosse  in  Fllruiia  ritirata  in  quei  tempi  che  fu  fatto  il  va^o 
dall'anHiiissioiie  a  tali  stoviglie,  sostituendosi  il  cullo  nazionale,  che 
non  si   ravvisa   nei  monumenti   che   sembrano  di   più   antica  data. 

Nella  pittura  inferiore  si  vedono  tre  figure  ,  consistenti  in  un 
Satiro  e  due  Baccanti,  ma  (piai  sia  la  occupazione  loro  e  quale  il  si- 
gnificato del  loro  aggruppamento  non  mi  par  facile  a  indovinarsi. 
Moho  meno  è  da  intendere  quel  che  sia  quell'oggetto  in  guisa  di 
gran  corona  appesa  alla  parete  che  vedesi  tra  la  donna  ed  il  Satiro, 
ne  meii'  oscuro  si  mostra  1'  oggetto  che  il  Satiro  tiene  in  mano.  La 
forma  stessa  del  mostro  assai  degenera  dal  condicio  ,  e  per  modo 
che  del  caratteie  di  Satiro  non  ha  che  la  semplice  coda.  E  poiché 
lo  stile  mostra  qui  pure  uno  stato  dell'  arte  in  decadenza  ,  mentre 
vi  sono  mosse  ed  andamenti  propi'i  soltanto  dell'arte  già  maturata, 
COSI  non  sareblie  strano  il  supporre  che  atteso  il  disuso  in  cui  an- 
darono i  baccanali  negli  ultimi  tempi  del  gentilesimo,  se  ne  prose- 
guissero le  pitture  bacchiche  unicamente  per  uso  de  vasi  da  sepol- 
cri,  ma  con  tale  trascuratezza  da  mostrare  dimenticate  già  le  an- 
tiche maniere  delle  rappresentanze  greche,  e  forse  vollesi  rammen- 
tare il  prisco  fare  dei  pittori  soltanto  nelle  scorrezioni  allettale , 
come  si  vede  nelle  mani  del  satiro  di  che  abbiamo  già  mostra- 
ti altri  esempi  nelle  tavole  CXXVII  ,  CXXX  e  CXXXT,  i  cui  origi- 
nali provennero  al  par  di  questo  dall' Etiuria,  e  particolarmen- 
te da  Siibcosa. 

T  A  V  0  L  A    CXC. 

1  due  giovani  con  aste  in  mano  ed  un  leggier  manto  gettato 
sulle  lor  braccia,  in  atto  di  favellar  fra  loro,  mentre  un  di  essi  ha 
presso  di  se  uno  scudo  ed  un  berretto  ,  è  tema  che  dà  luogo  a 
molle  congetture,  ma  non  permette,  a  parer  mio.  di  assicurare  una 
sodisfacente  interpetrazione  .  Lasceremo  per  tanto  ogni  congettura 
su  tal  proposilo  e  noteremo  semplicemente  che  essendo    presso    di 


TAVOLE    CXC    E    GXCI.  129 

loro  un  uomo  barbalo  ed  ammantato  con  bastone,  potremo  giudi- 
car questo  un  pedagogo,  o  maestro  del  gimnasio,  eque'giovani  due 
apprendisti  dei  virtuosi  esercizi  del  corpo  che  nei  gimnasi  e  nelle 
palestre  insegnavansi  ,  e  la  ragione  del  dipinto  fu  probabilmente 
di  rammentare  colle  virtù  del  corpo  quelle  dell'  animo  ,  che  nelle 
iniziazioni  esigevansi  per  fare  sperare  agli  adepti  una  beatitudine 
di    vita  perpetua. 

Non  ostante  nella  seconda  edizione  amiltoniana  si  legge,  che  quei 
due  giovani  potrebbero  dirsi  Oreste  e  Pilade  armati  come  gli  eroi 
degli  antichi  tempi,  nell'atto  di  partire  da  Crissa  per  andare  a  vendicare 
luccisione  d^Aganiennone.  In  questo  caso  vuoisi  giudicare  il  precettore 
d'Oreste  la  figura  avvolta  nel  panno  ';  ravvisandovisi  gran  somiglian- 
T.a  con  la  prima  scena  d'  Elettra  scritta  da  Sofocle.  Oreste  ch'e  nel 
mezzo  ha  in  mano  il  berretto  o  tutulo  ,  del  quale  copronsi  Ulisse 
e  Vulcano,  e  si  crede  che  lo  scudo  indichi  cpii  un'  a/ione  di  guer- 
ra, e  non  un  semplice  viaggio,  e  .si  giudica  quindi  essere  indizio  ba- 
stante a  far  conoscere  l'  uomo  ammantato  per  un  pedagogo,  e  non 
già  per  agonoteta ,  come  giudicherebbesi  qualora  la  jpittura ,  come 
ho  detto  di  sopra  ,  rappresentasse  della  gioventù  che  si  prepara  a 
(jualch'uno  degli  esercizi  gimnasiici '. 

Il  vaso  che  questa  pittura  contiene  debb  esser  d'  o])era  greca  , 
perchè  pubblicato  nella  prima  edizione  del  D'  Hancarville  tra  i  vasi 
amiltoniani  alla  tav.   LXXVII  del  tom.  1. 

;    TAVOLA    CXCI. 

Questa  pittura  eh'  io  pongo  fra  le  difficili  a  spiegarsi ,  ricevette 
non  per  tanto  dal  primo  scrittore  che  la  pubblicò    una    spiegazio- 


I    Ved.   pag.  80,  e  Museo  cliiusino,  grecq.    et    rom.  gravées  par  Da- 

tav.  cxcviii.  vid,  tom.  1,  pi.  liv,  pag.    101. 
9  D'Hancarville  ,   Àntiquìtés  Etrusq. 

Fas.   T.  II.  17 


lÒO  DEI    VASI    FITTILI 

ne  ',  la  quale  sembra  che  non  abbia  ottenuta  1  approvazione  degli 
eruditi,  come  diremo.  «  Dcdie  Ire  figure,  egli  dice,  che  il  presente 
piccol  disegno  compongono  ,  quella  sedente  rappresentar  potrebbe 
\  oluinnia  madre  di  Coriolano.  Ersilia  la  sua  nuora  è  a  lei  vicina,  e 
^  aleriii,  sorella  dell'illustre  Valerio  Pubblicola.  semina  introdotta  da 
Ersilia  ".  O^rni  restante  vien  detto  in  lodevoli  osservazioni  del  di- 
segno  e  non  gi:\  in  maggiore  schiarimento  e  conferma  del  supposto 
soggetto.  Ed  in  vero  se  i  rxomani  avesser  fatto  giande  stima  di  que- 
sti vasi  dipinti  come  arredi  preziosi  per  ornarne  i  loro  appartamenti, 
certo  che  i  l;Atti  più  gloriosi  della  storia  di  Roma  vi  dovrebbero 
trionfare;  ma  oltre  che  non  vediamo  qui  nessuno  indizio  per  dare 
al  soggetto  la  inlerpetrazione  delle  avventure  delle  donne  di  Co- 
riolano piuttosto  che  ad  altre  donne,  qualunque  esse  siensi  ,  dob- 
biamo anche  avvertile  che  nessun  altro  fatto  romano  s  è  incontra- 
to con  evidente  dimostrazione  per  tale  in  queste  pitture,  talché  si 
può  revocare  in  dubbio  anche  la  rappresentanza  romana  in  questo 
unico  vaso;  e  forse  con  verosimiglianza  maggiore  potremo  dire  che 
ancor  qui  come  in  moltissime  altre  simili  pitture  già  da  noi  osser- 
vate in  quest'  Opera  ,  sia  rappresentato  1  atto  ,  ancorché  per  noi 
non  chiaro,  di  una  iniziazione  ,  e  questa  ipotesi  vien  sostenuta  con 
qualche  vigore  dall'osservare  che  non  pochi  di  questi  soggetti  hanno 
dei  non  equivoci  segni  di  accennare  i  misteri  del  paganesimo.  No- 
nostante peraltro  noi  troviamo  nella  seconda  edizione  Hancarvillia- 
na  ripetuta  la  stessa  interpetrazione  del  Coriolano ,  quantunque  io 
non   veila  con  quanta  proprietà  di  ragione  si  potrebbe  sostenere. 

TAVOLA    CXCU, 

«  Credevasi  che  qui  si  vedesse  Cassandra  vaticinante  in  presenza  di 
Incuba,  e  d  altri  della  famiglia,  le  sciagure  di  Troia.  Ma  Winkelrnann  illu- 
minalo da  una  gemma  del  gabinetto  del  re  di  Francia,  di  che  parla  nei 

1   DHancarvilleaniiq  eir.  greccj.  et  rom.,  gravées  par  David,  voi.  i,  pi.  26,  p.i  65. 


TAVOLA    CXCIl.  '^' 

monumenti  inedili  (pag- -^y),  ove  secondo  lui  v'è  Ercole  venduto  ad 
Gufale,  ha  credulo  di  tiovar  ([ui  lo  stesso  soggetto.  I  Lidi,  egli  dice, 
yestivano  assai  dill'erentemenle  da'Greci,  mentre  quelli  coprivano  alcu- 
ne parti  del  corpo  che  ([uesli  lasciavano  a  nudo,  (hii  dunque  si  crede 
Onfule  regina  dei  Lidi  velata  fino  agli  occhi,  com'i'  Lrcole  nella  pietra  ci- 
tata. Quest'eroe  manifesto  per  la  dava  presentasi  alla  regina,  e  le  tocca 
i  ginocchi  colla  man  sinistra  all'  uso  dei  supplici  '.  Il  Genio  alalo 
ch^  è  fra  le  due  figure  indica  1^  anima  d'  Ifito  ucciso  da  Ercole,  che 
per  espiare  quest'  omicidio  sottomettesi  alla  schiavitù,  o  forse  è  A- 
more  che  annunzia  ad  Onfale  l'oggetto  della  sua  passione,  disto- 
gliendola dai  ragionamenti  che  teneva  con  una  donna  eh'  è  a  di  lei 
piedi.  Contro  il  costume  ordinario  del  sesso  tiene  i  capelli  corti,  e 
ciò  egualmente  che  nelle  ligure  di  Elettra  deve  avere  un  significato 
particolaie.  Io  mi  figuro,  dice  Winkelmaiin  .  di  veder  qui  una  di 
quelle  donne  di  Lidia,  popolo  quanto  mai  volirtiioo,  alla  quale 
aveano  per  un  raflinamenlo  di  voluttà  falla  perder  1'  edlgie  del  suo 
sesso,  per  quanto  era  in  loro  potere.  Si  trova  in  fatti  in  un  passag 
gio  di  Ateneo  Deimnosofista  li!),  m,  di  cui  ecco  qui  la  traduzione  la- 
tina :  Lydorum  regem  Adramitjii  focminas  primuin  casti-avisse ,  et 
nuiuchonini  loco  usum  illis  fuissc,  che  Adramite  era  il  ([uarto  dei  pre- 
decessori di  Onfule.  Questo  cangiamento  di  sesso  si  lroverebl)e  qui 
accennato  dai  capelli  corti  ,  che  presso  gli  antichi  era  il  simbolo 
dell'  adolescenza  nei  garzoncelli  ,  de'  quali  dovean  far  le  veci  le  ra- 
gazze. La  serva  che  tiene  1'  indicazione  di  Venere  .  la  f[uale  ha  in 
mano  cosa  tale  da  figurare  un  ventaglio,  indica  la  potenza  di  Vene- 
re che  ritiene  Ercole  nel  seguilo  d'  Onfale  .  e  gli  fa  portare  una 
veste  assai  poco  adattata  alla  di  lui  riputazione  ».  Cos'i  T  interpelre  ^ 
il  (piale  aggiunge  1'  importante  notizia  che  questo  vaso  è  stato  Irò 
vato  in  un'  isola  dell  Arcipelago, 


1    EuripiJ.  Suppl.  V,   292.  et  rom.  ,  ed.  u,   lom.  k    pag.  95. 

a  D' Haiicarville  ,   Atiquités  eir.   gr. 


IO": 


TAVOLA    CXCIII. 

Il  giovine  alato  che  qui  si  vede  fii  reputato  da  altri  un  Genio  tutela- 
re della  donna,  o  delle  donne  in  di  lui  comitiva;  ma  pare  a  me  che  le 
femmine  avessero  per  tutelare  delle  deità,cui  dasser  nome  di  Giunoni  ', 
ed  in  conseguenza  divinità  femminili  ^.  E  slato  pure  supposto  che  le 
due  donne  fossero  Crisotemi  e  Clitemnestra,  le  quali  portano  oilerte 
alla  tomba  d'  Agamennone,  indicata  da  (juello  slele,  ove  appoggiasi 
la  donna  sedente,  e  s'  è  dunque  pensato  che  il  Genio  fosse  quel 
d.'  Agamennone  in  atto  di  presentarsi  a  (jlitemnestra  spaventata, 
come  Sofocle  la  pone  nell'  Elettra  ,  ed  Eschilo  nelle  sue  Coefore, 
nel  sogno  di  quella  principessa  ■';  ma  neppur  questo  pensiere , 
saprei  adottarlo;  non  potendo  io  supporre  che  né  i  due  nominati 
poeti,  né  il  pittore  del  presente  vaso  abbian  voluto  rappresentar  lo 
spettro  d'  Agamennone  o  il  di  lui  Genio,  mentre  nel  comparire  a 
Clitemnestra  dovea  pur  serbare  qualche  efiigie  di  quell'eroe  che  non 
mori  giovinetto  imberbe,  come  si  mostra  questo  eh'  è  qui  dipm- 
to;  oltre  di  che  delle  tante  rappresentanze  di  Clitemnestra,  o  del- 
le figlie  dipinte  nei  vasi  4  nessuna  fu  mai  rappresentata  seminuda 
come  r  attuali.  Direi  piuttosto  che  tutta  questa  composizione  poco 
diversificasse  dalle  altre  eh' io  detti  alle  Tavole  XXXIV,  Lll,  LXM. 
LXXXVm,  XCIV,  CXVIII,  CLXX,  CLXXIV,  CLXXVII,  CLXXXl,  di 
quesl'ojiera,  ove  alla  pag.  ó'ó  in  pailicolare  ragionai  di  queste  figu- 
re alale,  e  d  altre   che  le   accompagnano. 


1  VeJ.    Monum   eli  ,  ser.    i,    ji    379,  3    D'U^incarville,    Aiiliquiles  etrusq. 
e  |o5servaziou;  sopra   i  iiiODumeD-  f,'ieq«es  el  romaines  tirées  du  ga 

h     tifautichi   uniti  all^ipera    iniuola-  biiiel   de   M.    Hauiillon.   Tom.  i, 

la     l   balia   Hvariti    ii   dominio   dei  pi.   xliii,  p.   q/{  in    4, 

lloniani,   p,   89,   osserv.    108  4    ^'^d.   Tav.   clviii,  e   sua   spiegaz. 

2  Ved.p.    100,  e   Wonum.  lùruschi,  e  Mus.  chiusino,    td^.   cxcvui,  e 
ser.   I,  p.    2^3  cxcix 


lòO 


TAVOLA   CXCIV. 

Compito  Io  stranissimo  parto  di  Giove  da  cui  nacque  Bacco,  fu 
sollecito  Mercurio  a  ricevere  il  pargoletto  neonato,  e  portarlo  alle 
Ninfe  ladi  perchè  lo  allevassero  '  nell'antro  di  Nisa  ^.  Nomineremo 
pertanto,  come  sogliono  gli  antiquari,  Leucotea  la  ninfa  clic  rice- 
ve Bacco  al  suo  seno  ■*,  ma  non  oseremo  dare  una  ragione  di  (|uel 
serto  di  cui  la  ninfa  in  piedi  par  che  voglia  ornare  la  fronte  della 
nutrice  di  Bacco.  Il  vaso  che  porta  questa  pittura  è  fra  quei  che  com- 
ponevano la  prima  raccolta  amiltoniana ,  e  vedesi  nuovamente  nel 
tomo  quarto  della  seconda  edizione  di  quell  opera  eseguita  a  Parigi  ia 
4-''   grande,  ma  senza  che  ve  ne  sia  la  spiegazione. 

.  .      TAVOLA     CXCV. 

Tra  i  monumenti  scelti  per  ledizione  del  Museo  Borbonico  si  tro- 
va il  presente  vaso,  illustrato  con  dotto  articolo  dal  eh.  Pinati  di 
Napoli  4.  Nel  tempo  medesimo  comparve  nelle  opere  archeologiche 
dell'  erudito  Panofta  ^,  e  tra  i  monumenti  inediti  del  Raoul -Kochelte 
interpetre  insigne  delle  antichità  figurate  *'.  E  poiché  in  alcune  delle 
figure  ivi  dipinte  v'  è  rappresentato  Achille  che  riceve  un  ambascia- 
ta mandatagli  da  Agamennone  .  cosi  quella  rappresentanza  ebbe  luogo 
nel  primo  tomo  della  mia  opera  intitolata  Galleria  omerica.  Per  es- 
ser breve  ripeterò  soltanto  quel  che  ne  ha  detto  il  sig.  canonico 
Iorio,  che  il  primo  ne  ha  lagionato. 

ce  Qui  è  Achille   nella  sua  tenda  ,  il   quale   avendo    perduta    Bri- 


1    Hesiod.   AsU'ooom.  ap.  Jean  T/-e-  e  sua  spiegazione. 

izes   scJiol.   in   Hes.   il,   i.  5   Neapels    aritike   BiJJwerke  ,     loin. 

a  Osid.   Mt-iamor.  in,   3i4-  •>   P-   a^^- 

3  Millin,  Peitit   de  vase*  antiq.   ptc.  6   Monumeus   Inedita    d'anticjuité   fi- 
loni   Il     pi     xiii.    p.    '^4   "ol^    C4)-  gu'éR,  grecque  ,    ctrusquc    et   re- 

4  Museo  Borbonico,  voi.  n.tavxu,  inaine,    pi.  xii,  xiv. 


seide,  poiché  lollagli  da  Agaiiieiinone,  risolvè  di  non  più  conibalte- 
re  pe^  suoi  :  e  riliiatosi  nella  sua  tenda  non  si  occupava  che  di  sol- 
levare il  suo  spirito,  arpeggiando  la  lira.  Il  pittore  però  lo  ha  col- 
locato nel  niezio  del  quadro,  essendo  egli  1  oggetto  principale  della 
rappresentanza.  Agamennone  pentitosi  della  violenza  usata,  e  ve- 
dendo che  con  questa  aveva  messo  in  iscompiglio  .  e  tristezza  i  suoi 
compagni  d'  armi  ,  mandò  all'  Eroe  sdegnato  tre  andiasciatori  per 
calmarlo   ». 

"  Nel  mezzo  della  rappresentanza  si  vede  Achille  in  abito  di  casa, 
seduto  e  con  la  lira  nelle  mani.  I  tre  ambasciatori  ^li  stanno  intor- 
no. Dirimpetto  è  più  prossimo  a  lui  il  suo  amico  il  vecchio  Fenice, 
die  tran(|uillainente  gli  parla.  Appresso  viene  1  astuto  Ulisse  il  quale 
seduto  guarda  tutti  i  movimenti  del  volto  di  Achille.  Alle  spalle  di 
([ueslo  si  osserva  Aiace  il  Telauionio  che  al  dir  d  Omero  parla  con 
arditezza  ai  suoi  due  compagni  ,  per  indurli  a  non  curare  1'  ostina- 
zione del  figlio  di  Peleo.  Dopo  di  Aiace  si  vede  come  di  sen'inella 
uno  de'  servi  de  tre  ambasciatori ,  indi  due  altri  suoi  conqiagni  che 
conversano  coH'amico  di  Achille,  Patroclo,  e  compiono  il  quadro  i 
due  cavalli  tanto  cari  ali  Eroe  ".  Cos'i  1  erudito  sig.  canonico  Io- 
rio '.  Ma  il  eh.  Raoul-P<ochette  ,  intende,  come  altrove  ho  notato^, 
che  Fenice  sia  il  personaggio  assiso  ,  ed  Ulisse  1  uomo  in  piedi 
avanti  d'  Achille  ;  da  conio  inoltre  come  si  vede  Fenice  gemen- 
te per  1'  inflessiliile  ostinazione  del  suo  allievo  .  mostrando  1'  in- 
terno cordoglio  per  l'atto  esterno  di  tenere  il  ginocchio  stretto  col- 
le due  mani;  spiegazione  che  l'erudito  interpetre  accompagna  con 
molti  esempi,  ed  a  cui  consente  il  dotto  Panofka  nel  dare  anch'egli 
alla  luce  questo  medesimo  vaso  ''  ,  e  intanto  solo  questi  riconosce 
Aiace  nell'  arringatore  ch^  è  davanti  ad  Achille.  Non  co^i  giudica  il 
cliiar.   sig.  Fiìiati  che   interpeirò  questa    pittura   allorché   fu   inserita 


1    R.  Museo  Borbonico,  Gallerìa  dei  tav.  ccLii.   p.   23q. 

vasi,    p.    I  -A.  3   Opera  cit. 

a  Galloria  Omerica,   Iliade   lom.  n, 


TAVOLA    CXCV.  l35 

nell'opera  del  Museo  Borbonico  '.    «Aiace,   egli  dice,   più  ardilo  dei 
suoi  compagni  sia  alle  spalle  d'Achille,  e  colla  sinistra  prostesa,  par  che 
dica  essere   inutile  il  proseguir  più  oltre  il  lordile,   mostrandosi  già 
quel  furibondo  inllessibile  alle  loro  premure  ^  ".   Intanto    egli  pure 
giudica  Ulisse  ^l'uomo  seduto  che  stringe  colle  mani  il  ginocchio;  at- 
teggiamento, ch^è,  a  parer  mio,  i)iù  che   ad  altri  si  conviene  a   nomi- 
narlo Fenice,  giusta  le  savie   riflessioni  del   sig.   Raoul -Uochette    da 
me  ripetute.   ^  edon  quindi  i  sopra  lodati  espositori   tutti  concorde- 
mente in  due   degli  altri  personaggi  espressi,  i  due  araldi   llodio  td 
Euribate,  r  uno  che  s'intrattiene  a  parlar  con   Patroclo  ,  I' altro  che 
guarda  verso  gli  ambasciatori,  ad   esplorar  forse  il  resultamenio  della 
missione  '•.  Ma  i  personaggi  incogniti   son  quattro,  ed  io  giudico  es- 
servene   posti  alcuni  a  simetrizzar  la   composizione,  piuttosto  che   a 
rappresentar    cosa  che    abbian    raccontato  i  poeti  ,    giacché    ai    pit- 
tori lice  talvolta  introdurre  della  moltitudine   di  figure  anche  ove  il 
fatto  rigorosamente  narrato  non  ne  faccia  vedere  la    necessità.  Aon 
v'  è  infatti  motivo  alcuno  da    creder   Patroclo   1'  uomo  ammantato  , 
e  col  capo  scoperto,  che  vcdesi  ultimo  nella  composizione.  La  cosa 
medesima   io  ^sospetto  esser  avvenuta  rapporto  ai  cavalli  che  vedonsi 
posti  simmetricamente  nella    più  bassa    composizione.  Dicono  alcuni 
che  que'  due  destrieri  sieno  1'  abbreviata  indicazione  de'  dodici  cor- 
sieri promessi  ad  Achille   come   un  dono  il  più   adattato  a  calmar  la 
sua    collera   ''.   Io  li  posso    credere    ivi   dipinti    anche  indicativi    di 
viaggio  ,  sia  di  partenza  o  d  ain-ivo,  e  lo  desumo  dal  vedere  que- 
sto domestico  animale  rappresentato  nei   soggetti  molto  analoghi  al 
presente  ,  e  senza   mollo    allontanarsi  da  fatti  de'quali  or  si  tratta, 
citerò  una  tazza  dov'è  dipinto   Priamo  che  va  ad  Achille  per  l'ogget- 
to di   riscattare  il  corpo    d  Ettore  .  ed   ivi    pure   sono  de  cavalli  im- 


I  L.    cit  ,    Ioni     ix.tav    mi.  citale, 

a  Finali,   Mus.   Borbonico  ,   1.    cii.  5   Uaoiil-RocliHie  cil.  ap.   Ingluran.i 

3  i^j        '  Galleria    Oiuerica,   Iliadi-,  loiu.   li, 

4  Raoul-Rochetie  ,    e   Finali  opere  p    a  1". 


]56  TEI    VASI    rITTlLl 

lirigìiali  ';  ma  de!  cavallo  come  simbolo  di  viaggio  ne  ho  parlalo 
in  altra  mia  opera  ^,  sicché  mi  ristringo  qui  a  ritlettere  che  non 
«lisdicono  i  cavalli  ove  son  giunti  ambasciatori  ad  Achille  per  tor- 
nar nuovamente  ad  Agamennone.  Che  se  avessero  il  significato  dei 
dodici  corsieri  promessi  ad  Achille,  come  è  stato  supposto  ^,  non  si  ve- 
drebbero ugualmente  rappresentati  nella  tazza  ov'è  dipinto,  com'io dis- 
si, l'arrivo  di  Priamo  alla  tenda  d'Achille  per  chiedere  il  corpo  d'Et- 
tore, ove  non  si  fa  parola  di  cavalli  donati,  né  mancherebbero  i 
cavalli  nelle  rappresentanze  d  Achille  ,  se  qui  fossero  que'  medesi- 
mi tanto  da  lui  pregiati,  come  pure  è  stato  supposto  4. 

Della  composizione  che  vedesi  nei  due  ranghi  superiori  fu  det- 
to dal  eh.  Iorio  che  fosse  una  delle  tanto  celebri  processioni  degli 
Jintichi  ■',  supposizione  ripetuta  anche  dal  eh.  sig.  Pinati  ^.  Più  dichia- 
ratamente se  n'esprime  il  eh.  Raoul- Rochettc  supponendo  eh"  e' sia 
una  di  quelle  danse  armate,  solite  praticarsi  nelle  solennità  religio- 
se ,  ed  aggiunge  che  fosse  del  genere  di  quelle  che  si  celebravano 
all'occasione  delle  iniziazioni,  ed  in  questo  rapporto  la  composizio- 
ne mostra  qualche  connessione  con  1'  altra  del  vaso  medesimo  ,  o 
almeno  sicuramente  legasi  al  destino  di  questo  vaso,  il  quale  non 
può,  secondo  il  prelodato  scrittore,  che  esser  mistico  e  religioso  '. 

Vorrei  poter  sodisfare  l'osservatore  nella  sua  curiosità  di  sapere 
quel  che  sia  1  oggetto  che  portan.o  due  delle  donne  correnti  nei 
ranghi  superiori,  ma  non  è  facile  intenderne  l'uso.  Il  Pinati  non 
se  ne  occupa  ,  nel  sospetto  di  qualche  alterazione  introdottavi  dai 
restauratori  del  vaso,  che  fu  trovato  in  pezzi.  Non  ostante  si  può 
credere    antica  la    forma  di     quell'  oggetto  ,  in    quantochè   si    tro- 


1  Galleria   omerica,   Iliade    toiri     n,  tom.  ii,  p.    a^o. 

tavv.   cr,\x.\viii  ,  ccsxMx.  4    Finali,  Mus.  Borbon     cit. 

2  Monumenti    etr.   ser.   I,  p,    i6i  ,  5    Opera  cil. 
i68,   ao4,  635,  638,  66o  6  [,.  cii 

3  Raoul  Rochelte  op.    cil.  ap.    In-  ^  Raoul  Rocbetie  cil.,   p.   79. 
ghirami  Galleria  Omerica,  Iliade, 


TAVV.  CXCVjE  CKCVI.  1  37 

va  quasi  simile  nelle  mani  <V  una  donna  che  munita  di  esso,  come 
arme ,  scagliasi  contro  un  militare  armato  ,  ed  ivi  è  creduto  un 
subbio ,  o  altr'  oggetto  di  telaio  da  tessere  ';  mentre  una  don- 
na inerme  volendo  pure  olFendere,  si  può  credere  che  servasi  di 
quel  che  le  viene  alle  mani.  Difatti  anche  l;i  donna  ultima  nella  com- 
posizione par  che  abbia  in  mano  un  candelabro.  La  donna  con  bi- 
penne sidl'  omero  a  tutta  ragione  dir  si  potrebbe  in  costume  di 
Amazzone,  vale  a  dire  d'  una  di  quelle  donne  che  si  favoleggiano 
per  guerriere,  talché  noi  potremo  considerare  una  femmina  guerrie- 
ra ed  armata  anche  l^altra  che  gli  è  di  sotto,  vedendosi  con  egual 
costume  succinta  ,  ed  armata  del  supposto  subbio  che  in  lei  tien 
luogo  della  bipenne. 

TAVOLA    CXGVL 

Dicesi  esser  questa  1  apoteosi  di  Bacco ,  e  si  aggiunge  che  il 
nume  si  chiamò  cantore  per  la  stessa  ragione  che  Apollo  si  dis- 
se conduttore  delle  Muse  ^.  L'alloro  che  poita  in  mano  è  dunque 
un  attributo  di  Bacco  Musagete.  L'interpetre  di  questa  pittura  ve- 
de altresì  al  di  lui  cospetto  Arianna  singolare  pel  corno  d'abbondan- 
za che  tiene  in  mano.  V'è  Iride  riconoscibile  alla  sua  veste  coper- 
ta d'occhi,  in  atto  di  portar  l'ambrosia,  alimento  dei  numi,  eh'  Ebe 
pur  presenta  al  nuovo  Dio  assiso  al  di  sopi'a  dell'altare  a  lui  dedicato.  Si- 
leno suo  duce  tiene  in  mano  la  lira,  mentre  un  fauno  pettinato  da 
donna,  viene  ad  offrirgli  del  vino.  I  quori  soii  per  l'interpetre  sim- 
boli bacchici,  e  vedonsi  sparsi  probabilmente  per  indicare  1  univer- 
salità del  cullo  di  questo  nuovo  nume  celeste  ^  .  Non  faccia  pò; 
meraviglia,  se  Bacco  ha  seco  l'armonica  lira,  sebbene  esser  non  so- 
glia di  lui  conosciuto  attributo;  ma  pure  è  certo  che  a  lui  competesia 


I   Galleria  Omerica  ,  Iliade,  lom.  i,  3   D'Hancarville,  Antiquilés  eir.,grpc- 

p-   174-  ques,  et  rom.etc.Totn.  ii,  pi.  lvu. 
a  Pausati,  lib.   i. 

Vas.T.II.  i8 


|38  DEI    VASI    FITTILI 

tenore  delle  mitologie  degli  antichi,  poiché  si  vede  in  altro  grandissimo 
vaso  greco  italico  un  ugual  figura  dipinta  con  cetra  in  mano,  che  in- 
dubitatamente è  Bacco  per  l'epigrafe  iioiSYSOS  a  lui  soprapposta  e  in- 
tanto ha  presso  di  se  un  giovanetto  Fauno,  che  gli  porge  da  bere, 
e  sebbene  quest'  esempio  non  sia  peranche  di  pubblico  diritto  pei 
rami,  pure  si  può  vedere  presso  il  sig.  cav.  Lamberti  a  Napoli. 

TAVOLE  CXCVII,  CXCVIII,  CXCIX,  e  CG. 

Unisco  in  un  sol  gruppo  le  quattro  Tavole  seguenti,  a  spiegarne  il 
significato ,  perchè  le  giudico  d'  un  medesimo  genere  spettante  ai 
misteri  di  Bacco.  Lo  scrittore  che  il  primo  le  illustrò  colle  sue  spie- 
gazioni, lungi  dal  divergere  da  questa  mia  supposizione,  la  corro- 
bora collo  sviluppare  inclusive  le  particolarità  di  ciascuna  di  esse 
rappresentanze  :  non  so  peraltro  con  quanta  verità ,  ma  certamente 
con  molto  ingegno  e  dottrina.  Vede  nella  prima  di  queste  quattro 
Tavole  una  delle  sacerdotesse  destinate  ai  riti  sacri  a  Bacco,  e  più 
precisamente  una  delle  figlie  di  Semaco  investita  di  tal  sacerdozio 
in  premio  d"  aver  tenuto  Bacco  in  ospizio  in  sua  casa,  e  nei  due 
giovani  istituzione  della  festa  scira,  ove  gl'iniziandi  ai  misteri  della 
grande  Dea  Cerere  dovean  gareggiar  fra  loro  alla  corsa  dal  tempio 
di  Bacco  a  quel  di  Minerva  scirade;  e  qui  vede  linterpetre  il  prin- 
cipio di  tale  iniziazione  guidata  dalla  sacerdotessa  ch^è  fra  que'gio- 
vani.  Ma  non  reca  testimonianza  veruna  che  sostenga  la  propria  gra- 
tuita benché  ingegnosa   opinione. 

Nella  Tavola  seguente  vede  rammentato  un'  de'  riti  usati  dai  Gre- 
ri  nelle  Dionisiache  .  celebrandovisi  Bacco  inventore  della  tibia  o 
tlauto  :  musicale  strumento  che  nell'aumento  del  greco  lusso  vede- 
si  unito  soventi  volte  alla  lii^a  nelle  solenni  festività  degli  Dei.  Cre- 
de poi  sacerdote  preparato  alle  libazioni  1  uomo  che  ha  tazza  ed  an- 
fora in  mano,  sopra  di  che  moverei  qualclie  dub})io,  e  mi  restrin- 
gerei a  dichiarar  questa  rappresentanza  spettante  ai  misteri  di  Bacco. 


TAvv.  cxcvii,  cxcvm,  cxcix,  E  ce.  i3g 

Nella  Tav.  Ili,  e  CX(]IX  di  questo  volume  l'esposilore  vede  rap- 
presentata una  scena  di  qualcli'una  delle  tante  commedie,  che  gli  an- 
tichi scrissero  sotto  la  denominazione  delle  Baccanti,  ma  non  osa 
dir  da  vantaggio;  né  cred'io  che  più  dir  si  possa,  dopo  aver  assegna 
ta  questa  pillura  ali  orgiasino  degli  antichi  misteri,  o  riti  coiiuinque 
sieno  di  Bacco;  di  che  fan  fede  il  tirzo  della  donna,  e  le  satiresche 
forme  del  personaggio  che  le  sta  innanzi. 

Men  fondata  delle  altre  a  perer  mio  si  mostrala  spiegazione  del- 
la Tavola  CC,  dove  l'interpelre  vede  il  nuzial  contralto  del   Dio  di 
Nisa  con  una  delle  Menadi,  che  prohabilmente  è  la  sedente,  com'egli 
crede,  e  ciò  il  desume  dal  sapersi  essere  stato  anticamente  costume 
fra  gli  orientali  di  comprarsi  a  vicenda  gli  sposi,  e  di  qui  riconosce 
nell  uomo  appoggiato  ad  un  tronco  d'albero  Sileno  che  offre  il  conve- 
nuto denaro  alla  donna  che  in  mezzo  qual  mediatrice  di  nozze,  qua- 
si per  caparra  di  esse,  mentre  questa  presenta  a  lui  la  virginale  zo- 
na della  futura  sposa.  Conferisce  ancora,  secondo  il  prelodato  scrit- 
tore, ad  accrescere  [probabilità    a   questo   supposto  il  vedersi  chela 
sposa  attentamente    pare    che  medili  il  mistiro  vaglio  ch'ella    tiene 
nelle  sue  mani  per  l'ultima  volta,  ed  il  quale  essendo  al  dire  di  Ser- 
vio  '  un  simbolo  delia  purgazione  dell'anima,  si  custodiva  gelosamen- 
te dalle  sole  fanciulle  ,  e  da  esse    portavasi  unicamente   nelle    feste 
di  Bacco  ^.  Ammetto  anch'io  che  qui  si  rappresentano  cose  di  tema 
bacchico ,  ma  ti'ovo   soverchiamente    azzardale    silTalle    indicazioni 
delle  specialità  de'  fatti  ch'ei  vi  suppone. 

Che  se  noi  riflettiamo  alla  rarità  estrema  e  costante  di  trovar 
pitture  luna  dall' altra  copiale,  ed  alle  migliaia  di  vasi  chesotter- 
raronsi  dal  gentilesimo  ,  ed  alla  limitata  varietà  di  soggetti  che  vi 
si  rappresentavano ,  fra  i  quali  dovean  principalmente  sfoggiare  le 
cose  bacchiche  e  mistiche  ,  troveremo  essere  stato  indispensabile  a 

I   In  Virgil    Georg,  i,  prima   (ìoreiuina    Tom.  iv,  taw. 

3   Fontana,   Pitture  de'  Vasi   antichi  xxxn,  xxsiu,  xixiv,  xxxv,  p.  44- 

posseduti  dal  cav.  Hamilton,  eJiz. 


l4o  DEI    VASI    FITTILI 

quegli  artisti  d' introcluiTe  in  questi  ultimi  soggetti  la  maggior  pos- 
sibile varietà  per  modo,  che  sebben  molte  di  esse  pitture  ci  sien 
chiare  a  spiegarsi ,  moltissime  poi,  per  le  introdottevi  e  talor  forse 
capricciose  lor  varietà,  divengono  per  noi  inesplicabili.  E  se  noi  ri- 
cettiamo anche  alla  nudità  nonché  alla  mostruosità  e  capriccio  del- 
la satiresca  famiglia  per  lo  più  introdotta  a  formar  la  composizione 
delle  inisticlie  rappresentanze  de' vasi,  ci  accorgeremo  della  facilità, 
e  libertà  che  si  potettero  prendere  i  pittori  nel  variare  estesamen- 
te ed  a  lor  grado  sillatte  rappresentanze  ;  facilità  che  non  avrebbe- 
ro ti'ovato,  qualora  fossero  stati  costretti  a  trattare  in  esse  pitture 
la  loro  mitologia ,  o  la  storia  di  cose  realmente  accadute.  Ciò  non 
ostante,  sarà  sempre  uno  studio  importante,  e  d'un  utile  resulta- 
mento  1'  applicarsi  con  ogn'  impegno  ad  esaminare  una  quantità  non 
limitata  di  tali  bacchici  e  mistici  soggetti,  affine  di  meglio  intendere 
almeno  il  significato  di  quegli  oggetti  che  le  figure  ivi  dipinte  por- 
tano in  mano  ,  o  vedonsi  3iel  campo  delle  pitture  ,  come  cassette  , 
canestri,  ventagli ,  specchi,  vasi,  ciati,  bende,  dischi  decussati  e  cro- 
ciati, fiori,  virgulti,  foghe,  e  mili'altri  oggptti  che  vi  si  incontrano,  e  che 
furon  sicuramente  per  gli  antichi  di  qualche  significato,  ma  in  gran 
parte  non  intesi  da  noi  fino  al  giorno  presente.  A  quest'  effetto  non  ho 
trascurato  d'  inserire  in  quest'opera  molti  bacchici,  e  mistici  soggetti 
col  parere  di  coloro  che  su    tale  argomento  hanno  scritto. 


FINE    DEfc  VOLUME    11. 


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NK       Inghirami,  Francesco 

LbU5  Pitture  di  ■>'^asi  fittili 

155 

1835 

t.1-2 


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